10 Aprile 2024
Tradizione

Il Tempo – Luigi Angelino

Il tempo…cosa è il tempo? Verrebbe da dire che si tratti di un concetto indefinibile, sul quale si è soffermato a riflettere il genere umano fin dagli albori della civiltà. Eppure il tempo condiziona la nostra intera esistenza, determina ogni nostra azione, rappresentando il nostro parametro di riferimento in ogni occasione. Seguendo un ragionamento evidente, viene spontaneo affermare che il tempo potrebbe essere definito come quella particolare qualità che la psiche dell’uomo lega al movimento ed al cambiamento, presentandosi indissolubilmente unito al concetto di spazio. Il problema fondamentale è, dunque, di carattere gnoseologico e percettivo: ciò che l’uomo percepisce del mutare delle proprie esperienze e del susseguirsi degli eventi. Infatti, a ciò che avverte l’essere umano non corrisponde un altrettanto principio nella fisica, secondo la quale non si conosce alcuna metodologia per potere sequenziare gli eventi in maniera univoca. Possiamo dire, cercando di trovare un’immagine pressochè adatta a rendere l’idea, che la percezione “umana” del tempo consiste nella proiezione che la coscienza compone per comprendere come la realtà vada modificandosi, misurando i vari cambiamenti in “intervalli di tempo” (1). Come leggiamo questi cambiamenti? Viviamo il passato come un ricordo, inserito nel nostro cervello come memoria del vissuto, dimenticandoci molto spesso che quei fotogrammi, che ogni tanto riaffiorano, sono trasfigurati rispetto ai fatti a cui si riferiscono; è ancora più difficile “catturare il presente” che non è altro che una fugace comprensione, secondo il paradigma di valori a noi noto, della realtà che ci circonda; il futuro, invece, è una “mera previsione”, un misto di speculazioni intellettuali e di speranze passionali, a cui sovente ci affidiamo, illudendoci di poter programmare le nostre azioni. Ma tutto ciò è pura illusione. Per la scienza, l’intero arco temporale, di cui siamo passivi testimoni, esiste in maniera contemporanea e continua, senza una vera differenziazione tra ciò che accade prima e ciò che dovrà accadere poi (passato e futuro), il presente poi sarebbe solo un “costrutto logico-formale”, in quanto ogni atto sarebbe “in divenire” (2). Con il progredire della civiltà umana e del progressivo scientifico, si è reso necessario adottare modalità di comodo per misurare il tempo, fino ad arrivare all’unità standard dell’odierno sistema internazionale, il secondo, sul quale è possibile costruire le altre misure, come i minuti, le ore, i giorni, le settimane, i mesi, gli anni, i secoli ed i millenni… E l’uomo ha inventato anche uno strumento capace di misurare il tempo, cioè l’orologio, con caratteristiche sempre più sofisticate e, secondo il nostro modo di vedere le cose, più precise, fino al perfezionamento dei cosiddetti “orologi atomici” (3). Il genere umano ha sempre sentito la necessità di inventare calendari per poter tracciare il proprio percorso, conservando la memoria degli eventi passati e prefigurandosi nuove immagini per i fatti non ancora avvenuti. Ed il concetto di tempo, nel linguaggio comune, è adoperato anche per misurare le distanze. Quante volte ripetiamo espressioni come “un’ora di macchina”, “due giorni di viaggio” o “quindici minuti di autobus”. Basandosi su tale assioma, è stato possibile indicare l’ “anno luce”, per determinare l’unità di misura delle distanze siderali, anche se l’espressione “anno luce” non implica un vero e proprio “intervallo di tempo”, ma la distanza che riesce a percorrere la luce in un anno, sempre secondo le nostre percezioni sensoriali.

