10 Aprile 2024
Filosofia Libreria

Sorel e la religione: l’etica quale logica rivoluzionaria – Giovanni Sessa

La mercificazione universale della vita, che il liberismo e i processi di globalizzazione hanno realizzato negli ultimi decenni nel mondo, sta riportando all’attenzione di un pubblico sempre più numeroso, gli scritti di quanti si sono posti, fin dagli albori del secolo XX, in modalità antagonista di fronte alla manifesta ingiustizia sociale che il modo di produrre capitalista andava realizzando. Tra questi intellettuali va annoverato Georges Sorel, di cui di recente è stato nuovamente dato alle stampe un testo che, tra i suoi, è tra i meno noti ai lettori. Ci riferiamo a, La religione d’oggi, comparso nelle librerie per OAKS editrice (per ordini: info@oakseditrice.it, pp. 126, euro 16,00). Il volume raccoglie gli scritti che il sindacalista rivoluzionario dedicò alla religione ed è preceduto da una prefazione di Francesco Ingravalle, mirata a contestualizzare l’operato di Sorel nel proprio tempo. Gli scritti che costituiscono la silloge, furono, in origine, pubblicati sulle colonne della Revue de Métaphysique et de Morale e tradotti in Italia da Agostino Lanzillo, sindacalista rivoluzionario e successivamente interprete del fascismo movimentista, il cui intento era controllare e convertire la violenza scaturita dal Primo conflitto mondiale, come nota Ingravalle, quale strumento di: «rigenerazione etica da mettere al servizio della vita sociale» (p. XXIV). Ecco, la lettura di questo libro consente di comprendere come l’afflato etico sia al fondo della visione del mondo dell’ingegnere francese, il cui pensiero tanta influenza esercitò sulla cultura politica dei primi decenni del Novecento. Egli di fatto, lo rileva sempre Ingravalle, si pose in sequela del Marx dei, Manoscritti economico-filosofici del 1844, nelle cui pagine il concetto di sfruttamento del proletariato si accompagnava a quello di alienazione dell’essenza umana del lavoratore, imposta a quest’ultimo dalla produttività capitalista. Gli imprenditori, si limitavano a retribuire la sola forza lavoro dell’operaio, ma non il valore della merce prodotta, realizzando in tal modo il plus-valore. Ciò implicava che: «per un certo numero di ore il lavoratore (produceva) gratis per il capitalista. Il profitto di quest’ultimo derivava dal lavoro altrui» (p. IX).

Il problema posto da Marx non è, sic et simpliciter, economico, ma morale. Nel lavoro di fabbrica l’operaio aliena la propria condizione di essere di ragione. Kant, riferendosi nella ragion pratica alla dignità dell’uomo, non aveva fatto che sintetizzare i precetti inizialmente emersi dalla buona novella cristiana: «Dietro il concetto di alienazione […] c’è la nozione di essere umano sviluppata della filosofia moderna […] a partire dalla nozione cristiana di uguale dignità umana» (p. XI). Quale la via, secondo Marx e Sorel, per conseguire la disalienazione? La rivoluzione. Solo l’atto rivoluzionario avrebbe reso umane le circostanze storico-economiche, nelle quali, di fatto, l’uomo concretamente vive. Il «sospiro religioso» della creatura oppressa, in tal modo, si sarebbe trasformato in lotta politico-sociale: in essa l’esigenza etica rimane primaria. Per avere acconcio accesso alle tesi di Sorel in ambito religioso, non è sufficiente il riferimento al marxismo. Dalla fine del secolo XIX, infatti, vennero progressivamente meno le certezze gnoseologiche del positivismo e del neo-positivismo. Sorel sostiene, nel libro che presentiamo, le tesi probabiliste di Boutroux, secondo le quali in ambito scientifico, sarebbe stato necessario passare dal dogmatico e positivistico sempre: «al per lo più, dal necessariamente al probabilmente, dalla matematica della certezza alla matematica dell’incertezza» (p. XIV).

Ogni processo vitale, per l’epistemologo francese, è caratterizzato dalla contingenza, non da leggi naturali necessarie. Infatti, se il corso della natura fosse uniforme, non potrebbero manifestarsi nuovi caratteri nella sequela degli esseri viventi. Inoltre: «L’autocoscienza e la personalità non sono completamente spiegabili attraverso la chimica e la fisica; la volontà meno che mai» (p. XV). Tali tesi gnoseologiche, rendevano le indicazioni della scienza non paradigmatiche e, pertanto, il comportamento umano non era più esperito come vincolato ad esse. Infatti: «dalla descrizione della natura non può derivare la prescrizione per il comportamento di un essere naturale» (p. XVII). Alla luce di tali conclusioni, Sorel corregge in chiave volontarista il marxismo nella sua notissima opera, Riflessioni sulla violenza. In essa rigetta, inoltre, ogni prassi politica gradualista e riformista giungendo a leggere, nelle pagine de La religione d’oggi, in termini «positivi» l’apporto storico delle religioni. Per agire, gli uomini hanno a disposizione la morale: essa può essere o consuetudinaria o assoluta. In questo secondo caso, alle spalle dei principi etici, vi è la fede: «La fede è vita, azione, azione che tende a “dio”, a un dio vivente con il quale sia possibile un rapporto» (p. XVII). I saggi della silloge si confrontano con diversi aspetti del pensiero religioso. Essi nacquero, infatti, dalle sollecitazioni teoriche suscitate dal diffondersi del movimento modernista, i cui rappresentanti erano assi presenti nel vivace dibattito culturale francese. Del resto, non erano mancate altre risposte a tali sollecitazioni. Si pensi, nell’ambito dell’ebraismo, agli scritti di Martin Buber, oppure, a quelli, di diverso orientamento, di Georg Simmel.

   Per Sorel, la linea modernista in Francia era sorta al seguito delle tesi di Ernest Renan e del filosofo Eduard Hartmann. I due pensatori ritenevano che l’indebolimento dogmatico della fede, avrebbe portato al sorgere di una religiosità più autentica, interiore. Si sarebbe trattato di vivere davvero, testimoniandola concretamente negli atti di vita, l’esperienza religiosa. Ciò avrebbe determinato la riduzione del numero dei fedeli, che si sarebbero però trasformati in autentici credenti. Sorel, che andava proponendo alle masse il mito dello sciopero generale, mostrò, pur con qualche ambiguità, interesse sincero verso tale possibile religione del futuro. A nostro parere fu ingenuo, le istanze moderniste all’interno della Chiesa, così come nella società, si rivelarono, in realtà, funzionali al pieno dispiegamento della Forma-Capitale, fattasi definitivamente mondo, decenni dopo, nel mitico Sessantotto. Allora il Padre, quale simbolo della Legge e della Tradizione, fu assassinato. Dal suo sangue sorse il regno della merce assoluta, nel quale ancora viviamo.

Giovanni Sessa

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