10 Aprile 2024
Crisi Ucraina

Le tre metamorfosi dei radical dem – Enrico Marino

Il 21 febbraio 2022, il presidente russo Vladimir Putin, in un discorso alla nazione, ha annunziato il riconoscimento dell’indipendenza delle repubbliche separatiste di Donetsk e Lugansk, per poi ordinare l’invio di truppe nella regione del Donbass con lo scopo di “assicurare la pace”. Il 24 febbraio, in un nuovo discorso, Putin ha dichiarato di avere autorizzato “un’operazione militare speciale” non solo nel Donbass ma anche nell’ovest dell’Ucraina. L’invasione russa dell’Ucraina si è presto rivelata ben più ampia del previsto provocando reazioni diverse in tutto il mondo.

Qual è stata la reazione dell’Occidente e, in particolare, dell’Italia davanti all’invasione della Russia in Ucraina? Da una parte sono esplosi sentimenti di indignazione e di solidarietà per il popolo ucraino. Da un’altra parte si è sviluppato un sentimento di simpatia per l’iniziativa di Putin, che ha portato alla creazione di un fronte filorusso.

La prima posizione è quella degli atlantisti, di coloro che dicono che Putin ha assolutamente torto. In premessa, c’è da osservare che nel campo degli atlantisti confluiscono correnti variegate di pensiero, dai liberali a esponenti della sinistra, fino ai pacifisti tout court come ai sostenitori della resistenza armata a Putin.

Dietro lo slogan “Meglio sconfitti che morti” c’è una filosofia di vita, che è quella di chi antepone il proprio interesse particolare ad ogni altra considerazione di ordine superiore. Non esistono valori o beni, per quanto alti, per i quali valga la pena di sacrificarsi e morire, perché la vita, una vita materiale il più possibile tranquilla e lunga, è il bene supremo ed essenziale. E’ questa la filosofia di vita dei pacifisti che negli anni Ottanta, quando i sovietici installavano i loro missili SS.20 contro l’Europa, si opponevano ai missili della Nato, con lo slogan “Meglio rossi che morti”. E in fondo, sono quelli rimasti più coerenti con la vecchia logica della sinistra che anche a quell’epoca, seppure con una buona dose di ipocrisia filocomunista, sosteneva che di fronte ad un aggressore bisognerebbe cedere alle sue richieste, per evitare la morte e le sofferenze di un popolo.

I mutanti, invece, sono i nuovi resistenti ad oltranza, quegli ex comunisti ed ex democristiani che, dopo decenni di lassismo e di propaganda disfattista, oggi improvvisamente riscoprono i valori della Patria, del coraggio, della dignità nazionale, addirittura della inviolabilità dei confini e sono diventati intransigenti bellicisti che propugnano senza esitazioni l’invio di armi in Ucraina.

Ammirano e sostengono gli uomini ucraini che non lasciano il loro paese, o vi ritornano per combattere, dopo aver messo al sicuro la propria famiglia in Occidente, i quali esprimono con la loro scelta una filosofia di vita, abbandonata dall’Europa relativista e senza radici: la filosofia di chi è disposto a sacrificare la vita per amore della propria fede, per amore della libertà e dell’indipendenza della propria patria, per amore al proprio onore e alla propria dignità personale. Ebbene, il fatto che oggi politici come Letta, oppure tutti i media mainstream, sostengano a spada tratta la resistenza anti russa, rappresenta la prima grande metamorfosi del fronte radical liberista, che s’è infilato l’elmetto in nome di quegli ideali da lui tanto a lungo oltraggiati, seppure delegandone un pò viscidamente la difesa al solo popolo ucraino.

La seconda metamorfosi operata dal fronte progressista è quella dello schieramento internazionale, che peraltro è coincidente con la mutazione antropologica avvenuta nelle componenti delle ex sinistre comunista e cattolica, confluite in una coalizione assolutamente sovrapponibile al Partito democratico americano.

