12 Aprile 2024
Intervista

Ereticamente intervista F. Boco ed A. Anselmo del progetto Polemos (a cura di Luca Valentini)

  • 1) Polemos sorge come una fanzine prettamente musicale: quale fattore è alla base dell’evoluzione metapolitica e tradizionale?

L’idea iniziale della pubblicazione Polemos, come dici giustamente, consisteva in una fanzine principalmente focalizzata sulla musica estrema con recensioni e interviste e sul cinema di qualità e provocatorio. A questi temi dovevano affiancarsi poi alcuni articoli di cultura a completare il quadro. Nell’arco di brevissimo tempo le cose hanno preso tutt’altra piega e Polemos è diventato un progetto culturale col quale abbiamo pubblicato e pubblicheremo una serie di volumi in formato libro carichi di contenuti e immagini. Dunque un intento genericamente metapolitico era indubbiamente presente sin dall’inizio, ma ha poi preso piede in modo sempre più chiaro, prevalente ed evidente, spingendoci a progettare una serie di studi e iniziative mirati a contribuire attivamente, a modo nostro, alla lotta delle idee.

  • 2) Nella suddetta evoluzione, la prospettiva eroica ricopre un’importanza essenziale, in opposizione ad una visuale rinunciataria e semplicemente contemplativa: quanto tale direzione rispecchia i vostri intimi convincimenti personali?

– A. L’attitudine rinunciataria è certamente poco coerente con una visione anti moderna e archeofuturista della realtà. Se poi tale “torre d’avorio” serve per stare alla finestra e portare avanti una sterile critica degli altri, tipica peraltro dell’era dei social, allora il quadro si fa ancora più critico. Qualsiasi moto di protesta, iniziativa sociale o pratica viene da loro bollato come “inutile”, “subumano”, “populista” e così via. Ben nascosti dietro i propri schermi, legioni di tradizionalisti e guerrieri da tastiera pontificano senza applicare alcunché di ciò che professano. Si accontentano di “codificare la propria caduta” come ebbe a dire in tempi non sospetti il compianto Ronconi in un fenomenale articolo (Tradizione e tradizionalismi, le false vie degli incapaci). Se è certamente vero che la preparazione culturale resta importante, così come la continua curiosità di ricercare, informarsi e studiare è altresì necessario agire su di sé, essere autocritici, evitare l’autoreferenzialità. Essere duri verso se stessi, implacabili ed inumani. Mettere ordine e gerarchia all’interno di se stessi. Ognuno di noi deve essere lo “stato ideale” che rappresenta un microcosmo ferreo e ordinato, il tempio dove celebrare principi tremendi, inumani e metastorici. Al contrario della continua indulgenza verso di sé, della pigrizia e della sterile polemica è la lotta senza quartiere alle proprie debolezze lo spirito “agonale” necessario alla preparazione di un uomo adatto ai tempi attuali, dove la brutalità è sempre più forte e davanti alla quale non è possibile opporre gessetti, forum o pornodipendenza: nei prossimi decenni assisteremo ad una degenerazione sempre più tragica alla quale è necessario opporre personalità più risolute e meno schiave delle comodità e del lassismo.

– F. Partendo da un prospettiva radicalmente antiumanitaria è bene cercare di mettere da parte le preferenze personali, per dare ampio sviluppo e dispiegamento a quanto urge dal profondo. Da questo punto di vista la spontaneità è tutto, nel senso che da una rinuncia al narcisismo spicciolo e dal superamento dei propri limiti possono prepararsi le condizioni per una libera espressione di quella forza dell’essere che resta in attesa e sempre sopravanza l’esistere umano. L’unico tipo di rinuncia e contemplazione ammesse sono quindi quelle previste ad esempio da Meister Eckhart, nella prospettiva di una più-che-vita, verso l’integrazione col “Dio che è in noi”, cioè con l’Essere autentico. L’atteggiamento eroico è quindi in prima battuta una profonda messa in discussione delle proprie certezze, nel percorso che gradualmente porta a una superiore comprensione del proprio ruolo e del proprio destino. Questo non può che avvenire confrontandosi giorno per giorno col piano storico concreto.Po 2

  • 3) Alla dimensione eroica, nella pubblicazione, si nota esserci un forte connotato identitario: quanto esso si differenzia da una volgarizzata visione “sangue e suolo” della Tradizione?

