11 Aprile 2024
Storia

Da Costantinopoli ad Istanbul: continua il mito – Luigi Angelino

Nella prima parte della trattazione, abbiamo concluso con l’epoca di Giustiniano, che forse fu l’ultimo imperatore a conservare un’impronta decisamente “romana” al grande enclave d’Oriente. Dopo qualche decennio buio e controverso, Eraclio conquistò Costantinopoli, rovesciando. con l’aiuto della popolazione, il poco amato Foca, giustiziato, poi, pubblicamente. Eraclio riformò in maniera profonda le isituzioni imperiali, imponendo l’utilizzo della lingua greca nella Cancelleria, mutando lo stesso titolo imperiale, con l’introduzione di “Basileus”. Dal punto di vista semantico, il passaggio della lingua ufficiale dal latino al greco, segnò la nascita del vero e proprio “periodo bizantino”, comportando un’interruzione della tradizione giuridica prettamente “romana”. Il nuovo “Basileus”(1) dovette fronteggiare l’attacco dei Persiani e dopo un’effimera conquista di Gerusalemme, fu costretto a soccomberre davanti all’avanzata degli Arabi. I successivi sovrani della dinastia eracliana furono, comunque, impegnati contro le truppe musulmane, fino ad arrivare all’ultimo discendente della casata, Giustiniano II Rinotmeto, che, all’inizio dell’VIII secolo, tra il 704 ed il 711, creò scompiglio nella città di Costantinopoli con stragi e massacri, dopo la sua prima deposizione ad opera di Leonzio. La città e l’intero impero rimasero impietriti davanti alla sua credeltà, fino al momento in cui Filippico lo depose per la seconda e definitiva volta, mentre suo figlio Tiberio IV veniva cruentemente ucciso sull’altare della chiesa di santa Maria della Blacherne, come nella scena di un film dell’orrore ante litteram (2). Nella seconda metà dell’VIII secolo e nella prima del IX infuriò l’ideologia “iconoclasta” (3), adottata da Leone III l’Isaurico, che emanò un decreto con il quale bandiva tutte le immagini religiose, in quanto considerate blasfeme. In tale folle lotta, molto pesarono i contatti con le comunità musulmane, la cui religione, come è noto, proibisce severamente qualsiasi raffigurazione della divinità. In particolare, è da ricordare il primo ordine dato dal “basileus”, ossia quello di distruggere l’immagine di Cristo sulla porta della Chalke nel Palazzo Imperiale, impedita da una diffusa rivolta dei cittadini di Costantinopoli. A tale proposito, il secondo Concilio di Nicea permise di nuovo la venerazione delle immagini, ma soltanto verso la metà del IX secolo l’iconoclastia cessò di essere invocata, quando con Basilio I, cominciò l’epoca della “dinastia macedone”. Sotto la guida di quest’ultimo e di Leone V, a Costantinopoli si susseguì una serie di trame politiche e religiose, fomentate anche dalla Chiesa di Roma che perdeva progressivamente di prestigio nei confronti dei patriarcati orientali. A causa della minaccia dei Bulgari, alla fine del X secolo, Basilio II strinse una proficua alleanza con Vladimir I di Kiev, guadagnandosi il prezioso aiuto dei guerrieri variaghi(4). Si racconta che gli emissari di Valdimir I, colpiti dal luminoso fasto delle cerimonie religiose celebrate nella basilica di santa Sofia, convinsero il loro re a convertirsi al rito cristiano orientale. Le ricostruzioni storiografiche affermano che, durante il periodo della dinastia macedone, la città di Costantinopoli era considerata la più importante ed opulenta città d’Europa e del Medio Oriente, arrivando a contare circa 1.000.000 di abitanti, una cifra colossale se riferita all’epoca buia del Medioevo ed all’elevatissimo tasso di mortalità.            Durante il regno di Costantino IX, nel 1054, si verificò il cosiddetto “Grande Scisma” tra la Chiesa denominata “Ortodossa” e quella denominata “Cattolica”(5), al ritmo di grottesche e ridicole reciproche scomuniche, pronunciate nella splendida basilica si Santa Sofia, dai legati del pontefice di Roma e dal patriarca di Costantinopoli, Michele I Cerulario. L’età della dinastia comnena si apriva con la totale perdita dell’Asia Minore, a seguito della tragica sconfitta della battaglia di Manzicerta (1071). Alla fine dell’XI secolo, ad opera di Alessio I Comneno, cominciò la cosiddetta “colonizzazione latina” di Costantinopoli, quando fu concesso alla Repubblica di Venezia di possedere un intero quartiere commerciale della città, in cambio dell’aiuto contro i Normanni, come avvenne in seguito a favore della Repubblica di Genova. Si trattava della nascità di veri e propri avamposti latini, che godevano di una certa immunità, esenti dai dazi e dai controlli imperiali. In tale contesto, l’impero bizantino visse un periodo di temporanea rinascita, alla luce soprattutto dell’arrivo delle truppe della Prima Crociata, che permisero la riconquista della riva asiatica dello stato con conseguente avvio della ripresa economica e sociale, grazie al nuovo sistema feudale della “Pronoia”, a similitudine di quanto era avvenuto nell’Europa occidentale. Mentre il primo avvento dei Crociati fu quasi un fallimento, per l’impreparazione dello stato bizantino, con il secondo esercito, guidato da Goffredo di Buglione, la Cancelleria imperiale garantì la fornitura di sostegno e vettovaglie, in cambio di un giuramento di fedeltà e della consegna delle terre recuperate eventualmente ai sovrani arabi. Nel 1118 anche Pisa creò il suo quartiere commerciale, affiancato alla cittadella dei Veneziani e dei Genovesi, nella zona di Galata. L’aumento quasi incontrollato dei Latini, suscitò il risentimento dell’aristocrazia autoctona.

