12 Maggio 2024
Scuola

Un insolito Erasmus – Fabio Calabrese

 

 

 

Ve lo dico in tutta franchezza: per me la conclusione della mia carriera di insegnante con il pensionamento ormai raggiunto, rappresenta la fine di un lungo incubo angoscioso. Parliamoci chiaro: oggi entrare in una classe scolastica e “fare lezione” significa essenzialmente tentare di tenere a bada una ventina di scalmanati ai quali interessa tutto meno che cercare di imparare qualcosa, e magari cercare di infilare qualche nozione nelle loro teste vuote o piene di SMS, ma quest’ultima cosa – sia chiaro – è un optional, tanto, per una curiosa serie di meccanismi burocratici, al diploma ci arriveranno quasi tutti in ogni caso.

Se oggi la situazione è grave dappertutto, e probabilmente non esiste una categoria professionale più frustrata e bistrattata di quella degli insegnanti, nel mio caso c’è un’aggravante per la quale non ho cessato e non cesso di provare risentimento: il fatto che a un certo punto sono stato costretto a trasferirmi, sono stato declassato dai licei agli istituti professionali dove, essendo chiara la differenza di estrazione sociale dei frequentatori degli uni e degli altri, mi sono trovato nella situazione di esercitare ancor meno il ruolo del docente e ancor più quello del domatore senza frusta.

Il motivo di ciò è abbastanza chiaro: ai rampolli delle famiglie alto-borghesi non doveva essere data l’occasione di venire a contatto con altre visioni del mondo che non fossero quella della sinistra radical-chic (o shit), mentre quel che pensa “la plebaglia”, quella che oggi non vuole scomparire per sostituzione etnica, è per IL POTERE abbastanza indifferente, tanto non sono certo le elezioni a decidere qualcosa.

Questo è tra l’altro anche un segno evidente del fatto che la sinistra ha abbandonato ormai ogni parvenza di socialismo e di interesse per i ceti subalterni e lavoratori, e si è scoperta capitalista e oligarchica (non parliamo di élite, per carità, l’unica linea di demarcazione fra i diversi ceti sociali è l’entità del conto in banca).

Alla democrazia non serve intelligenza, alla democrazia servono scimmie ammaestrate. Io non mi voglio atteggiare a vittima, so che ci sono molti amici che per le loro idee hanno dovuto pagare un prezzo molto più pesante di quel che ho pagato io e, in fin dei conti, se la scuola italiana ha deciso di sottoutilizzarmi, è stata essa a rimetterci, non io, ma l’amarezza di fondo rimane.

Una cosa che attenua almeno in parte l’amarezza, sono alcune piccole soddisfazioni che si sono verificate proprio in conclusione di questa mia non certo fortunata carriera di docente. Una di esse l’ho avuta con la maturità (Esame di Stato, come si chiama ora) 2018. Sono stato mandato come commissario esterno fuori da Trieste (non vi dico dove). Il presidente della commissione (di cui non vi faccio il nome per non metterlo a rischio di eventuali conseguenze; nella nostra libera democrazia non c’è proprio da fidarsi) aveva esaminato i profili facebook di tutti noi commissari e, per quanto riguarda me, sul mio non solo non ho mai nascosto le mie idee politiche, ma ho sempre man mano riportato tutti gli articoli pubblicati su “Ereticamente”.

Beh, quello che ha letto non gli deve essere proprio dispiaciuto, mi ha presentato agli altri commissari dicendo: “Il professor Calabrese è un uomo coltissimo”.

Conversando con lui, mi sono fatto l’idea che si tratti di una persona gravitante per motivi di sopravvivenza e di convenienza nell’orbita del PD, ma i cui reali convincimenti sono di tutt’altro tipo. Non si tratta del solo esempio di mimetismo di questo genere che ho constatato nella scuola italiana: il PD, per dirla con chiarezza, ha ereditato dal PCI i cascami dell’ideologia marxista, ma dalla DC il sistema di corruzione e nepotismo che ha portato avanti sinora.