La Tradizione, in quanto manifestazione culturalmente determinata dell’Essere, è forza propulsiva, energia vitale, fuoco vivo, affermazione primitiva. Il problema oggi di scottante attualità dell’identità, cioè dell’autentica configurazione culturale della propria biodiversità, deve partire da un presupposto decisivo: il futuro è più importante del passato. L’avvenire deve essere il campo in cui estendere l’azione del progetto identitario, mantenendo la memoria ben piantata nell’origine. Niente del passato va perso veramente, ma il fatto che questo patrimonio storico e culturale venga capitalizzato e produca lo slancio decisivo non è cosa scontata né ovvia. Perciò parlare di “sangue e suolo” oggi può valere certo come formula sintetica ad uso “interno” ma non può esaurire i termini della questione né tracciare, da sola, il perimetro del progetto.

  • 4) I riferimenti archetipali a cui vi ispirate sembrano molto eloquenti e riconducibili alle radici primordiali della civiltà indoeuropea: Roma ma non solo… possiamo affermare Europa dello Spirito e non della moneta?

Le radici primordiali sono i fondamenti ontologici di un asse che non vacilla, un’eredità che nel corso della storia europea non è mai morta del tutto ma ha semmai tentato di riemergere, attraverso l’opera degli uomini, in svariate occasioni. Il riferimento al mondo indoeuropeo può essere visto come un superamento di molte dinamiche oppositive che vedono contrapporsi da un lato “germanisti” e “nordicisti” e dall’altro “grecisti” e “latinisti”: una divisione che da decenni riguarda l’ambiente del tradizionalismo e del neopaganesimo identitario, sia a livello italiano che europeo. Riconnettere le varie forme dello spirito indoeuropeo ad una unica scaturigine – senza dimenticare in questo senso il campo del mito iperboreo e delle relative ricerche per sostanziarlo scientificamente – è infatti un campo di indagine troppo spesso dimenticato. Riproporre o proporre per la prima volta in italiano testi di Dumezil, Haudry, Hofler e De Vries assume in questo senso un significato non solo compilativo, ma anche di lotta per una visione del mondo. In questo senso A. Romualdi fu un indubbio presago nel presentare in Italia l’opera di H.F.K Gunther. Riscoprendo le corrispondenze – quando non le coincidenze – tra la storia dei primordi romana, le fonti e le saghe germaniche, gli inni vedici, il folklore celtico, così come ciò che ci è giunto delle mitologie slave, si potrebbe riconsegnare all’Europa le sue originarie e autentiche radici dimenticate. Ripensare l’europeismo oltre l’economicismo bancario e le presunte radici giudaiche cristiane, riconnettendolo alla vera scaturigine spirituale, culturale ed etnica dei nostri popoli. Non più slavi contro germani o questi ultimi contro i latini. È tempo di rinsaldare i ranghi e superare i campanilismi, poiché la posta in gioco è la nostra sparizione dalla Storia …In Italia inoltre, dove popoli dalla comune discendenza indoeuropea si sono succeduti – latini, celti, goti, longobardi, normanni – sarebbe interessante rileggere la storia locale come una sintesi di differenti forme nelle quali lo spirito indoeuropeo si è manifestato; dalla più remota antichità sino al medioevo, armonizzando varie fratture di cui vive l’identitarismo nostrano. Per quanto attiene il succitato riferimento “iperboreo” Polemos lavora e lavorerà per riscoprire anche autori – come Wirth, Kiss, Tilak o il nostro Lorenzoni – ormai del tutto sconosciuti proprio per il loro opporsi ai dogmi evoluzionisti, identitari o “panafricani”; vulgata scientifico mediatica che facendo derivare tutti gli esseri umani da un unico primate africano rende plausibile la giustificazione ideologica dei meccanismi di sostituzione demografica dal sud del mondo ora in atto tramite le immigrazioni a scopo di ripopolamento.