 

Il concetto di “tempo” è stato da sempre al centro di vivaci dibattiti filosofici

Famosissimi e mai del tutto risolti sono stati i cosiddetti “paradossi” proposti dal filosofo greco Zenone (4), tra cui spicca quello di “Achille e la tartaruga”. L’idea dell’impossibilità per il velocissimo eroe di raggiungere il lento animale, indicata da Zenone come conseguenza del “continuo movimento”, si oppone a quella di Parmenide di Elea, secondo il quale il tempo non fosse altro che una posizione della “docsa”, cioè del modo di vedere le cose, anticipando la problematica gnoseologica soggettivista di molti filosofi moderni. Se Platone in qualche modo riprende la visione di Parmenide, definendo quasi poeticamente il tempo come “immagine mobile dell’eternità”, sarà Aristotele ad intuire che soltanto in relazione allo spazio considerato, il tempo è in grado di individuare il “prima” e il “dopo” degli eventi. Anzi con Aristotele il tempo viene inesorabilmente legato alla finitezza della dimensione umana, a cui si contrappone Dio, il motore immobile, eterno ed immutabile. E quali passi sono stati fatti nell’epoca contemporanea per definire il concetto di tempo rispetto al V secolo d.C., quando Agostino da Ippona pronunciava la seguente espressione: “se non mi chiedono cosa sia il tempo lo so, ma se me lo chiedono non lo so”? (5). Heidegger nelle sue opere cercherà proprio di distinguere la nozione oggettiva di tempo, così come studiata dalla scienza, rispetto alla percezione soggettiva (6). Forse non è stato fatto alcun passo decisivo per poterlo comprendere e definire pienamente nella sua essenza, al punto che il tempo rimane uno dei misteri più affascinanti a cui di continuo la scienza e la fantascienza volgono l’attenzione per superarne le barriere ed i limiti. Non è azzardato affermare, alla maniera di Shakespeare, che “il tempo è tiranno” (7), anche se all’espressione, nel linguaggio comune, si attribuisce, talvolta, un significato troppo semplicistico di “durata contingente”, mentre sarebbe più corretto considerare il tempo come il “nostro vero sovrano”. Nel mondo occidentale, a partire dal pensiero cristiano, si è diffusa l’idea che il “tempo” proceda in un senso lineare, a differenza del mondo pagano ed orientale, le cui visioni privilegiavano un andamento circolare-ciclico, peraltro più vicino alle ipotesi della meccanica quantistica di epoca moderna. Secondo la dottrina escatologica cristiana, l’intera storia dell’umanità, a partire dalla caduta nel peccato di Adamo ed Eva, dovrebbe essere letta come un “cammino” verso l’Onnipotente, i cui punti cruciali sarebbero stati l’incarnazione di Cristo e la sua parusìa (ritorno) nel giorno del Giudizio Universale. Negli anni della rivoluzione scientifica, l’elaborazione del concetto di tempo ha dovuto fare i conti con le continue scoperte in tutti i campi del sapere. Non si può dimenticare la definizione di tempo di Isaac Newton, come sensorium De, cioè come un elemento che procederebbe immutabile in maniera analoga allo spazio, una visione peraltro ripresa in maniera più o meno simile da Galileo Galilei. Radicalmente diversa era l’idea di Leibniz, per il quale tempo e spazio non sono altro che apparati concettuali della nostra mente, anticipando in parte quanto sarà formulato da Emmanuel Kant che considererà tempo e spazio, come “forme a priori della nostra sensibilità” (8). Una scossa alla tradizionale concezione del tempo è stata senza dubbio apportata dalla teoria della relatività di Einstein, convenzionalmente suddivisa in due diversi filoni: la teoria della relatività ristretta e la teoria della relatività generale. Secondo la prima, le misure degli intervalli di tempo sono uguali per tutti, ma sono strettamente legate all’osservatore. L’unica costante universale sarebbe costituita dalla velocità della luce (circa 300.000 km/s). Alla luce della seconda teoria, la presenza del campo gravitazionale di un corpo celeste provoca una curvatura dello spazio-tempo che sarebbe in grado di deflettere la luce e di rallentare il tempo. La teoria della relatività ha aperto le porte ad ogni tipo di speculazione, accendendo le speranze dell’uomo di superare le barriere del tempo. Se, infatti, esistesse in natura un corpo capace di viaggiare a velocità maggiore di quella della luce o se un simile corpo fosse il prodotto di una qualche invenzione umana, esso sembrerebbe viaggiare all’indietro nel tempo. Einstein contestò anche il concetto di “simultaneità”, provocando sconcerto nella comunità scientifica del primo Novecento. Le applicazioni scientifiche successive hanno dimostrato le sue intuizioni, rivelando come ciò che noi osserviamo della realtà circostante, o che viene raffigurato in una fotografia, non sia in realtà il prodotto di eventi simultanei, ma di come erano collocati nel momento in cui hanno emesso i propri segnali luminosi. Le immagini impresse nella retina umana o nelle riproduzioni fotografiche individuano una porzione del “cono di luce passato”. E’ ovvio che le differenze tra spazio di simultaneità e cono-luce sono scarsamente significative in relazione alla scala delle distanze terrestri, mentre diventano considerevoli quando si analizzano le notevoli distanze astronomiche (9).