I mercanti delle Repubbliche Marinare italiane, soprattutto i Veneziani, detenevano il monopolio commerciale nell’economia della città. Nel 1171 l’imperatore, approfittando di un gravoso incendio nella zona genovese di Galata, imputato ai Veneziani, ordinò di imprigionare tutti i 10.000 Veneti presenti. Nel 1204 la città, ormai indebolita, venne attaccata e saccheggiata dagli eserciti della quarta crociata guidata da Enrico Dandolo e Bonifacio del Monferrato. Si trattò di una conquista barbara, sanguinaria e devastante, durante la quale numerosi tesori e reliquie furono sottratte e depredate (6). E’ davvero risibile leggere alcuni testi propagandistici religiosi, dove i Crociati sono presentati come “paladini” della Cristianità. In realtà, si trattava di masse rozze, mobilitate in cerca di ventura, senza neanche una professione militare consolidata, ma strumentalizzata solo ai fini del saccheggio e del terrore. Alcune cronache narrano che gli atti dei Crociati furono più efferati rispetto a quelli compiuti dai Turchi e dagli Arabi, presentati invece come belve, soltanto perchè collocati sul fronte opposto. I conquistatori crearono il ridicolo “impero latino”(7) che durò per circa mezzo secolo, fino al 1261 quando i Bizantini Niceni ripresero Costantinopoli, cacciando Baldovino II (8). Michele VII Paleologo promosse un’apparente ripresa, ma l’impero bizantino si avviava, ormai, verso un’inesorabile decadenza. Durante la Dinastia dei Paleologi, nel XIV secolo, mentre l’Occidente si avviava verso l’Umanesimo e la creazione degli Stati nazionali, con il progressivo indebolimento dei due poteri medioevali per antonomasia, papato e sacro romano imperatore, Costantinopoli doveva fronteggiare sia le ostilità dei Latini, decisi a conservare il controllo commerciale dell’area, sia gli attacchi dei Turchi, ormai quasi alle porte. Nella prima metà del XV secolo ormai l’impero bizantino era diventato “una testa senza corpo”, riducendosi alla sola città di Costantinopoli, che contava ormai soltnato circa 50.000 abitanti. Per ironia della sorte, un po’ come era successo con l’ultimo imperatore dell’Occidente, Romolo Augustolo (nome del primo re e del primo princeps di Roma), l’ultimo “basileus” di Costantinopoli fu Costantino XI, che portava il nome di colui che aveva rifondato la “Nova Roma”. Il 29 maggio 1453, Costantinopoli cadde nelle mani dei turchi ottomani di Maometto II, il Conquistatore, che, con una certa lungimiranza, non pensò a saccheggiarla o a distruggerla, ma la rese la “capitale” dell’impero ottomano. Per Bisanzio, divenuta Costantinopoli, si apriva, comunque, un’altra significativa era. La data della caduta di Costantinopoli destò un clamore così diffuso in tutto il mondo dell’epoca, che molti storici preferiscono indicarla come l’inizio dell’età moderna, al posto del 1492, anno della scoperta dell’America (9).

