11 Aprile 2024
Storia

Fascismo e Massoneria, storia di rapporti complessi – 4^ parte – Luigi Morrone

La Massoneria e la Seconda guerra mondiale

La Società delle Nazioni, creatura che la Massoneria Universale aveva fortemente voluto (1), aveva approvato le sanzioni contro l’Italia quale rappresaglia per la Campagna di Etiopia, con l’effetto di consolidare il consenso verso il regime ed acuire i sentimenti antimassonici in Italia (2). L’obiettivo dell’isolamento internazionale dell’Italia, perseguito dalla Società delle Nazioni, non aveva avuto l’esito sperato. Anzi, aveva avuto l’effetto di avvicinare l’Italia alla Germania che, dal 1933, vedeva al potere il Partito nazionalsocialista (NDSAP), di ispirazione fascista, avente come leader l’austriaco Adolf Hitler. La Germania, in nome del pangermanesimo, aveva tentato un’espansione verso Est fin dall’ascesa al potere di Hitler. Un’accelerazione era conseguita all’assassinio del Cancelliere Austriaco EngelbertDollfuß ad opera di simpatizzanti NDSAP, il 25 luglio 1934. Mussolini aveva bloccato il tentativo di Anschluß (annessione) dell’Austria alla Germania schierando le truppe sul Brennero ed impedendo all’esercito tedesco di invadere l’Austria. Nel 1935, a Stresa, Francia, Italia e Regno Unito avevano sottoscritto un protocollo d’intesa che saldava i rapporti fra le tre nazioni, vincitrici della Prima guerra mondiale, quale contrappeso alla decisione tedesca di denunciare i trattati di Versailles e procedere al riarmo (3). Dopo le sanzioni, la situazione cambia radicalmente. L’Italia si salda alla Germania (4) e, quando nel febbraio 1938 Hitler ripete l’esperimento dell’Anschluß, non trova opposizione da parte dell’Italia.

La Massoneria italiana, alle prese con i problemi di cui abbiamo parlato, non ha una posizione ufficiale sul precipitare della situazione internazionale. La Massoneria Universale, a cominciare da quella francese, reagisce, stigmatizzando con forza quella che percepisce come deriva ipernazionalista e ribadendo la tendenza internazionalista della fratellanza (5). Il pangermanesimo hitleriano apre un nuovo capitolo. La Cecoslovacchia, una creatura di Versailles, ricomprende territori abitati da una popolazione di etnia tedesca, i Sudeti. E Hitler rivendica il diritto di queste popolazioni a ricongiungersi alla madrepatria. Venti di guerra sembrano agitarsi per l’Europa. E si sveglia il GOI, con una balaustra del Gran Maestro Tedeschi che, il 26 settembre 1938, scrive ai (pochi) venerabili delle logge aderenti all’Obbedienza: «… noi deprechiamo la guerra che tentano di scatenare i nazisti ed i fascisti. Non confondete e non identificate la Germania col nazismo e l’Italia col fascismo … Non partecipare alla guerra fascista non è una diserzione ma un’affermazione di principi, un atto antifascista ed un aiuto indiretto alla lotta nella quale noi siamo impegnati per il trionfo dei nostri ideali di libertà e di giustizia» (6).

Ma è, soprattutto, la fratellanza internazionale che si mobilita in ausilio del “fratello” Edvard Beneš, Presidente cecoslovacco che, andando oltre lo stesso Trattato di Versailles, ha compresso fortemente le identità delle minoranze presenti nello Stato “artificiale”, ivi compresi i Sudeti. Nel Congresso massonico di Lucerna, la Massoneria Internazionale lancia un appello alla pace, ricordando come la Cecoslovacchia del “fratello” Beneš costituisca un “avamposto” delle Democrazie Occidentali, schiacciato tra stati “fascisti” e l’URSS bolscevica (7). Gli accordi di Monaco del novembre 1938, però, spiazzano la Massoneria. Francia e Regno Unito lasciano mano libera a Hitler nei Sudeti. Non solo la massoneria, ma tutti i ceti intellettuali internazionalisti vengono colti in contropiede. Simone Weil, nonostante la sua avversione a Hitler, benedice l’esito della Conferenza di Monaco come unico viatico per la pace. Si ricrederà a tamburo battente (8). Quando Hitler, andando oltre gli accordi di Monaco, approfitta dell’esplosione dei nazionalismi all’interno della Cecoslovacchia, ed occupa la parte occidentale del Paese, salta il fragile sistema uscito dagli accordi di Monaco. Francia e Regno Unito, però, non disperano di ricucire i rapporti con la Germania. Fondamentale è quanto detto da Lord Halifax, ministro degli esteri britannico, in un discorso alla Camera dei Lords il 20 marzo 1939 (9). Egli sostiene: «… il popolo Britannico ha fermamente desiderato di instaurare dei rapporti amichevoli con quello Tedesco. Esso non ha esitato a riconoscere che alcuni degli errori del Trattato di Versailles dovessero essere emendati … Questa iniziativa però è stata frustrata dall’azione intrapresa la settimana scorsa dal Governo Tedesco e diventa quindi difficile prevedere se e quando potrà essere ripresa. In seguito a questi eventi sono stati sollevati diversi interrogativi che impongono sia al Governo di Sua Maestà che a quelli di altri popoli liberi, di rivedere il proprio atteggiamento nei confronti della Germania … Se la storia rappresenta un punto di riferimento, allora il popolo Tedesco deve rammaricarsi dell’azione compiuta in suo nome contro il popolo della Cecoslovacchia». Solidarietà alla Cecoslovacchia, dunque, ma ancora si spera in una soluzione diplomatica.

