9 Aprile 2024
Cultura

I volti della decadenza, tredicesima parte – Fabio Calabrese

Voi lo sapete, non è una novità, sulle pagine di “Ereticamente” mi sono dedicato spesso alla stesura di articoli seriali, che sia un vizio o una virtù. Spesso, dopo aver steso un articolo, ho la sensazione che il discorso non sia concluso, che ci sia ancora altro da approfondire.

Una posizione particolare in queste serie di articoli ha probabilmente I volti della decadenza, che costituiscono un discorso che ora vorrei riprendere sebbene sia passato un discreto lasso di tempo.

Avevo deciso anni fa di redigere questa serie di articoli sulla base di una constatazione. Nel corso del tempo, avevo accumulato una lunga sfilza di articoli on line scaricati da internet e anche libri che non riuscivo a trovare il tempo di leggere, che avrei voluto recensire per “Ereticamente”. Nell’attesa dell’arrivo del sospirato pensionamento, a partire dal quale avrei potuto avere a disposizione quanto tempo volessi, diventavo sempre più impaziente, e mi risolsi a dare a questi testi quella che un mio vecchio preside chiamava “un’occhiata approfondita”.

Una cosa era subito chiara: qualsiasi analisi seria di carattere antropologico, storico, socio-economico, politico, metteva in rilievo il fatto che quella che siamo abituati a chiamare la “nostra” civiltà, ha imboccato una spirale di decadenza, vuoi per motivi interni, vuoi esterni, cioè il confronto con l’esuberante (demograficamente) mondo non-occidentale che l’immigrazione ci porta ogni giorno di più dentro casa.

E non parlo solo degli autori tradizionalisti “classici”, Evola e Guenon, per i quali questo è un leitmotiv fondamentale, e neppure di Oswald Spengler, che ha dedicato la sua opera più importante e voluminosa al Tramonto dell’Occidente, un libro che, considerata l’epoca in cui è stato scritto, oggi ci appare letteralmente profetico.

In particolare, da questo punto di vista, due testi mi sono sembrati particolarmente significativi: Decadenza di Michel Onfray e Sottomissione di Michel Houellebecq. Sottomissione, così come Il campo dei santi di Jean Raspail (altro libro la cui lettura è caldamente da consigliare a chi voglia capire quello che sta accadendo oggi nel mondo), presenta le sue tesi sotto forma di romanzo, forse nel timore che un’esposizione prettamente saggistica sarebbe apparsa troppo esplicita (mai sottovalutare l’intolleranza del regime ipocrita che conosciamo come democrazia nel soffocare le voci dissidenti), ma “sottomissione” è la traduzione letterale di “islam”, la parola araba che indica la religione del Profeta.

Sottomissione che può essere intesa in due sensi, da un lato quella del credente ad Allah, dall’altro quella all’islam dei non mussulmani, ritenuti esseri inferiori, dhimmi.

Prima di Decadenza, avevo letto e apprezzato di Michel Onfray Il crepuscolo di un idolo, libro che è una splendida demolizione del feticcio di Sigmund Freud e della psicanalisi, la cui validità scientifica, sia detto una volta per tutte, è rigorosamente nulla. Tuttavia Decadenza mi ha in un certo senso deluso, non – s’intende – dove espone il fatto incontestabile della decadenza della nostra civiltà, ma là dove la identifica come ebraico-cristiana. Questo significa, quanto meno, non tenere in conto l’eredità del mondo classico, greco-romano che non solo con giudaismo e cristianesimo non aveva nulla a che spartire, ma che dalla diffusione del cristianesimo ha ricevuto un colpo terribile, senz’altro paragonabile alla fase di decadenza che stiamo attualmente attraversando.