  • 5) Le analisi metapolitiche presenti in Polemos affrontato anche campi come il costume e la deriva economicistica: concordate sul fatto che una visione del mondo debba necessariamente essere intesa come organicistica, cioè afferente una pluralità gerarchizzata ed allo stesso unitaria?

Quella che Giorgio Locchi ha chiamato “tendenza sovrumanista”, e che è stata fortemente segnata dall’opera di Friedrich Nietzsche, è probabilmente la più potente e completa visione del mondo espressa dall’epoca moderna ad oggi; essa salda efficacemente il discorso originario indoeuropeo alla condizione storica contemporanea. Articolando una visione radicalmente inegualitaria risulta quindi del tutto coerente teorizzare una totalità organica in cui ogni parte risponde a un principio superiore. Una tale spersonalizzazione attiva è tutto l’opposto dello spossessamento di sé a cui va incontro l’individuo sradicato della società liberal-democratica di oggi.

  • 6) Componente essenziale del vostro progetto è l’importanza assegnata alla cura del corpo e dello spirito: può essere considerata la vostra una riproposizione dell’idea ellenica della forma interna che si rispecchia in quella esterna?

– F.  Sì, la stessa espressione “essere in forma” tra l’altro dovrebbe aiutare a comprendere a fondo il senso delle espressioni antiche kalòs kagathòs o mens sana in corpore sano. In tempi più recenti è stato Yukio Mishima a descrivere con parole limpide e vibranti il vigore del corpo e l’espandersi della vita autentica attraverso lo sviluppo dei muscoli e della forza. In Polemos parliamo di culturismo, a significare che ogni attività che preveda il disciplinamento del corpo e delle energie fisiche ha a che fare con l’aspetto più profondamente culturale. Conoscenza e forza vanno assieme e la disciplina corporea, sviluppata nell’esercizio faticoso e doloroso delle arti marziali piuttosto che dell’alpinismo o altro, è al contempo un mezzo per disciplinare la mente e le forze interne. L’Essere è un fatto storico e concreto non astratto o metafisico; e un agire in ordine si determinata unicamente quando i piani del divenire e dell’essere entrano in sinergia operante.Po 3

– A.  È assolutamente così: l’idea di kalokagathia greca accompagna idealmente il nostro approccio alle discipline del corpo. Quest’ultimo diviene così l’espressione e la manifestazione della forma interiore e dell’autodisciplina che ci si è dati nella propria interiorità. L’inesorabilità e l’inarrestabilità di una volontà indomita, che incanala il furore e gli istinti nella creazione di un corpo d’acciaio, così come d’acciaio sarà lo spirito che lo anima. Un cuore forte e inesauribile, sia da un punto di vista simbolico che fisico è necessario per inverare ancora una volta lo spirito spartano … “gli insegnarono a non indietreggiare mai, a non arrendersi mai”. Se oggi mancano i referenti simbolici e le tradizioni educative di un tempo, a partire dalla leva, allora ognuno di noi deve ritrovare la disciplina, il silenzio, la contemplazione di sé, l’autocritica, il lavoro su di sé per arrivare a vendere cara la pelle rispetto al mondo contemporaneo, senza magari rinunciare ad una “raffinata barbarie” nella scelta degli allenamenti dello spirito e del corpo: dallo Yoga meditativo a quello fisico dello Hatha Yoga, dalle veglie solitarie all’aperto nella natura sino all’escursionismo, la corsa, gli sport da combattimento, l’allenamento funzionale e così all’infinito, in una varietà che rende l’uomo che segue questa corrente adatto ad ogni sfida, inesorabile ed inarrestabile. Ma non si tratta soltanto di questo. In un articolo specifico dal titolo Fight Club – iniziazione e nichilismo, comparso su varie pubblicazioni online, abbiamo cercato, partendo dal noto romanzo e dall’ancora più nota trasposizione cinematografica, di indagare il ruolo della lotta come strumento per la conoscenza di sé, per il superamento del nichilismo e per la riscoperta della virilità. In un momento di appianamento delle differenze tra i sessi il “fight club” – fatte le debite proporzioni – sembrerebbe riprendere in maniera post moderna le “società di uomini”, le “mannerbunde” della nostra tradizione, facendone l’avanguardia di una nuova umanità rivoluzionaria in grado di abbattere il presente e riedificare un futuro barbarico, potente, primordiale. D’altro canto esperienza estere che vanno in questa direzione, unendo sport da combattimento, società di uomini e ispirazioni pagane, quali il circuito di MMA “White Rex” oppure la “Sigurd Legion” inglese la “Operation Werwolf” negli Stati Uniti – al di là del giudizio specifico su tali movimenti – hanno avuto una certa risonanza ed esercitano una certa influenza nel sottobosco della cultura radicale underground. Aggiungiamo un’altra forma di manifestazione dello spirito delle “mannerbunde” nel nostro tempo, sempre fatte le debite proporzioni e con tutte le cautele del caso. Le uniche proteste “identitarie” e non “politicamente corrette” susseguenti agli stupri di massa di Colonia, Helsinki ecc o agli attentati di Bruxelles provengono da ambienti che potremmo definire “hooliganistici”. In Finlandia e poi via via in tutto il nord Europa si sono diffuse le ronde dei Soldiers of Odin, gruppi di vigilanti che rispondono in maniera molto spontanea alla crisi degli stupri e delle violenza da parte dei presunti profughi. In Germania tocca agli Hooligans gegen Salafisten una delle poche reazioni di piazza alla politica etnomasochista della Merkel così come degli ultras è l’unica reazione di piazza registrata in Belgio dopo gli attentati di Bruxelles. Con tutti i limiti e le cautele del caso almeno qui non si ricorre ai gessetti arcobaleno per combattere l’ISIS!