Perché, infatti, Putin riscuote simpatie? Non solo perché egli difende l’interesse nazionale del suo Paese, mortificato dall’Occidente, ma perché la sua guerra ha una dimensione etica, come ci assicura la chiesa ortodossa russa, per bocca del Patriarca di Mosca Kiril, il quale ha detto che Putin combatte contro un Occidente depravato, promotore di una visione invertita della realtà, della eversione gender e dei gay pride. Per questo la battaglia di Putin per consolidare il senso di identità e di patriottismo del popolo russo, coincide con la “missione imperiale” della Russia, che non corrisponde solo alle sue ambizioni geopolitiche, ma anche alla richiesta del Patriarcato di Mosca, che ha affidato a Putin la missione di realizzare la “Terza Roma” euroasiatica, sulle rovine della seconda Roma cattolica, destinata a sparire come tutto l’Occidente. La visione dell’ortodossia russa riecheggia anche nelle parole di Aleksandr Dugin, il filosofo che individua nella guerra di Putin un’allegoria dello scontro tra il bene e il male, tra la società dell’edonismo e del relativismo e il mondo della rettitudine, del sacro, della Tradizione e della verticalità spirituale.

Ecco allora che il fronte progressista, una volta fieramente schierato a fianco dell’Unione Sovietica e del suo collettivismo economico sociale, appare oggi il più filo atlantista e il più appiattito sulle posizioni e sui valori della società liberista statunitense, con le sue aperture al meticciato, al materialismo, alla licenziosità, al potere della finanza e all’individualismo rapace. Il Nuovo Ordine Mondiale ha conquistato le menti e i cuori di quella vasta area radical che ha rimpiazzato l’Internazionalismo proletario, passato di moda nei salotti bene, con la Società Aperta di sorosiana concezione. Evaporati gli ideali, sono rimasti solo i pregiudizi e le preclusioni esibiti, peraltro, con l’usuale supponenza, l’arroganza e la presunzione di chi, in ogni caso, continua a considerarsi sempre nel giusto e dalla parte vincente della storia.

E qui si manifesta la terza, ultima e più eclatante metamorfosi dei progressisti che, sempre ossessivi nei loro pretestuosi richiami contro il fascismo, sempre pronti a denunciarne il pericolo di una imminente rinascita e sempre maniacalmente impegnati a cancellarne ogni memoria, oggi si trovano fianco a fianco alle formazioni dell’estrema destra ucraina, come il battaglione Azov, nel contrastare la Russia di Putin.

Nella logica utilitarista de “il nemico del mio nemico è mio amico”, i bravi democratici europei e italiani accolgono nell’ampio schieramento del Bene Assoluto anche i miliziani con le rune. Intendiamoci, il così detto nazismo ucraino ha basi storico politiche prettamente indipendentiste e sostanzialmente differenti dal nazionalsocialismo germanico.

Oggi i caratteri di queste formazioni hanno una valenza prettamente nazionalista. Resta il fatto che, quando fa comodo, anche i pregiudizi e le damnatio memoriae vengono messe da parte, a ulteriore conferma della strumentalità e dell’ipocrisia di certa purezza democratica e di certe pregiudiziali inderogabili. Del resto, anche nella seconda GM partigiani comunisti e democratici angloamericani collaborarono senza farsi scrupoli. Salvo contrapporsi, successivamente, a causa della guerra fredda. La rimozione di ogni preclusione, perciò, può essere un sano realismo, ma sia ben chiaro, a questo punto, che non saranno più tollerabili successivi ripensamenti, né tantomeno accettabili pretestuose scomuniche postume, evocando l’inconciliabilità e la prevalenza dei grotteschi principi democratici. Anzi, nell’ottica di coloro che si oppongono alla Russia, sarebbero doverosi pubblici ringraziamenti ed encomi ai “nazisti” ucraini che si battono con determinazione per la difesa della loro terra. Se veramente il torto è della Russia, sarebbe corretto che Letta & Compagni, ad esempio, rinunciassero alla loro ambiguità e affermassero apertamente che il battaglione Azov, opponendo una strenua resistenza nella difesa di città come Mariupol, rende un servizio utile alla causa ucraina.

Ma siamo sicuri che questo non avverrà, perché prevarranno la congenita doppiezza e l’ipocrisia dei democratici a prescindere da qualunque schieramento sul campo. Anche per questo tra Pravy Sektor e Partito Democratico non avremmo dubbi su chi scegliere.

Enrico Marino

 

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