Nel corso dei secoli il cristianesimo si è europeizzato al punto da mettere tra parentesi i dogmi del Discorso della Montagna. Gli Europei nominalmente cristiani dell’età medioevale, ad esempio, per nostra fortuna, si sono difesi dalle invasioni islamiche con le armi in pugno, in barba al precetto evangelico del “porgere l’altra guancia”. Oggi però, il cristianesimo soprattutto cattolico, è tornato alle origini a partire dal Concilio Vaticano II, non solo, ma poiché trova sempre più difficile reclutare in Europa vocazioni per rimpinguare i membri del clero, si volge sempre di più verso il Terzo Mondo ed è di fatto uno dei canali dell’immigrazione che minaccia ogni giorno di più di stravolgere la nostra sostanza etnica.

In campo protestante le cose vanno, se possibile, ancora peggio. Oggi la cultura europea è minacciata dall’americanizzazione, cioè dallo svuotamento dei suoi contenuti mediante l’imposizione di modelli culturali rozzi e degradati. Quella americana è una cultura “di risulta” basata sugli scarti di quella europea (consiglio di cercare in internet e di leggere bene lo splendido saggio di Sergio Gozzoli L’incolmabile fossato), ed è una “cultura” marcatamente ebraico-cristiana, letteralmente fondata sull’ossessione biblica.

È stata una fortuna che io abbia cominciato a stendere i testi della serie I volti della decadenza sulla base di quella “occhiata approfondita”, perché, tanto per cominciare, il mio agognato pensionamento è stato ritardato di un anno, e anche questa è una storia che vale la pena di raccontare. Eravamo nel 2014, e io ero andato a parlare col mio medico di base, il dottor B. Per evitare grane, non vi dico il suo nome per esteso, ma soprattutto chi è di Trieste non farà fatica a capire di chi si tratta, sapendo che esercitava la medicina di base più o meno come hobby a lato di quella che era la sua reale e ben più redditizia attività di medico legale, nel suo studio c’erano quasi permanentemente sostituti, per la cronaca, è stato convocato come medico legale nel caso di Liliana Resinovich, e, conoscendolo, non mi stupisce proprio che la sua perizia non abbia portato a niente.

Per disgrazia, quella volta nell’ambulatorio c’era proprio lui. Gli feci presente che nella mia famiglia, dal lato materno, fra i miei cugini, c’è una casistica impressionante di tumori allo stomaco e all’intestino. Dato che in queste cose c’è una componente genetica, non era il caso che facessi qualche analisi?

“Sua madre era toscana, vero?”, mi rispose.

Assentii.

“In Toscana”, mi disse, “Consumano molta carne alla griglia, che produce benzopirene, che è cancerogeno, se lei non ha queste abitudini alimentari, non si deve preoccupare”.

Mi dissuase, e io il tumore ce l’avevo, come mi rivelò qualche mese più tardi un sanguinamento rettale. Per fortuna, fu comunque preso in tempo, se sono qui a raccontarvelo, ma in queste cose la tempestività è tutto, e prescrivermi qualche analisi, non gli sarebbe costato nulla.

Lo tenni comunque come medico di base, perché era vicino a casa, tanto in ambulatorio c’era quasi sempre una sostituta che era invece una dottoressa in gamba, ma ebbi di nuovo modo di pentirmene.

Dopo l’operazione di tumore al colon, mi fu attribuita un’invalidità del 100%. Dopo di che, fui contattato dall’Ufficio Scolastico Regionale, in ragione di essa, sarei potuto andare in pensione nel settembre 2018, ma tutto dipendeva dalla visita fiscale presso la Commissione ministeriale.

Dopo avermi dato ampia assicurazione che mi avrebbe accompagnato alla visita, al momento dell’appuntamento il dottor B non si presentò, e sapete come sono queste cose: se ci si presenta senza essere assistiti da un medico, è matematico che la Commissione vi darà torto. La mia invalidità fu ridotta al 50%, che è come dire nulla, e il mio pensionamento fu spostato al settembre 2019, cioè ai raggiunti limiti di età.