Il concetto del tempo comprende diverse sfumature nelle varie culture, anche se si riscontra una certa convergenza nel ritenerlo una “categoria mentale aprioristica”. Come abbiamo accennato in precedenza, nel pensiero occidentale prevale la concezione “cronometrica”, influenzata dalla dottrina delle religioni abramitiche, secondo le quali il tempo si dispiega come un’entità lineare e, pertanto, misurabile. La cosmologia induista e quella buddhista, che presentano evidenti parallelismi con la fisica eraclitea, considerano lo “scorrere” del tempo in maniera ciclica. Tali tematiche sono state riprese anche in epoca moderna, come la teoria dell’eterno ritorno di Friedrich Nietzsche (10). I sostenitori dell’universo creato dal nulla che, per la maggior parte, corrispondono ai seguaci delle tre religioni abramitiche, contestano la concezione del “mondo ciclico”, in quanto l’uomo sarebbe esclusivamente governato dal fato e, qundi, privo di qualsiasi tipo di responsabilità nei confronti dell’universo. A dire il vero, anche in ambito cristiano, a partire dal filosofo Origene, vi è stata qualche apertura verso l’ “eterno ritorno”, mutuando la dottrina stoica della “apocatastasi”, secondo cui alla fine dei tempi vi sarebbe una sorta di redenzione cosmica, con il ritorno di tutto il creato all’ “Uno”, a Dio, perfino della creatura più reietta, il diavolo (11). Si tratta, comunque, di teorie che seguono una linea di pensiero filosofico-teologico, al di fuori di qualsiasi evidenza od applicazione scientifica. Nel panorama generale delle riflessioni sul “tempo”, si è imposta anche una “tertia via”, alternativa sia alla concezione di esso come “progresso lineare” che come “ripetizione ciclica”. Si tratta dell’ipotesi dell’andamento del tempo “a spirale”, secondo la quale il tempo seguirebbe particolari fasi per una legge eterna che lo governa per necessità. Le ripetizioni determinate dalla legge eterna, tuttavia, non sarebbero “cicliche”, ma condurrebbero verso un percorso di progresso, articolandosi in una sorta di semicicli progressivi. Possiamo trovare qualche traccia della concezione del tempo a spirale nel paradigma tesi-antitesi-sintesi di hegeliana memoria (12). E’ noto che per molti secoli si è ritenuto che nell’universo ci fossero soltanto tre dimensioni spaziali, mentre Einstein, con la sua teoria della relatività, ha introdotto anche la “dimensione del tempo”, o per tentare di essere più precisi, la dimensione della “relazione tra spazio e tempo”. Nei decenni successivi, a partire soprattutto dalla metà del secolo passato, il concetto di “tempo” ha conosciuto ulteriori approfondimenti, alla luce delle applicazioni derivate dalla meccanica quantistica. Uno dei più grandi sogni dell’uomo è stato sempre quello di sovvertire l’ordine apparente del tempo, riuscendo a muoversi nel passato e nel futuro, e poter tornare nella realtà presente, a seconda delle proprie esigenze. Un gruppo di scienziati del Queensland, pur non avendo viaggiato nel tempo, ha evidenziato, come a livello teorico, si possa “infrangere” la sequenza degli eventi nel senso da noi percepito, aprendo nuove prospettive alla mai sopita ambizione umana di superare le barriere del tempo (13). Si tratta di approfondimenti che hanno cercato di fondere alcuni principi della teoria sulla relatività di Einstein con innovativi postulati della meccanica quantistica, aggirando, in qualche modo, il tradizionale pregiudizio di incompatibilità tra le due diverse correnti scientifiche. Tuttavia, si tratta di speculazioni ancora impossibili da realizzare con i mezzi di cui dispone la moderna tecnologia, prevedendo simulazioni al computer basate sull’avvicinamento virtuale ad un corpo di un cosiddetto “grande pianeta” che, a causa della massa gravitazionale, rallenterebbe lo scorrere del tempo. L’esempio di scuola potrebbe essere quello di due navicelle che entrano in un conflitto a fuoco: una delle due è affiancata da un “grande pianeta”, l’altra si troverebbe, invece, in una posizione più distante. Pur sparando nello stesso istante, lo sparo di quest’ultima sarebbe percepito qualche istante prima, non subendo l’interferenza gravitazionale del “grande pianeta”.