Durante il periodo ottomano, Costantinopoli conservò la sua denominazione, con la variante turca di “Kostantiniyye”, assumendo ufficialmente il nome di “Istanbul” solantanto nel 1930, la cui etimologia, come si è visto nella prima parte della trattazione. potrtebbe derivare dal greco (eis ten polin), “vai nella città”, cioè “nella città per antonomasia”. Non mancano altre interpretazioni, come quella che farebbe derivare “Istanbul” dal termine “Islambol”, che vuol dire “centro dell’Islam. A questa magica città, tuttavia, sono stati attribuiti molteplici nomi, Nova Roma, Rumiyya al-Kubra (in arabo, la “maggior Roma”), Pay-i taht (in persiano, “il piede del trono), Mikligardur (città grande, denominata così dai Vichinghi, in antico germanico-norrenico), Cargrad (città degli imperatori, nelle lingue slave). Nel periodo dei sultanati ottomani, Costantinopoli raggiunse di nuovo un periodo di elevato splendore, diventando “sede del Califfato” nel 1517 (10), anche se nel contempo rimaneva sede del Patriarcato greco-ortodosso. Di grande impatto tramautico per i fedeli cristiani fu l’imposizione del sultano di rendere moschea la basilica di santa Sofia. Per il resto, fu garantita ampia libertà religiosa e la città riacquistò le caratteristiche di centro cosmopolita che aveva assunto durante i secoli più fiorenti dell’impero bizantino. Dalla conquista ottomana fino al diciassettesimo secolo, furono edificate le grandi moschee imperiali: quella denominata del “Conquistatore”, di Selim I, di Beyazit, di Solimano, attualmente la più grande di Istanbul, di Ahmet, e quella chiamata “Moschea nuova”. Non si trattava semplicemente di edifici religiosi a sé stanti, ma erano compresi in enormi strutture, in cui erano presenti ospedali, mense per i poveri e scuole coraniche. In maniera sincronica furono favorite le istituzioni commerciali, che rafforzarono la posizione di Costantinopoli come crocevia di scambio tra l’Europa e l’Asia (11). L’impero ottomano andò man mano indebolendosi, anche per il progressivo rafforzamento degli stati nazionali europei, fino ad essere definito nel XIX secolo “il Grande Malato”. Un po’ come era successo per l’impero bizantino, perse gran parte dei territori balcanici ed asiatici, disgregandosi non solo per alcune gravi disfatte militari, ma soprattutto a causa dell’ondivaga diplomazia delle Cancellerie europee.  L’impero ottomano, sconfitto durante la prima guerra mondiale, cessò di esistere il 1 novembre 1922. L’anno successivo fu proclamata la Repubblica di Turchia e la capitale fu spostata ad Ankara (12), perchè collocata in una posizione più centrale rispetto all’intera penisola anatolica e forse anche per dare un volto più “nazionalista” al nuovo stato, cercando di affrancarlo da un passato così composito, di cui Costantinopoli era il simbolo principale. Nei primi decenni della Repubblica, Istanbul fu alquanto trascurata, in quanto le maggiori risorse furono rivolte a finanziare le strutture governative nella nuova capitale. Soltanto verso la fine degli anni 50 dello scorso secolo, fu incrementata la costruzione di nuove strade ed industrie, con la demolizione di interi quartieri della città vecchia e cambiando larga parte della pavimentazione viaria.