Devo dire che quest’anno scolastico supplementare, 2018-2019 è stato in assoluto uno dei peggiori della mia carriera di docente: mi sono state assegnate tre classi prime, scatenate e ingovernabili, e una quinta che era peggio di una prima. Tutto grazie al dottor B.

Quello del deterioramento dei rapporti fra medico e paziente, della perdita di quel tratto di umanità che un tempo caratterizzava la professione medica, certo è un aspetto marginale del fenomeno della decadenza, ma ci sta, e poi, quando lo si è sperimentato sulla propria pelle…

Ma non è finita qui, le disgrazie non vengono mai sole. Nel dicembre 2018 l’hard disk del mio computer ha avuto un bellissimo blu crash che lo ha completamente cancellato.

Poiché io sono un tipo che quando ci si mette sa essere incredibilmente ostinato, dopo aver acquistato un computer nuovo, mi sono messo a ricostruire gli articoli de I volti della decadenza che avevo già scritto, con due eccezioni che ora vi dirò, ma i testi che avevo scaricato da internet con l’intenzione di utilizzarli successivamente, sono andati irrimediabilmente perduti.

Il primo dei due pezzi di cui vi dicevo non ho realmente rinunciato a riscriverlo, ma gli ho dato una forma un po’ diversa. La decadenza interessa anche i movimenti di sinistra, che hanno abbandonato qualsiasi ambizione di rappresentare le classi lavoratrici e qualsiasi aspirazione socialista per ridisegnarsi secondo il modello dei liberal americani. Il fenomeno è diventato vistoso dopo il 1991 con la caduta dell’Unione Sovietica, ma in realtà era iniziato ben prima, con il 1968 che ha portato ad arruolarsi nelle file della sinistra un gran numero di elementi borghesi e alto-borghesi. Tanto perché non sussistessero dubbi in proposito, ho affidato la demistificazione del ’68 alle parole di tre intellettuali indiscutibilmente di sinistra: Pierpaolo Pasolini, Giorgio Bocca, Umberto Eco.

Ho riscritto l’articolo in forma indipendente da I volti della decadenza ed è apparso su “Ereticamente” con il titolo Come l’olio, ispirandomi al detto che la verità è come l’olio, viene sempre a galla.

L’altro pezzo che non ho riscritto era dedicato per intero a una frase dello psicologo Vittorino Andreoli, e mi è sembrato che non fosse il caso di riscriverlo, proprio per non dare un’importanza eccessiva a questo personaggio.

Se avete letto i miei articoli che trovate sotto il titolo Scienza e democrazia, o l’ampia sintesi degli stessi che trovate nel mio libro Ma davvero veniamo dall’Africa?, sapete, e mi pare di averne dato ampia dimostrazione, che non solo la psicanalisi freudiana, ma tutto quello che oggi passa per “scienza psicologica” non è nulla di scientifico, ma è pura e semplice ciarlataneria.

La frase incriminata di Andreoli era questa: “Stiamo regredendo alla mentalità del nemico”.

Ora badate bene: se questa frase avesse significato: “Siamo aggrediti da un nemico, anzi da più di un nemico: il terrorismo islamico, l’immigrazione che ci porta in casa soggetti che accogliamo per carità ma vengono da noi con l’animo del conquistatore, una “cultura” d’importazione yankee che di fatto mira allo svuotamento della nostra cultura, e che per conseguenza siamo costretti a reagire, a fronteggiare i nostri nemici senza nascondere la testa nella sabbia”, essa non avrebbe significato niente altro che la verità, ma non era questo il significato che Andreoli intendeva darle, bensì “stiamo regredendo alla mentalità per la quale esiste un nemico”.

In altre parole, questo psicologo è un esempio da manuale del classico buonista che vorrebbe indurci a vedere il mondo attraverso spesse lenti rosa.

