13 Aprile 2024
Economia

Gli “aiutini” di Draghi serviranno alle banche, non ai cittadini

Ricordate gli 80 euro di Renzi? Dovevano servire a “far ripartire i consumi”, a “dare una sferzata all’economia”, se non addirittura ad inaugurare una storica stagione di “redistribuzione della ricchezza” in favore dei ceti meno abbienti. Orsù, alzi la mano chi ha visto l’ombra di tutto ciò: il rilancio dei consumi, la sferzata e tutte le altre bubbole fiorentine. Semplice trucchetto contabile: con una mano ti do 80 euro in busta paga, e con l’altra te ne tolgo altrettanti – o anche di più – per le mancate detrazioni fiscali, per l’aumento delle tariffe, per la moltiplicazione delle tasse comunali, eccetera. Questo, naturalmente, per chi ha avuto gli 80 euro. Chi non li ha avuti, ha dovuto pagare e basta.

Adesso, l’eccellentissimo governatore della Banca Centrale Europea, dottor Mario Draghi, sembra voler ripetere il giochetto, ma senza neanche dare ai cittadini europei l’illusione d’incassare una qualche mancia: soltanto la promessa che le banche saranno un po’ più elastiche nella concessione di crediti alle imprese e alle famiglie. Ma vediamo di capirci qualcosa, districandoci tra montagne di tecnicismi non proprio semplicissimi e – manco a dirlo – in pura lingua inglese, la lingua dei padroni. Dunque, con grande solennità e alti squilli di trombe Sir Drake ha annunziato il suo equivalente degli 80 euro renziani: il Quantitative Easing (traduzione letterale: Alleggerimento Quantitativo), in sigla QE. A noi comuni mortali i misteri del genio creativo di Mister Britannia vengono così spiegati: per aumentare la liquidità monetaria nell’economia europea, la BCE creerà nuovo denaro, con il quale acquisterà un certo quantitativo di titoli di Stato emessi dai paesi dell’UE (ma non dalla Grecia disobbediente); ciò, al lodevole scopo di rilanciare gli investimenti e di stimolare i consumi. Ma – piccolo particolare – poiché la BCE non può finanziare gli Stati (in omaggio ai sacri princìpi del puritanesimo liberistico anglosassone) l’istituto di Francoforte dovrà  acquistare questi titoli “in seconda mano”, facendoseli girare – se così posso dire – da chi ne ha tanti e vuole sbolognarsene un po’. Cioè – guarda caso – dalle banche; che in tal modo (effetto sicuramente non voluto!) saranno le reali destinatarie di questa colossale operazione di beneficenza finanziaria.

Quanta parte di questa montagna di soldi (60 miliardi di euro ogni mese, fino al settembre 2016) andranno alle imprese e ai cittadini europei? Quella parte soltanto che le banche – a loro illuminato ed insindacabile giudizio – decideranno di mettere in circolazione sotto forma di credito alle imprese e alle famiglie. E quanto grande sarà questa parte? Non tanto grande, temo. È probabile che le banche continueranno ad erogare crediti col contagocce ad una clientela con alta probabilità di insolvenza. La manna dal cielo sarà probabilmente destinata al reinvestimento in attività finanziarie redditizie, oltre che a tappare i buchi di tanti vecchi crediti inesigibili.

È già successo fino a un paio d’anni fa, con un’altra genialata del nostro eroe: le LTRO, Long Term Refinancing Operations, ovvero Operazioni di Rifinanziamento a Lungo Termine. Altri 1.000 miliardi di euro, dei quali – fra il 2011 e il 2012 – si sono giovate soprattutto le banche, che però si sono ben guardate dall’utilizzare quel fiume di danaro per far “ripartire” l’economia reale.

Intendiamoci: si è trattato di “aiutini” che non hanno fatto male a nessuno. I 1.000 miliardi delle LTRO sono serviti – se non altro – ad evitare esuberi e licenziamenti di impiegati bancari. Così come gli 80 euro di Renzi sono serviti a pagare qualche nuovo balzello locale. Così come – aggiungo – il QE rappresenta comunque una iniezione di liquidità in un sistema inaridito dal “rispetto degli impegni” verso la finanza usuraia. Purtroppo, però, né le LTRO né le mance renziane hanno fatto “ripartire” un bel niente.

Quanto al Quantitative Easing, potrebbe certamente apportare grandi benefìci; ma soltanto se la nuova liquidità fosse versata agli Stati, che potrebbero impiegarla per finanziare la spesa pubblica e per ridurre la pressione fiscale. Ma – lo abbiamo visto – i Comandamenti delle sacre Tavole del Dio Denaro vietano di utilizzare la ricchezza a pro della collettività. La ricchezza non deve appartenere ai Popoli e agli Stati ma alle Banche. Le Banche creano il denaro e le Banche ricevono il denaro. Alle Nazioni, ai sistemi economici nazionali, alle popolazioni possono andare soltanto le briciole, cadute dalla tavola dei padroni.

Allora questo benedetto Quantitative Easing non è utile a nessuno? Non è esatto neanche questo. A Draghi, per esempio, è stato utile. È servito a rafforzare la sua immagine di enfant prodige della finanza europea. Gli ha giovato anche la solita opposizione preconcetta di madame Merkel, che puntualmente riesce a far aumentare le simpatie per i suoi antagonisti. L’aspettativa per la nuova operazione è grande, ma i risultati – ci scommetto – saranno modestissimi. Un piccolo “aiutino”, un’aspirina buona per curare un raffreddore, ma del tutto inefficace per la polmonite doppia che tiene a letto l’Europa.

Post Scriptum. Nel momento di licenziare l’articolo apprendo che il Governo Renzi si appresta a varare un’altra delle sue illuminate “riforme”. Ad essere nel mirino del Vispo Tereso, questa volta, sono quelle banche popolari e di credito cooperativo che rappresentano forse l’ultimo scampolo di “banca a misura d’uomo” presente sul nostro territorio. Il grimaldello per scardinare la loro fastidiosa sopravvivenza (fastidiosa per il sistema bancario cosiddetto “europeo”) è l’abolizione del limite dell’1% come quota massima detenibile da parte di ciascun socio. Questa soglia (stabilita dall’articolo 30 del Testo Unico Bancario) aveva fino ad oggi salvaguardato le banche popolari dallo shopping selvaggio degli “accorpamenti” a pro dei grandi gruppi bancari. Caduta questa limitazione, anche “le popolari” saranno fatalmente assorbite da un sistema bancario sempre più “alieno”, sempre più distante dalle esigenze reali del nostro tessuto produttivo. Ed un altro pezzo della nostra economia reale (i 450 miliardi di attivi gestiti dalle banche popolari) prenderà il volo e finirà nelle casse della finanza internazionale.

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