Nella prima parte della trattazione, abbiamo accennato, tra i luoghi pù importanti di Istanbul, alla basilica di santa Sofia, divenuta poi Moschea, e ad alcuni edifici dell’epoca greco-romana fino a Giustiniano. Mi piace, in questa sede, iniziare con una breve descrzione dell’antica biblioteca di Istanbul, ristrutturata qualche anno fa, emblema del millennario passato della città e della sua formazione multiculturale. L’edificio si trova nella parte europea di Istanbul, nella cosiddetta “Beyazit Square”, dove a partire dall’inizio del sedicesimo secolo, gli Ottomani fecero costruire un complesso costituito da una moschea, una madrasa ed un ospizio. Qui, nel 1884 fu, appunto, fondata la prima biblioteca nazionale turca.  Il progetto di rinnovamento della biblioteca è stato curato dal prestigioso studio di architetti Tabanlioglu (13) che ha fondato la sua opera su un interessante ed ingegnoso scambio tra l’antico ed il moderno. L’intera struttura della biblioteca è stata restaurata con grande attenzione, dedicando particolare cura alle pareti ed ai magnifici soffitti a cupola, con l’intento di ricondurli ad un aspetto simile all’originale. L’approccio minimalista degli ideatori, sottolineando le qualità dello spazio storico per riportarle in un contesto espressivo contemporaneo, ha contribuito a preservare l’atmosfera del luogo, proprio come la stessa città di Istanbul ha vissuto molteplici stratificazioni culturali nel corso dei secoli, la cui armonia consiste proprio nel saper leggere il passato nel presente. Tra gli elementi di maggior pregio, si segnala la “grande scatola” di vetro nero trasparente, dedicata alla custodia dei volumi rari, di cui alcuni addirittura provenienti dall’antica biblioteca fondata da Costantino e distrutta completamente dalla cieca ignoranza dell’esercito della seconda Crociata(14). Al di sotto della biblioteca, inoltre, è possibile ammirare i resti di una basilica bizantina, che si rivela mediante un pavimento a vetri, infondendo al visitatore immagini di marcata suggestione. Una città di così grande prestigio, capitale di numerosi imperi e centro nevralgico di molteplici culture, è stata indicata come fondamentale “centro inziatico”, nonché come potente “centro energetico”, con particolare riferimento alle “energie telluriche”, a partire soprattutto dalla zona centrale di di Sultanhamet (15). Trovandosi nell’esatto punto di congiunzione tra la latitudine 41° N e la longitudine 29° E, questo luogo è segnato dalla presenza di un obelisco egizio, quello di Tuthmosis III, portato a Costantinopoli, per volere dell’imperatore Tedosio e collocato a quel tempo al centro dell’ippodromo della città. Tale obelisco faceva coppia con un altro, posizionato a Roma, noto ora come “obelisco Laterano”(16), ma che anticamente serviva come “spina” nel Circo Massimo. Nel mondo sono ben 22 gli obelischi egizi dislocati nelle parti più “energetiche” del pianeta, ma a questa tematica dovrebbe essere dedicata una trattazione a parte. Oltre alla chiesa di Santa Sofia, divenuta moschea e poi museo, già trattata, il centro storico di Istanbul comprende altri importanti edifici religiosi. Tra questi, di grande pregio è la Moschea blu, che si impone per bellezza ed imponenza, nonché la Moschea di Solimano, posizionata nell’omonimo quartiere. Un autentico gioello è anche la chiesa di San Salvatore in Chora (17), dapprima chiesa ortodossa, poi trasformta in moschea, per diventare un museo nel 1948. Hanno fatto molto discutere i suoi affreschi che decorano l’intero apparato murario interno, rappresentando una delle massime espressioni dell’arte bizantina ed implicanti alcune simbologie non ancora completamente chiarite.

