9 Aprile 2024
Cultura

L’eredità degli antenati, centotrentaquattresima parte – Fabio Calabrese

Mi spiace di poterlo menzionare soltanto adesso, ma, come sapete, il web è un mare magnum dove è praticamente impossibile tenersi al passo con tutto. Mi è stato segnalato ora un articolo di Alessandro Daudeferd Bonfanti pubblicato lo scorso maggio su “Saturnia Tellus” e, data la rilevanza del tema, non mi pare sia il caso di ignorarlo ulteriormente. L’articolo ci parla dell’uomo, o meglio degli uomini di Grimaldi, perché si tratta di una serie di sepolture rinvenute nella grotta dei Balzi Rossi in Liguria. Risalenti a circa 20.000 anni fa, si tratta di uno degli insiemi più noti di fossili umani preistorici presenti nella nostra Penisola.

A questa antica popolazione italiana sono state attribuite caratteristiche subsahariane, sulla base di che cosa? Di un lieve prognatismo mandibolare (la mandibola leggermente sporgente in avanti) riscontrato sullo scheletro di una donna, e assente in tutti gli altri reperti, ignorando di proposito tutte le altre caratteristiche anatomiche che dimostrano come il tipo fisico di questa popolazione fosse prettamente Cro Magnon.

Non basta, perché Bonfanti ci spiega che questa stessa caratteristica è ancora oggi presente in un buon numero di europei che non mostrano alcun segno di un’origine africana, tra cui il culturista, attore e uomo politico Arnold Schwarzenegger che, come sapete, fu scelto per impersonare il personaggio di Conan, ossia proprio il modello virile dell’uomo europeo, in una serie di film.

In altre parole, la presunta africanità dell’uomo di Grimaldi è un falso, come sappiamo esserlo quella dell’uomo di Cheddar, e stiamo attenti che oggi i sostenitori dell’origine africana, come vi ho spiegato la volta scorsa, tornano alla carica con Oetzi, l’uomo del Similaun. Vogliono oggi a tutti i costi, e contro ogni evidenza, imporci la favola dell’origine africana per renderci tolleranti verso l’immigrazione-invasione di cui siamo oggetto, e la conseguente sostituzione etnica.

In più, non posso non citare con una punta di soddisfazione il fatto che Bonfanti non si è scordato di menzionare il lavoro svolto in questo campo dal sottoscritto.

Vediamo adesso cosa ci riserva l’ultima decade di agosto, e cominciamo, come al solito da “Ancient Origins”.

Un argomento che ho toccato più volte in queste pagine, è quello degli Sciti, antico popolo nomade e guerriero. Degli Sciti si occupa anche Robbie Mitchell in un articolo del 20 agosto che mette in rilievo un fatto importante, oltre che temuti per la loro abilità guerriera, gli Sciti erano eccellenti orafi e ci hanno lasciato alcuni dei più begli esempi di oreficeria antica.

Poiché siamo in argomento, sarà bene approfittarne per ribadire un concetto importante. Se andate a consultare Wikipedia e parecchie altre fonti, vedrete che spesso gli Sciti e altre popolazioni proto-slave come i Sarmati, sono definite di stirpe indo-iranica. Da dove viene questa idea? Dal fatto che le lingue slave e indo-iraniche appartengono allo stesso ceppo orientale, satem dei linguaggi indoeuropei, ma la genetica, i cui dati gli storici convenzionali continuano bellamente a ignorare, lo ha ampiamente dimostrato, Sciti, Sarmati e Slavi non hanno avuto origine, come costoro suppongono, da una qualche migrazione di popolazioni dall’India o dall’altopiano iranico, ma al contrario, sono state queste ultime terre a essere state colonizzate da popolazioni affini agli Slavi. Si tratta in altre parole del solito strabismo orientale, la fissazione dell’ex oriente lux, che distorce e offusca la comprensione delle nostre origini.

Quasi inevitabilmente, si torna a parlare degli scavi che sono attualmente in corso a Pompei, e a parlarcene è un articolo di Nathan Falde del 22 agosto: nella villa di Civita Giuliana, un sobborgo della città distrutta dall’eruzione del Vesuvio, è stato trovato un angusto cubicolo contenente due letti, era probabilmente l’alloggio degli schiavi costretti a vivere in uno spazio minuscolo, e ci rammenta quanto fosse dura la condizione degli schiavi nell’antichità.