Tuttavia, la sorpresa maggiore e una soddisfazione che non credevo proprio che la scuola italiana potesse darmi, mi sono arrivate nel corso di questo per me ultimo anno scolastico 2018-2019 con l’invito a tenere una conferenza presso un corso Erasmus. Noi in genere abbiamo un’idea piuttosto negativa di quelli che sono questi Erasmus, il cui scopo principale sembra essere quello di costruire una “cultura” che “trascenda” e in realtà cancelli nei nostri giovani la percezione dell’appartenenza alle rispettive identità nazionali, li proietti in una dimensione totalmente globalizzata, ma evidentemente ci sono delle eccezioni, e se qualcuno riesce a usare i fondi UE per finalità che sono opposte a quelle per le quali sono stati stanziati, ben venga!

Lo scorso marzo mi è arrivata una mail da una signora che lavora appunto alla preparazione di questi corsi, con l’invito a tenere presso uno di essi una lezione/conferenza. Non vi riporto il suo nome né quello della località dove il corso si stava tenendo e dove ho fatto il mio intervento, sempre allo scopo di evitare di crearle problemi, subire ritorsioni da questa democraticissima democrazia dove le idee possono circolare solo rigorosamente a senso unico. Vi posso dire però che, come mi ha confermato lei stessa, a suscitare il suo interesse sono stati i miei articoli apparsi su “Ereticamente”. Evidentemente la nostra pubblicazione raggiunge ambiti più vasti di quel che forse penseremmo.

Il corso in questione era rivolto a trenta giovani tra il sedici e i trent’anni di nazionalità così ripartita: dieci italiani, dieci lettoni e altrettanti lituani. Vi riporto uno stralcio della mail che credo sia molto significativo:

“in occasione di un primo modulo pre-Corso, abbiamo avuto occasione di constatare come tra i giovani ma anche fra gli adulti provenienti dai Paesi baltici (a questo primo modulo pre-Corso hanno preso parte anche docenti di scuole superiori lettoni e lituane che, poi, rientrati in patria, hanno selezionato i partecipanti) la memoria storica delle propria identità culturale sia quantomai debole forse per effetto di una dominazione sovietica che di questa memoria storica e non solo ha fatto strage ”.

Qui, come capite, ci sarebbe un discorso molto ampio da fare: oggi anche nei nostri ambienti ci sono molte persone persuase, di fronte agli orrori della globalizzazione, della società multietnica, della cancellazione delle identità storiche, culturali e nazionali, che durante la guerra fredda avremmo in sostanza puntato sul cavallo sbagliato, e che il comunismo sovietico fosse in ultima analisi un meno peggio rispetto agli orrori “liberal” che vediamo dispiegati oggi.

Questa mail ce lo conferma: io penso che il comunismo sovietico abbia un unico merito/vantaggio rispetto al capitalismo “liberal” made in USA, quello di essere scomparso, e che nei suoi tempi d’oro si è dimostrato una “macchina” altrettanto efficace nel cancellare popoli e identità.

Sempre nella stessa mail mi si diceva che il corso avrebbe contattato anche l’ingegner Felice Vinci, anzi, mi si chiedevano informazioni utili a stabilire questo contatto. Felice Vinci, lo ricorderete, è l’autore di Omero nel Baltico, libro in cui sostiene la controversa tesi che il Baltico, appunto, sarebbe stato il reale scenario in cui si sarebbero svolte le vicende raccontate nei poemi omerici. Gli Achei, come altri popoli che più tardi avrebbero dato vita alla koinè ellenica, i Dori, a esempio, prima di insediarsi nella Grecia, provenivano dall’Europa del nord, e le vicende omeriche sarebbero basate sul ricordo di eventi avvenuti nella loro antica sede settentrionale, poi ri-ambientate nell’area mediterranea del loro insediamento definitivo.

