12 Aprile 2024
Tradizione Tradizione Romana

Nuovi studi sulla Romanità – Seconda Parte – L’essenza e la teologia dell’Impero – a cura di Luca Valentini

Con questo articolo, la Redazione di Ereticamente ha intenzione di proseguire nella stesura della nuova sezione di approfondimento dedicata ai nuovi studi romanologici, che negli ultimi tempi hanno interessato campi d’analisi scientifici, come quelli dell’archeologia, dell’antropologia, della filologia, della semantica, oltre a quelli prettamente di natura tradizionalistica, come nel caso della presente esposizione.

In questa occasione, sarà nostra cura delineare le linee fondamentali di tematizzazione che hanno caratterizzato due recenti pubblicazioni. Nello specifico, ci riferiamo alle nuove pubblicazioni di due cari amici di Ereticamente: di Giandomenico Casalino, “L’essenza della Romanità”, per le Edizioni Arya di Genova; di Claudio Mutti, “Saturnia Regna”, per le Edizioni Effepi di Genova. In entrambi i saggi considerati, emerge, come espliciteremo nelle nostre considerazioni, un punto nodale circa la natura “interna” della religione e della civilizzazione romana, cioè la centralità che è d’uopo assegnare all’idea metafisica dell’Impero, non concepita come espressione materialistica di un dominio terreno, ma, al contrario, come suprema realizzazione platonica del Volere dei Numi, la compiuta esplicazione del mito nell’umano e nella storia del Cosmo, ordinato, organico e sacralmente “pattuito” nei primordi.

Il nuovo saggio di Giandomenico Casalino, noto avvocato leccese, filosofo tradizionalista e studioso della cultura giuridico-religiosa romana, si inquadra in una precisa visione del mondo, che già nelle sue ben note e precedenti opere, R 3 si è andata delineando come adesione totale a quella dimensione arcaica, ermetica e quindi tradizionale, che ha avuto in Julius Evola il suo ultimo Sapiente. Già il titolo fa presagire i binari entro cui si sviluppa la sua ermeneutica, quale adesione spirituale ad una precisa visione del mondo, che non può che essere afferente all’ecumene greco-romana, alla sua cultura, alla sua arte, al suo diritto, quanto nella sua profonda ed ieratica Religio. Nello specifico, viene riportata, con una breve introduzione di Paolo Casolari, la relazione tenuta dall’Autore il 21 Aprile 2011 su invito del M.T.R., in occasione del Natale di Roma, definita dallo stesso nella sua premessa:

“…una contemplazione invocatoria di natura comunitaria, dell’Idea vivente che è l’Essenza della Romanità” (p. 5).

Casalino precisa preliminarmente come il suo discorso, che è discorso di stretta attinenza arcaico-tradizionale, sia primariamente erotico, di amorosa attrazione, di iniziale emozionalità verso quella dimensione del Sacro, ormai svanita nella società contemporanea. Ci si riconnette giustamente ad una componente fondamentale della Tradizione Arcaica, la complementarietà tra visione contemplativa e visione eroica, tra concezione ellenica, platonica e concessione quella dorico-spartano-romana, quali rami diversificati di un’unitaria diffusione della cultura indoeuropea nel mondo pre-cristiano: il primo riprendendo la via dell’ascesi contemplativa, il secondo la via virile ed ermeticamente secca dell’Azione.

La stella polare, che indirizza l’intera esposizione, è sempre una visione del mondo strettamente spirituale e verticalmente orientata, che non fa sconti alla modernità e che di essa ne ritrova tutti i sintomi come di una vera e propria patologia, rispetto un’autentica concesione romana del Sacro, che si caratterizzava per il proprio e peculiare elemento armonico tra umano e Natura, elemento organico tra appartenenza identitaria popolo e di religione ed Impero, elemento trasfigurante tra l’Io ed il Divino:

Per il Romano, quindi, la storia sia individuale che collettiva non è che pura Azione, Ascesi dell’Azione, mentre quella greca è Ascesi della Contemplazione; nella romanità tutto è azione! E’ la teosofia dell’Impero, del rito giuridico – religioso e della via guerriera al Sacro…è la sostanza magico – operativa del culto del Genio dell’Imperatore. L’apoteosi dei principi nella teologia dell’Impero è conoscenza teosofica del Senato (a ciò deputato dalla Tradizione e cioè dal Mos Majorum) della situazione di fatto del Principe quale Augustus…della divinità del suo Genioin quanto realizzato quale Nume…egli è il simbolo del Signore delle Due Nature, cioè di Apollo” (p. 32-3).