Nel frattempo, l’URSS dichiara che non interverrà in aiuto del governo capitalista della Cecoslovacchia (10). Effettivamente, già da più di un anno Germania e URSS stanno conducendo trattative segretissime per l’assetto dell’Est Europa (11) e – dunque – Hitler sa di poter contare sul non liquetsovietico per attuare i suoi disegni (12). L’occupazione di Praga da parte delle truppe tedesche ha quale immediata conseguenza il “sonno” dell’intera massoneria cecoslovacca (13). Benès si rifugia a Londra e trova ospitalità presso i “fratelli” inglesi, organizzando, anche con il loro ausilio, un governo cecoslovacco in esilio di cui fa parte anche il “fratello” JanMasaryk, figlio di Thomas, primo presidente cecoslovacco dopo Versailles, che sarà protagonista delle vicende cecoslovacche postbelliche, dalla ritrovata indipendenza al colpo di stato comunista del 1948 (14). La situazione cecoslovacca innesca una polemica interna ai Conservatori britannici. Primo Ministro è Lord Neville Chamberlain, fautore della politica dell’appeasement con la Germania, politica già sfociata negli accordi di Monaco. Dall’altra parte, Winston Churchill, che – invece – preme per un’alleanza con l’URSS e la Francia, tentando di ripetere l’esperienza del 1907, mediante una nuova “Triplice Intesa”, che isoli Italia, Germania ed Ungheria (15). Chamberlain aveva continuato nella sua politica attendista anche quando la Germania aveva rivendicato dalla Polonia il territorio di Danzica, occupato da popolazioni di etnia tedesca (16). Resta attendista anche dopo che l’Italia occupa l’Albania il 7 aprile 1939 (Venerdì Santo) e dopo la stipula del “patto d’acciaio” tra Roma e Berlino il 22 maggio 1939 (17). Il 23 agosto 1939, i ministri degli Esteri della Germania, von Ribbentrop, e dell’URSS, Molotov, stipulano un patto di non aggressione a conclusione di trattative portate avanti per oltre un anno in gran segreto. Il patto coglie di sorpresa Francia e Regno Unito (18), e spiazza la Massoneria francese, che aveva tentato di porre la fratellanza al centro della diplomazia mondiale: il 1° febbraio 1939, il Gran Maestro del Grande Oriente di Francia, Arthur Groussier, ed il Gran Maestro della Gran Loggia di Francia, Michel Dumesnil de Gramont, avevano invitato il “fratello” Franklin Delano Roosevelt (19), presidente degli S.U.A., ad indire una conferenza internazionale «… per studiare le soluzioni a tutti i problemi territoriali, etnici ed economici che oggi dividono le nazioni» (20).

