13 Aprile 2024
Esteri Politica Putin Rallo

Bombe contro le olimpiadi invernali: ma il vero bersaglio è Putin

di Michele Rallo

I nostri governanti non se ne sono accorti, ma il fondamentalismo islamico sta conquistando tutti i territori a sud dell’Europa e si prepara a cingere d’assedio il Vecchio Continente. Con la regìa — neanche tanto nascosta — dell’Arabia Saudita e con la benedizione di USA e Israele. Hanno cominciato con le “primavere arabe”, che hanno abbattuto i regimi laici e filoeuropei dell’Africa settentrionale: quelli di Ben Alì in Tunisia, di Gheddafi in Libia, di Mubarak in Egitto. Hanno proseguito con l’assedio al blocco sciita anti-Al-Qaeda: le sanzioni contro l’Iran, l’aggressione armata alla Siria, le bombe per destabilizzare l’Irak e il Libano. E adesso tentano il colpo grosso: incendiare il Caucaso del Nord, cioè la regione più meridionale della Russia europea, una regione strategica, vitale per garantire la sicurezza della più orientale e più grande delle nazioni europee.

Perché l’alleanza saudito-americano-israeliana vuole attentare alla Russia? Semplice: perché, fino a quando Putin darà continuità alla diplomazia russa (sempre la stessa, dallo zarismo al comunismo al postcomu nismo) non sarà possibile annientare l’Iran e, con esso, la dissidenza sciita all’interno del mondo musulmano e, in particolare, di alcuni staterelli inzuppati d’oro nero. Ma anche perché — cosa forse più importante — fino a quando la Russia non accetterà la leadership americano-saudita nel mercato mondiale degli idrocarburi (petrolio e gas), tutte le nazioni d’Europa e del mondo intero disporranno sempre di un’alternativa per i loro approvvigionamenti, senza essere obbligate a rifornirsi per forza dagli sceicchi che — com’è noto — sono in società con le multinazionali americane ed anglo-olandesi.

Ora, Putin non sembra affatto intenzionato a frenare la produzione russa di idrocarburi. Anzi, pare proprio il contrario. I dati della produzione 2013 — appena diffusi — confermano che la Russia rimane al primo posto nella estrazione complessiva di gas e petrolio, superando sia l’Arabia Saudita che gli Stati Uniti. Le stime per il 2014 sono di un ulteriore incremento: e non soltanto della produzione, ma anche — cosa che immalinconisce le Sette Sorelle — delle esportazioni. Ecco perché, da qualche tempo a questa parte, Putin è diventato la bestia nera del circo mediatico mondiale. Naturalmente, non potendogli contestare genocidi o crimini di guerra, ci si accontenta di quel che offre il mercato… Chessò, una condanna a due anni di carcere per le Pussy Riot, o l’accusa di omofobia (per una legge contraria non all’omosessualità ma alla sua apologia).


E vedrete cosa succederà a febbraio, quando si apriranno i giochi olimpici invernali di Sochi, importante città russa sul Mar Nero. Già il primo ad aprire le danze è stato il Premio Nobel per la pace Barak Obama, il quale ha annunziato con grande solennità di voler disertare la cerimonia inaugurale delle Olimpiadi. Sùbito dopo — con ammirevole sincronismo — i fondamentalisti islamici hanno piazzato due bombe devastanti a Volgograd, a due passi da Sochi. La stampa “democratica” di tutto il mondo, intanto, affila le armi, pronta a riversare fiumi di fango sulla Russia e sul suo Presidente. L’operazione è avviata: dipingere Putin come un bieco dittatore, come un Gheddafi, come un Assad. Certo, nessuno pensa di inviare eserciti mercenari per abbattere il potere legittimo (e validato da regolari elezioni) di Vladimir Putin. La manovra è riuscita in Libia, ma già in Siria è andata a sbattere malamente. In Russia non avrebbe una possibilità su un milione di riuscire. Tuttavia, qualcuno continua a soffiare sul fuoco dell’islamismo in salsa caucasica. E noi europei, come al solito, non abbiamo capito nulla. Così come non abbiamo capito nulla quando lo stesso “qualcuno” ha distrutto quel pilastro di stabilità che — pur con tutte le sue pecche — era la Libia di Gheddafi. 

Fonte: settimanale Social Trapani

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