Nelle diverse e non sempre decifrabili trame della tradizione romana, di quella ermetico-alchimica, che ad essa giustamente viene riconnessa dal Casalino, di una fenomenologia dello spirito indoeuropea che tende alla riscoperta del fondamento della stessa, dell’Inizio, dell’irraggiamento e della realizzazione della stessa, cioè quale percorso maieutico attraverso il quale ogni Ente fissando magicamente il proprio archetipo lo ritrova e lo trasmuta, manifestandolo vivamente, in sé, in sé ritrovandolo, con se stesso identificandosi tramite la Teologia dell’Impero. Abbiamo, infatti, ritrovato, in codesto libro, la matrice di un’opera di riconoscimento ontologico della nostra Tradizione Europea, che è anima multiforme e multiculturale, ma Spirito prettamente e, con Plotino, assolutamente Unitario, senza le lacerazioni tipiche del mondo asiatico o semitico-cristiane o le loro assolutizzazioni monistiche. Viene rievocata l’organica Unità della Molteplicità, come espressione autenticamente metafisica dell’Essere e della sua manifestazione, principalmente legata alla Romanità, perché la sua religiosità, al di là delle sue espressioni popolari o privatistiche, si pone all’Inizio, in Origine tende per tutto il corso della sua umana esistenza, alla pratica trasfigurante del omòiosis theò (“il Flamen è una statua vivente di Giove (Plutarco)” p. 18), cioè della divinizzazione dell’umano, dell’identificazione del Sacro che pervade egualmente l’Uomo ed il Mondo:

L’essenza della Romanità, pertanto, insieme all’essenza della spiritualità ellenica, sono l’espressione più genuina della cultura indoeuropea: il Romano è infatti individualità marcata, personalità forte, virile nell’uomo quanto austera e dignitosa nella donna…” (p. 68 – 9).

In Appendice, inoltre, vengono riproposti alcuni saggia sull’interpretazione esoterica della Romanità, già apparsi in un precedente testo, “Tradizione classica ed era economicistica. Idee per la visione del mondo”, Lecce 2006. Pertanto, la lettura del saggio in questione può essere intesa quasi come un’iniziale, propedeutica reminiscenza noetica, di che cosa della dimensione arcana e trascendente della Tradizione Romana, tramite il linguaggio della filosofia, ci sia permesso comprendere, almeno parzialmente. In ciò, infatti, acconto agli innegabili pregi della pubblicazione, permangono le solite problematicità dell’interpretazion del Casalino, inerenti un disconoscimento quasi totale dell’antica dimensione misteriosofica, ridotta ad una forma pietistica e femminea di proto-cristianesimo (gli studi di Giorgio Colli e gli insegnamenti del Gruppo di Ur, hanno espresso ben altra realtà), e di una concezione della dottrina ermetico-alchimica, felicemente intuita, ma che si limita all’enunciazione di alcuni e generali principali basali, senza cogliere i tratti radicali ed operativi dell’Arte.

Altro e recente testo che vogliamo qui considerare, è il già citato saggio di Claudio Mutti, che ha un sottotitolo eloquente della propria prospettiva interpretativa:”Monoteismo solare e teologia dell’Impero”. Il primo capitolo, in continuità parziale, con quanto esposto da Casalino, tratta circa la dottrina dell’Unità nella tradizione ellenica, quale riferimento organicistico, ontologicamente inteso, della cosmopoiesi arcaica. In esso, si attua un radicale superamento della prospettiva politeistica (accezione sorta nel ‘700 e completamente sconosciuta agli Antichi, come rammentato da un Pettazzoni), esplicitandosi la nozione esoterisca dell’Uno, quale espressione radicale dell’Essere da cui promana la molteplicità fenomenica, come risultanza di insegnamenti differenziati, che spaziano dall’insegnamento sciamanico e presocratico fino al tardo neoplatonismo di un Proclo, per essenzializzarsi nella dimensione misterica così come intesa da Plutarco o da Porfirio, fino ad arrivare alle espressioni esoteriche islamiche, così come riportate da un Corbin o da un Altheim:

La Persona divina di Apollo, insomma, è simbolo del principio uno ed unico della manifestazione universale, è il Supremo Sé di tutto ciò che esiste” (p. 11)