Del resto già gli orologi atomici hanno constatato, a diverse altitudini sulla Terra, come il tempo scorra in maniera quasi impercettibilmente differente, seppure soltanto di qualche nano-secondo, a causa della differente pressione gravitazionale. La possibilità di viaggiare nel tempo potrebbe essere ammessa solo in condizioni estreme, non ancora realizzabili con le attuali tecnologie, e soltanto in un “futuro relativo”, in rapporto a quando si intenderebbe intraprendere lo stesso viaggio. Nel caso fosse ipotizzabile creare particelle che viaggino ad una velocità superiore a quella della luce, le equazioni matematiche ci dicono che lo scorrere del tempo diventerebbe “negativo”, nel senso che il loro “futuro” apparirebbe come il passato degli altri corpi. A queste fantasiose particelle è stato dato il nome di “tachione”, con la sconvolgente conseguenza che, in un immaginario “mondo sopraluminale”, si assisterebbe alla contraddizione del principio di causalità e di quello di entropia a cui siamo abituati: pezzi di un coccio si potrebbero ricompattare nel piatto rotto, un cadavere potrebbe tornare in vita, un anziano ritornare al momento del concepimento. Si tratta di possibilità di difficile comprensione ed attuazione, anche se le teorie einsteniane non escludono del tutto velocità superluminali, tranne ovviamente che per i corpi con massa reale e positiva, ovvero l’interia materia a tutt’oggi conosciuta. Ma non è certo se nell’universo esistano oggetti per i quali tale legge non sia valida, come la cosiddetta “materia oscura”, che non può essere direttamente osservata, ma di cui sono stati provati gli effetti. Nell’immaginario collettivo contemporaneo si aprono, tuttavia, nuove prospettive al desiderio di viaggiare nel tempo. Molta attenzione si sta rivolgendo agli studi sui buchi neri e sui buchi spazio-temporali. Fisici come Godel o Tipler hanno perfino azzardato metodologie fantascientifiche per realizzare un’adeguata “macchina del tempo”. Gli scienziati, pur nella genialità delle loro teorie, hanno dovuto postulare che l’universo abbia determinate caratteristiche fondamentali, che ci troviamo cioè in universo chiuso ed in perenne rotazione. Di grande suggestione è la costruzione fisica e matematica, chiamata il ponte di Einstein-Rosen (14) che descriverebbe la possibilità teorica di viaggiare sia nel futuro che nel passato, con collegamenti tra punti molto distanti nello spazio e nel tempo del medesimo universo o, addirittura, di due universi paralleli. Tale realizzazione, però, esigerebbe una quantità di energia enorme: si stima che sia più o meno pari alla potenza elettrica mondiale. Segue un altro percorso concettuale, invece, la teoria delle stringhe, generalmente fondata sull’ipotesi dell’esistenza di dieci dimensioni. E’ di immediata evidenza come ben sei di queste dieci dimensioni siano superiori a quelle a noi note nella tradizionale concezione spazio-temporale. Queste dimensioni “superflue” sarebbero arrotolate in in un ristrettissimo raggio, consentendo collegamenti tra diversi e lontani punti dello spazio-tempo. Semplificando il concetto, esse rappresenterebbero “scorciatoie” per viaggiare da un punto all’altro, escludendo il limite teorico costituito dal superamento della velocità della luce.