Le conseguenze del patto, per le potenze occidentali, appaiono disastrose: «… il patto Hitler-Stalin dell’agosto 1939, “Waterloo” della diplomazia franco-britannica, aveva avuto solo l’effetto secondario di riconciliare fra loro quei francesi che, sull’orlo della guerra civile dopo il 1934 e il Fronte popolare, avevano ora il pretesto di combattere insieme il comunismo e il nazismo. Tuttavia … il sentimento anti-inglese gareggiava con il timore del bolscevismo e con l’odio contro ebrei e massoni. In Inghilterra esisteva una forte tradizione antibolscevica … ma questo antibolscevismo non era controbilanciato, come in Francia, da un antifascismo militante, cosicché nel Paese non regnava un’atmosfera da guerra civile. L’Inghilterra benestante era per la pace ed uomini come Lloyd George, uno dei vincitori del 1914-18, erano pronti, al pari di Chamberlain e di lord Halifax, ad accettare compromessi con Hitler» (21). Tra l’altro, il patto si stipula nel momento in cui il parlamento inglese è chiuso dal 5 agosto. Chamberlain è pressato da una campagna dei mezzi di comunicazione di massa che vede soprattutto la BBC dare ampio spazio a Churchill ed al governo cecoslovacco in esilio, che premono perché cessi la politica di appeasement e si argini la politica di espansione verso Est di Germania e Italia. Campanello d’allarme, le elezioni suppletive di luglio in Cornovaglia, con la sconfitta del candidato conservatore in favore del candidato liberale, che aveva condotto la campagna elettorale con lo slogan “Torni Churchill” (22). Pertanto, il Premier corre ai ripari, abbandonando la strategia attendista. Convoca d’urgenza la Camera dei Comuni all’indomani del patto tra tedeschi e sovietici, stipula un patto di alleanza con la Polonia, che prevede l’intervento britannico in caso di aggressione esterna, richiama la flotta, chiama Churchill a far parte di un gabinetto di guerra. Chiaramente, ha vinto la linea di Churchill (23).

La propaganda fascista tende ad avvalorare l’ipotesi di un “complotto massonico” che manipola l’opinione pubblica del Regno Unito per rovesciare il governo Chamberlain ed imporre la linea di Churchill. Ma, a sostegno di tale ipotesi, le argomentazioni addotte appaiono piuttosto deboli. Certo, è massone Winston Churchill, è massone il re Giorgio VI, sono massoni alcuni proprietari di emittenti radio americane che danno ampio spazio a Churchill, come James Harbord, Presidente della Radio Corporation of America (24). Ma – come si è detto – l’azione dei singoli massoni non impegna certo la Massoneria come associazione. A ciò va aggiunto che il re d’Inghilterra, poi di Gran Bretagna, poi dei Regno Unito, fin dal XVII secolo “regna ma non governa”, essendo una mera figura rappresentativa dell’Unione, né, prima dell’entrata in guerra del Regno Unito, vi è traccia di intervento regio per mutare la politica estera del governo (25). Inoltre, Churchill è quel che si dice un “massone tiepido” (26), nel senso che, iniziato nel 1901, non risulta attivo frequentatore dell’attività di loggia. Inoltre, non è massone Lloyd George, a fianco di Churchill nella linea interventista, non lo è Sir Frederick Wolff Ogilvie, il direttore generale della BBC che tanto spazio da a Churchill ed al governo cecoslovacco in esilio. Quindi, l’appartenenza di Churchill alla massoneria non può essere l’unico elemento a sostegno dell’ipotesi di un “complotto massonico” che abbia determinato il mutamento della politica estera del Regno Unito tra il 1938 ed il 1939.

Va, comunque, esaminato il perché Winston Churchill, non certo ostile all’Italia fascista, quel Winston Churchill che era Cancelliere dello Scacchiere al momento delle “Leggi fascistissime”, ma era stato comunque tra i fautori dell’alleanza italo – inglese al momento della crisi sulla Bessarabia (27), quello stesso che nel 1927, pur dopo l’esilio delle logge, scriveva a Mussolini «Il vostro movimento ha reso un servigio al mondo intero» (28), perché proprio quello stesso Winston Churchill decide di spaccare il partito conservatore, di cercare l’intesa con il “nemico bolscevico”, verso cui riteneva che l’Italia fascista fosse adeguato argine? (29) Perché l’imperialista Winston Churchill, reduce della guerra anglo – boera, feroce repressore delle rivolte nelle colonie, fautore del “pugno di ferro” verso i popoli dominati (30) , inizia un’avventura che egli, fin dall’inizio, sa che importerà la perdita dell’impero? (31) La sua appartenenza alla Massoneria, gioca un ruolo in questa sua azione? Indubbiamente, la Massoneria ha assunto un atteggiamento ostile verso tutti i regimi “fascisti”, in parallelo agli scioglimenti delle logge in Italia, Germania, Ungheria, Spagna, Portogallo; indubbiamente le varie obbedienze nazionali hanno accordato supporto logistico ed economico agli anti franchisti nella guerra di Spagna; indubbiamente in Italia ed in Germania si va diffondendo la psicosi della cospirazione delle “logge giudaico-massoniche”, in un mélange di ostilità a massoni ed ebrei, che portava a scandire slogan come “Tutti i massoni sono ebrei – tutti gli ebrei sono massoni” (32).

