15 Maggio 2024
Pensiero Vivente

Ereticamente intervista Stefano Arcella

 

Studioso delle spiritualità misteriche nel mondo antico e del pensiero tradizionalista ed esoterico del Novecento. Ha pubblicato:

Religiosità e presenza politica degli Orazi fra il VI e il IV secolo a.C, in Ricerche sull’organizzazione gentilizia romana (a cura di G.Franciosi), II, Jovene, Napoli, 1988;
I Fabi e la tradizione annalistica, in Ricerche III (a cura di G.Franciosi),Jovene, Napoli, 1995;
Le Lettere di J.Evola a Benedetto Croce (a cura di Stefano Arcella, Fondazione Evola, Roma, 1995) sono state recensite: dal giornalista Cesare Medail sulla terza pagina del Corriere della Sera l’11 gennaio 1996, sull’Inserto Culturale de Il Sole-24 ore (aprile 1996), e, nello stesso periodo, sulla terza pagina del Tempo di Roma (Fausto Gianfranceschi), sulla terza pagina de Il Giornale (Marcello Veneziani).

  • Lo stesso Cesare Medail, sempre sul Corriere della Sera, in terza pagina, aveva recensito, nel 1995, i primi scritti di Stefano Arcella sulle lettere di Evola a Giovanni Gentile, pubblicati sulle riviste Italia settimanale e su Futuro Presente.
  • Lettere di J.Evola a Giovanni Gentile (a cura di Stefano Arcella),Fondazione J.Evola, Roma, 2000
  • Il libro I Misteri del Sole (Controcorrente, Napoli, 2002) è stato adottato come testo d’esame presso la cattedra di Storia delle Religioni dell’Università dell’Aquila, nell’anno accademico 2002-2003. Lo stesso testo è stato presentato alla Biblioteca Universitaria Alessandrina di Roma, nel novembre 2002, dal prof. Enrico Montanari, docente ordinario di Storia delle Religioni presso l’Università “La Sapienza” di Roma nonché dal prof. Luciano Arcella
  • Ha concepito l’idea iniziale dello studio su Esoterismo e fascismo, poi sviluppato ed ampliato da Gianfranco De Turris (Esoterismo e Fascismo, Mediterranee, 2006).
  • I 2 saggi di Stefano Arcella in Esoterismo e fascismo(L’enigma della Grande Orma e Il mistero di Rumon), sono stati recensiti positivamente da Pietrangelo Buttafuoco, apparsa su  Panorama (9 agosto 2006).
  • Il libro di J. Evola, La Via della realizzazione di sé secondo i Misteri di Mithra (a cura di Stefano Arcella, con due saggi introduttivi del curatore), Controcorrente, Napoli, 2007, è stato recensito dal prof. Gianfranco Lami, docente associato di Filosofia politica all’Università “La Sapienza” di Roma (sulla rivista online filosofiapolitica.net) e dallo studioso austriaco Thomas Hakl (studioso di Evola ed esperto di culture esoteriche), sulla rivista tedesca Gnostika. Hakl  ha citato gli scritti di Stefano Arcella nelle sue relazioni ai convegni di studi internazionali.
  • E’ autore del saggio Un culto della fecondità nei Quartieri Spagnoli di Napoli fra religiosità popolare e degrado sociale, in AA.VV, Centralità marginali. Cinque saggi di antropologia urbana(con introduzione di Luciano Arcella), Controcorrente, Napoli, 2010.
  • Ha collaborato e collabora tuttora con numerose riviste culturali (fra le quali si ricordano: Hera, Fenix, L’Alfiere, Vie della Tradizione, Betìle, La Cittadella, centrostuddilaruna.it).
  • È docente presso la Fondazione Humaniter dal 2007
  • Ha insegnato Storia dell’esoterismo occidentale
  • Dirige corsi sulla Via solare e sulla metodica steineriana



Intervista a cura di Fabio Mazza
I lettori di Ereticamente.net  e tutti coloro che si occupano di esoterismo, storia delle religioni indo-europee e antichità italica, la conoscono bene. Ci vuole in breve raccontare la sua storia umana e operativa e i filoni di pensiero e gli autori che l’hanno maggiormente influenzata?
La mia formazione ha le sue radici nella Cultura della Tradizione.
Dico volutamente Cultura della Tradizione e non “tradizionalismo”, perché la prima locuzione esprime il senso di un colere, di un coltivare la propria interiorità e polarizza l’attenzione sul senso vivo e dinamico della Tradizione, il “tràdere”,  ossia la trasmissione delle conoscenze spirituali intese quali conoscenze esperienziali, interiori e non quale costruzione libresca. Distinguo nettamente ciò dal tradizionalismo, che comunica il senso di un irrigidimento immobilistico nel concetto astratto, intellettualistico della Tradizione, che è il “pensato”, il concetto morto, arido della tradizione proprio al pensiero dialettico, analitico.
Volendo dare una rappresentazione necessariamente sintetica – nei limiti di spazio di un’intervista – posso dire che i miei primi autori di riferimento, sin dagli anni del liceo classico, sono stati Julius Evola e René Guénon.
Evola ha avuto il grande merito di farci prendere coscienza della dimensione profonda, sapienziale delle civiltà tradizionali e, alla luce di questo riferimento, dei caratteri decadenti della modernità – di cui ha contestato fortemente il presunto carattere evolutivo.
In questo senso, Rivolta contro il mondo moderno è una pietra miliare, non solo per i contenuti sapienziali e tradizionali ma anche per la peculiarità del metodo di ricerca, che è il metodo tradizionale, suscettibile di feconde applicazioni in ogni singolo dominio di studio e di ricerca. Tale metodo    che privilegia l’attenzione per il mito e il simbolo quali espressioni dell’anima profonda di una data civiltà – non è una tecnica neutra, ma discende direttamente da una profonda philosophia perennis, da un “visione del mondo” che guarda oltre le apparenze, le sembianze, quella che gli Indiani chiamano la maya. Nei miei scritti – e nei libri I Misteri del Solein particolare –  ho insistito particolarmente su quest’ aspetto e continuerò ad insistervi, perché la comprensione profonda di questo approccio consente di fecondare la “Cultura della Tradione”, di renderla viva e creativa.