Come penso ricorderete, io avevo già intervistato Felice Vinci per “Ereticamente”, ma si era trattato di un contatto epistolare avvenuto tramite e-mail, e non vedevo l’ora di incontrarlo di persona.

Io non ho pubblicato su “Ereticamente” il testo della mia conferenza per un motivo molto semplice: si tratta di cose che vi ho già esposto con considerevole ampiezza nelle due rubriche Una Ahnenerbe casalinga e Ex Oriente lux, ma sarà poi vero? Anzi, partendo da tutto il materiale che ho esposto in esse, il mio problema nella stesura del mio intervento, L’Europa alle origini della civiltà, è stato quello di tagliare e sintetizzare, in modo da ridurlo alla lunghezza di un’ora circa, cosa che si è rivelata non facilissima. La tesi di fondo, l’avrete facilmente capito, è quella che l’Europa e non il Medio Oriente, è stata la culla della civiltà umana.

Eccomi quindi in quella che è stata una piacevole due giorni, spesato di tutto (viaggio, vitto e alloggio), e la cosa mi è sembrata abbastanza ironica, con fondi UE. Ho avuto il piacere di conoscere prima l’organizzatrice del corso, che devo dire si è presa cura di me in una maniera che direi quasi materna, e io stesso sono rimasto stupito dell’apprezzamento procuratomi dal lavoro che ho fin qui svolto sulle pagine di “Ereticamente”, poi l’ingegner Vinci arrivato più tardi insieme alla moglie, e devo dire che ha confermato in pieno l’impressione positiva che ne avevo avuto dai nostri contatti epistolari. Felice Vinci è un uomo assolutamente “alla mano”, privo di qualsiasi supponenza a cui la sua grande cultura gli darebbe forse diritto, estroverso, gradevole e brillante conversatore che si starebbe per ore ad ascoltare.

E’ arrivato il momento delle conferenze, prima la mia, poi quella di Vinci. C’è da dire che io ho parlato in italiano e il mio intervento ha necessitato di una traduzione a beneficio dei due terzi non italiani dei corsisti, mentre l’ingegner Vinci ha parlato in inglese, supportando inoltre la sua esposizione con un power point, temevo quindi che il mio intervento finisse per risultare un po’ misero rispetto al suo, ma più tardi la signora mi ha rassicurato a questo riguardo: da un test somministrato ai partecipanti alla fine del corso, è risultato che la mia conferenza è stata una delle cose che hanno suscitato maggiore interesse.

Merito, suppongo, non tanto della forma quanto del contenuto. I ragazzi, forse, si saranno posti la mia stessa domanda: con quale immensa faccia di tolla l’archeologia e la storia “ufficiali” ignorano ad esempio i grandi complessi megalitici che costellano il nostro continente dall’Atlantico agli Urali per renderci invece tributari di una “road map” tracciata da altri? E notate che, dato il tipo di pubblico a cui mi rivolgevo, ho evitato alcuni punti di cui noi siamo consapevoli, ma fuori dai nostri ambienti risultano “spinosi”, come il fatto che fra le antiche élite egizie e mesopotamiche risaltano caratteristiche fortemente europidi e addirittura nordiche, il che ci porta a ipotizzare non che l’Europa sia stata tributaria del Medio Oriente, ma esattamente il contrario.

Bene, sembrava proprio che l’ingegner Vinci e io ci fossimo “passati la palla” in maniera egregia, sebbene non avessimo affatto coordinato in anticipo i nostri interventi. L’ingegnere ha esposto le sue tesi circa le origini baltiche delle vicende omeriche in maniera succinta ma molto interessante e, cosa che io personalmente ho apprezzato moltissimo, ci ha tenuto a sottolineare che l’Europa di cui stavamo parlando: storia, cultura, epos, tradizioni, non ha nulla a che fare con la presunta Europa dei mercati e della finanza.

