9 Aprile 2024
Attualità

Conflitti e mass media. QUANDO LA GUERRA ENTRA IN SALOTTO

 

Gianfranco de Turris


 

L’evoluzione dei mezzi di comunicazione di massa, sempre più accelerata, ha modificato profondamente la percezione degli avvenimenti quotidiani, specie quelli più drammatici come delitti e guerre. Una volta c’erano i quotidiani, la radio, i cinegiornali, e oggi c’è la televisione ovvio, ma a differenza di poco tempo fa affiancata e quindi potenziata ormai dal fatto che tutti ma proprio tutti, armati di smartphone diventano degli pseudo giornalisti-narcisisti, testimoni diretti dei fatti. Nulla sfugge non solo alle telecamere fisse di sorveglianza sparse dappertutto per nostra maggiore sicurezza, ma alla faccia della nostra tanto sbandierata e difesa privacy, ma neppure al comune cittadino armato appunto di smartphone che preferisce immortalare la scena che andare in aiuto, ad esempio, delle vittime di un incidente stradale o di una aggressione per poi riversare il filmato sui famigerati Social (ecco il narcisismo), come dimostrano i telegiornali che li riprendono da Facebook e li inseriscono in molti loro servizi. Ed è tuto dire, indica un cambio di atteggiamento e mentalità. In fondo la realizzazione pratica di quel “villaggio globale” teorizzato, anzi profetizzato, dal sociologo canadese Marshall McLuhan decenni fa…

La guerra in Medio Oriente, scatenata dal massacro del 7 ottobre e dal rapimento di centinaia di persone da parte dei terroristi di Hamas e dagli orrori che ne sono seguiti e che poco alla volta vengono alla luce (ostentamento di morti, decapitazione di bambini, stupri collettivi, taglio dei seni alle donne, cadaveri violentati…) ha monopolizzato l’attenzione mondiale, mettendo purtroppo in secondo piano l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia, una aggressione eufemisticamente definita da Putin “operazione militare speciale” per non usare il termine tabù di “guerra”, con lo scopo di spazzar via il “nazismo” in Ucraina.

Per quanto commesso dalle sue forze armate il cosiddetto Zar è stato definito un “criminale di guerra” dalla Corte internazionale dell’Aja, ma adesso che è in un impasse militare ed è costretto ad arruolare detenuti, ci ha ripensato ed ha detto che si deve uscire da questa “guerra” (da lui stesso scatenata) e cercare una “pace”… Semplicissimo, ha detto la nostra premier: è sufficiente che ritiri le sue truppe dal Paese invaso (e paghi i danni di guerra, si dovrebbe aggiungere, come venne imposto alla Germania dopo il 1945). E poi? Amici come prima, non è successo un bel niente? E il processo internazionale?

L’eccidio dei ragazzi israeliani durante il rave nel deserto e l’assalto ai kibbutz ha messo in disparte una aggressione di uno Stato sovrano che se fosse accettata legittimerebbe altri a seguirne l’esempio a altrove, una cosa pericolosissima per l’Occidente.

E’ pur vero che di guerre ortodosse o “asimmetriche” come si sul dire, ne esistono tante al mondo di cui non ci si preoccupa o che nemmeno si conoscono, in Africa, in Asia, ma per noi è fondamentale quel che abbiano alle porte di casa: una guerra in Europa che, dopo il 1945, ha il solo precedente di quella in Serbia e Kossovo, ma qui c’è di mezzo la Russia che ha scoperto, anzi riscoperto, nazionalismo e imperialismo al punto di rivalutare nientemeno che il Piccolo Padre Stalin.

Ora, per tornare al discorso iniziale, tutti questi orrori sono trasmessi dal servizio pubblico che attinge sempre più spesso anche ai media dei singoli privati ce lo troviamo spiattellato in dosi massicce nei nostri salotti, cucine, tinelli, sale da pranzo a ogni ora del giorno: è l’informazione globalizzata, bellezza! Mica vorrai censurare qualcosa, no?

La guerra da mediata che era in precedenza è diventata in diretta, con inviati che trasmettono in tempo reale dal fronte con sullo sfondo spari ed esplosioni, con scene di bombardamenti e distruzioni avvenuti poco prima, con macerie, morti, feriti, profughi, gente disperata. Così, il nostro rapporto con questo tipo di tragici avvenimenti, più traumatici dei disastri naturali, è mutato in modo radicale grazie all’avvento dei nuovi media. Ne siamo quasi diventati co-protagonisti ancorché a distanza e al sicuro fra le nostre quattro mura, di simili tragedie, ripetiamo: in diretta non in differita, e questo fa la differenza…

E che effetto producono su adulti e soprattutto bambini? Insomma: ne siano ancora influenzati emotivamente, oppure ci stiano abituando, ci lasciano ormai indifferenti come si trattasse di un film o di un videogioco? Ci colpisce assai di più l’omicidio efferato di una giovane ventiduenne italiana, con cui tutti i telegiornali hanno aperto per almeno due settimane con la diretta dei suoi funerali alla presenza di diecimila persone nel dicembre scorso, che non il massacro di centinaia, migliaia, di uomini, donne, vecchi, bambini israeliani e palestinesi? Il singolo vicino a noi ci colpisce emotivamente, la massa lontana da noi ci lascia indifferenti? Come durante la Seconda guerra mondiale sotto i bombardamenti terroristici degli Alleati che hanno ispirato la tattica della guerra aerea contro l’Ucraina di Putin?

La guerra che ci raggiunge a casa nostra in tempo reale grazie ai nuovi media ci pone di fronte a problemi che non mi sembra siano presi in considerazione, anche perché prima inesistenti e almeno per il momento di difficile se non impossibile risoluzione. Ma non è certo il caso di sottovalutarli o tacerli.

Gianfranco de Turris

 

1 Comment

  • Primula Nera 29 Dicembre 2023

    Mi dispiace, ma non sono d’accordo con nulla di questo articolo. Soprattutto la questione russo-ucraina non inizia il 24 febbraio 2022 e,tantomeno, si può liquidare ciò che sta accadendo oggi in Palestina partendo dal 7 ottobre di quest’anno. Processo internazionale per Putin? E invece per Zelensky o per gli Americani che hanno aizzato gli Ucraini contro i Russi(dopo la “rivoluzione” farsa del 2014) per i propri interessi? E Nethanyau che,solo a puro scopo ritorsivo, sta facendo a pezzi decine di migliaia di civili a Gaza?

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