13 Maggio 2024
Politica

La palude dei camaleonti – Enrico Marino

Il Gattopardo, simpatico felino africano simile al nostro gatto selvatico, gode suo malgrado di una fama poco lusinghiera poiché, nell’omonimo romanzo di Tomasi di Lampedusa, è associato al Principe di Salina – nel cui stemma nobiliare è effigiato – cioè all’archetipo dell’opportunista, sufficientemente astuto e cinico da comprendere che i tempi stanno cambiando e che il potere politico e istituzionale è ormai in mano a una nuova classe di ricchi borghesi. Per adeguarsi al tramonto dell’aristocrazia e difendere il prestigio della propria casata, il Principe si adatta immediatamente al compromesso anche con la generazione emergente degli “sciacalli” e delle “iene”, pur di far rivivere il passato in un presente artefatto, disponibile a cambiare tutto affinché niente cambi.

Ebbene, non c’è nulla di quella decadente grandezza con cui Tomasi di Lampedusa tratteggia nel suo romanzo quel passaggio epocale nell’odierno scenario politico, scenario nel quale al gattopardo si sono sostituiti i rettili squamati, i camaleonti, cioè politici impudenti pronti a cambiare pelle e colore, pronti ad adattarsi e sguazzare anche nella sconfitta più umiliante, pronti a rinnegare tutto quello che avevano affermato fino al giorno prima pur di conservare, insieme alle loro rendite, il potere di indirizzare il Paese sui sentieri nefasti della conservazione.

Sono ancora lì, reduci da una colossale bocciatura popolare, ripescati grazie a una truffaldina legge elettorale, pronti a riesumare loro stessi e le loro indecorose ricette dinanzi a una Nazione che ha manifestato nei loro confronti tutto il rigetto, il discredito e la repulsione che si possono esprimere e rappresentare in una tornata elettorale.

Sono gli ultrasinistri Laura Boldrini, Pietro Grasso, Pier Luigi Bersani, Guglielmo Epifani, Nico Stumpo, i sinistri Minnniti (che ha finto di bloccare gli sbarchi solo per questioni elettorali), Orlando e Martina, Guerini, Rosato, Serracchiani, Fassino, De Micheli, Cantone, Speranza, Pezzopane, Paolo Siani, Francesco Boccia e persino Valeria Fedeli, cioè il ministro dell’istruzione più ignorante della storia repubblicana.

Sono lì nella loro indecenza, pronti a riproporre le giaculatorie oscene a favore della nostra soggezione all’Europa, a favore della “stabilità” espropriatrice di sovranità nazionale, della mondializzazione affossatrice delle nostre imprese, della disgregazione omologante rinnegatrice delle nostre tradizioni, del meticciato distruttore della nostra identità razziale, culturale e sociale. Per continuare sono disposti a tutto, anche a trattare e accordarsi con chi hanno osteggiato e screditato fino al giorno prima, con quegli stessi avversari che avevano dipinto come inaffidabili, incapaci, avventuristi e populisti. In queste loro spudorate giravolte sono sostenuti da tutto il mainstream mediatico-culturale, dal più becero progressismo apolide e supponente, ipocrita e opportunista: da campioni della globalizzazione, come Confindustria o Marchionne, da interessi collegati a élite straniere, come la Bce e l’UE, da turpi profeti della mescolanza etnica, come Scalfari. E’ una congrega indegna che cacciata dalla porta, tenta di rientrare dalla finestra affidandosi alla negoziazione, facendosi ipocritamente scudo con gli “interessi del Paese” per mascherare i propri miserabili propositi. Una congrega che vuole mantenere inalterato il sistema e che cerca tra gli avversari, come partner di riferimento, quelli ritenuti più malleabili, per affossare e condizionare la nuova legislatura.

In questo, l’insidia più subdola è quella portata avanti dai supporters della stabilità e della conservazione, come Mattarella e il suo entourage, individui di vecchia tradizione e scuola ex democristiana, formatisi nella prima Repubblica e avvezzi a cavalcare ogni situazione e a imbrigliare ogni crisi nelle pastoie delle soluzioni parlamentari più oblique e fantasiose, dalle convergenze parallele agli appoggi esterni fino alle non sfiducie, pur di svuotare di ogni carica innovativa qualsiasi scenario politico si affermi nel Paese.

E’ questo il rischio più grande che aleggia sul post voto, l’eventualità che l’assenza di un effettivo vincitore fornisca l’alibi per soluzioni di compromesso che rimettano in gioco i rottami della precedente legislatura, spostando in avanti la possibilità di un vero cambiamento di rotta, ancorandoci alle imposizioni della UE e impedendo di recidere alla base scelte fallimentari, programmi sbagliati, riforme rivelatesi controproducenti e dannose.

E’ questo che sperano tutti gli sconfitti e tutti quelli che hanno come obiettivo il tradimento del voto degli italiani. E’ questo che può celarsi dietro le fumisterie politichesi del “governo di programma” o del “governo del presidente” e dietro ogni altra formula che spinga verso un’ammucchiata, la più larga possibile, in cui l’eterogeneità dei programmi produca l’effetto di un sostanziale immobilismo.

Più si protrarranno queste formule, più ci sarà il tempo di vincolarci ancor di più ai dettami europei e a subire tutte le conseguenze politiche, economiche e sociali delle scelte operate dai governi precedenti, a cominciare dai disastri del mondo del lavoro, per continuare con i problemi dei licenziamenti, dei giovani inoccupati, degli anziani e dei pensionati, della scuola e, infine, dell’invasione africana.

Più si consoliderà il fronte delle non-scelte, tanto più saremo esposti ai tentativi di riproporci scenari orribili e rivoltanti, a cominciare dalla legge Fornero fino allo jobs act, dall’educazione gender imposta ai fanciulli nelle scuole fino all’indottrinamento immigrazionista, dalla mistificazione antifascista fino alle farneticazioni antirazziste, fino ai tentativi di introdurre a forza lo ius soli.

Per questo, gli italiani che hanno detto basta a questo sistema, che hanno sconfessato il regime del pensiero unico, che sono stufi di accettare lezioni di democrazia da gente come Balotelli, che giudicano inaccettabili le manifestazioni dei senegalesi a Firenze, che hanno bocciato le riforme contro il lavoro che hanno prodotto la precarietà nel Paese e arrecato la disperazione in milioni di famiglie, i milioni di italiani che non vogliono più sentire le prediche della sinistra e non vogliono tra i piedi radical chic né centri sociali pretendono che, in assenza di un nuovo esecutivo effettivamente politico, si torni a votare per cacciare definitivamente i ladri dal Tempio e i camaleonti dal governo del Paese.

Enrico Marino

2 Comments

  • Aldo 16 Marzo 2018

    Il sondaggio di oggi di SWG ci dice però che un ipotetico ritorno al voto, con l’attuale legge elettorale, non garantirebbe la costituzione di una maggioranza. E allora?

  • Aldo 16 Marzo 2018

    Il sondaggio di oggi di SWG ci dice però che un ipotetico ritorno al voto, con l’attuale legge elettorale, non garantirebbe la costituzione di una maggioranza. E allora?

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