Il convegno internazionale del rito scozzese del 1937, e quello dell’AMI (Associazione Massonica Internazionale) del 1938, di cui si è detto, però, avevano chiaramente indicato il pacifismo come imperativo primario della Fratellanza. Quindi, riesce davvero difficile pensare che ci sia stata la Massoneria dietro l’azione di Churchill intesa a determinare il mutamento di politica estera del Regno Unito. Neanche il voltafaccia della Francia rispetto a Monaco può avere come mentore la Fratellanza. In disparte la scelta pacifista del 1937, la Massoneria francese in quegli anni è scossa dall’onda d’urto dell’affaire Stavinsky. Alla fine del 1933, un funzionario del Crédit municipal di Bayonne, Gustave Tissier, viene tratto in arresto per avere sottratto dalle casse della banca, mediante un ingegnoso sistema di frodi, 261 milioni di franchi. Una cifra enorme. Ma da subito emerge il ruolo di mero esecutore di Tissier: la frode è opera del fondatore della banca, il finanziere di origine russa Serge Alexandre Stavisky. L’inchiesta mette in luce una fitta rete di complicità, tra politici, funzionari di polizia, prefetti, su su fino a sfiorare il Presidente del Consiglio Camille Chautemps, che sarà costretto a dimettersi. L’8 gennaio 1934 Stavinsky viene trovato morto al momento dell’arresto, con due pallottole in testa. La morte viene frettolosamente archiviata come suicidio, ma l’affaire innesca una serie di reazioni a catena sul piano politico (33). L’intera classe politica viene bollata come corrotta dall’opposizione. E monta il risentimento antimassonico. Quasi tutti i coinvolti nell’inchiesta sono massoni, da Stavinsky a Chautemps. La massoneria viene accusata di aver ucciso Stavisky per evitare la violazione del segreto massonico. La Massoneria francese, dopo una riunione tra le due maggiori obbedienze dell’11 febbraio 1934, decide di “chiudersi” a qualunque attività esterna. I Maestri venerabili sono invitati a fare “pulizia” nelle logge, in modo da sbarazzarsi degli adepti che hanno aderito alla Massoneria solo per tornaconto personale (34).

Il prestigio della Fratellanza è scosso. Il tentativo di porsi al centro della diplomazia con l’appello al “fratello” Roosevelt naufraga per gli accordi di Monaco. Ed il Presidente del Consiglio Édouard Daladier non solo non è massone, ma proprio per le conseguenze dell’affaire Stavinskysi guarda bene dall’avere qualunque rapporto con la Fratellanza. Sia per questa sua debolezza intrinseca, sia per l’insistenza sul pacifismo, confermato dall’ultimo congresso dell’AMI prima della guerra, nel gennaio 1940 (35), la Massoneria francese resterà incerta al momento dell’entrata in guerra della Francia, quando gli eventi precipiteranno. Anzi, il segretario generale del GODF, Jean Baylot, redigerà un pamphlet pacifista: “Le Grand-Orient de France et la Paix” (36). Esclusa, dunque, la decisività di un’eventuale azione massonica nel révirement della politica estera britannica, resta da capirne il motivo. Perché Churchill prepara minuziosamente la guerra, prefigurando la Germania come nemico e la Francia come alleato, trovando riscontro sulla sponda opposta della Manica (37). Pur essendo estraneo al tema di questo lavoro, riteniamo di dire la nostra opinione in merito. A nostro avviso, se Chamberlain aveva firmato con piena convinzione l’accordo di Monaco, Daladier lo aveva fatto con una sorta di “riserva mentale”, spinto solo dal convincimento di non possedere più gli strumenti politici, economici e militari per continuare ad esercitare la funzione di “gendarme di Versailles”, come dichiara candidamente il Ministro degli Esteri Étienne Flandin davanti alla Commissione Affari Esteri dell’Assemblea nel febbraio 1938 (38). Ed in questo quadro, Daladier aderisce all’accordo di Monaco a traino di Chamberlain, non potendo fare a meno della stretta alleanza con il Regno Unito, onde il frenetico attivismo di Churchill gli consente di rimettere in gioco la sua tendenza antitedesca (39). In realtà, sia Churchill, sia Daladier vogliono la guerra con la Germania perché, in un gioco geopolitico che coinvolge Europa, Asia ed Africa, temono più l’espansionismo verso Est della Germania e la contemporanea presenza dell’Italia in Africa che non l’espansionismo sovietico verso Ovest: anzi, in questo gioco “globale”, l’URSS viene vista come un argine all’imperialismo nipponico (40).