  • 7) Nel primo numero di Polemos, vi era un interessante approfondimento sulla metafisica della montagna e delle vette: la sperimentazione diretta del sacrificio e della potenza può essere inteso come un siero contro le tante fantasticherie presenti nel mondo del tradizionalismo italiano?

Siero è una definizione azzeccata: antidoto contro i facili eroismi. La figura del “tradizionalista”, ha talvolta quasi una sua tipica manifestazione fisica e fisiognomica che rispecchia spesso uno stile di vita fatto di comodità e pigrizia. Una sorta di radical chic di opposto sentimento politico. Come già ricordato poc’anzi capita spesso infatti di incontrare professorini, perfettini, maniaci dei sofismi che non saprebbero minimamente affrontare una qualsiasi prova di vita all’aria aperta, ancora di meno se ad essa sono associate le fatiche, i rigori ed i pericoli della montagna. È vero che oltre all’aspetto meramente fisico la montagna e il suo simbolismo portano con se numerose valenze spirituali ed archetipiche. Ma ci chiediamo in che misura queste non diventino mero orpello intellettuale senza una adeguata esperienza reale. D’altro canto l’esperienza della montagna non è consolatoria, è ardua, difficile e in questo è pienamente iniziatica. Come ha giustamente rilevato il noto arrampicatore Manolo, la montagna per chi pratica alpinismo o arrampicata è molto differente dalla montagna come la esperiscono gli sciatori durante le settimane bianche: con le loro colonne di SUV raggiungono gli impianti di risalita senza alcuna fatica, infestando la montagna con bar, musiche e così via. L’escursione mette alla prova, richiede di adattarsi a condizioni climatiche continuamente variabili ed incerte. Le sveglie all’alba in rifugio per raggiungere una vetta prima del sorgere del sole; il salto del crepaccio. Mentre la maggior parte delle persone alle 4 del mattino rincasa dopo una notte in discoteca o si mette a dormire dopo una notte di download da siti a luci rosse, chi affronta la montagna si sveglia per affrontare un ghiacciaio, al freddo e nell’incertezza di una vita appesa ad un filo. La nostra iniziativa culturale non ambisce a mettere in discussione le scelte delle varie correnti tradizionali nostrane. A noi importa sollecitare il pieno e totale sviluppo dell’essere umano attraverso tutti i mezzi opportuni: mentali e fisici. Questo si ottiene, a nostro avviso, ispirandosi allo “stile eroico” di cui si diceva più sopra e che si compone, come noti, di sacrificio e potenza, cioè di auto dominio e auto affermazione. Sicuramente questo può avvenire soltanto calandosi nel mondo, vivendo la realtà e confrontandosi quotidianamente con la contemporaneità, prendendo ciò che può essere buono e utile e lasciando ciò che è dannoso.