Oltre a ciò, Felice Vinci ha dimostrato di possedere un non disprezzabile senso dell’umorismo. Ci ha raccontato ad esempio di quando fu invitato ad Atene alla presentazione dell’edizione greca del suo libro. Era molto perplesso e si aspettava di trovare un pubblico freddo se non ostile. In fondo – si diceva – aveva “derubato” i Greci dell’epos omerico traslocandolo a latitudini molto più settentrionali. Invece, si accorse che il pubblico lo seguiva con un interesse e un entusiasmo che lo sorprese, al punto che al termine della presentazione pensò di chiedere ragione di una reazione così diversa da quella che si era aspettato.

“Ma no, ingegnere”, gli è stato risposto, “Lei ci ha fatto un favore enorme dimostrando che siamo parenti degli Svedesi, e non dei Turchi!”

Dopo le conferenze, la sera a cena ho avuto il piacere di avere con Felice Vinci e la moglie una conversazione lunga e davvero istruttiva. Poco prima di partire da Trieste, avevo letto su facebook un post secondo il quale, per scrivere la storia di Pinocchio, Carlo Collodi si sarebbe ispirato a un’antica leggenda scandinava. Lo riferii a Vinci commentando:

“Omero nel Baltico, Pinocchio in Scandinavia, adesso manca solo Edipo a Colonia (allusione alla tragedia di Sofocle Edipo a Colono) e poi abbiamo trasferito nel nord Europa un bel pezzo della nostra letteratura”.

Lui mi raccontò allora di essere vissuto e di aver lavorato per diversi anni in Germania. Colonia, è noto, deve il suo nome al fatto di essere nata nell’antichità come colonia romana. I suoi abitanti, perciò, sono spesso presi in giro dagli altri tedeschi che dicono loro: “Voi non siete dei veri tedeschi, siete degli italiani”.

Mentre Felice Vinci raccontava ciò, mi venne in mente un’altra storia in un certo senso analoga o speculare: nel Turkestan orientale o Sinkiang, oggi politicamente cinese e ribattezzato Xinjiang, c’è una zona dove la popolazione ha caratteristiche spiccatamente europidi. Costoro vantano di essere discendenti da una legione romana perduta che si sarebbe spinta oltre i limiti orientali dell’impero, così come ad esempio i Kalash del Pakistan pretenderebbero di essere i discendenti di una legione macedone perduta giunta nella regione al seguito di Alessandro Magno.

Capite cosa significa? Per chi vive lontano da noi, sa poco dell’Italia di oggi e conosce soprattutto il nostro passato romano, una parentela con noi, vera o presunta, è motivo di orgoglio; per chi invece conosce bene la nostra storia recente, lo è soltanto di derisione. Il famoso “Italiani, buona gente” non è affatto un complimento, “buono” significa fin troppo spesso privo di grinta, bonaccione, tontolone, facile da raggirare.

Naturalmente si tratta di uno stereotipo, anche se guida tutta la politica della UE nei nostri confronti, e trova appigli nella nostra storia recente, a cominciare dall’episodio più vergognoso di essa: il tradimento dell’alleato, il capovolgimento di fronte avvenuto nel pieno della seconda guerra mondiale, dell’8 settembre 1943, ma sarebbe fin troppo facile far risalire la responsabilità di tutto a quell’episodio separato da noi da un intervallo di tempo di ben tre generazioni. Dobbiamo prendere atto del fatto che tre quarti di secolo della repubblica democratica e antifascista che ci è stata imposta con la sconfitta, hanno abbassato la stima e il prestigio di cui l’Italia godeva (o della mancanza di stima e di prestigio di cui soffriva) nel mondo, ai livelli minimi concepibili.