 

I viaggi nel tempo presenterebbero una serie di paradossi in apparenza irrisolvibili

Cominciando ad accennare a quelli che si riferiscono ai viaggi nel passato, è necessario premettere che essi presentano notevoli problemi di fattibilità, in quanto essi potrebbero cambiare il rapporto causale degli eventi. Innanzitutto ricordo il cosiddetto “paradosso di coerenza” chiamato anche “del nonno”, come accade nel film Ritorno al futuro (15). Se un soggetto torna indietro nel tempo e, ad esempio, impedisce a suo nonno di incontrare sua, in modo che spezzi la catena genealogica fino al suo concepimento, come sarebbe potuto tornare indietro per evitare la medesima sequenza degli eventi? Si pone, poi, il cosiddetto “paradosso di conoscenza”, così come nel film Terminator (16) e relativi sequel, dove si descrive un sistema di microchip per androidi sviluppato da un robot che ha viaggiato nel tempo. Anche qui si assisterebbe all’innesco di un circolo vizioso, poiché tirando le somme quella tecnica così sofisticata per il funzionamento degli androidi sembrerebbe nata dal nulla. Ancora più interessante e complesso è il “paradosso della predestinazione”, al quale si è cercato di attribuire una denominazione più scientifica di “curva causale” o “curva di causalità”, secondo cui, pur ammettendo la realizzazione di un ipotetico viaggio nel passato, la catena degli eventi del futuro non si modificherebbe, per l’esistenza di una sorta di predestinazione. Ed il paradosso consiste proprio nel fatto che, se anche il viaggiatore nel tempo dovesse modificare la storia passata, bisognerebbe ammettere che egli sia tornato indietro nel tempo, giusto per adempiere alla sua missione. Uno dei casi di scuola del “paradosso della predestinazione” lo troviamo nella drammatica sequenza dei fatti narrati nell’Edipo (17) di Sofocle, dove il tormentato protagonista finisce per adempiere alla profezia, nonostante avesse tentato in ogni modo di evitarla. Gli scienziati Stephen Hawking e Roger Penrose hanno sostenuto che, se anche si cercasse di fare qualcosa per cambiare il passato, emergerebbe una specie di “censura cosmica”, in grado di impedire ogni forma di cambiamento. Secondo gli studiosi ciò sarebbe strettamente legato al fatto che le leggi della fisica, almeno come noi le conosciamo oggi, non consentirebbero la nascita di curve temporali chiuse. Per chi ricorda il film L’esercito delle 12 scimmie (18), dove, pur essendo possibile viaggiare nel tempo, non si poteva modificare il presente, perchè tutto ciò che aveva compiuto il viaggiatore risultava già tra le testimonianze storiche. Per questo, in maniera intelligente, pur partendo da premesse fantastiche, il film prospettava la possibilità di cambiare il futuro, con le informazioni raccolte nel passato, ma solo cominciando dal presente. Di certo anche l’argomentazione della “censura cosmica” è alquanto discutibile e poco chiare sono le regole che la disciplinano, per non parlare dell’inevitabile contrasto con l’altrettanto indefinibile principio del “libero arbitrio” .