Sempre il 22 agosto rimaniamo in Italia e in Campania con un articolo di Ashley Cowie. A Nola gli archeologi hanno scoperto i resti di un intero quartiere di età altomedioevale, risalente al VI e VII secolo dopo Cristo. Dall’impianto urbanistico, dalla planimetria degli edifici, dall’acciottolato delle strade, dalle suppellettili, dalle statue ritrovate, si vede che lo stile architettonico e presumibilmente lo stile di vita erano ancora quelli dell’età romana.

Sull’articolo di Sahir del 24 agosto, non mi soffermo più di tanto, esso riferisce della scoperta della basilica romana rinvenuta a Sarsina di cui vi ho parlato la volta scorsa, ma vale la pena di evidenziare che la nostra Italia continua più che mai a essere al centro della ricerca archeologica anche a livello internazionale.

Le tracce della civiltà romana si trovano diffuse ampiamente, come sappiamo, anche molto al di fuori della nostra Penisola, e non sarebbe sbagliato dire che l’eredità romana costituisce un sostrato che unifica la civiltà europea. Un’ennesima riprova la possiamo trovare nell’articolo di Sahir del 31 agosto. Chepstov nel Regno Unito, spesso chiamata la porta del Galles, è appunto una località al confine fra Inghilterra e Galles. Qui si trovano un castello di età normanna e un ponte che, scavalcando il fiume Wye, congiunge Inghilterra e Galles. Beh, indovinate cosa hanno scoperto di recente gli archeologi scavando nei pressi: i resti di un precedente ponte di età romana.

Vediamo ora cosa ci riserva in questo periodo “Ancient Pages”. Possiamo segnalare per il 23 agosto un articolo sul complesso termale di età romana recentemente scoperto nella città spagnola di Merida, ma poiché ve ne ho parlato con ampiezza la volta scorsa citando “Ancient Origins”, ora prescindiamo.

Rimaniamo in Spagna e il 24 ci spostiamo a Naròn in Galizia. Qui si trova un bizzarro monumento megalitico di origine preistorica noto come Pena Molexa che ricorderebbe un gigantesco dito mignolo. Secondo una leggenda locale, esso contrassegnerebbe la sepoltura di una potentissima strega che avrebbe conosciuto i segreti della terra e degli inferi, e si dice che una sua eventuale rimozione causerebbe la fine del mondo.

Il 25 siamo invece nell’Ulster, nell’Irlanda del nord. Se ve ne ricordate, io vi avevo a suo tempo segnalato che sotto il tumulo di Navan Fort vicino ad Armagh, con l’ausilio del georadar era stata identificata un’enorme cavità sotterranea che, in un primo tempo è stata interpretata come un tempio ipogeo. Ora, ci informa “Ancient Pages”, gli scavi sono cominciati, e la struttura, risalente all’Età del Ferro, datata attorno al IV secolo avanti Cristo appare un bel po’ più complessa di quanto si pensasse all’inizio, ragion per cui ora si dubita che avesse funzioni di culto, e si pensa a una vera e propria fortezza.

Non poteva mancare nemmeno stavolta qualche riferimento al mondo nordico, e infatti un articolo del 26 ci porta nell’isola di Munkholmen nel fiordo di Trondheim. Questa piccola isola è oggi un’incantevole località turistica, ma in età vichinga era tutt’altra cosa, era un luogo di morte, infatti qui, infisse su lunghi pali, venivano esposte le teste dei nemici decapitati, come monito per eventuali invasori.

Il giorno 30 troviamo un articolo che ci parla di uno dei più intriganti misteri della civiltà romana. Sembra che nel I secolo dopo Cristo, a quanto riferiscono Petronio e Plinio il Vecchio, un vetraio avrebbe inventato il vetro flessibile, ma l’imperatore Tiberio lo fece decapitare perché il segreto della sua invenzione non venisse divulgato, e infatti ci è riuscito tanto bene che esso è andato perduto.

