11 Aprile 2024
Letteratura esoterica

Huysmans – Luca Negri

Narrazione delle stravaganze causate dal complesso del peccato”; così Aleister Crowley definisce Là-Bas di Joris-Karl Huysmans, infilando il romanzo fra le letture del corso per i membri del suo ordine, Astrum Argenteum. Nel Magick di Crowley si trova un altro riferimento all’opera e all’autore francese: nel capitolo Dell’Eucarestia, in nota, si lascia intendere che Huysmans morì di cancro alla lingua perché temeva i segreti del sacramento e “cercò di tradire quel poco che ne sapeva”. Probabile che del tradimento vi sia traccia in Là-Bas, ora in nuova traduzione di Annamaria Galli Zugaro per le edizioni Lindau col titolo L’abisso.

Huysmans tradì non nel raccontare l’ambiente neognostico e satanista della Parigi fine ‘800, con un buon senso del ridicolo e una scrittura impeccabile; probabilmente Crowley fa riferimento ad un rito di magia sessuale che forse qualche lettore riuscirà a cogliere. Rimane la questione delle “stravaganze del complesso del peccato” che rende ancora più interessante la lettura. A partire appunto dallo sfondo ben orchestrato della vicenda, l’inverno parigino che è anche esistenziale, dato che Huysmans (e il suo doppio letterario, Durtal protagonista del romanzo) vede crollare i dogmi neanche così antichi del positivismo ed abbandona il realismo letterario capendo che la realtà ha più strati e si esplora in più dimensioni. È scettico Durtal, pessimista sulle sorti dell’umanità, che vede in decadenza inesorabile, avendo perso ogni residuo dell’ultima civiltà tradizionale e organica, il Medioevo. Il personaggio forse più rappresentativo è il campanaro, esemplare di razza in estinzione, col ruolo Mercuriale di richiamare al sacro il popolo ogni ora. Ma le campane suonate da mano umana stanno lasciando il posto ai nastri registrati, alle macchine, e sempre meno gente va in chiesa. Il Cattolicesimo è nobile perché in decadenza, fuori luogo e del tutto antimoderno nel secolo affaristico e borghese. Di questo sentire che nasce col Simbolismo il romanzo, che è del 1891,è pregno ed è una percezione chetroverà più avantiespressione organica in particolare nell’opera di Guènon. Questo sentire nemmeno era estraneo a Josephin Pèladan, Stanislas de Guaita e ancora meno a un cattolico oltranzista come Lèon Bloy. Huysmans non conobbe ovviamente Guénon ma con gli altri nomi della lista ebbe a che fare, li frequentò, li studiò, li considerò infine nemici e nemico fu da loro considerato. Facendo un passo oltre rispetto al suo Durtal, lo scrittore infatti si convertì al Cattolicesimo ma passando per la via estremamente eretica dell’abate satanista Boullan, seguace del gioachimita Eugène Vintras, fondatore della Chiesa del Carmelo e, a sentir lui, reincarnazione del profeta Elia. C’è tutta una storiaccia di attacchi magici fra De Guaita e Buollan, con ricadute su Huysmans, o almeno così il suo guru spretato e depravato gli fece credere. Di tutto ciò non c’è ancora traccia nel romanzo, ma i prodromi e i protagonisti ci son tutti, anche se con altri nomi. E c’è ovviamente la femmina fatale, colei che accompagna Durtal alla prima messa nera, che scende con lui le scale degli inferni parigini. Gran personaggio quello della signora Chantelouve, timida moglie borghese di uno scrittore di opere religiose, che si svela piano piano e si mostra infine come la prostituta che è, come la Elena dei Simoniani, la Anne-Marie di Bloy e la perfetta Donna Scarlatta di Crowley. Assai riuscito anche il personaggio dell’amico medico, che ben incarna la crisi del positivismo nel suo comprendere che il corpo non è solo quello che si disseziona e riempie di medicine.

Durtal finisce nei gironi della Parigi occulta per trovare ispirazione, sta scrivendo un libro su Gilles de Rais, vuole sapere se ancora ai suoi giorni si pratica la magia nera, si uccidono vergini e si beve il loro sangue. Il De Rais gli appare come una figura duplice: c’è il monaco guerriero che combatte devoto sotto le insegne di Giovanna d’Arco, ma c’è poi lo stregone perverso che decima la popolazione infantile dei paesi intorno al suo castello. Un mostro che muore impiccato e bruciato ma pentito ed assolto dalla stessa Chiesa, un mostro che ben rappresenta certe manifestazioni, ormai superate nella coscienza comune postmoderna, del complesso del peccato. La parola peccato, ricordiamo, etimologicamente rimanda all’errore, al fallire, al superare i limiti. Le “stravaganze” a cui si riferisce Crowley sono appunto il voler per forza l’abiezione, il capovolgimento empio di ciò che è stato sacro, l’errore ovvero l’errare per l’errare, il gusto di smarrirsi e del fallimento ripetuto, la selva oscura e l’accidia compiaciuta. Con poi il piacere meschino del chieder perdono, del risollevarsi, del sentirsi pulito fino al prossimo peccato.

Allora forse è azzeccato il titolo L’abisso invece di “Laggiù” come noi avremmo intitolato, perché l’Abisso è Daath nell’Albero della Vita cabalistico, è la palude in cui si arena e affonda la Conoscenza che non diventa la Comprensione di Binah, Trinità oltre il mondo materiale. Abitante dell’Abisso è Choronzon, vecchia conoscenza di Edward Kelley, prima ancora che di Crowley. Choronzon sarebbe forse l’unico vero diavolo o satana concepibile, al di là di pruriti delle signore Chanteluove, delle orge dei Buollan di ieri ed oggi e dei ragazzini che si danno al satanismo per far dispetto al prof di religione. Il demonio vero è infatti demone della dispersione, impedisce la visione dell’Unità perché abbaglia con i suoi frantumi, con le seduzioni di verità mai piene. Forse Huysmans non è morto di cancro alla lingua per aver forse tradito misteri, ma ha scritto un bel romanzo sul potere della dispersione e sulla antica certezza che si ottiene ciò che si vuole e chi vuole peccare peccherà e chi vuole verniciare le sue perversioni di tinte sacre o sconsacranti non è poi tanto originale.

Luca Negri

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