 

Peraltro ho contribuito a porre in luce la complessità e la poliedricità culturale di Evola, con le mie ricerche e le mie pubblicazioni su aspetti del filosofo romano che erano inediti fino alla metà degli anni Novanta, quali le lettere di Evola a Benedetto Croce, il rapporto epistolare con Giovanni Gentile, la collaborazione di Evola all’Enciclopedia Treccani, la sua collaborazione col sodalizio culturale napoletano degli “Illusi (poi Compagnia degli Artisti), il suo rapporto con l’isola di Capri.
Un saggio di Evola come “La Via della realizzazione di Sé secondo i Misteri di Mithra”(sulla rivista “Ultra” del 1926)  è stato da me approfondito nelle sue fonti, spirituali e culturali, poiché non si comprende Evola senza tener conto dell’humus spirituale e culturale in cui visse e si formò. Il rapporto con Giovanni Colazza (esoterista antroposofo)  è stato, ad esempio, ignorato o sottovalutato per lungo tempo.
La lezione di Guénon è magistrale sul linguaggio dei simboli – i simboli della scienza sacra – e sui caratteri degenerativi del regno della quantità, aspetti, questi, della sua visione che sono stati particolarmente importanti nel mio processo di approfondimento, non solo e non tanto sul piano intellettuale, quanto su quello dell’affinamento della sensibilità, dell’intuito nel cogliere il senso dei simboli. Più problematica è la posizione di Guénon sul tema delle “trasmisisoni regolari” o la sua predisposizione personale alla conversione all’Islam, che io considero una forma tradizionale non adatta ad un occidentale.
Detto ciò, aggiungo che poi la mia formazione si è gradualmente allargata ad altri autori: da Nietsche a Spengler, dalla tensione di autotrascendimento del Così parlò Zarathustra – con tutta l’ambivalenza di tale tensione, coi suoi aspetti positivi ma anche con quelli problematici – al senso ciclico della storia e alla morfologia comparata delle civiltà del Tramonto dell’ Occidente, una grande opera, poco letta negli stessi ambienti di area “tradizionale”, ma che in questo momento storico, merita una più fresca e attenta lettura ed una elaborazione creativa di ampio respiro macro-storico. E ancora: la storia comparata di Toynbee e il richiamo di Zolla alle Aure italiche e agli Archetipi, solo per limitarmi a citare alcuni autori e alcuni testi.
Il mio iter è stato segnato dall’approfondimento sia della tradizione occidentale italico-romana (ricordo qui i miei studi sulla “potenza” e sul “potere” nella romanità
arcaica, quelli sui culti gentilizi arcaici degli Orazi e dei Fabi), sia, in una fase successiva della mia vita, della spiritualità buddhista ed anche della sua filosofia, con particolare riguardo allo Dzogh-Chen tibetano (il “Grande Compimento”).
Ciascuna di questi approfondimenti ha avuto il suo valore, ciascuna di essi ha costituito un grande arricchimento, sotto aspetti diversi. Essi sono uniti da un unico filo conduttore: la ricerca del Sé, della propria identità profonda, che non è solo momento culturale, ma ricerca spirituale motivata da un’istanza di elevazione interiore.
La romanità – e tutto il retaggio etrusco e italico che in essa fluisce – ha un senso del rapporto col divino ben diverso – e certamente più elevato – da quello proprio all’orizzonte della religione cristiana. Plotino – che riprendeva una tradizione molto più antica – diceva che “sono gli dèi che devono venire a me, non io agli dèi”, espressione felice e sintetica che riassume il senso di un rapporto attivo, composto, dominatore rispetto alla sfera del sacro. E’ il senso della gravitasromana, è un modo di essere e di porsi nettamente diverso rispetto a quello delle “religioni rivelate”. E la virilità spirituale che traspare dagli stoici e in particolare da Marco Aurelio (temi sui quali ho avuto modo di scrivere diversi saggi)  non è solo una lezione morale, ma qualcosa di molto più profondo, che investe il Sé, la centralità interiore, ciò che gli Stoici chiamavano l’egemonikòn.
L’incontro con la spiritualità buddhista mi ha fatto cogliere e maturare il senso della “presenza”, il rigbadei tibetani, l’essere qui e ora presenti interamente con tutto se stessi, nonché il senso aristocratico, profondo, della karunā che noi traduciamo con  “compassione”, che non è uno sfaldamento sentimentalistico, ma la capacità aristocratica di calarsi nella sofferenza degli altri, quale via per superare l’attaccamento all’ego. Occorre un animo grande e nobile, per sentire davvero quest’ approccio, non è affatto una cosa per tutti. L’aspetto più importante e centrale del mio incontro con lo Dzogh-Chen tibetano (l’insegnamento del Grande Compimento) è stata l’interiorizzazione della “Vacuità-chiarezza”, un esser pienamente presenti nell’assoluto Vuoto della mente, oltre ogni schema ed ogni pensiero. Con le parole, di più non si può dire. Io sono soltanto un praticante, uno sperimentatore della ricerca interiore.
L’approfondimento di Steiner, Colazza  e Scaligero è avvenuto dai 40 anni in poi, soprattutto grazie all’incontro con Pio Filippani Ronconi (e con alcuni dei suoi discepoli), un grande Maestro che mi ha aperto una prospettiva di approccio diverso, “positivo” alla modernità, che non è per niente un accomodamento in termini di omologazione culturale, ma è un “volgere il veleno in farmaco”, un volgere a proprio beneficio interiore i processi dissolutivi e le condizioni della modernità, seguendo una via interiore, quella del “pensiero vivente”, particolarmente adatta alla costituzione mentale e psichica dell’uomo occidentale nato e vissuto nella modernità. Filippini non si poneva sulla linea di Evola – che pure definiva un “mago nato”- eppure la sua lezione (il cogliere i lati “positivi “della modernità) va a integrare, a rendere molto più concreta e sperimentale la prospettiva che Evola giustamente propone in Cavalcare la tigre ed enuncia nei suoi principi, ma che poi richiede concrete applicazioni.
Lei si è occupato spesso della cosiddetta scuola del “pensiero vivente”, che prendendo le mosse dagli insegnamenti di Rudolf Steiner, percorre il secolo scorso con figure come Massimo Scaligero, Giovanni Colazza, Pio Filippani-Ronconi. Questa via iniziatica moderna è stata vista con interesse anche nell’ambito del gruppo di Ur, il sodalizio degli anni 30 in cui operavano molti importanti esoteristi italiani, sotto la direzione di Evola, che riconobbe l’indubbio valore delle pratiche pur non avendo apparentemente, nei riguardi dello Steiner, un riconoscimento assoluto. Si è spesso parlato di una possibilità di “separazione” tra dottrina steineriana nel suo complesso, da alcuni considerata una forma di neo-spiritualismo, e utilizzo di pratiche ed esercizi “operativi”. Lei cosa pensa in proposito?
Sul rapporto fra Giovanni Colazza e il Gruppo di Ur ho pubblicato diversi saggi (Julius Evola e i Misteri di Mithra fra influenze esoteriche e letteratura storico-religiosa, in  J.Evola, La Via della realizzazione di sé secondo i Misteri di Mithra (a cura di Stefano Arcella) Fondazione J.Evola-Controcorrente, Napoli, 2007; Evola e il Gruppo di Ur. La storia occulta dell’Italia del Novecento, in centrostudilaruna.it, dicembre 2012) di cui ribadisco tutto il contenuto ed al quale rimando i lettori interessati ad approfondire tali aspetti.