Una possibile soluzione ai paradossi a cui abbiamo accennato, è la teorizzazione dei “mondi paralleli”, secondo la quale esisterebbero tante copie del nostro mondo quante sarebbero le possibili variazioni quantistiche delle particelle che lo formano. Nell’ambito di queste ipotesi, vi sarebbero universi dove la nostra vita ha preso una piega diversa e, se si approdasse in un mondo dove i nostri ascendenti non si fossero mai incontrati, apprenderemmo una delle infinite possibilità quantistiche, senza che ciò possa significare necessariamente un’interferenza causale nella sequenza degli eventi. In quest’ottica non si viaggerebbe nella “dimensione temporale” come la percepiamo, ma in dimensioni parallele. L’ipotesi del multiverso, in qualche modo, cerca di preservare il libero arbitrio e di giustificare il principio di causalità, ma le variabili legate ai mondi paralleli restano “in potenza” infinite e non si comprende, in base a quale suggestione, noi saremmo capaci di seguire l’uno oppure l’altro universo. Per quanto riguarda i viaggi nel futuro, essi teoricamente presentano minori problematiche applicative, sebbene tuttora non si possiedano tecnologie adeguate per realizzarli. Ai viaggi nel futuro, si potrebbe opporre il cosiddetto “paradosso dei gemelli” che, in realtà, costituisce una sorta di esperimento mentale, inteso a dimostrare come la teoria della relatività di Einstein sia contraria al senso comune. Supponendo l’esistenza di due gemelli, se uno dei due si impegnasse in un viaggio interstellare ad una velocità prossima a quella della luce, al ritorno sulla Terra risulterebbe meno invecchiato rispetto all’altro rimasto sul nostro pianeta. Se analizziamo bene le conseguenze di tale ragionamento, notiamo che il paradosso può essere facilmente sfatato, partendo dall’assioma, peraltro già sperimentato con sofisticati orologi atomici, che il tempo non scorre sempre allo stesso modo, ma il suo fluire dipende dai parametri fisici e matematici di riferimento.

E di presunti viaggi nel tempo è piena la letteratura mondiale, fin dall’antichità. Nell’antico testo indiano, denominato Mahabharata (19), completato presuntivamente nell’VIII sec. a.C., si racconta che il re Raivata avrebbe viaggiato attraverso il cielo per incontrare il dio creatore Brahma, per poi tornare sul nostro pianeta dopo tanti anni, in un’epoca futura. Nell’Antico Testamento biblico, un ragazzo di nome Abimelech cade in uno stato di incoscienza, mentre è seduto con il profeta Geremia ed altri amici, ma quando rinviene gli riferiscono che è stato via per 62 anni. La stessa incarnazione di Cristo, al di là degli aspetti filosofici e teologici, risolti in maniera diversa dai teologi cristiani ed incomprensibile per i non credenti, a causa dell’apparente contraddizione dell’infinito che diventa finito, non rappresenta una delle più celebri testimonianze del superamento delle leggi fisiche dello spazio e del tempo? Non possiamo pensare che ciò che noi chiamiamo “divino” possa avere in futuro una spiegazione razionale, alla luce di nuove scoperte tecnologiche e scientifiche? Nella leggenda giapponese di Urashima Taro, un uomo si sarebbe recato a visitare il palazzo sottomarino del Drago Dio Ryujn: il visitatore sarebbe rimasto in quel misterioso edificio soltanto tre giorni, ma al suo ritorno in superficie si sarebbe accorto che erano passati trecento anni. Nella cultura buddista, in particolare nel testo Pali Canon (20), è scritto a chiare lettere che nel luogo dove dimorano gli dei, il Deva, il tempo trascorre in modo diverso e cento anni sulla terra corrispondono ad un solo giorno nel cielo, un mantra peraltro ripetuto in numerosi passi biblici, dove si sottolinea come il tempo di Dio non sia uguale a quello degli uomini. Si tratta di evidenti testimonianze di come le civiltà antiche già percepissero la “relatività” del concetto del tempo, nonostante le forzature culturali di renderlo unidirezionale, per motivazioni legate principalmente al controllo dell’ordine sociale. Il tema del viaggio del tempo ha ispirato molti narratori, soprattutto a partire dalla fine del XIX secolo. Uno dei primi scrittori a descrivere la possibilità di compiere salti temporali con mezzi meccanici è stato Wells nel 1895 con il romanzo The Time Machine, anche se il primo vero e proprio racconto sul viaggio del tempo si fa risalire allo spagnolo don Juan Manuel che, tra il 1330 ed il 1335, scrisse Il mago rimandato, presente nel Libri de los enxiemplos del Conde Lucanor et de Patronio (21). Il citato racconto presenta l’ambizioso schema di “viaggiare nel futuro per trarre insegnamenti per migliorare il presente”, un paradigma che sarà adoperato nella narrazione natalizia più famosa al mondo, A Christmas Carol di Charles Dickens. Un racconto, in particolare, mi colpì molti anni fa: Una discesa nel Maelstrom del grande visionario Edgar Allan Poe.