In particolare, la Moschea blu è un luogo di grande fascino e suggestione, da me visitata molti anni fa, in un periodo di ribellione e di insofferenza per le regole, per cui mi trovai a discutere con un guardiano troppo solerte che mi invitava a togliere le scarpe, prima di entrare nel luogo sacro, come la religione musulmana impone.  La preoccupazione per l’igiene, in un posto così affollato, mi obbligava ad una difficile contrattazione, a prescindere dalle implicazioni simboliche religiose. L’interno della moschea, comunque, mi destò una grande impressione. Subito compresi, perchè veniva definita “moschea blu”, in considerazione della presenza di numerosissime piastrelle turchesi di ceramica, collocate nella cupola  e nelle pareti.  Da una successiva attenta lettura, appresi che le piastrelle erano ben 21.043, ricavate dalle maioliche di Iznik, l’antica Nicea, con alcune decorazioni che dal blu degradano verso il verde. Le 260 finestrelle, posizionate nella grande sala della preghiera, creano un ambiente fiabesco e surreale. Tale edificio, inoltre, è l’unica moschea che può vantare ben sei minareti, superata, sotto questo punto di vista, soltanto dalla Ka’ba di La Mecca, che conta ben sette minareti. Secondo una leggenda popolare, il sultano Ahmed I, per impressionare con la sua magnificenza i sudditi, avrebbe ordinato all’ architetto impegnato nella costruzione della moschea, di costruire i minareti in oro. L’architetto però avrebbe frainteso il termine turco “altin” (oro), comprendendo, invece, “alti” (sei) (18). Oltre ai maestosi edifici religiosi, l’epoca ottomana sviluppò anche grandi strutture civili, di cui forse la massima espressione è il Topkapi, ora un Museo, ma in precedenza costituiva il palazzo, che il primo monarca ottomano fece costuire in cima all’acropoli di Costantinopoli nel 1465. All’interno di questo palazzo fu ritrovata la famosa mappa di Piri Reis (19), divenuta famosa e fonte di tante dispute, a cui è attribuito il nome dell’ammiraglio turco che l’avrebbe disegnata. In essa sembrano raffigurate alcune coste del continente americano, scoperto solo diversi anni dopo, almeno ufficialmente, da Cristoforo Colombo. Si ipotizza che lo stesso esploratore genovese avesse preso visione di tale mappa, tramite l’Ordine di Cristo di nazionalità portoghese che, secondo alcuni, sarebbe stato formato dagli eredi dei Cavalieri Templari, con denominazione mutata dopo la funesta soppressione. L’aspetto ancora più sorprendente di questa mappa è che in essa sembra raffigurato perfino l’Antartide (20), che verrà scoperto, sempre secondo i resoconti della storia ufficiale, soltanto trecento anni dopo ed, elemento ancora più straordinario, non coperto di ghiacci, ma con ampi spazi verdeggianti. Con un po’ di fantasia, ciò ha fatto pensare ad eventuali retaggi di un’antica civiltà supermondiale ed al mito di Atlantide. Il palazzo “Topkapi” è divenuto famoso per i frequenti riferimenti letterari e cinematografici. In realtà, si tratta di un complesso esteso e non omogeneo di tante strutture affiancate a bassi cortili, pieno di gallerie e di passaggi, che ben si presta alla fantasia ed all’immaginazione. Le principali aree sono costituite dai quattro cortili principali e dall’harem. Nell’epoca dei sultani, vigeva una ferrea regola di inaccessibilità: dall’esterno si poteva entrare solo mediante il primo cortile, mentre il quarto cortile e l’Harem (21) erano le zone più vietate. L’accesso era consentito da vari cancelli, ciascuno presidiato da vari corpi d’armata, il principale dei quali si affacciava nel punto in cui il Corno d’Oro si apre sul mar di Marmara. I lati occidentale e settentrionale erano circondati da vasti parchi, oggi in parte confluiti nel Parco di Gulhane, all’interno del quale attualmente sorge il complesso museale archeologico. Tra i luoghi più suggestivi del Palazzo, vi è sicuramente la struttura, dove si riuniva il “Divano” o “Gran Divano”, il consiglio imperiale ottomano, eretta per ordine di Maometto II, ma abbellita in maniera fastosa da Solimano il Magnifico . Si tratta di tre stanze comunicanti fra loro, a cui si accede attraverso una veranda in pilastri di porfiro e marmo, sorreggenti un soffitto in legno bianco e verde decorato d’oro: la prima sala era usata dal “Divano” per le riunioni e le attività pubbliche, come le udienze; la seconda serviva alla Cancelleria imperiale; la terza fungeva da Archivio. Il Sultano poteva seguire le sessioni del consiglio di nascosto, rimanendo dietro ad una finestra dalla griglia dorata. Di grande pregio è anche il “Cancello della felicità”, sontuosamente decorato con stilemi figurativi, comprendenti versetti del Corano e gesta dei Sultani. La grande cupola, sorretta da possenti pilastri di marmo, ed il soffitto, parzialmente dipinto con in cima una sfera dorata pendente, servivano a simboleggiare la grande potenza del sultano. Ai lati del Cancello erano posizionati i locali destinati agli Eunuchi e la Scuola Palatina Ottomana (22). E’ necessario considerare che, senza autorizzazione, nessuno poteva violare la tranquillità del sultano e della sua famiglia. Liberamente, infatti, non poteva accedere neache il gran visir, una sorta di Capo dell’esecutivo imperiale. Di fronte al Cancello. era collocata la pietra incavata, dentro la quale era posizionato lo stendardo del Profeta, in occasione delle solenni cerimonie in cui il sultano conferiva importanti incarichi militari ai suoi legati. E’ inevitabile dedicare qualche rigo alla “sublime porta”(23), espressione utilizzata più per definire un concetto che un luogo vero e proprio, tanto da diventare, nel corso dei secoli, la metonimia per indicare lo stesso governo dell’impero ottomano. Inizialmente indicava il portale, situato nelle vicinanze del Palazzo Topkapi, che conduceva al luogo dove il sultano presiedeva una solenne cerimonia di benvenuto per gli ambasciatori stranieri. In seguito fu utilizzata per indicare l’intero palazzo imperiale, o il solo luogo dove si riuniva il consiglio imperiale (Divano), o il “Cancello della felicità” che, come abbiamo visto in precedenza, segnava il confine da non oltrepassare per gli estranei, a similitudine dell’immagine del Paradiso islamico (24).