Il 1° settembre 1939, la Germania invade la Polonia. È la scintilla che farà scoppiare quella che sarà denominata “Seconda Guerra Mondiale”, che vedrà schierate le democrazie “occidentali” a fianco dell’URSS contro gli stati fascisti e l’Impero del Giappone. Se è da escludere qualunque influenza massonica nella decisione di Francia e Regno Unito di abbandonare l’appeasement e preparare la guerra, è viceversa massiccia la partecipazione massonica alla guerra, in supporto alla coalizione antifascista. La guerra – infatti – inizia per motivazioni squisitamente geopolitiche, ma presto assume le caratteristiche di uno scontro tra Weltanshauung, riassunte dallo slogan fascista della “lotta del sangue contro l’oro” (41) e dal discorso di Churchill ai Comuni il 3 settembre 1939: «Combattiamo per salvare il mondo dalla pestilenza della tirannide nazista e in difesa di quanto vi è di più sacro per l’uomo … È una guerra, considerata nella sua qualità intrinseca, per edificare su fondamenta incrollabili i diritti dell’individuo, una guerra per affermare e ripristinare la statura dell’uomo» (42). Soprattutto dopo l’entrata in guerra degli USA, le logge statunitensi si mobilitano con un grande sforzo finanziario e logistico. La Fratellanza istituisce i “Masonic Service Centers” per il coordinamento delle attività massoniche in supporto agli Alleati. Si apre una sottoscrizione di massa tra i fratelli, che alla fine della guerra raggiungerà una cifra superiore a 5 milioni di dollari (43); si istituiscono centri logistici in vicinanza delle basi militari dove si provvede a reclutare ed addestrare i militi da inviare al fronte. Non solo, ma il supporto logistico viene fornito dalle logge statunitensi anche alle truppe impegnate oltremare, fornendo pasti caldi e attrezzature ricreative attraverso l’allestimento di strutture gestite con i fondi della Fratellanza (44). Già, comunque, la Massoneria francese, nel momento dell’invasione tedesca, superando il precedente tentennamento di cui si è detto, si mobilita e chiama i fratelli alla lotta. Con una lettera del 21 maggio 1940, il GODF assicura al Presidente del Consiglio che la Fratellanza porta il suo contributo al governo per la lotta all’invasore (45).

Dopo la capitolazione, il maresciallo Pétain, vincitore di Verdun (battaglia decisiva della Prima Guerra Mondiale), forma il governo che riceverà i pieni poteri il 10 luglio 1940. Del governo fa parte uno dei dignitari del GODF, l’ex Presidente del Consiglio Camille Chautemps, il quale viene avvisato da Pétain circa l’intento repressivo del governo nei confronti della fratellanza. Nonostante ciò, 68 deputati massoni votano favorevolmente all’attribuzione dei pieni poteri a Pétain. A fronte della repressione del governo, l’intero GODF è posto in sonno, come il 7 agosto 1940 comunica a Pétain il Gran segretario dell’Ordine, Louis Villard (46). Inizia la resistenza all’occupazione tedesca ed al governo di Pétain. Alcuni dei capi del movimento (Pierre Mendès France, Marius Dubois, Jean Zay), appartengono alla fratellanza; tra i caduti della resistenza, figura Constant Chevillon, Gran Maestro dell’Ordine Martinista (47). Ma, soprattutto, nuclei armati si organizzano attorno alle logge, che vengono create nella clandestinità, a volte da “fratelli” appartenenti ad ambo le maggiori obbedienze; le varie logge si riuniscono per dare vita ad un organismo resistenziale aperto anche ai profani, “Le Cercle”, un continuo supporto viene offerto ai resistenti francesi dalle logge inglesi, con l’opera di collegamento curata incessantemente da Henri Manhès, onde, a giusta ragione si può parlare di una “resistenza massonica” nella Francia di Vichy (48), come sarà rivendicato alla convenzione massonica del 1945 dal Gran Maestro della GLDF Michel Dumesnil de Gramont (49).