Quanto al rapporto fra dottrina steineriana nel suo insieme ed esercizi operativi, vi è un nesso strettissimo fra le tesi esposte nella Filosofia della Libertà e  I Sei Esercizi nonché con la tutta la sequenza di esercizi, di concentrazione, meditazione e contemplazione, esposti da Steiner nel suo libro L’Iniziazione e poi da Massimo Scaligero in vari testi, fra i quali cito Tecniche della Concentrazione interiore eManuale pratico di Meditazione. Vi sono circoli antroposofici che si dedicano all’approfondimento di vari aspetti dell’antroposofia, quali la pedagogia steineriana, la biodinamica, la medicina antroposofica. Tutti aspetti importanti, intendiamoci, ma il cuore del sistema di Steiner è il pensiero libero dai sensi, la Forza-pensiero svincolata dai condizionamenti della psiche e delle impressioni sensoriali. L’Io superiore, di cui tale forza-pensiero è veicolo, torna gradualmente a dominare il corpo astrale, l’eterico e il fisico, secondo giusta gerarchia. La Via del “pensiero vivente” è una via solare, perché tutto va riscoperto dentro di sé. Le varie ramificazioni del pensiero di Steiner sono applicazioni specifiche di tale centralità solare.

 

La Filosofia della Libertà non è separabile dall’operatività interiore; essa è il presupposto teorico, filosofico degli esercizi, intendendo per teoria, nel caso specifico, non un’escogitazione astratta, ma la sistematizzazione, in una forma filosofica, di una sapienza spirituale che viene da lontano. Steiner ebbe a precisare e a ripetere che la Scienza dello Spirito non è una sua invenzione soggettiva, ma una Scienza di antichità plurimillenaria. Il significato di “scienza dello spirito”, del pensiero vivente, libero dai sensi e dagli strati inferiori della psiche, la possibilità concreta di un “pensare che osserva il pensare”, sono i tratti peculiari e  fondamentali della Filosofia della Libertà  che si comprendono poi sempre meglio con la pratica degli esercizi che ho menzionato.