Come se non bastasse, Vinci mi ha raccontato di un pachistano suo conoscente che ha deciso di tornare in Pakistan perché vuole che i suoi figli studino seriamente e non facciano una scuola burletta come quella italiana. E teniamo presente che il Pakistan è Terzo Mondo, ma, a quanto pare le riforme “democratiche” che la nostra scuola ha subito dal ’68 a oggi, l’hanno portata a un livello inferiore.

Come insegnante, non ho potuto che convenire: fin troppo spesso i non frequenti insegnanti che cercano davvero di far imparare ai ragazzi qualcosa, si trovano di fronte un muro di ostilità fatto da studenti, genitori e presidi che si schierano quasi regolarmente con questi ultimi invece di proteggere i loro dipendenti.

Tuttavia, non voglio essere pessimista. Proprio quel che abbiamo potuto vedere e mostrare ai ragazzi in questo corso Erasmus, dimostra che le risorse intellettuali per una rinascita dell’Italia e dell’Europa tutto sommato ci sono, il vero problema è riuscire a unirle alla crescente rabbia e alla forza crescente dei movimenti populisti degli Europei che non vogliono scomparire per sostituzione etnica.

 

NOTA: Nell’illustrazione, la copertina dell’edizione in lingua inglese di Omero nel Baltico (particolare).

 

 

 

3 Comments

  • Roberto Gallo 10 Settembre 2019

    Egregio Prof.Calabrese, la seguo da tempo e sono molto contento della Sua “presenza” nell’Ideale che ci accomuna. I suoi studi sono un perno fondamentale delle fondamenta sulle quali ri-costruire il nostro Mondo fatto di Valori, di Trascendenza, di Lealtà oltre la Morte.
    Da avvocato, sperimentai la cloaca dei Tribunali già negli anni ’80 e capii che quella era l’arena sulla quale avrei dovuto trascorrere la mia vita. Nessun campo aperto, nessun nemico di fronte. Solo meschine figure alle spalle. Ma non si può’ fare filosofia a pancia vuota, sembra dicesse Platone.
    La lotta diuturna contro questo sistema avaloriale ci ha visto combattere, ognuno sui propri scranni di lavoro e talora, mi sono tolto qualche personale soddisfazione.
    Facilmente comprensibile è la sua passata situazione in una scuola professionale…non entro nel, facile, de-merito della questione.
    Mi creda, nei Tribunali è la stessa cosa, forse molto peggio.
    Quindi – e questo è il motivo della mia – Le scrivo per segnalarle che siamo in molti a seguire la Stella del Nord di cui lei è un “tracciatore”. Una platea silenziosa ma non immobile Come scrive E.Junger “Tra il grigio delle pecore si celano i lupi, vale a dire quegli esseri che non hanno dimenticato che cos’è la libertà. E non soltanto questi lupi sono forti in sé stessi, c’è anche il rischio che, un brutto giorno, essi trasmettano le loro qualità alla massa e che il gregge si trasformi in un branco. È questo l’incubo dei potenti”. (Trattato del ribelle, 1952).
    NOBIS!

  • Fabio 11 Settembre 2019

    Caro concittadino, omonimo e coetaneo, secondo te, il “fatto che fra le antiche élite egizie e mesopotamiche risaltano caratteristiche fortemente europidi e addirittura nordiche” non potrebbe avvalorare le tesi di Mauro Biglino a proposito degli Elohim?
    NOBIS

  • Piervittorio Formichetti 14 Settembre 2019

    Buongiorno. ho letto con interesse e non mi aspettavo l’accenno a Pinocchio in Scandinavia. Ulisse nel mar Baltico mi lascia un po’ scettico, ma Pinocchio in Scandinavia potrebbe essere il mio articolo su “Axis Mundi” pubblicato grazie a Marco Maculotti. Mi fa piacere che l’abbia interessato.
    P. F.
    https://axismundi.blog/2019/03/24/pinocchio-in-scandinavia-le-radici-della-favola-nel-kalevala-e-nelledda/

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