9 Aprile 2024
Storia

“L’occhio di vetro” per comprendere la Rsi

Il 3 Febbraio scorso è andato in onda su Rai Storia l’emozionante documentario “L’occhio di vetro” di Duccio Chiarini, che racconta la scoperta del passato fascista della propria famiglia da parte di un ragazzo antifascista, uno – tanto per aver chiaro il “trauma” – che non si vergognava ad avere appeso in cameretta un poster con un partigiano che fucilava un militare della RSI, con la famigerata scritta “Ora e sempre Resistenza”.

Questo viaggio – reale, rappresentando il vissuto della famiglia Razzini – non è affrontato però con i soliti “algoritmi” dell’antifascismo ma, come ha ben specificato il Prof. Francesco Perfetti nella sua introduzione, per comprendere quel passato, quelle scelte. Alla fine, quello che viene fuori è un documentario emozionante, perché si sofferma sulla realtà tragica della Repubblica Sociale Italiana, quella dei suoi uomini che videro tutto il loro mondo crollare sotto il rullo compressore dei carri armati angloamericani, finendo essi stessi stritolati dalla spirale d’odio provocata dall’antifascismo militante.

Un documentario tragico, quindi. Perché tragica è la storia della RSI. Tuttavia, al termine di questo viaggio, i protagonisti della ricerca di quel passato scoprono solo un velo, senza entrare nel profondo, senza capire – in fondo – cosa fu il fascismo.

Certo, per una famiglia non impegnata politicamente, lontana anni luce dalla Weltanschauung del fascismo, il fascismo rimane qualcosa di incomprensibile. Far coincidere la realtà del fascismo, con le matrici di stampo antifascista con cui lo stesso fascismo è stato propagandato negli ultimi otto decenni è impossibile. Gli aderenti alla RSI, non a caso, sono etichettati come “ignoranti”, “persone che non hanno studiato”, tutt’al più dei “fanatici”. Non c’è altro modo per arrivare a comprendere quelle scelte. Non c’è spazio per le parole “onore”, “fedeltà”, “eroismo”, che costituirono pur sempre un aspetto di quell’esperienza. Ed è per questo che la RSI, che rappresentò essenzialmente l’apoteosi del fascismo, è destinata a rimanere incompresa, come quei saluti romani e quel «presente!» gridato ai funerali degli ultimi membri della famiglia Razzini che se ne vanno nel corso degli anni. Incomprensione, perché la realtà dalla famiglia Razzini non è quella del “male assoluto”. Ma se il “male assoluto” è il fascismo e i Razzini rimarranno sempre fascisti, anche dopo la fine del loro mondo, si crea un corto-circuito mentale che non porta da nessuna parte: o i Razzini non erano fascisti o il fascismo non era il “male assoluto”. E se alla prima affermazione è facile dare una risposta, sulla seconda si glissa “sportivamente”, lasciando insoluta la questione per non compromettere quello che più che un giudizio storico è solo un falso imperativo politico. Un imperativo che deve essere affermato, non perché vero, ma perché negarlo rappresenterebbe negare quello che si è creduto, che si è stati, in tanti anni. Troppa onesta, troppo coraggio.

Colpisce, in questo quadro, l’indicazione del dipendente comunale di Lovere che per indicare uno storico locale che potrebbe aiutare i “ricercatori” nella loro missione, lo indica come “filo-nazista”, solo perché è uno studioso della Repubblica Sociale Italiana non asservito alla vulgata resistenziale. Probabilmente, Giuliano Fiorani – che sembra essere il destinatario dell’etichetta – meriterebbe ben altra considerazione per i suoi studi e per il suo determinante contributo al salvataggio di una memoria storica che era destinata all’oblio. Ma tant’è.

Alla fine rimane un documentario emozionante, da vedere, lontano per una volta da quell’antifascismo militante e prezzolato che ha falsificato la storia della nostra Nazione.

Bellissime le parole finali del Prof. Francesco Perfetti che, illustrando l’unità della famiglia Razzini che seppe superare le divisioni politiche tra fascisti e comunisti, ci parla dell’amore, della solidarietà che va oltre la politica e l’odio antifascista. Abbiamo pensato che nella famiglia Razzini – divisa dalla guerra civile – si sia realizzata subito una pacificazione. Quella pacificazione che ancora non è stata raggiunta tra gli Italiani perché rappresenterebbe la fine dei quell’antifascismo instrumentum regni su cui si fonda e si sorregge il sistema ciellenista – di destra e di sinistra – ancora al potere.

 

Pietro Cappellari

(“L’Ultima Crociata”, a. LXXIII, n. 4, Maggio-Giugno 2023)

 

 

 

 

1 Comment

  • Nebel 26 Giugno 2023

    Bellissimo articolo, dott. Cappellari. È ora, infatti, di storicizzare gli avvenimenti passati, di dare loro una collocazione e un senso e di andare avanti. Ma come dice lei, questo toglierebbe un appiglio importante a coloro che altrimenti avrebbero ben poco da proporre.

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