  • 8) Tornando all’origine di Polemos, abbiamo notato un forte connotato musicale e specificatamente metal: potete offrire delle coordinate di orientamento ai nostri lettori?

Bisognerebbe risalire a quasi vent’anni fa quando entrambi entrammo in contatto epistolare per condividere i comuni interessi musicali e culturali. Nel corso degli anni entrambi abbiamo continuato a suonare metal estremo e non abbiamo mai smesso di impegnarci politicamente e culturalmente secondo le nostre possibilità. Unendo finalmente le nostre forze in età più matura, è stato per noi del tutto naturale impegnarci a mettere in luce quegli aspetti della musica estrema, black e death metal nello specifico, che a nostro avviso contengono anche in modo contraddittorio o parziale i germi di una rivolta autentica contro il mondo contemporaneo. Negli ultimi 30 anni, soprattutto in conseguenze dell’estremizzarsi delle sonorità e delle attitudini nel metal estremo anche il mondo della cultura si è accorto degli elementi di rottura eppure arcaici e tradizionali insiti nell’immaginario del metal. Dal testo di L. R. Rimbotti uscito nel 2006 per Settimo Sigillo sino all’ormai noto Come Lupi tra le Pecore di Maspero e Ribaric, passando per il famigerato Lords of Chaos di Moynihan e Soderlund, il metal ha smesso di essere considerato un mero intrattenimento o una forma musicale come le altre. È emersa piuttosto l’immagine di una forma artistica che veicola un messaggio spesso inattuale, di forte opposizione alle culture giovanili mainstream e di forte rottura con il buonismo della cultura dominante. L’estremismo sonoro, l’attitudine estetica iconoclasta e priva di compromessi e ancora di più il contenuto arcaico, identitario ed iniziatico di molte forme di metal, soprattutto estreme, sono state oggetto di una nostra analisi dal titolo Meglio criminale che borghese all’interno del volume collettivo Metallo Liquido edito da L’arca e l’arco. A questi è utile aggiungere gli studi di Antonello Cresti (su tutti Come to the Sabbat) sulle sopravvivenze del paganesimo in musica, Gregorio Bardini sullo sciamanesimo e di Marius Schneider sulla musica primitiva ecc. In via del tutto introduttiva e sommaria si può dire che il metal è uno dei mezzi artistici più efficaci per veicolare e disciplinare genuini impulsi di rivolta. L’ascoltatore medio di heavy metal è tendenzialmente culturalmente vivace, critico nei confronti della realtà quotidiana e orgogliosamente parte, spesso solo esteriormente, di un gruppo umano che anche esteticamente si distingue per uno stile forte, provocatorio, contro le mode e talvolta a-morale. Da qui a farne un ambiente di ribelli e guerrieri ne passa, ma certo è che moltissime band passano contenuti culturalmente “alti” e anche solo nelle copertine impiegano consapevolmente richiami non superficiali all’eredità primordiale europea (Manowar, Grave Digger, Saxon, Unleashed, Primordial, Hate Forest sono solo i primi che mi vengono in mente). Partendo da questi presupposti è allora possibile articolare un discorso selettivo e approfondito al fine di valorizzare quei gruppi musicali e quei prodotti artistici che più di altri mostrano reali punti di contatto con la visione sovrumanista e archeofuturista del progetto Polemos. Soprattutto nel mondo underground, cioè tra le band meno note, si possono incontrare personalità d’eccezione e prodotti di altissimo livello che meritano di essere valorizzati. Dal nostro punto di vista non rappresentano un problema le concezioni irreligiose o anticristiane offensive od oscure di alcuni gruppi musicali, perché in ambito artistico cerchiamo di valorizzare in primo luogo la rivolta totale e autentica al mondo di oggi in ogni suo aspetto.