A volte capita di essere fortunati, raramente ma capita. Qualche tempo dopo, mi è successo di ritrovare su una penna USB uno dei pezzi che avevo intenzione di recensire, si trattava di un articolo apparso su “Il Giornale” del 23.11.2013: Distruggere ogni differenza della scomparsa antropologa Ida Magli (finalmente una ricercatrice seria, verrebbe da dire), e si tratta di un contributo davvero notevole, ve ne riporto un piccolo stralcio:

“[Nella scuola pubblica, gli studenti] debbono imparare tutto senza imparare nulla su di sé, sulla propria vita, sul proprio ambiente, sul proprio gruppo, sulla propria storia, sulle istituzioni e sul potere che le regge. Sembra evidente che tutto questo sia stato programmato in vista dell’ideologia di chi comanda in Europa, (…). l’omogeneizzazione mondiale, la formazione di persone tutte uguali: i «cittadini del mondo». (…).

L’uguaglianza finale non sarà soltanto quella delle idee, della lingua, della religione, della Patria, ma anche fisica. L’uguaglianza che si persegue, però, è il più possibile «indistinta», di cui il modello è il «trans».

Io ho utilizzato l’articolo della Magli come clou della dodicesima parte de I volti della decadenza, perché esso tocca un punto davvero cruciale. La decadenza ha cause esogene come l’esuberante pressione demografica del Terzo Mondo, ma ne ha anche di endogene, come il crescente degrado dell’istruzione, tema a cui appunto la dodicesima parte è dedicata. L’esistenza stessa di una cultura è possibile soltanto se vi è e in quanto vi è passaggio di conoscenze fra una generazione e l’altra, altrimenti, ha osservato qualcuno, ogni generazione sarebbe costretta a inventare daccapo il fuoco e la ruota.

Qualcun altro ha definito l’evidente degrado, nel senso letterale di perdita delle informazioni, da una generazione all’altra come conseguenza dell’inefficienza del sistema educativo, l’invasione verticale dei barbari. Ogni studente è in partenza un “barbaro” che richiede di essere civilizzato mediante l’istruzione, e la perdita di conoscenze dovuta all’inefficienza dell’istruzione, fenomeno oggi molto visibile in conseguenza dei disastri del ’68, è appunto paragonabile a un’invasione barbarica.

Ma la Magli ci dice ancora qualcosa in più, infatti è palese che nel sistema democratico questa distruzione è orientata in una direzione precisa, volta a sopprimere ogni differenza e ogni idea di differenza, fino a creare il mondo della totale non-forma, o come si dice oggi, “la società liquida”.

Di mezzo, c’è uno dei più nefasti puntelli dell’ideologia di sinistra. Altre volte ho osservato che l’atteggiamento dei sinistri che hanno accolto come niente fosse l’ideologia dell’ambiguità sessuale (LGBT o LGBTIQ, pare non ci siano limiti a come la nostra lingua può essere straziata) e contemporaneamente favorevoli all’immigrazione di gente proveniente da Paesi di cultura fortemente omofoba, e che certo non cambiano mentalità per il fatto di aver posto piede sul nostro suolo, a prima vista parrebbe una contraddizione totale, ma in realtà trova la sua spiegazione nella mentalità di sinistra che pretende di ridurre fatti biologici fondamentali come il sesso o l’appartenenza etnica a mere “scelte culturali”, naturalmente si tratta di una visione delle cose del tutto sganciata dalla realtà che non può non condurre a esiti catastrofici.

Viviamo sicuramente in un’epoca di decadenza e di tramonto, non ci rimane altro, come ci ha insegnato Julius Evola, che continuare a essere uomini che, nonostante tutto, rimangono in piedi in mezzo alle rovine.

NOTA: Nell’illustrazione, il Foro romano. Le rovine della civiltà classica sono ancora oggi ben visibili. Quelle della nostra, si notano di meno, sono soprattutto nell’animo delle persone.  

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