Istanbul è anche piena di luoghi meno conosciuti, quasi segreti ed esoterici. Rimasi molto sorpreso quando, lungo la via Ikbal, notai la “moschea con la bara sul tetto”, una strana protuberanza, nello spazio tra il timpano ottagonale che sostiene la cupola ed il muro. Mi spiegarono che il rigonfiamento era dovuto alla sepoltura del costruttore che scelse il tetto come luogo del riposo eterno e non la tomba preparata nel giardino della moschea. Grande impressione esercita anche “la catena bizantina” che riempie un’intera sala del Museo Militare. Si tratta solo di una parte dell’enorme catena che sbarrava l’accesso del Corno d’oro nel 1453, per cercare di impedire l’ingresso della flotta ottomana. Non mancano, poi, testimonianze della follia iconoclasta, come la cella del patriarca Metodio nella cripta della chiesa parrocchiale ortodossa di San Giovanni Battista sull’isola di Burgazada.  Metodio il Confessore (25), patriarca di Costantinopoli e convinto fautore del culto delle immagini, fu gettato in questa cella, dopo essere stato frustato e torturato. Suscita emozione anche una visita ai resti del faro di Bucoleon, la cui torre quadrata originaria era il punto finale di un sistema di specchi altamente ingegnoso che, durante il periodo bizantino, trasmetteva segnali luminosi dalla Cilicia, provincia meridionale dell’Impero, per dare l’allarme nel caso ci fosse un’avanzata araba. Nella prima parte della trattazione, avevamo accennato alla Cisterna sotterranea, a pochi passi dalla Maestosa Santa Sofia. Si tratta di un tesoro nascosto, perchè appare come un luogo destinato al mistico e al sacro, non all’uso a cui all’inizio fu destinata: quello di raccogliere le acque piovane. E’ possibile procedere sulle passerelle di legno sospese sull’acqua bassa con un’illuminazione soffusa di faretti rossi , accompagnati dalle note della musica classica e dal lento fluire delle gocce. Il punto più misterioso della Cisterna è la raffigurazione della testa della Medusa: in realtà i mostri femmina sono due, perchè l’uno è rovesciato e l’altro è ruotato di novanta gradi, quasi ad annullare il dono di pietrificare chi li fissa negli occhi. Tale usanza era abbastanza frequente in epoca bizantina. Le colonne della Cisterna sembrano emergere direttamente dalle acque e, in gran numero, provengono da monumenti precedenti, tanto è vero che questo capolavoro di ingegneria è anche denominato “Yerebatan Sarnici”, che dal turco è traducibile in “Palazzo sommerso”(26). Uno dei miei più importanti ricordi di Istanbul è legato alla Torre di Galata, da cui è possibile ammirare una delle migliori viste della metropoli euroasiatica. La Torre, edificata dai Genovesi nel 1348 nell’omonimo quartiere, prese il nome iniziale di Torre di Cristo. Da turista, con una splendida compagna, partecipai ad una cena etnica organizzata sulla storica Torre. Ciò che maggiormente destò la mia meraviglia, non fu l’altezza di 61 metri, quanto osservare che lo spessore delle sue mura diminuisce mano a mano che ci si avvicina alla cima. Nel violaceo tramonto estivo, dalla terrazza panoramica della Torre, potei assistere ad uno spettacolo di grande suggestione, dove Bisanzio, Costantinopoli ed Istanbul si sovrapponevano, creando un unico e composito gioco di colori: i profili delle Moschee si confondevano con gli stormi dei gabbiani che volavano frenetici, mentre il Corno d’Oro ed il Bosforo accendevano le luci di un passato millenario.