La descrizione unisce in maniera magistrale elementi neogotici, tanto cari allo scrittore americano, ad elementi di fantascienza plausibile che alcuni decenni dopo saranno sintetizzati da Jules Verne: l’enorme voragine aperta dalla tempesta rassomiglia in maniera sorprendente ad un wormhole, aprendo un varco spazio-temporale, anticipando quanto apparirà nelle ipotesi scientifiche del secolo successivo. Gli autori hanno cercato di risolvere, in maniera diversa, il problema della contaminazione tra differenti panorami temporali, qualora davvero fosse possibile viaggiare attraverso le epoche storiche. Di grande suggestione è il racconto Rombo di Tuono di Ray Bradbury del 1952, a proposito del cosiddetto “effetto farfalla”. Il film è ambientato nel 2055, quando l’uomo raggiungerebbe la capacità di organizzare safari nel passato, tra specie animali ormai estinte da milioni di anni. Ma i viaggiatori devono fare attenzione, in quanto provocare anche la morte di un solo insetto, diversamente da quanto accaduto nella realtà del passato, potrebbe provocare effetti inimmaginabili per lo sviluppo della storia futura. Quando si parla di “fantascienza intelligente”, non si può fare a meno di menzionare Isaac Asimov e, nello specifico campo dei viaggi nel tempo, il romanzo The End of Eternity del 1955, inserito nel ciclo della Fondazione, dove l’ambizione umana di manipolare il tempo si scontra con i paradossi già descritti delle leggi fisiche e del buon senso. Si tratta di un romanzo troppo all’avanguardia per l’epoca in cui uscì, affinchè potesse ottenere la giusta attenzione, ma che, a mio avviso, riesce a dare il giusto risalto alla creatività umana.

Tra le numerose rappresentazioni cinematografiche sui viaggi nel tempo, abbiamo già avuto modo di menzionare L’esercito delle dodici scimmie. Negli anni duemila si è sviluppato un filone che ha dato ampio spazio alla teoria del “multiverso” o “degli universi paralleli”, come Donnie Darko o Deja vu- Corsa contro il tempo, o al tentativo dell’umanità di scongiurare un’apocalisse futura, così come descritto in Edge of Tomorrow- Senza domani o in Interstellar. Altrettante numerose sono state le serie tv che negli ultimi anni si sono ispirate ai salti temporali o tra imprecisate dimensioni parallele. Tra queste serie, un discorso a parte meriterebbe la produzione tedesca Dark (22), per la complessità della sovrapposizione scenica e per la molteplicità di chiavi di lettura che offre nell’articolazione delle rispettive tre stagioni. Chi meglio del grande Giordano Bruno seppe esprimere l’idea dell’illusione del tempo e dell’infinità dei mondi, precorrendo, forse con maggiore lucidità intellettuale, le teorie della meccanica quantistica? E come lui potremmo tentare di interpretare saggiamente il passo biblico del libro dell’Ecclesiaste (1, 9-10): Quid est quod fuit, Ipsum quod futurm est; quid est quod factum est ipsum quod fiendum; est Nihil sub sole novum (Quello che è stato è quello che sarà; ciò che è stato fatto è quello che sarà fatto; non vi è nulla di nuovo sotto il sole).