Questo non è l’unico esempio di tecnologia antica andata perduta e che oggi non siamo in grado di replicare. Sempre per quanto riguarda la lavorazione del vetro, si può ricordare la coppa di Licurgo oggi conservata al British Museum di Londra, composta di un vetro così particolare da cambiare colore a seconda di come viene illuminata. Veramente, quando ci accostiamo all’opera degli antichi Romani, dovremmo farlo con più modestia e meno presunzione di superiorità nei loro confronti.

Vediamo adesso cosa ci offrono in questo periodo le fonti generaliste che, come stiamo vedendo da tempo, all’incirca dai mesi finali del 2022, ci stanno offrendo una panoramica sul nostro passato decisamente più ampia in confronto a tempi relativamente recenti.

Il 21 agosto “Il Mattino” ci parla della stanza degli schiavi ritrovata nella villa di Civita Giuliana, ma dato che ve ne ho già parlato, non mi soffermo.

Sempre su “Il Mattino” un articolo di Mariagiovanna Capone del 22 agosto ci parla del ritrovamento nella città di Olba nella Turchia meridionale di una statua femminile risalente al II secolo dopo Cristo e due frammenti di fregio con scene mitologiche. Ricordiamo che quella che oggi è la Turchia fu in passato l’Anatolia ellenica e poi provincia romana, che è stata con l’avvento degli Ottomani, l’oggetto della più ampia sostituzione etnica di età pre-moderna, tanto per capire che sono sempre resti romani quelli venuti ora alla luce.

Lo stesso giorno, un comunicato ANSA ci informa che sono iniziati gli scavi archeologici alla Malga di Valle dell’Alpe, in territorio comunale di Valfurva, alta Valtellina. Nella zona sono state ritrovate diverse volte in passato lame di selce e altri piccoli oggetti riferibili a cacciatori mesolitici vissuti tra 10.000 e 8.000 anni fa. Ora parte una ricerca più approfondita.

Un breve comunicato del 23 agosto e poi un più lungo articolo di Mario Gradara del 24 su “Il Resto del Carlino” ci informano che a Rimini i lavori per la realizzazione della Casa della Comunità che dovrebbe sorgere in via Ovidio ha portato alla scoperta di reperti preistorici databili dal paleolitico all’Età del Ferro, ma principalmente di età neolitica, e che per conseguenza i lavori del cantiere sono stati bloccati. Si tratterebbe di frammenti di ceramica, buche di focolari, frammenti d’osso, eccetera.

Un ritrovamento eccezionale come lo è stato quello del tempio di Sarsina non poteva non avere una discreta eco sui media, e infatti se ne parla di nuovo su Notizie.it del 23 agosto e poi su “Il Resto del Carlino” del 27 agosto con un articolo di Elide Giordani. Quest’ultima ci informa anche che la scoperta e la conseguente sospensione dei lavori per la costruzione del previsto palasport con annesso supermercato, stanno suscitando parecchi malumori a sinistra. Le ragioni del mercato contro quelle della cultura e della preservazione delle testimonianze della storia. E questo ci fa venire un dubbio: ma la sinistra non diceva una volta di essere anticapitalista?

Nel frattempo, un comunicato ANSA del 24 agosto proveniente da Castelvetrano ci informa che in Sicilia proseguono gli scavi sul sito dell’antica Selinunte e che ultimamente è venuta alla luce una testa marmorea di leone in ottimo stato di conservazione.

Voi naturalmente sapete che l’eruzione del Vesuvio del 79 dopo Cristo ha distrutto le città di Pompei, Ercolano e Stabia, ma le ha anche conservate trasformandole, possiamo dire, in un’enorme capsula del tempo. Ciò che invece non è altrettanto noto, è che qualcuna di queste strutture antiche può essersi preservata al punto da poter essere usufruita ancora oggi, permettendoci così di gettare letteralmente un ponte fra sue diverse epoche.