  • 9) A vostro parere, quanto la dimensione musicale è associabile con quella dello Spirito e in che termini?

– A. A livello internazionale abbiamo assistito negli ultimi tre anni alla formazione di peculiari forme di militanza dove allenamento, musica black metal underground e spiritualità arcaica si sono espresse in forme degne di nota. Non credo sia il caso in questo senso di esprimere giudizi ma certamente nel variegato e controverso scenario bellico ucraino si sono viste formazioni di chiara ispirazione “pagana” e addirittura “black metal” fronteggiarsi da una parte e dall’altra dello schieramento. Senza appunto esprimersi sulla serietà o l’opportunità di tali esperienze – le varie Misanthropic Division – Toten Fu Wotan, Team Vikernes, Bataillon Viking ecc. – sembrano aver portato ulteriormente avanti, applicandole, alcune istanze di band quali Burzum, Moloth, Wolfnacht, Peste Noire e così via con rune e soli neri usati come insegne, in una prospettiva gerarchica, nietzscheana e vitalistica così come apertamente espresso dal programma ufficiale della Misanthropic Division. È evidente che non si possono prendere tali esperienze come modello assoluto. Così come risulta quasi impossibile effettuare una scelta di campo soltanto sulla base delle scarne notizie che ci giungono. Ma crediamo che citarle sia importante per rilevare un segno dei tempi e di quanto una certa cultura – Black Metal, NSBM, Pagan Black metal – abbia profondamente influenzato una parte dell’uditorio fino al punto di far prendere la più importante delle decisioni: iniziare a combattere, peraltro a pochi km da noi, nel cuore dell’Europa.Po 4

-F.  La musica non è il linguaggio universale che accomuna tutti gli uomini al di là delle frontiere, la musica è opera militante, espressione dell’essere ed è, o dovrebbe essere, un momento creativo di disciplinamento di se stessi (quindi educativo), non dissimile dalla cura del corpo di cui si diceva. La musica è quindi un fatto comunitario, è un opera che parla ai propri simili. La musica dovrebbe ispirare eroismo, potenza e valore; si possono qui richiamare le parole dell’imam Khomeini, il quale sosteneva che i giovani dovessero ascoltare le marce militari piuttosto che le canzonette occidentali. Aggiungo che probabilmente la colonna sonora delle marce future – se mai… – avrà i toni marziali e martellanti del metal oltranzista, un po’ come nel film Mad Max Fury Road.

  • 10) In conclusione: è da poco uscita la seconda pubblicazione del vostro progetto, in cui è riproposto il tema del conflitto e del terrore sacro. Cosa intendete precisamente come queste due espressioni di vetta?