Il 10 giugno 1940, alla vigilia della capitolazione della Francia, l’Italia dichiara guerra alla stessa Francia ed al Regno Unito. Nel discorso di annuncio, rivendica a sé tutti i tentativi compiuti per la causa della pace, e addossa ai nemici la responsabilità dello scoppio della guerra, di cui individua le cause nelle sanzioni del 1935, concetto che ripeterà più volte nel corso della guerra (50). Nel frattempo, i massoni italiani, pur continuando la loro azione nella clandestinità, non riescono a trovare riscontro né in Italia (dove, comunque, l’attività è ridotta al minimo, stante la stretta sorveglianza della polizia), né all’estero, dove continua l’ostracismo delle logge nei confronti dell’Istituzione, pur nella cordiale ospitalità accordata ai “Fratelli” (51). Tedeschi tenta di tenere comunque in piedi l’organizzazione. In una lettera dell’11 maggio 1939 (52), Tedeschi ribadisce i concetti già espressi qualche mese prima, portandosi ben oltre il semplice invito alla diserzione e “chiamando alle armi” i Fratelli: «Se vi sarà la guerra … non sarà una guerra fra la Francia e l’Italia ma fra la democrazia e la dittatura e gli italiani che si batteranno nelle fila francesi avranno di fronte no gli italiani ma gli attuali dominatori del nostro paese i nazional-socialisti ed i fascisti». Morto Giuseppe Leti il 1° giugno 1939, Tedeschi perde quello che era stato il perno dell’attività della Fratellanza in esilio. Al momento dell’invasione della Francia da parte della Germania, Tedeschi, ebreo e massone, teme per la sua libertà e per la sua stessa incolumità, onde prepara la successione ed alla sua morte, il 19 agosto 1940, ne prende il posto Davide Augusto Albarin, Ma l’attività dei massoni italiani è nulla. Le ossessioni fasciste per le “trame delle logge”, che montano sempre più, soprattutto quando le sorti della guerra volgono in favore degli Alleati, attribuendo ad ebrei e massoni il “sabotaggio” antitaliano (53), hanno un fondo di attendibilità se si riferiscono all’attività della Massoneria Universale, in particolare attraverso le logge statunitensi, inglesi e francesi (54), ma non certo al GOI (l’obbedienza di Piazza del Gesù, come detto, è sparita dal 1926).

