13 Aprile 2024
Attualità Carceri Interni Napolitano Politica

Le scarpe troppo corte


di
Leonardo Incorvaia
Torino. Il discorso del Presidente Napolitano sul sovraffollamento delle carceri italiane e sulla conseguente miseranda condizione dei detenuti, con tanto di “accorata” “vibrante” richiesta al Parlamento di valutare l’opportunità di indulto ed amnistia svuota-carceri ben si inquadra nella surreale, kafkiana commedia che viene messa in scena tutti i giorni in Italia ad ogni esternazione dell’uomo politico di turno, faccia egli parte o meno della compagine governativa.

          Questa lamentazione del Presidente Napolitano mi fa venire in mente una vecchia barzelletta in cui un buon  padre di famiglia, poverissimo, afflitto dal disagio del figlio costretto a portare, nonostante la crescita, lo stesso paio di scarpe sempre più corto, invece di comprarne un altro paio di adeguata misura, decide di tagliare allo sfortunato giovane le dita dei piedi!
         
          Ci ricorda il Presidente, con voce grondante indignazione, che è l’Europa a rimproverarci le difficili condizioni di vita nelle nostre carceri (mi si permetta di aprire una parentesi: sembra quasi che siamo una Nazione di discoli scavezzacolli, a giudicare dai rimproveri che ci indirizza l’Europa: fosse così prodiga di aiuti invece che di rabbuffi forse la nostra situazione sarebbe migliore!) ma dimentica di dire che l’Europa stessa non ha mai parlato di sconti di pena per i detenuti.
         
          Al riguardo mi sentirei di consigliare al Presidente, con tutto il rispetto dovuto sia chiaro, di riservare un po’ della sua nobile indignazione per le  vittime di quegli ospiti delle patrie galere di cui tanto si preoccupa, per i loro familiari, spesso offesi dalla mitezza della pene comminate ai colpevoli e per coloro che porteranno sul loro corpo o nella loro anima, per tutta la vita, i segni lasciati da quei destinatari della pietà presidenziale molti dei quali, ben lungi dal meritare comode camere d’albergo che hanno l’unico inconveniente di avere le sbarre alle finestre, meriterebbero buie segrete… di cui magari buttare via la chiave.
         
          Tralasciando l’ovvia considerazione che la statistica ci avverte con estrema chiarezza che i beneficiari di sconti di pena, indulti ecc. ecc. sono inevitabilmente destinati per la gran parte a tornare in galera (ma abbiamo già constatato come l’ovvietà in negativo non abbia mai dissuaso e continui a non dissuadere i nostri politici/governanti/amministratori dal commettere marchiani errori) e che di delinquenti a piede libero ce ne sono già sin troppi, tornando al paragone delle scarpe, non sarebbe assai meglio, Signor Presidente, ristrutturare edifici già di proprietà dello Stato, come ad esempio caserme dismesse, e farne carceri? O impegnarsi maggiormente nella stipula di quei trattati internazionali che permetterebbero di rimpatriare i galeotti stranieri che sconterebbero così la pena nei rispettivi Paesi? (Alla faccia del buonismo di maniera e dell’ accoglienza “a prescindere” sappiamo tutti benissimo in che elevata percentuale i detenuti stranieri affollino le nostre carceri).
         
          Ma non basta: uno dei principali motivi di doglianza dei nostri politici che salta fuori ogni volta si affronta il delicato e spinoso nodo della Giustizia italiana è l’incertezza della pena e in questo, onestamente, non si può dar loro torto; come accennato prima, larghe sono le maglie della nostra Giustizia e troppo spesso i media riportano tragici fatti di cronaca aventi per protagonisti criminali incall
iti inquisiti, condannati, diffidati e chi più ne ha più ne metta, che inopinatamente a piede libero hanno commesso l’ennesimo reato, magari anche molto grave.
         
          Orbene, se già all’inusitata mitezza delle pene si aggiunge anche la comoda scappatoia di un’ulteriore indulto ed amnistia, che deterrente può mai rappresentare per un malvivente una eventuale condanna, anche se in via definitiva?
         
          In conclusione, Signor  Presidente, nel rivolgerVi a chi, al riguardo, Vi muoveva delle critiche, tra le altre cose avete risposto che non ci si rende conto delle condizioni di vita nelle carceri: in questo avete ragione e, a dirla tutta, forse non ce ne importa più di tanto, a noi, la buona gente che sgobba onestamente per stipendi sempre più scarsi e che mai ha avuto e quasi sicuramente mai avrà a che fare con celle e secondini; noi, dal basso della nostra condizione di cittadini qualunque, senza scorta, senza auto blindata, senza appannaggi principeschi ci rendiamo conto molto più facilmente di quanto male possano fare a noi e ai nostri cari i destinatari della Vostra forse mal riposta clemenza.

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