Ciò non vuol dire che, per praticare gli esercizi, si debba accettare tutto il sistema steineriano. Sono convinto che la “discesa del Principio Solare nell’uomo” (quindi il carattere immanente del principio spirituale) è un processo molto, molto più antico rispetto alla figura del Cristo, che peraltro Steiner considera in un modo del tutto particolare come “discesa” del Principio Solare in Gesù di Nazareth, concezione rispetto alla quale io continuo a restare serenamente scettico e distaccato. Sono convinto che nei Misteri del mondo antico pre-cristiano, nei gradi più alti, fosse presente e viva la consapevolezza e la Conoscenza del carattere immanente di tale Principio Solare. So bene che tale mia posizione susciterà critiche, ma sono saldamente convinto di ciò e ritengo che vi siano consistenti motivazioni alla base di questa tesi. Del resto, era lo stesso Filippani ad ammonire sempre a “non credere in nulla” ma a conoscere sperimentando interiormente. E Scaligero, a sua volta, insiste su questo sperimentalismo senza credere in nulla.
Quello che davvero è essenziale, oggi, è la pratica degli esercizi e la conoscenza spirituale come conoscenza esperienziale, sperimentale volta all’interiorità. Ricordo a tutti che ascesi viene dal verbo greco askéo (= mi esercito) ed anche dal verbo latino exerceo, che designa un proteggere, un allontanare le insidie interiori, ma anche un ritrovare, un avere in sé l’arx (ex-arceo), la roccaforte interiore. Tutto il resto sono chiacchiere che rischiano di fuorviare e di imprigionare nella gabbia del pensiero dialettico.
Come si pone, quale studioso e come uomo nei riguardi del concetto di Tradizione, come venne enucleato da Evola e Guenon? Ci può spiegare il concetto di “Tradizione vivente”, che secondo noi è fondamentale per la comprensione della via del pensiero vivente e dell’opera di Massimo Scaligero?
Sul senso vivo e dinamico della Tradizione mi sono già espresso rispondendo alla prima domanda. Aggiungo che per accostarsi alla Tradizione vivente occorre, preliminarmente, la liberazione della Forza fluente del pensiero – quale Forza cosmica sovrasensibile – dalla gabbia del pensiero dialettico, integrata col Volere e col Sentire. Gli esercizi sono ascesi nel senso etimologico  del vocabolo. Tengo a sottolineare – perché è facile fraintendere – che questa Forza fluente del pensiero non è un concetto astratto, elaborato a tavolino, ma è il contenuto di una conoscenza interiore, esperienziale. Si può giungere a percepire, ad avvertire, a sentire la Forza del pensiero quale forza autonomamente attiva, libera dai condizionamenti della psiche e dei sensi. Non si tratta, pertanto, di pratiche di mero rilassamento psichico come si è tentato di leggerle superficialmente, ma di un indirizzo operativo molto più profondo, in cui si entra in contatto consapevole con la radice eterica del pensare e si può realizzare – ossia rendere reale – il senso di una centralità interiore effettiva. I Sei esercizi di Steiner sono solo l’inizio di una Via che se, ben praticati, conducono alle soglie del mondo spirituale propriamente detto. Poi vi sono altre pratiche più avanzate e quelle conducono molto più lontano.
Uno dei pericoli maggiori di questi “tempi ultimi”, tra l’altro già magistralmente messo in evidenza da Evola e Guenon, è il “neo-spiritualismo”, un insieme di dottrine, scuole e “sette”, che si professano ricercatrici del sovrasensibile e “spirituali”, rifiutando però ogni collegamento con tradizioni e religioni regolari, e mettendo in luce molto spesso forti caratteri di individualismo, pacifismo, umanitarismo, rifiuto dell’autorità e della gerarchia. Il tutto condito, quando non da un vero e proprio sincretismo, dalla incomprensione e volgarizzazione di dottrine tradizionali, riformulate ad uso e consumo degli occidentali e dell’attuale società materialista. In proposito Scaligero parla di scuole dominate dal “demone della materia”. Rispetto ai tempi in cui Evola scrisse “maschera e volto”, la situazione è indubbiamente peggiorata di molto. Il fenomeno della new-age, del  neo-paganesimo, di forme spurie e “laiche” di buddhismo e spiritualità orientale sono all’ordine del giorno, quand’anche non si assiste alla diffusione sempre più spinta di sette e gruppi apertamente satanici. Per alcuni, questi movimenti sarebbero infiltrazioni dell’anti-tradizione, volte a cancellare qualsiasi ordine e barriera contro le orde caotiche della sovversione. Che cosa pensa in proposito?
Non si può collocare nello stesso calderone la New Ange e il neopaganesimo, il buddhismo e il satanismo. Stiamo molto attenti a non fare confusione e a porre le giuste distinzioni fra correnti e tendenze molto diverse fra loro, addirittura inconciliabili e non collocabili sullo stesso piano.
La New ange è un fenomeno di matrice americana che riprende frammenti, solo frammenti di un’antica sapienza senza una visone organica complessiva della sapienza tradizionale. Un esempio per tutti: il pensiero positivo ha un senso e una funzione se collocato all’interno di un completo, organico sistema di pratiche e di conoscenze. Diversamente, si riduce ad un ottimismo roseo che finisce per essere una fuga dalla realtà, una forma di quell’impulso evasionistico che Steiner configura simbolicamente come “Lucifero”.
Il “neo paganesimo” è, in Italia, un fenomeno complesso e antico. Esso, in Italia risale al neoplatonismo di Gemisto Pletone nel XV secolo e alla sua aspirazione di una restaurazione del politeismo religioso ellenico. L’Accademia Romana di Pomponio Leto elaborò questa istanza nel senso di un ritorno alla tradizione dei Maiores, alla religione romana. A Firenze questa corrente assunse le forme dell’Accademia platonica, con figure di primissimo piano quali Marsilio Ficino al quale dobbiamo la traduzione dal greco in latino dei più importanti testi della Sapienza classica, dalle Enneadi di Plotino ai dialoghi platonici, al Corpus Hermeticum di Ermete Trismegisto. Al neoplatonismo fiorentino appartennero figure come Pico della Mirandola, Sandro Botticelli, il giovane Amerigo Vespucci. Sono le figure che, insieme ad altre, hanno fatto il Rinascimento in Italia.
E poi c’è il neoplatonismo napoletano, fenomeno che sto studiando, e che merita di essere riscoperto e approfondito; esso vanta figure quali Lorenzo Valla, il Panormita, il Caritèo, il Sannazzaro, quel sodalizio che si riuniva nel chiostro di quella “strana” e “particolare” chiesa che è S. Giovanni a Carbonara a Napoli.