Note:

(1)Il termine basileus, usato in ambiente ellenico per indicare colui che era investito di dignità reale (re), risale al “capo” delle comunità omeriche, generalmente formate da un’oligarchia di pari che affidava compiti di direzione militare ad un “primus inter pares”;

(2) Cfr. John Julius Norwich, Bisanzio. Splendore e decadenza di un impero, Edizioni Mondadori, Milano 2001;

(3) La base dottrinale del movimento iconoclasta si basava sul presupposto che la venerazione delle immagini potesse sfociare in una forma di idolatria. Sul piano politico, invece, pesò molto il contatto con l’Islam e la volontà di portare sotto il controllo imperiale i vasti possedimenti dei monasteri;

(4) Con il termine di Variaghi, si indicano le stirpi provenienti dalla penisola scandinava verso sud-est, esercitando le attività di commercianti e di pirati, oppure servendo come mercenari;

(5)  In realtà il “Grande Scisma” del 1453 arrivò dopo una lunga crisi dell’autorità papale,  culminata nel periodo del trasferimento della sede apostolica, per circa 70 anni in Francia, ad Avignone, sulla scia di numerosi conflitti tra papi ed antipapi;

(6) Cfr. Alain Ducellier/Michel Kaplan, La storia di Bisanzio, San Paolo edizioni, Roma 2005;

