27 Aprile 2024
Politica

I nemici mortali dell’Europa – Enrico Marino

La fine dell’anno passato ha coinciso col termine della legislatura.

Una legislatura che era nata sull’onda dell’emergenza e della precarietà, ma che è stata ribaldamente tenuta in vita da una congrega di satrapi insediati nelle Istituzioni del Paese, mediante una continua successione di governi senza alcuna consultazione popolare, collezionando un’innumerevole serie di primati negativi e di realizzazioni sciagurate.

In queste condizioni di stallo politico e di ambiguità costituzionale, s’è tentato cinicamente di apportare profonde modifiche persino alla Carta istitutiva e fondamentale della Repubblica.

Ma basta fare riferimento al cosiddetto Jobs Act per richiamare alla mente tutti i guasti introdotti nella disciplina dei rapporti di lavoro, la precarizzazione degli impieghi, la cancellazione delle tutele e l’arretramento dei diritti che hanno penalizzato i lavoratori nei loro rapporti con le controparti datoriali e nelle loro condizioni di vita.

Basta ricordare la Buona Scuola per rammentare lo scempio dell’istruzione pubblica, la fatiscenza delle sue strutture, l’introduzione degli insegnamenti sul gender e il ripugnante tentativo di pervertire l’innocenza di migliaia di fanciulli.

Basta richiamare la legge Fiano per rivivere lo sporco tentativo operato dai censori democratici di criminalizzare un’intera area politica e di introdurre, accanto a ridicoli divieti, pesantissime sanzioni per colpire ogni espressione di dissenso e di ribellione.

Basta nominare lo Ius soli per ricordare l’accanimento ferino con cui fino all’ultimo giorno le sinistre hanno portato avanti il loro criminale progetto di infettare e stravolgere la nostra identità.

Un tentativo maligno e ostinato che è fallito solo per l’assenza dei numeri legali nell’aula del Senato. Perciò, questa cancrena ideologica è stata solo momentaneamente arrestata ma non definitivamente eliminata. Anzi, su questo terreno, la minaccia è tuttora gravissima e incombente, vista la volontà assoluta con cui il fronte globalista è pronto a sfruttare ogni pretesto per scatenare la propria rabbiosa propaganda immigrazionista.

La canea suscitata dalle dichiarazioni del candidato leghista alla guida della Regione Lombardia ha fornito la misura dell’isteria e della preclusione ideologica che i mondialisti manifestano ogni volta che si affrontano i temi della razza, dell’identità e delle differenze. L’imposizione del pensiero unico stravolge ogni evidenza, l’intimazione ideologica non ammette confronto né contraddittorio. Non devono esistere razze, né colori, né attitudini fisiche o psicologiche differenti. Dobbiamo essere tutti uguali, intercambiabili e omogenei. Per questo non devono esserci confini tra i popoli, per questo la sostituzione etnica è un obiettivo perseguibile e, per questo, la cittadinanza, costituita da un pezzo di carta, deve prevalere sulla natura e la stirpe di un essere umano.

Evidentemente tutto questo è falso, antiumano, invertito e volutamente elaborato per deformare tutto ciò che è naturale, acquisito, palese e tradizionale.

Evidentemente, è esattamente su queste tematiche che occorre, invece, ancorare un’opposizione irriducibile ai progetti multietnici mascherati col buonismo, l’accoglienza e anche con gli impudenti sermoni ossessivamente riproposti dal prete neomarxista insediato nel Vaticano.

L’ipocrisia dei mondialisti difronte al problema immigratorio si manifesta anche nell’atteggiamento schizofrenico adottato nel gestire gli sbarchi dei clandestini.

Pressato da un’opinione pubblica sempre più allarmata e insofferente, il sistema è corso ai ripari imbastendo una frettolosa operazione di manipolazione e falsificazione propagandistica: sono state momentaneamente normalizzate le operazioni illegali delle ONG che agivano indisturbate nell’importazione di africani; sono stati stretti accordi con le fazioni libiche per operare una stretta sulle partenze da quelle coste; sono state fornite motovedette ai libici per fermare nelle acque territoriali i gommoni. A fronte di queste iniziative, sarebbe stato logico immaginare una collaborazione tra le nostre unità navali (ed europee) con quelle libiche nel blocco e nel respingimento dei barconi pieni di irregolari. Invece, gli sbarchi sulle nostre coste sono ripresi a pieno ritmo e, cosa ancora più surreale, le nostre navi si prodigano nel “salvare” e trasportare in Italia i clandestini che sfuggono al controllo dei libici. Con ciò, l’inadeguatezza e, soprattutto, l’inconciliabilità ideologico politica dei democratici con una strategia di salvaguardia del continente europeo dalla mescolanza sono assodate. Per questo, va recuperato sul fronte identitario il senso chiave di un categorico rifiuto dell’immigrazione e, ancora di più, dell’introduzione dello Ius soli.

Dato per acquisito che già oggi, con l’ordinamento attuale, nel 2016 abbiamo naturalizzato ben 202.000 nuovi italiani e che le cifre del 2017, seppure non ancora note, visto l’andamento in crescita anno dopo anno, dovrebbero essere maggiori, il punto focale della buona battaglia dev’essere centrato sul recupero e la valorizzazione degli elementi di ereditarietà che rappresentano il valore e il senso di una concezione identitaria e razziale di un popolo e il fondamento della comunità di destino che esso può ambire a esprimere e perseguire.

Venendo meno questa unitarietà, cedendo alla contaminazione dell’individualismo liberale e alle ibridazioni del meticciato, ogni battaglia sarebbe di retroguardia e priva di una salda base valoriale. Allora la nazionalità diverrebbe solo una questione di “cittadinanza” e di timbri su dei fogli di carta, di lingua, di economia, di preferenze nazionali. Questo indirizzo così angusto, inserito nelle dinamiche storiche di denatalità e di sommovimenti demografici, perderebbe di senso e di prospettiva. Essere italiani non significherebbe niente altro che ritrovarsi per caso sullo stesso fazzoletto di terra a contendersene gli scarsi benefici. Venuti meno l’orgoglio razziale e il senso di appartenenza e accantonato il concetto di comunità, la lotta all’immigrazione diventa un semplice fattore di proprietà e di reddito. Per cui, se i limiti sono puramente materiali e monetizzabili, qualora l’economia lo consentisse, potremmo ancor più tranquillamente riempirci di immigrati e mescolarci, andando a incrementare quel turpe melting pot che costituisce il modello di riferimento del radicalismo globale.

Invece, è questo modello che dev’essere contrastato senza tregua, ma è evidente che la reazione al globalismo disumanizzante, per essere efficace, dovrà essere italiana ed europea, prendere forma e saldarsi in una rete continentale. Per questo le forze identitarie europee dovranno sviluppare una risposta radicale al progetto mondialista di ibridazione dei popoli e di sostituzione etnica, coniugando orgogliosamente le fondamenta razziali della comune appartenenza con una politica economica con direttrice eurafricana, che consenta lo sviluppo di quelle genti, differenti da noi, nella realtà dei loro territori, creando le basi per invertire la direzione dei flussi migratori. Una risposta radicale dettata dalla ferrea volontà di opporsi, con fanatica determinazione, al contagio globalista e alla peste del meticciato, cioè ai nemici mortali dei popoli europei.

Enrico Marino

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