Vogliamo mettere tutto ciò sul piano della New Age? Non scherziamo. Lo stesso “tradizionalismo romano” del Novecento ha vantato figure spirituali e culturali di primissimo piano, da Arturo Reghini a Julius Evola a Giacomo Boni, per dirne solo alcune. E le stesse pubblicazioni, dagli anni 70 in poi, che sono espressioni di quest’area – penso ai Fascicoli dei Dioscuri e alla rivista La Cittadella di Messina – denotano una ricchezza spirituale e culturale non comparabile con le tendenze confuse e neospiritualistiche quali la New age.
Il buddhismo è un fenomeno complesso e fu Julius Evola uno dei primi studiosi a farlo conoscere in Italia. Su ciò ho avuto modo di scrivere e di documentare il ruolo del filosofo romano (Il contributo di J. Evola alla conoscenza del Buddhismo Vajrayana, in Studi Evoliani  2009, Ed. Arktos, Torino, 2009). Avendo conosciuto direttamente questa spiritualità, posso dire che vi sono Maestri di altissimo livello – come Lama Norbu – ma il problema sta, a mio avviso, nella base, nei seguaci, troppo spesso impregnati di categorie culturali e di affezioni animiche legate alle mode del momento, al “politicamente corretto”, mentre occorrerebbe maturare uno sguardo più distaccato rispetto ai fenomeni contemporanei.
Tutt’altro è il fenomeno del satanismo, che rientra in quei fenomeni di “auto trascendimento discendente” di cui parlava Evola in un libro pieno di intuizioni lungimiranti quale L’Arco e la Clava. Nulla a che vedere né col cd. Neopaganesimo – che è essenzialmente centrato su culti della luce – né col buddhsimo, che è una via luminosa; ricordiamo che il Buddha per conseguire il risveglio dové lottare con Mara, il Signore della Morte.
Lei ritiene che la Via al pensiero vivente, sia una Via completa, che possa portare a risultati iniziatici l’uomo attuale, o che si tratti di un percorso propedeutico, di ripulitura, quasi un “opus remotionis”, una alchemica “opera al bianco”, necessitante poi di un collegamento con pratiche e forme delle tradizioni regolari?
Diffido molto del concetto di “tradizione regolare”. Gli organismi che vantano le cd. “trasmissioni regolari” – mi riferisco alle logge massoniche – sono spesso ridotti a vuoti cerimonialismi, se non anche a centri di potere.
La Via del pensiero vivente per me non è soltanto un’Opera al Bianco, un’Albedo, per dirla col linguaggio ermetico. Essa può condurre davvero molto lontano, perché la sua essenza è la riscoperta dell’Io – che è ben diverso dall’ego – ossia del proprio centro interiore, quale contenuto di una conoscenza sperimentale. E in questo centro si riscopre l’Unità col Tutto, la Realtà di quell’Uno-Tutto di cui parlavano i neoplatonici. Certo, non è l’unica Via, ma sono convinto che sia quella più idonea alle condizioni dell’uomo occidentale contemporaneo. Essendo una via graduale e metodica, fondata sulla progressiva riscoperta del proprio centro interiore, è più sicura rispetto ad altre, ma ciò – è bene sottolinearlo – non vuol dire affatto che sia una via comoda. E’ una Via scomoda, perché mette da parte i cerimonialismi e i misticismi, riportando  il ricercatore,  il praticante alla semplicità e all’essenzialità dell’opera su se stesso e mettendolo quindi in diretto contatto con se stesso. Non vi sono divinità da pregare, non vi sono sostegni cui aggrapparsi. Solo l’essenzialità dell’azione interiore, fondata sull’accordo del pensare-sentire-volere.
Con riferimento alla visione che traspare dai testi di Scaligero, che riprende la visione steineriana, e che fa propri i corollari di pace, amore per tutti gli esseri, compassione ecc. non ritiene che questi temi, se esulanti da un puro piano esoterico-iniziatico, e trasposti anche in forma “morale” ed etica, corrispondano ad una caduta di livello, rispetto alla visione “guerriera” puramente indo-arya con cui i lettori di Ereticamente sentono forte affinità?
Tutto dipende dalla retta comprensione di tali significati e, soprattutto, degli stati interiori cui significati alludono. La pace può essere intesa in senso eminente, superiore, quale armonia con le Forze cosmiche e divine e quindi anche come Ordine sul piano terreno (la famosa pax romana), oppure essere fraintesa come un appoggiarsi l’un l’altro in una situazione in cui nessuno ha un centro interiore. L’Amore – nel senso classico di Amor – è un donare, è una gioia di dare perché si ha la consapevolezza di essere parte di un tutto cosmico e quindi ci si eleva non per un fine egoistico, ma al servizio del mondo. Tutte le pratiche buddhiste, ad esempio, terminano sempre con la dedica dei meriti, ossia a beneficio di tutti gli esseri senzienti, proprio per abbandonare il senso dell’ego, la malattia dell’importanza personale. L’Amore è una forza, non una debolezza, è un dare come azione pura, giusta in sé.
Altro è il fraintendimento dell’amore come sfaldamento sentimentalistico, desiderio di aggrapparsi l’un l’altro per sfuggire e sopperire alla propria debolezza.
Chi pratichi rettamente la Via Solare del Pensiero Vivente non può fare queste confusioni.
Una delle caratteristiche della via del pensiero vivente è la solarità. Si tratta di una via “secca”, anche se temperata da un lavoro sulla parte “mercuriale” e da una forte contemplazione della natura. Non viene concesso spazio alle illusioni egoiche, tendenti a far propria ogni aspirazione verso il trascendente e lo spirituale, ammantandola di forme pompose e cerimoniali spesso solamente esteriori. Cosa ha da offrire questa via in un epoca in cui, anche tra i cultori di esoterismo, si ricerca la formula, il rito, l’apparenza e la forma, spesso a detrimento della sostanza?
La Via del Pensiero Vivente può offrire molto all’uomo occidentale contemporaneo.
Sta alla persona, alla profondità, alla forza e alla serietà della sua motivazione e del suo intento, saper attingere dalla pratica interiore di tipo “solare” tutto ciò che si può destare.  Essa è una via Solare perché persegue lo scopo di riscoprire e di ridestare il Principio Solare nell’uomo, quello che nel linguaggio di Steiner e di Scaligero è definito l’Io superiore, il cui veicolo è la Forza – pensiero che è realtà profondamente diversa – è bene rilevarlo – dal pensiero dialettico, quello che, negli ambienti di area tradizionale, è comunemente definito “’intellettualismo”.