(7) Gli storici ritengono il cosiddetto “impero latino d’Oriente”, il risultato della nefasta quarta crociata, quando Bonifacio di Monferrato decise di dirigere le maldestre truppe al saccheggio e alla presa della città del Bosforo;

(8) Baldovino II, fuggito prima in Francia e, poi, in Italia, cercò invano l’aiuto delle cancellerie europee per riconquistare il suo effimero impero. La riconciliazione del nuovo “basileus” bizantino con il papa rese inutile ogni suo tentativo;

(9) Cfr., Alessandro Rivali, La caduta di Bisanzio, Ed. Jaca book, Rimini 2010;

(10) Il cosiddetto “califfato ottomano” fu originato dall’assunzione del titolo di “califfo” da parte del sultano ottomano nel 1517 fino al 1923, anche se nei documenti si ritrova per la prima volta in un trattato internazionale del 1774;

(11) Cfr., Suraya Faroqhi, L’impero ottomano, Ed. Il Mulino, Bologna 2018;

(12)  Ankara, situata al centro della penisola anatolica, a differenza di altre capitali esclusivamente amministrative e politiche, nel secolo scorso ha avuto un notevolissimo sviluppo demografico, fino a contare attualmente circa 5 milioni di abitanti;

(13) Lo studio di architetti “Tabolinoglur” è uno dei più famosi della Turchia, avendo partecipato a numerosi progetti di ristrutturazione di moschee e di altri importanti edifici religiosi e civili;

(14) La biblioteca imperiale di Costantinopoli è considerata l’ultima delle

grandi biblioteche del mondo antico, salvaguardando la conoscenza degli antichi testi greci e latini per circa mille anni, distrutta quasi interamente nel 1204 durante la Quarta Crociata;

(15) Sulthanamet si trova nel distretto di Faith, nella parte europea di Istanbul, formando uno dei 57 quartieri della metropoli (mahalle);

(16) L’obelisco “laterano” è uno dei tredici obelischi di Roma e si trova in piazza San Giovanni in Laterano, costituendo, con i suoi 32,18 metri di altezza, il secondo obelisco monolitico più alto del mondo;

(17) La chiesa di San Salvatore in Chora è importantissima per i mosaici e gli affreschi, i cui temi principali sono l’incarnazione di Gesù Cristo ed il progetto di salvezza dell’umanità;

(18) Cfr. Emanuele Zimbardi, Bisanzio. L’universo dell’arte, Ed. Einaudi, Torino 2019;

(19) La mappa in pergamena sarebbe parte di un documento più ampio, rappresentando forse un terzo dell’estensione originale;

(20) Già Aristotele supponeva l’esistenza di una terra opposta al Polo Nord (Artico). I primi avvistamenti documentati risalgono al 1820, ad opera di tre uomini di mare di diverse nazionalità (russa, britannica e statunitense);

(21) L’Harem non era solo il luogo dove vivevano le mogli e le favorite del sultano, ma dal diciottesimo secolo in poi diventò un centro di intrighi e di spionaggio, dove donne astute ed intelligenti supplivano all’inerzia dei deboli autocrati ottomani;

(22) La scuola palatina ottomana è anche denominata, con poca umiltà, “scuola della verità”;

(23) L’espressione “sublime porta” iniziò ad essere usata per indicare lo stesso impero ottomano soltanto a partire dalla fine del diciottesimo secolo;

(24) Secondo la dottrina teologica islamica, il Paradiso è collocato sotto il trono di Allah, al di sopra del Cielo più alto, ed è un “luogo” distinto dall’Eden dove vissero Adamo ed Eva;

(25) Metodio fu accusato di essere in combutta con il papa Pasquale I per reintrodurre il culto delle immagini. Fu imprigionato per nove anni in condizioni disumane e liberato, solo dopo la morte dell’imperatore Leone V;

(26) Nella Cisterna di Istanbul sono state girate alcune scene del film “Inferno” (2016), tratto dall’ominimo romanzo di Dan Brown.

Luigi Angelino

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