Tale è l’idea che rifulge nella vita, nelle opere, negli scritti di Giuliano Imperatore, che non definiremmo ultimo imperatore pagano, ma ultimo Imperatore, uomo che integralmente ha interpretato ed esplicitato la volontà divina, così in Alto quanto in basso.R 2 E’ l’autentica concezione imperiale, quella espressa da Giuliano, che fa assurgere Helios quale forza trascendente e metafisica a espressione dell’Ente che legittima e consacra l’Autorità dello Stato ed il suo ordinamento, in cui l’Imperator è incarnazione autentica del Sacro che informa e sublima il Politico. In merito, sarebbe stato più opportuno, secondo il nostro personale giudizio, usare il termine “enoteismo” rispetto a “monoteismo”, sia per uscire completamente dalla falsa dialettica politeisti vs monoteisti, sia per non porgere il fianco alle critiche di coloro che vedono acriticamente nelle, per noi, apprezzabili analisi di Claudio Mutti, un tentativo furbesco di inserire indebitamente la gnosi islamica in un contesto tradizionale che non le apparterrebbe.

In questo scritto, inoltre, sarà importante evidenziare che tradizionalmente è possibile concepire un’idea di potere politico non necessariamente in contrapposizione con una dimensione spirituale e sacrale, metastoricamente esistendo una realtà unica per cui il Politico non si pone in termini dialettici col Sacro, ma è esso stesso componente sacra che informa la dimensione dell’umano e del vivere, come ripresa ideale di un modello divino da attuare. Tale idea, che è possibile ritrovare in tutte le forme tradizionali del mondo con forme alquanto diverse ma con essenza immutata, come esprime giustamente Mutti, in Occidente è stata espressa dalla sapienza filosofica di Platone e dall’esperienza giuridico-religiosa della Romanità, dalla quale si riprende, per degnamente rappresentarla, il termine Imperium, fino a giungere alle esperienze, parimenti romane ed imperiali, di un Federico II e degli Ottoni. Il significato irriducibilmente filosofico ed ideale di tale termine non concede spazi a fraintendimenti col suo omologo in Italiano, che spesso si declina come Imperialismo e che viene adoperato per designare le più diverse ed anche opposte concezioni storico-istituzionali fino a decadere, nell’attuale ed acuta fase mercantilistica della modernità, a sinonimo poco esaltante di un cartello tecnocratico e finanziario, egemone in larga parte del globo terrestre:

è un fenomeno tipico dell’età contemporanea, corrispondente ad uno stadio specifico dell’economia mondiale capitalista ed assimilabile a quella internazionalizzazione del capitalismo che è culminata nella globalizzazione” (p. 42).

Se all’Impero è possibile attribuire diversificate specificazioni, con stringenti limitazioni geografiche, storiche e persino religiose, con il risibile accapigliarsi di vari studiosi di una fazione contro l’altra, l’Imperium, come fondamento platonico dell’idea di Autorità, rifugge da ottiche ristrette e parziali per affermare un modello di autocoscienza politica che è identificazione civica col Divino, che è identificazione ordinata col Cosmo, come specchio di luce che ogni degna comunità di popolo e di destino può rivolgere verso il proprio spirito vitale, come realizzazione analogica dello stesso. L’Imperium, pertanto, è la via politico-sacrale che solarmente riordina il Cosmo in accordo pacifico con gli Dei, permettendo al cittadino di riannodarsi a quella originaria trama spirituale da cui solo illusoriamente si è e si sente separato. E’ quanto espone Mutti, nel capitolo Redeunt Saturnia Regna, in merito alla rinascita di un ciclo eroico, connessa al mito virgiliano del Puer, ed alla manifestazione dell’ultima plumbea era dell’umanità:

…Virgilio, richiamandosi ad un oracolo attribuito alla Sibilla di Cuma (la sacerdotessa di Apollo che nel libro VI dell’Eneide guiderà Enea nell’oltretomba), annuncia l’inizio della fase finale del ciclo cosmico:<< Ultima Cumaei venit iam carminis aetas; magnus ab integro saeclorum nascitur ordo (v. 4-5)” (p. 31)

Interessanti, in conclusione, anche i capitoli sull’impero euroasiatico, sull’idea di Impero di Vasile Lovinescu e la centralità della nazione rumena, ma soprattutto il commento all’epistolario Guénon – Lovinescu sulla contro-iniziazione, saggiamente intesa come un anti – Impero, come la perfetta parodia antitradizionale che il Nuovo Ordine Mondiale rappresenta rispetto a quell’idea platonica di Stato che in Roma si incarnò miticamente nella storia.

Chi volesse partecipare e contribuire a questa nuova rubrica tematica sulla Romanità, può scriverci a redazione@alicedemo.net/ereticamente .

 

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