11 Aprile 2024
Punte di Freccia

Dio, Patria e Famiglia – Mario Michele Merlino

Tempo di festività. Reiterati auguri. Sentiti alcuni, formali altri. E tornano abusate e retoriche parole d’ordine di una destra becera ed esangue. Con luoghi comuni falsi e ipocriti, mascherati da linguaggi imperiosi e promesse d’essere cambiamento. Oggi mi gira storto, siate comprensivi o cambiate schermata. ‘Dio, Patria, Famiglia’, come vedete porto rispetto e le scrivo ancora con la maiuscola. Forse anche con una certa nostalgia e invidia. L’unico sopravvissuto all’affondamento del Pequod, l’io narrante, si salva aggrappandosi ad una bara nel Moby Dick di Melville. Forme consolatorie, giustificatorie, però, e a me sembrano le maschere ove s’annida brulicare di vermi. Dal tempo lontano della giovinezza amara e inquieta quando, tra Giovane Italia e breve permanenza nel MSI, all’ombra del tricolore ritmi scanditi – ‘Duce! Duce! e ‘Italia! Italia!’ – e l’inossidabile Inno al Sole, ingenuo, fare battaglie di retroguardia o peggio servili stelle e strisce. Nietzsche, introducendo il suo libro più celebre, racconta come Zarathustra incontri un vecchio nel bosco e si sorprenda che non sappia come ‘dio è morto’.

Espressione mediata da un canto luterano e già resa forte nell’aforisma L’uomo folle da La Gaia Scienza. Potenza evocativa della parola. A rileggerne tuttora le sue righe ci appare in modo plastico l’immagine. Va da sè che, nelle attribuzioni usuali che si propongono, Dio non può morire – o lo si nega e fin dai suoi esordi o si ritrae, come pensava lo storico delle religioni comparate Mircea Eliade (il deus oblatus) o il filosofo francese Gabriel Marcel.

Non vi tedio con modesti sarcofaghi di teologia (di cui ignoro tutto o quasi) e di filosofia (di cui mi arrabatto poco). Soltanto per suggerire come oramai siamo ‘ogni istante di solitudine’(splendida intuizione dell’Omero argentino), per cui ciascuno cerchi se crede o può una zattera effimera di salvezza. (‘Gott mit uns’ era inciso sulla fibbia del cinturone del soldato tedesco e gli estremi piloti giapponesi si chiamarono kamikaze – e in entrambi i casi il dio li disdegnò e ne fece scempio. Mai potrei osare darmi all’idea che un dio, qualunque sia il suo volto, porti il ghigno degli assassini di Dresda e di Hiroshima). Sono cresciuto da genitori a cui profondi e sinceri sentimenti d’amore patrio davano forza e dignità. Mio padre si levava il cappello al passaggio del tricolore e a mamma venivano gli occhi lucidi.

La Patria, la bandiera, i suoi confini (sacri), l’odore aspro di zolle fumiganti nell’alba, la cima innevata dei monti spazzata dal vento, l’onda che si infrange sulla riva placida o irosa, dove ritrovare le immagini del suolo reso sacro dei padri che ne versarono da eroi il proprio sangue? Sciatti i libri di storia.

Pornografia di uomini nei dati demografici – una fila ininterrotta di laboriose anonime formiche – l’economia stitica del lavoro produci consuma e date. Cemento arido anonimo vile. Sospetto e invidia la retorica dei pezzenti d’animo. La Legenda del Piave un pianto vano per guasto idrogeologico. E noi stessi, orfani, cercare qualsiasi luogo e dare un perché ove ci si batta per le medesime idee.

Ignari che le idee altro ormai non sono che pallide ombre, opinioni-modello optional di un supermercato usa e getta… Solo, forse, nel proprio petto la cifra della vittoria del valore della sconfitta. Purché si possieda un cuore nero (equivalente a ‘immenso e rosso’). Tratto dalle prime pagine del libro di Stefano Zecchi, edito a ridosso fine 2018. Titolo L’amore nel fuoco della guerra (mi sono annoiato a leggerlo). ‘… subito prima dell’ingresso degli uomini di Tito nel centro della città (Zara), dove si trova la cattedrale, un giovane tenente dei carabinieri, Ignazio Terranova, salì rapido in cima al campanile e dispiegò al vento un grande tricolore che teneva nascosto sotto la camicia. Continuò a sventolare la bandiera italiana mentre i soldati iugoslavi avanzavano verso Santa Anastasia. Raggiunta la cattedrale, il capitano comandante con la stella rossa sul berretto ordinò a cinque soldati di salire sul campanile, di prendere la bandiera e di catturare il carabiniere. Il tricolore fu incendiato nella piazza e lì, accanto al fuoco, davanti a tutti, il tenente Terranova venne fucilato’. Nella primavera del ’45 in tempi eroici vani arcaici dove la Patria era e non fu…

E, infine, la famiglia. Ormai scheletro muffa e orbite vuote. Dal ceppo originario in sé fonte d’ogni fierezza e speranza, premessa per il futuro, all’aurea prigione borghese. Dormitorio privato. Salvadanaio. Vuote le culle. Il campanello del citofono ricorda il possesso del nome, altro senso resta ormai muto. Nomen est omen… Dante, come Cesare, copre il volto per rifiutare lo scempio ed il pugnale. A quale identità, ci si schiede, possiamo appellarci? Cenere nel camino spento tavola e sedie per fantasmi di un desco antico nessun canto risa di adolescenti. In tempi remoti sacralità della pira nella radura, saltare oltre il fuoco, purificazione. Oggi scegliere la lista invitati il menù rapporto costi e benefici (regali). Anno 2019. Avanti un altro.