 

Note:

(1) Cfr. Paolo Taroni, Filosofie del tempo. Il concetto di tempo nella storia del pensiero occidentale, Editore Mimesis, Milano 2012;

(2) Cfr. Carlo Rovelli, L’ordine del tempo, Editore Adelphi, Milano 2017;

(3) Come introduce la stessa definizione, gli orologi atomici misurano il tempo basandosi sulla frequenza di risonanza di un atomo;

(4) Zenone di Elea fu uno dei più illustri seguaci della scuola eleatica fondata da Parmenide, nonché ricordato come “l’inventore della dialettica”. L’antica Elea si identifica con l’attuale Ascea, nel Cilento, in provincia di Salerno;

(5) La famosa citazione è riportata nel libro XI delle Confessioni;

(6) L’interessante pensiero di Heidegger sul tempo è dapprima tracciato nel breve testo Il concetto di tempo, pubblicato nel 1924, poi sviluppato nel più corposo libro Essere e tempo, pubblicato nel 1927;

(7) La citazione è tratta dal Pericle, atto II, scena III;

(8) Cfr. Henri Bergson, Storia dell’idea di tempo, curatore Simone Guidi, Editore Mimesis, Milano 2019;

(9) Cfr. Albert Einstein, Il significato della relatività, Editore Bollati Boringhieri, Milano 2005;

(10) Friedrich Nietzsche introdusse la teoria dell’ “eterno ritorno” nell’opera Die frohliche Wissenschaft (La gaia scienza), pubblicata nel 1882;

(11) Cfr. Luigi Angelino, La redenzione di Satana I- Apocatastasi, La redenzione di Satana II-Apostasia, Ed. Cavinato international, Brescia 2019-2021;

(12) Lo schema tesi-antitesi-sintesi è presente soprattutto nelle due opere principali di Hegel: Fenomenologia dello Spirito e L’Enciclopedia delle scienze filosofiche;

(13) Si tratta di sperimenti condotti presso l’Università del Queensland, in Australia, tra il 2018 ed il 2019;

(14) La denominazione più comune è wormhole (traducibile letteralmente in italiano “buco di verme”), una sorta di galleria gravitazionale

(15) Ritorno al futuro è un film statunitense, diretto da Robert Zemeckis ed uscito in Italia nel 1985;

(16) Terminator è del 1984, con cinque sequel usciti rispettivamente nel 1991, nel 2003, nel 2009, nel 2015 e nel 2019 (quest’ultimo inspiegabilmente legato a Terminator 2, senza riferimenti ai successivi);

(17) Si tratta della tragedia-capolavoro di Sofocle, l’Edipo re, composta verso la metà del V secolo a.C.;

(18) L’esercito delle 12 scimmie, diretto dal regista Terry Gilliam, è un film statunitense uscito nel dicembre 1995;

(19) Il Mahabharata (La grande storia dei Bharata) è conosciuto anche con il nome di Krsnaveda (Veda di Krsna) e rappresenta uno dei più importanti poemi epici indiani;

(20) Il Pali Canon (scritto in lingua pali) viene considerata l’opera più antica e completa di precetti attribuiti al Buddha ed ai suoi primi seguaci;

(21) Il testo è ritenuto il principale esempio di narrativa spagnola in prosa del XIV secolo;

(22) Le tre stagioni della serie tedesca Dark sono state prodotte tra il 2017 ed il 2020.

 

Luigi Angelino

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