Ebbene, “La Repubblica” del 30 agosto ci racconta che è avvenuto proprio questo, infatti ci annuncia la riapertura al pubblico del teatro antico di Ercolano. Naturalmente, gli spettacoli che vi si terranno saranno un po’ particolari, a cominciare dal fatto che il teatro si trova oggi sepolto sotto uno strato lavico di 25 metri, comunque:

Per i mesi di settembre, ottobre e novembre nei giorni di martedì, giovedì e sabato, con sei turni al giorno (tre antimeridiani e tre pomeridiani con due di essi in lingua inglese) a partire dalle 9.30 fino alle 16.30, si potrà vivere un’esperienza esplorativa muniti di casco, torcia e mantellina in un ideale viaggio del tempo”.

Naturalmente, mai come in questo caso, la location fa parte dello spettacolo, infatti:

“[Il percorso] si snoda tra cunicoli in cui sono visibili reperti, graffiti, gallerie e piccole stalattiti”.

E’ ancora “La Repubblica” del 31 agosto a raccontarci del ritrovamento, ad opera dei carabinieri subacquei di Napoli, nelle acque antistanti il piccolo borgo di Marina di Pisciotta (Salerno) nel basso Cilento di un relitto di età romana lungo 12 metri e largo 8 inabissato a 152 metri di profondità.

Si trattava di una nave oneraria che conserva ancora il carico di centinaia di anfore adibite al trasporto di olio e di vino. Attualmente, la Soprintendenza Archeologica per le province di Salerno e Avellino si sta organizzando per il recupero.

Come sapete, io sono solito concludere queste nostre esplorazioni nel remoto passato facendovi presente i punti salienti ai fini del nostro discorso, che non è quello di una generica e nozionistica conoscenza del nostro passato, quanto piuttosto il fatto che esso è diventato più che mai il terreno di un dibattito dalle precise valenze politiche, infatti dall’idea che abbiamo della nostra storia e delle nostre origini dipende l’idea che abbiamo di noi stessi.

Stavolta sono stato tentato di non aggiungere nulla, infatti, l’aspetto politico dovrebbe essere evidente come non mai. Cominciamo con la questione del tempio di Sarsina. Può sorprendere solo fino a un certo punto il fatto che siano oggi gli amministratori di sinistra a sostenere la costruzione del palasport con annesso centro commerciale a discapito della preservazione di quella che pare essere un’importantissima testimonianza del nostro passato, le ragioni del mercato contro quelle della cultura e dell’identità storica. Costoro, rimasti orfani del comunismo causa il crollo dell’unione Sovietica nel 1991, intellettualmente allo sbando, hanno abbracciato l’ideologia neocapitalista con un entusiasmo da neofiti.

Non manchiamo poi di rilevare che in questo momento è soprattutto l’antichità romana a tenere banco, e non, si badi bene, perché si è accresciuto lo spazio dedicato al passato dai media generalisti che, come è ovvio, si occupano principalmente di realtà italiane. Abbiamo visto lo spazio dedicato al mondo romano da “Ancient Origins”, e non dimentichiamo neppure i ritrovamenti di Olba in Turchia, perché Roma ha portato la luce della sua civiltà ben al di fuori della nostra Penisola. Siamo gli eredi di una grande civiltà che ha dato luce al mondo. Strano quanto poco gli Italiani di oggi non se ne rendano conto e nutrano immotivati complessi d’inferiorità verso gli stranieri.

Parlare degli Sciti e del rapporto tra Slavi e Indo-iranici, mi ha permesso di sottolineare un altro concetto che io ritengo di fondamentale importanza: non meno dell’Out of Africa, la storiella dell’Ex Oriente lux, della presunta luce da oriente, è una bufala che serve a sminuire la grandezza della civiltà europea.

Ma forse la cosa più importante è proprio quella che trovate all’attacco dell’articolo, l’“africanizzazione” dell’uomo di Grimaldi è un falso, come lo è quella dell’uomo di Cheddar, così come a un’attenta considerazione, ci si accorge che l’Out of Africa fa acqua da tutte le parti (devo ricordare che ho anche scritto un libro sull’argomento?). Suggestioni avvelenate create ad arte per farci accettare la sostituzione etnica, la nostra morte come popoli.

Ma noi saremo sempre qui a batterci per la verità e il futuro della nostra gente.

 

NOTA: Nell’illustrazione, il tumulo di Navan Fort (Ulster), sotto il quale si estenderebbe un’imponente fortezza sotterranea (da “Ancient Pages”).

 

 

 

 

 

 

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