Chi si ricorda quel 23 marzo in piazza San Sepolcro? Noia fastidio ottenebramento… Dio Patria Famiglia, icone della Rivoluzione, per dare alle masse dignità d’essere popolo. Sogno ad occhi aperti, illusione, forse inganno. Poco o nulla ormai conta. Conta: fu tentato. Nel bosco il cavaliere è solo e impavido, indifferente alla morte e al diavolo. Marcia senza una meta, nessuna dimora l’attende. Egli è, al contempo, il fine del suo errare e il focolare acceso nel suo petto. Non é poco anche se soltanto scendendo in metrò o al bar per un cappuccino. Dietro la maschera del tempo può nascondersi prendere forma lo Spirito indomo.

5 Comments

  • enrico 2 Gennaio 2019

    un po ancestrale lontano dalla realtà disamina simile a antichi dei nei luoghi dove solo la natura era linfa per ogni magnificenza dell uomo del suo pensiero , guidato da una vita asceta, limpida dove poteva solo con il suo intuito stabilire le esigenze del suo spirito e del corpo… lasciandosi andare al crepuscolo a sublimi pensieri , arrivati fino a noi ….

  • mario michele merlino 2 Gennaio 2019

    troppo… non volo così alto e lontano…

  • Claudio Antonelli 3 Gennaio 2019

    Con le feste di Natale e fine d’anno il misterioso rapporto che certi emigrati hanno con il Paese d’origine si risveglia e si fa addirittura imperioso. Per noi, espatriati del Nord America, è il tempo delle analisi sul passato, e sul destino che deviò il corso della nostra esistenza attraverso il viaggio transoceanico di quel lontano giorno… L’espatriato teme il cambiamento totale del paese lasciato. Egli vive l’ansia di chi non vuol perdere il mondo originario, insostituibile approdo dell'”eterno ritorno”. Ma i mutamenti, già da tempo, incalzavano: “In Italia non è più come prima…”, “Oramai anche in Italia…”. E infine il cambiamento totale è arrivato, in Italia e in Europa. I massacri compiuti dai terroristi islamici in Europa hanno suggellato nel sangue la nuova realtà del Vecchio Continente, in cui le identità nazionali originarie sono state ormai intaccate e rischiano di essere completamente stravolte dalla continua immigrazione dall’Africa e da altri continenti. In questi ultimi anni, chi di noi, rientrando in Italia, non ha provato un senso di estraneità? La nostra Patria ci è apparsa con un volto nuovo, per la presenza diffusa di gente giunta da altrove che parla altre lingue… Gente dai comportamenti e stili di vita estranei al modello italiano. Noi che viviamo in Canada in una società multiculturale, che è però sottoposta a rigorose regole comuni, stentiamo ad accettare la logica del caos italiano e dell’abusivismo sfrenato. Si pensi ai venditori ambulanti, ai quali è permesso vendere cianfrusaglie e prodotti contraffatti in ogni angolo della penisola. L’illegalità è sempre più diffusa. Venire in Italia clandestinamente non è un reato. E così le strade formicolano sempre più di nuovi volti. Gente giovane giunta da altrove, sicura di sé e spesso petulante e arrogante attornia i nostri italiani sempre più vecchi e più fragili. Dietro il nuovo volto dell’Italia emerge una nuova anima che mira a espropriare l’antica. E già in parte vi è riuscita.

  • mario michele merlino 3 Gennaio 2019

    finis europae, la definì adriano romualdi, e aveva a mente berlino ridotta a macerie aprile ’45. paghiamo ancora il peso della sconfitta.

  • investigator113 3 Gennaio 2019

    Oggi cosa rimane di Dio Patria e Famiglia? Dio lo abbiamo visto che scempio è stato questo Natale; il Figlio di Dio fino a poco prima come il Salvatore del mondo, all’improvviso oggetto di scherno. Preti che buttano il Presepe nell’immondizia, Preti che chiudono le chiese il giorno della venuta di Cristo Gesù, il Papa in primis che banalizza la venuta del Redentore paragonandolo a un immigrato sapendo che è un invasore con lo scopo preciso di perseguitare i cristiani. Dio che le nuove generazioni rifiutano a prescindere. Che dire della ns. Paria morente con le scorribande dei cessi sociali che bruciano il Tricolore, i governanti che hanno svenduta la sovranità trasformando la ns Italia Terra di conquista per i nuovi predatori, le Multinazionali, spogliandoci dei ns beni? Infine la famiglia, Che ruolo ha oggi la Famiglia nella società tra gay gender figli con l’utero in affitto divorzio fino al colpo di grazia del femminicidio? La ghigliottina non perdona
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