Il punto centrale da comprendere è che non si tratta di dare all’uomo forze esterne a lui, ma di risvegliare le sue possibilità superiori latenti ma comunque presenti potenzialmente. La Forza – pensiero è ordinariamente inafferrabile ma le pratiche dei sei esercizi – che sono, si badi bene, solo l’inizio di questa Via – tendono a far affiorare nella coscienza questa inafferrabile Forza – pensiero.  Altrettanto importante è l’accordo del pensiero con la Volontà profonda e col Sentire inteso quale sensibilità sempre più affinata man mano che si procede lungo questa Via.

A tale riguardo rimando a testi di R. Steiner quali I Sei Esercizi(Editrice Antroposofica, Milano, 2009) e soprattutto L’Iniziazione (Antroposofica, Milano, 2010). Per le opere di Massimo Scaligero rinvio in particolare, fra gli altri, al Manuale pratico di meditazione (Tilopa, Roma, 2010), a Guarire con il pensiero(Mediterranee, Roma, 2010) ed a Tecniche della Concentrazione Interiore(Mediterranee, Roma, 2012)
Lei in molti articoli e testi si è occupato del Mazdeismo e del Mitraismo, ed è evidente il suo interesse per le religioni “solari” e per l’aspetto iniziatico di esse. Come si inserisce la via del pensiero vivente in questo quadro? Ritiene che si tratti della “continuazione” ed attualizzazione di un filone spirituale e di visione del mondo antichissimo, riprendente anche concetti degli antichi Misteri, o che si tratti di qualcosa di assolutamente nuovo?
In materia di mithraismo il mio testo più importante è I Misteri del Sole (Controcorrente, Napoli, 2002) in cui, applicando il metodo tradizionale e integrandolo col metodo scientifico ho approfondito, sub specie interioritatis,  il contenuto di questa spiritualità misterica. A questo testo vanno ora aggiunti tutti gli articoli sul mithraismo che ho pubblicato, nel corso del 2012, sul sito www.centrostudilaruna.it ; essi sono una nuova elaborazione ermeneutica che mette in luce altri aspetti dei Misteri di Mithra: il rapporto con la tradizione orfica, col pitagorismo e con gli aspetti misterici contenuti nei Dialoghi di Platone, il rapporto maschile/femminile (che io leggo in modo del tutto diverso rispetto alla tesi consolidata nel Novecento), e infine il tema della  spiritualità solare nel XXI secolo.
Segnalo, in particolare, il mio saggio La Via Solare nel XXI secolo, pubblicato su “Centro Studi La Runa” nel maggio 2012 e che ha suscitato molti commenti e attenzioni da parte dei lettori, con un dibattito che si è snodato per molti mesi.
La Via del Pensiero Vivente, di cui ho parlato poc’anzi, è da me concepita come un’attualizzazione dei Misteri Solari in forme adatte alla costituzione mentale e psichica dell’uomo occidentale contemporaneo. Essa è, pertanto, una spiritualità antica in forme e modalità nuove, poiché ogni epoca ha una sua “forma”spirituale, legata alla particolare antropologia propria a quell’epoca. Occorre partire dalla nostra condizione reale, data dal pensiero dialettico e dal dualismo; dobbiamo ricordare che da Cartesio in poi, si irrigidisce una forma mentale dialettica e dualistica che è alla base dello sviluppo tecnico-scientifico. Il processo, in realtà, è molto più antico, ma dal ‘600 in poi, assume una particolare accelerazione. Lo stesso mithraismo romano di epoca romano-imperiale è, rispetto al culto di Mithra indo-iranico, una formazione nuova, che riprende simboli e archetipi antichissimi, risalenti all’antichità indoeuropea pre-iranica e pre-indiana, ma   li colloca in una nuova trama di rapporti, in cui ciascun elemento assume nuovi significati e nuove funzioni. Su questo tema, nel mio saggio, mi sono soffermato ampiamente.
Quanto alla religione iranica e alla riforma spirituale di Zarathustra, è molto espressivo che il Profeta iranico abbia posto al centro del suo universo religioso il culto di Ahura Mazdāh, il “Signor Pensante”, il cui corpo è “fatto di Luce”, ponendo una relazione diretta fra la Luce divina e il Pensiero, inteso nella sua radice sovrasensibile, cosa ben diversa – è bene rilevarlo per il pubblico di questo sito – dalla ragione intesa in senso illuministico e razionalistico. A tale riguardo, considero fondamentale la lettura del libro di Filippini Ronconi Zarathustra e il Mazdeismo (Irradiazioni, Roma, 2007) del quale mi sono occupato nei miei scritti Zarathustra e la Via dell’anima cosciente nella lettura di Pio Filippani Ronconi (in la Cittadella, n.s., n°40, ottobre-dicembre 2010, pp. 36-46) e Pio Filippani Ronconi fra Zarathustra e Mithra(in AA.VV., L’Orientalista guerriero. Omaggio a Pio Filippani Ronconi, Il Cerchio, Rimini, 2011, pp.63-82). La riforma spirituale di Zarathsutra, sotto l’aspetto della disciplina della mente, della rettificazione del pensiero, è stata da me approfondita in un contributo pubblicato sul n.161 di  Vie della Tradizione, nel 2012.