Noi ci collochiamo nella notte estrema d’Europa, quando i fuochi primordiali sembrano esaurirsi sotto venti maligni e travolgenti. Incappucciati come monaci avanziamo in cerca delle braci che possano alimentare la nuova luce, nel disperato tentativo di restituire forza all’origine della nostra stirpe plurimillenaria. In questo buio senza fine noi abbiamo scorto i due pilastri attorno a cui muoverci per rievocare configurazioni storico concrete affermative e autentiche. Il conflitto, inteso in senso eracliteo, è quel flusso di contrasti e forze oppositive da cui si genera l’ordine. Il divenire storico non è mai fissato una volta per sempre e a ogni vittoria può sempre seguire una sconfitta. Un principio vittorioso ed egemone può essere sconfitto. In termini sociologici bisogna quindi individuare le linee di faglia, studiare i campi di lotta decisivi e fornire, per quanto possibile, gli strumenti teoretici atti a vincere la guerra delle visioni del mondo e a distruggere i nemici d’Europa e le loro avanguardie ontologiche, economiche e demografiche. In primo luogo ciascuno deve allora dichiarare guerra al proprio piccolo-io, operando una messa in asse del pensiero e dell’operare quotidiano, purificandosi. Se ognuno sviluppasse appieno le proprie potenzialità disciplinate, saremmo già a metà dell’opera. È importante quindi comprendere dove si collochi un mutamento di funzione all’interno del tutto. Si rivela peraltro essenziale un cambio di metodo che, prendendo dagli avversari ciò che è buono ed efficace, possa cambiare di segno l’atteggiamento teoretico ed effettuale al mondo. Se Hegel ha fornito in epoca moderna le basi per una tripartizione del pensiero, affinché la sua prospettiva ricca e profonda esca dalle sacche del progressismo e dell’umanitarismo, deve essere connessa a una visione eraclitea, platonica, nietscheana e infine heideggeriana, che radicalizzi il discorso sradicando il metodo teoretico dalle sue basi e lo ponga su nuovi fondamenti. Tenendo fermi questi presupposti si potrà comprendere la società e le sue dinamiche al fine di inserirvisi in modo efficace e vincente, articolando il pensiero lungo quell’asse che, per dirla con Giovanni Damiano, va da Tucidide a Machiavelli fino a Ferguson, Pareto, Gumplowicz e Schmitt. Il terrore sacro è quel fondo di verticalità che conserva, nonostante tutto, la sua attualità e potenza anagogica. Quando atomismo e materialismo si stendono come un velo ammorbante, solo il riemergere del primordiale e del selvaggio, l’insurrezione di forze che travolgono ogni residuo di umanità, solo questo può in qualche modo condurre al punto di rottura che conduca a una piena comprensione dell’essere. Perciò il ritorno all’elemento primordiale e naturale è il momento che meglio sintetizza queste espressioni di vetta nel termine che forse li integra entrambi: radicamento. Il progetto culturale che abbiamo intrapreso non si prefigge scopi precisi, se non “fare ciò che va fatto”. Nella convinzione che la qualità vince sempre sulla quantità, se avremo fatto qualcosa di buono, questo darà i suoi frutti.

Grazie a voi per lo spazio e l’attenzione.

Il nuovo sito di Polemos è: http://polemos.info/

4 Comments

  • Tiziano 25 Agosto 2016

    Intervista di grande spessore.
    Mi permetto solo la necessità di ben scandagliare nel mondo, cultura e prassi, degli sport da combattimento e delle MMA, affinché si eviti un’accettazione tout court.
    Questi infatti, non di per sé (e forse “anzi”) sono portatori di quei valori ben tratteggiati nell’intervista.
    Perché, piuttosto, si fondano su un machismo greve e grossolano, su corpi esteriormente scolpiti e tatuati in un vacuo rincorrere stili e mode by U.S.A., una cultura del sacrificio unicamente finalizzata ad un obiettivo tangibile (il titolo, la medaglia, quando non quello stesso fisico, oggettivizzato ed alienato, da esporre e far ammirare) del tutto in linea con la mentalità consumistica e materialistica innestata su un narcisismo fragile quanto ottuso.
    Insomma, il semplice “fare”, sport da combattimento e MMA, la quantità, non rassicura sulla qualità (per riprendere un bellissimo articolo di Antonio Filippini da voi ospitato).
    Grazie

  • Tiziano 25 Agosto 2016

    Intervista di grande spessore.
    Mi permetto solo la necessità di ben scandagliare nel mondo, cultura e prassi, degli sport da combattimento e delle MMA, affinché si eviti un’accettazione tout court.
    Questi infatti, non di per sé (e forse “anzi”) sono portatori di quei valori ben tratteggiati nell’intervista.
    Perché, piuttosto, si fondano su un machismo greve e grossolano, su corpi esteriormente scolpiti e tatuati in un vacuo rincorrere stili e mode by U.S.A., una cultura del sacrificio unicamente finalizzata ad un obiettivo tangibile (il titolo, la medaglia, quando non quello stesso fisico, oggettivizzato ed alienato, da esporre e far ammirare) del tutto in linea con la mentalità consumistica e materialistica innestata su un narcisismo fragile quanto ottuso.
    Insomma, il semplice “fare”, sport da combattimento e MMA, la quantità, non rassicura sulla qualità (per riprendere un bellissimo articolo di Antonio Filippini da voi ospitato).
    Grazie

  • Francesco 6 Febbraio 2017

    il nuovo sito è
    http://polemos.info/

  • Francesco 6 Febbraio 2017

    il nuovo sito è
    http://polemos.info/

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