Note:
1 – Eugen Lennhoff, “Il libero muratore”, pref. di Lino Salvini, appendice di Giordano Gamberini, Bastogi, Livorno 1972, pp. 317-23 (Internazionalismo massonico) e pp. 365-68 (Massoneria e Società delle Nazioni).
2 – Gentile “Fascismo, storia e interpretazione”, cit., pp. 31 ss.; De Felice, Mussolini: Il duce: 1. Gli anni del consenso, 1929-1936. Einaudi, Torino 1974, pp. 331 ss.
3 – Di Rienzo – «Una Grande Potenza a solo titolo di cortesia» – Appunti sulla continuità tra tradizione diplomatica dell’Italia liberale e politica estera fascista 1922-1935, in NRS, 2017, p. 451.
4 – Di Rienzo, op. e loc. ult. cit.; Ernst Nolte, voce “Razzismo” in “Alfabeto Treccani”, pos. Kindle 532; De Felice – “Mussolini il duce: Lo Statototalitario 1936-1940”, Einaudi, Torino 1981, pp. 88 ss.; Gentile, “Fascismo e interpretazioni”, cit., p. 33; Patrick Buchanan, “Churchill, Hitler and the Unnecessary War: How Britain Lost Its Empire and the West Lost the World”, New York, Crown, 2008, pp. 157-161.
5 – Pierre Chevallier,op. cit., p. 162
6 – ASGOI, b. 6
7 – André Combes, 1914-1968 La franc-maçonnerie, coeur battant de la République, Éditions Dervy, Paris 2018, p. 61
8 – Sul punto, cfr. David Bidussa, “Gli intellettuali e la questione della pace (1938-1941)”, in Annali della Fondazione Feltrinelli, 1985, pp. 69 ss.
9 – Il discorso è in “The British War Bluebook”, pubblicato nel 1997
10 – Antonio Spinosa, “Hitler”, Mondadori, Milano 1991, p. 409
11 – Eugenio Di Rienzo – Emilio Gin, “Le Potenze dell’Asse e l’Unione Sovietica, 1939-1945”, Rubbettino, Soveria Mannelli 2003, p. 45
12 – L’espansione a Est era un’aspirazione di Hitler fin dagli inizi della sua attività politica (tra l’altro, era figlio di una boema): il penultimo capitolo del suo manifesto politico “MeinKampf” è – appunto – intitolato “Ostpolitik” (politica verso Est)
13 – André Combes, op. cit., p. 61; Daniel Beresniak, “La franc-maçonnerie en Europe de l’Est”, Editions du Rocher, Monaco 1992, pp. 73 ss.
14 – ibidem
15 – Martin Gilbert, “Churchill, vita pubblica e privata”, trad. it. Davide Panzieri, Mondadori, Milano 2017, cap. 23, “Da Monaco alla guerra”
16 – La Polonia, risorta dalle sue ceneri dopo la Prima Guerra Mondiale, era stata (ri)creata dal nulla con il Trattato di Versailles, che aveva annesso alla neonata entità statale territori di etnia diversa. Il territorio di Danzica era stato eretto a “Città libera”, che – però – era legata alla Polonia da un’unione doganale. La Germania rivendicava non solo il territorio libero, ma anche un “corridoio”, che lo unisse alla Germania.
17 – Gilbert, op. e loc. ult. cit.
18 – Di Rienzo –Gin, op. e loc. ult. cit.
19 – All’epoca Gran Maestro Onorario dell’Ordine di Demolay, l’organizzazione giovanile massonica – cfr. William Denslow, “10,000 FamousFreemasons” – Cornerstone Book Publishers – New Orleans, 2007, pos. Kindle 37145
20 – Chevallier, op. cit., p. 163 – il virgolettato è in francese nell’originale – traduzione a cura di chi scrive
21 – Marc Ferro, “La Seconda Guerra Mondiale. Problemi aperti”, trad. Giovanni Campari – Giunti, Firenze 1993, p. 13
22 – Gilbert, op. e loc. ult. cit.
23 – Norman Davies, “Storia d’Europa”, Bruno Mondadori, Milano, 2001, pp. 1115 ss.
24 – Denslow, op. cit.
25 – In effetti, il «Times» del 20 agosto 1939 riporta che il Gran Maestro delle UnitedGrand Lodge of England avrebbe promesso l’appoggio della Massoneria in caso di guerra, ma ad avviso di chi scrive l’episodio è stato fin troppo enfatizzato. Il Gran Maestro era il duca di Kent, figlio del Re, appena assurto alla carica. L’ipotesi più probabile, visto che ormai era chiaro che la guerra sarebbe stata inevitabile, è che si sia trattato di un colloquio privato nel corso del quale il padre avrebbe chiesto al figlio quale sarebbe stato l’atteggiamento della Massoneria a guerra scoppiata.
26 – Mark Stanford, “Masons and War: Freemasonry during World War Two”, in Historica, 2013, p. 142
27 – James Burgwyn, “Italian Foreign Policy in the Interwar Period”, 1918-1940, Greenwood Publishing Group, 1997 – p. 38
28 – Churchill by Himself: The Definitive Collection of Quotations (2011) by Richard Langworth, p. 169 – in inglese nell’originale, traduzione a cura di chi scrive
29 – Tariq Alì, Introduction on Ralph Miliband, “Class War Conservatism and Other Essays Paperback”, 2015
30 – Gilbert, op. cit., cap. 8, “Al Parlamento”; cfr. l’autobiografico Winston Churchill, “Riconquistare Karthoum”, Piemme, Milano 1999. Il comportamento di Churchill nelle colonie ha portato Ludo Mertens a giudicare il premier britannico come «criminale … paragonabile a Hitler» – “Stalin: un altro punto di vista”, Zambon, Venezia 2017, p. 56