Quale “uomo della Tradizione” come si pone nei confronti della attuale società e della situazione di decadenza pura che stiamo vivendo? Vede in questo una pietra di prova, una sorta di “scelta” nel nostro comparire in questo periodo storico? O vede piuttosto la sua attività, letteraria e non, quale una sorta di diga, individuale e collettiva, nei confronti delle forze della sovversione?
La mia posizione interiore rispetto al mondo contemporaneo consiste, essenzialmente in un’integrazione dell’apporto evoliano con la lezione insita nella Via del Pensiero Vivente. Pertanto non vedo la mia azione, anche sul piano dell’impegno culturale, come una “diga”; il concetto di diga designa una postura puramente difensiva e quindi perdente. Vedo invece il mio contributo nella direzione di un cogliere i risvolti “positivi” dell’età della decadenza; in un mondo in cui non esistono riferimenti e istituzioni sacrali, l ‘uomo e più specificamente il ricercatore spirituale che muova da una sensibilità, da un richiamo interiore verso la Tradizione, è chiamato a ritrovare in sé  l’asse che non vacilla, il centro interiore, attraverso la Via Solare lungo la quale ci si ricongiunge all’Io superiore.
Lei ritiene sia in atto una lotta tra un fronte della Tradizione, e un opposto fronte dell’anti-tradizione o della sovversione? In tal senso la tradizione aryo-iranica, di cui lei si è occupato diffusamente, fa proprio il concetto di eterna lotta tra il bene e il male, tra la luce e le tenebre. Ciò, lungi dall’essere un dualismo o un manicheismo, come molti pseudo “pagani” hanno ritenuto superficialmente, a nostro avviso rappresenta la figurazione della realtà duale in cui ci troviamo ad agire in questo stato di esistenza. Del resto Kosmos e Caos furono posti in contrapposizione già dagli stessi greci, e da Platone in primis. Lei ritiene che ci siano attualmente uomini, organizzazioni ed “Enti” che agiscono per gettare il mondo nel Caos? Che ruolo ha in tutto ciò la via del pensiero vivente, anche con riferimento ai “pochi” di cui Massimo Scaligero parla, quali comunità spirituali agenti per il benessere e l’ordine di tutta la collettività?
La religione di Zarathustra non è affatto dualista in senso stretto; Lo Spirito Santo (Spenta Mainyu) e lo Spirito Distruttore (Anra Mainyu) sono gemelli, per cui procedono entrambi dal Signore Pensante. Ciò può significare sia che Ahura Mazdah trascende e riassume gli opposti,  sia che il Signore dell’Oscurità è condizione per la libertà dell’uomo. Su questo teme è bene approfondire quanto scritto da Mircea Eliade proprio sulla religione di Zarathustra (Storia delle  credenze e delle idee religiose, I,Sansoni, Milano, 1996). A questo proposito si può ricordare un tema di meditazione proposto da Scaligero : “La Luce splende nelle tenebre” ad indicare che è proprio affrontando e superando gli ostacoli, gli impedimenti e le insidie posti dal Signore dell’Oscurità,  che si può realizzare una più alta e profonda vittoria.
Sul piano della manifestazione relativa, storica, vi sono uomini, sodalizi, organismi, moltitudini che sono agiti da forze oscure, quelle che nella Via del pensiero vivente sono definite come Ahriman e Lucifero. Dico ciò senza alcuna animosità, poiché tutto ciò ha un suo senso e una sua funzione, fa parte del processo ciclico di decadenza, perché il grande ciclo deve dispiegarsi nelle pienezza delle sue potenzialità, anche quelle di ordine più basso. Ahriman è la potenza della pietrificazione, della solidificazione materialistica, mentre Lucifero è essenzialmente l’impulso evasionistico, che si esprime in tutte le forme torbide neospiritualistiche che propongono una fuga dal mondo, favorendo la fiacchezza interiore, l’affievolirsi e lo scomparire di ogni spirito combattivo.
Il segreto sta nel trasformare il veleno in farmaco, volgere a beneficio della elevazione interiore proprio gli ostacoli posti da questa forze oscure. L’età oscura, l’età della decadenza presenta i suoi lati positivi, perché è proprio nell’ispessimento materialistico, proprio nelle tenebre della materia che può tornare a risplendere la Luce. Tutto ciò non è astrazione speculativa, ma fa riferimento a precisi stati interiori che possono essere risvegliati, poiché la Luce è in noi, ma ordinariamente l’uomo non è consapevole di ciò.