31 – Buchanan, op. cit., p. 17; Giorgio Galli, “La Magia e il potere”, Lindau, Torino 2012, p. 330
32 – Ad accomunare ebrei e massoni come nemici della Germania era stato l’eroe della Prima guerra mondiale Erich Ludendorff, in diversi pamphlets in cui addossa agli uni ed agli altri la responsabilità dell’umiliazione della Germania con il trattato di Versailles ed auspica una Germania liberata da ebrei e massoni. Ad indicare ebrei e massoni quali cospiratori contro la Germania è anche il teorico del razzismo biologico Alfred Rosenberg con il libro “DasVerbrechenderFreimaurerei. Judentum, Jesuitismus, DeutschesChristentum”, pubblicato nel 1921, ma soprattutto con il suo più famoso “DerMythusdes 20.steJahrhunderts”, del 1929, che, insieme con il MeinKampf, costituirà il vademecum dell’ideologia nazionalsocialista.
33 – Per approfondimenti, si rimanda a Paul Jankowski, «Cette vilaine affaire Stavisky, Histoire d’un scandale politique», Paris, Fayard, 2000
34 – Combes, op. cit., pp. 37 ss.; Pierre Chevallier, op. cit., pp. 126 ss.
35 – Combes, op. cit., p. 62
36 – Chevallier, op. cit., pp. 166 ss.
37 – Gilbert, op. cit., cap. 23, “Da Monaco alla guerra”
38 – Jean Quellien, Histoire de la Seconde Guerre mondiale, Éditions Ouest-France, Rennes 1995, p. 28
39 – Daladier, di ritorno da Monaco, teme di essere linciato dalla folla per il patto stretto con chi considera nemico della Francia. Resta sorpreso dall’accoglienza festante che trova a Le Bourget – cfr. Patrick Buchanan, op. cit., p. 232. Questo episodio ci consente di dissentire da Eric Hobsbawm che, in “The Age of Extremes” – “Il secolo breve”, Rizzoli, Milano 1994, sostiene che fu la piazza a spingere Daladier alla guerra.
40 – Churchill, pur da personaggio formalmente marginale del governo Baldwin, era stato tra i principali fautori delle sanzioni economiche all’Italia per la guerra d’Abissinia – cfr. Martin Gilbert, op. cit., cap. 21 – “Il momento della verità”. Sulle motivazioni geopolitiche delle preoccupazioni inglesi per l’espansione italiana in Africa, cfr. Eugenio Di Rienzo, “Il «Gioco degli Imperi», la Guerra d’Etiopia e le origini del secondo conflitto mondiale” – Biblioteca di Nuova Rivista Storica” – Società Editrice Dante Alighieri, 2016.
41 – «contro Giuda, contro l’oro sarà il sangue a far la storia», cantavano i Battaglioni M
42 – Gilpert, op.cit., cap. 24, “Ritorno all’Ammiragliato”
43 – “Freemasonry in Europe. Report of the Committee sent abroad in August,1945, by the Masonic Service Association to ascertain the conditionsand needs of the Grand Lodges and Brethrern in the OccupiedCountries” – The Masonic Service Association, Washington,1945
44 – Stanford, op. cit., p. 143
45 – Chevallier, op. cit., pp. 168 ss.
46 – Combes, op. cit., p. 62
47 – Chevallier, op. cit., p. 219
48 – Combes, op. cit., pp. 65 ss.
49 – Chevallier, op. cit., pp. 204 ss
50 – tra l’altro, nel discorso all’Adriano di Roma il 1° febbraio 1941
51 – Tipico il caso del massone calabrese Francesco Galasso, che opera all’interno della Gran Loggia di Londra – Fedeli, “La Massoneria nell’esilio e nella clandestinità”, cit., pp. 55 ss.; id., “La diaspora massonica e l’antifascismo”, in AA.VV.. “La Massoneria: La storia, gli uomini, le idee”, cit., pos. Kindle 4291 ss.
52 – ASGOI, Lettera di Tedeschi dell’11 maggio 1939.
53 – È del 1941 il violentissimo pamphlet di Giovanni Preziosi “Giudaismo Bolscevismo Plutocrazia Massoneria”
54 – Difatti Preziosi si riferisce alle logge inglesi e francesi, anche se parla di un piano di “infiltrazione massonica” nelle Forze Armate Italiane e nel PNF.

(continua…)

Luigi Morrone per la Redazione di Ereticamente

1 Comment

  • Lukas Diels 29 Dicembre 2018

    Siamo sempre li l’articolista dimentica sempre di dire LA parola che gli farebbe perdere LA sedia da sotto I’ll sedere , ebreo ,ebreo era tedeschi ebreo Benes Roosevelt ecc E’ il Ghetto e’ dalla sinagoga che arrivano gli ordini ai massoni I quali da buoni lacche’ ligi al dovere di traditori del popolo eseguono sempre ogni richiesta ,I massoni soon degli esecutori dei balordi che venderebbero LA propria madre sull’altare di mammona ( LA Grana I soldi) ,l’articolista sembra quasi che scriva in un modo cosi prosaico inane apposta xche’ I’ll lettore si scoglioni e passi su xhamster ,digitate : Giovanni preziosi PDF ” con questo si che I’ll sangue circola dappertutto

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