 

10 Comments

  • Anonymous 28 Ottobre 2013

    Come è possibile contattare il Sig. Arcella? Grazie per la risposta

  • Anonymous 28 Ottobre 2013

    Come è possibile contattare il Sig. Arcella? Grazie per la risposta

  • stefano arcella 6 Febbraio 2015

    per Anonymous : puoi contatarmi sulla mia pagina facebook “Stefano Arcella” sono di Napoli

  • stefano arcella 6 Febbraio 2015

    per Anonymous : puoi contatarmi sulla mia pagina facebook “Stefano Arcella” sono di Napoli

  • Francesco 22 Maggio 2016

    Steiner e Scaligero non fanno parte della Tradizione, quanto meno di quella veramente Romana, considerato che entrambi sono cristiani e affermano la centralità della venuta di Cristo. Mi sembra che il pensiero di Arcella sia molto sincretico e poco fedele alla Tradizione.

  • Francesco 22 Maggio 2016

    Steiner e Scaligero non fanno parte della Tradizione, quanto meno di quella veramente Romana, considerato che entrambi sono cristiani e affermano la centralità della venuta di Cristo. Mi sembra che il pensiero di Arcella sia molto sincretico e poco fedele alla Tradizione.

  • Janus 25 Novembre 2016

    Guenon fortunatamente già ci aveva messo in guardia da questo approccio sincretista, ,dall’Antroposofia e da questi metodi di “auto-iniziazione” assolutamente anti-tradizionali dei quali Stafano Arcella, bisogna dirlo, è un esemplare e dotto esponente, quindi in realtà ancor più pericoloso della new age tout court, perchè può far breccia anche in coloro che sinceramente ricercano un iniziazione “regolare” in una Tradizione con una “catena iniziatica” ininterrotta e che magari pur avendo studiato Guenon ed Evola possono facilmente cadere in questi tranelli nel “tradizionalismo spurio” e nel “neo-spiritualismo” antroposofico,teosofico e simili,che non è altro che una forma di luciferismo che apre le porte alle cosiddette “fenditure dal basso” nel materialismo oramai superato, le acque inferiori della spiritualità deviata che si insinuano nella solidità del positivismo che ha dominato lo scorso secolo e che infatti caratterizzano questa era propria come liquida, in fondo il concetto del sociologo Bauman è molto affine ed esatto anche da questo punto di vista, l’elemento liquido acqua, quindi le influenze sottili dello psichismo inferiore pseudo-spirituale, stanno prendendo il sopravvento sull’elemento solido Terra caratterizzato dal materialismo scientista che ha dominato il nostro passato più recente…

  • Janus 25 Novembre 2016

    Guenon fortunatamente già ci aveva messo in guardia da questo approccio sincretista, ,dall’Antroposofia e da questi metodi di “auto-iniziazione” assolutamente anti-tradizionali dei quali Stafano Arcella, bisogna dirlo, è un esemplare e dotto esponente, quindi in realtà ancor più pericoloso della new age tout court, perchè può far breccia anche in coloro che sinceramente ricercano un iniziazione “regolare” in una Tradizione con una “catena iniziatica” ininterrotta e che magari pur avendo studiato Guenon ed Evola possono facilmente cadere in questi tranelli nel “tradizionalismo spurio” e nel “neo-spiritualismo” antroposofico,teosofico e simili,che non è altro che una forma di luciferismo che apre le porte alle cosiddette “fenditure dal basso” nel materialismo oramai superato, le acque inferiori della spiritualità deviata che si insinuano nella solidità del positivismo che ha dominato lo scorso secolo e che infatti caratterizzano questa era propria come liquida, in fondo il concetto del sociologo Bauman è molto affine ed esatto anche da questo punto di vista, l’elemento liquido acqua, quindi le influenze sottili dello psichismo inferiore pseudo-spirituale, stanno prendendo il sopravvento sull’elemento solido Terra caratterizzato dal materialismo scientista che ha dominato il nostro passato più recente…

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