10 Aprile 2024
Arte

Battiato: una vita tra Arte ed Amore per un viaggio verso l’Assoluto – Stefano Sogaldi

Se nel panorama attuale le definizioni verso un artista di questo tipo sono difficoltose, a causa degli stessi tempi che viviamo, non possiamo che paragonare Battiato ad un Mistico allo stesso modo di come paragoneremmo, magari, Branduardi ad un Menestrello medioevale e Gaber ad un Poeta. Ma diventa difficile scendere in schematismi quali quelli che stiamo audendo in questi giorni che seguono alla morte di Franco Battiato. Battiato è stato un protagonista indiscusso della migliore stagione artistica italiana, un periodo assolutamente unico che rende la cifra di ciò che la migliore Italia ha rappresentato e che ha informato le menti, i cuori, le immagini ed, adesso, i ricordi di più generazioni. Una vita vissuta con grandi struggimenti interiori, tra percorsi spirituali , citazioni ermetiche, percorsi mistici ed esoterici vissuti con grande ecclettismo, da alcuni rilevato come aspetto critico al contrario di altri che ne hanno lodato la capacità personale di essere teso verso la ricerca dell’Assoluto senza finire incastrato in definizioni. Era, però, noto per essere un praticante libero ma estremamente disciplinato e rigoroso, dall’umanità che ha colpito tutti quelli che l’hanno conosciuto, questo al di là di polemiche sulle vie seguite, sul colore politico e sulle sue frequentazioni che, ovviamente, a parere dello scrivente bisogna distinguere dalla persona nel suo divenire.

Nello specifico inizia nel lontano 1965, come autore esordiente attento alle crescenti inquietudini della condizione giovanile che in quegli anni inizia a prendere forma, racconta di forti crisi che nascono da un bisogno di interiorità insoddisfatta e di sensazioni pure su diversi piani dell’esistente. Lasciata la Sicilia per giungere a Milano cerca di inserirsi nel mondo teatrale per poi, però, iniziare dei viaggi tra Londra e New York dove sperimenta il malessere delle metropoli vivendo anche la difficoltà della solitudine, la depressione ed istinti persino suicidi. Al contempo inizia una esplorazione musicale in quello che fu il mondo della sperimentazione, della musica rumoristica, del Rock Progressive con atmosfere variegate e complesse prese dai suoi studi sotto la guida del compositore tedesco Karlheinz Stockhausen, fautore della musica “puntuale” in accordo con l’avvicinamento con la filosofia interiore e musicale di Gurdjieff. Era l’epoca del rumorismo, del suono inteso come serie di espressioni viventi nella composizione senza bisogno di una struttura connettiva ma come tante monadi a sé stanti. E’ la stagione di Fetus (1971), un album difficile per l’epoca, forse anche per oggi, dove emerge tutta una suggestione per le tematiche fantabiologiche e fantasociologiche di Aldous Auxley , altro intellettuale approdato alle dottrine orientali ed al percorso della psichedelia. Battiato inizia a vivere questo slancio non solo emotivo e psichico ma anche una tensione spirituale più vivace e curiosa, proprio tramite gli studi sulla musica e sulla filosofia del Guru armeno Gurdjieff, personaggio parimenti peculiare e dalla vita multiforme. La sua produzione artistica è feconda (“Pollution”, “Le Corde di Aries”, “Click”) ma in costante evoluzione musicale sotto la spinta del compositore veneto Giustino Pio, violinista di alto livello, il quale inizia a raffinare la tecnica musicale di Battiato, portandolo dalla qualifica di artista alla qualifica di musicista tecnicamente cresciuto.

Se vogliamo in quei dieci anni successivi, ad andare ai primi ’80, si raggiunge la maturazione artistica dell’autore che si consolida con il rapporto non solo musicale ma anche di pratica ed evoluzione interiore con le dottrine orientali che non l’abbandoneranno più per tutta la vita. Ed è qui che l’autore esplode con il connubio che lo consacrerà al Pop italiano colto ma scherzoso, con dei veri e propri capolavori raccolti nell’Album “La Voce del Padrone”(1983), nel quale rimangono dei pezzi veramente immortali per la Storia della Musica non solo per i loro significati ma anche per la capacità dell’autore di includere significati decisamente ermetici ed esoterici dentro l’esperienza musicale di Hit che rallegreranno le Estati dei primi anni ’80, in concorrenza con Loredana Bertè, i Righeira, Renato Zero. Pare che per Battiato fosse una sorta di sfida con il jet set musicale: in molti l’accusavano di produrre musica per pochi, elitaria, difficile e negli anni del disimpegno e del riflusso con la Disco Music l’imperativo era il successo di pubblico. Battiato ruppe gli schemi con delle canzoni decisamente Pop, eppure molto dense di significati “altri”. Collabora con artiste come Giuni Russo, siciliana come lui e dal grande talento artistico, con Milva e con l’ipnotica Alice con la quale un sodalizio artistico veramente di successo renderà famose anche le turnee all’estero fino ad eventi come l’Eurofestival dove rappresentò l’Italia con “I treni per Tozeur”.

Dispiegare tutta la produzione artistica e musicale di Battiato, a questo punto, diventa difficile perché si moltiplicano le iniziative artistiche, le collaborazioni, le ricerche mistiche e filosofiche, gli incontri con una serie di personaggi del mondo della Cultura Alta come Roberto Calasso, Manlio Sgalambro, Bernardino Telesio, il Maestro Sufi e psichiatra Gabriele Mandel Khan. L’autore si immette nelle dottrine iniziatiche e orientali, ma non tralascia la mistica cristiana sul tema dell’Amore Dantesco ed infatti canterà di fronte a Papa Giovanni Paolo II quando quest’ultimo avrà aperto agli artisti con una iniziativa diretta proprio alla riscoperta della musica moderna da parte dell’ente ecclesiastico, era il 1988. Molti artisti avranno questo privilegio ma Battiato fu il primo ad esibirsi in udienza nella Sala Nervi in Vaticano, quello fu l’inizio di una serie che vedrà molti artisti accedere a questo privilegio in forma anche più pubblica, ma nessuno riuscì, in quella sede, a far provare ed a provare emozioni così forti come quando cantò “E ti vengo a cercare”, poiché l’autore stesso si emozionò molto, comprensibilmente e non solo per l’ambientazione ma per il grande portato del messaggio che si voleva trasmettere. Il tutto poi nella temperie di una ricerca spirituale sicuramente sincera e laboriosa, ma anche dolorosa poiché, come recita un’altra canzone simbolo della vita artistica dell’autore: “… E il mio maestro mi insegnò com’è difficile trovare L’alba dentro l’imbrunire”. Intendendosi la fase della Nigredo Alchimica che non ammette salti ma solo uno sguardo profondo nel buio della propria interiorità alla ricerca della luce interiore, alla ricerca di Dio, del Padre inteso come il mistico Al HAllaj intendeva “colui che abita presso di me”, dove ci si si reca in pellegrinaggio per capire la nostra vera origine che è, appunto, divina.

Ma non si arriva all’Alba senza il viaggio al termine della Notte, come recita e fa intendere “La Cura” in cui parla dell’incontro con la propria scintilla spirituale preterumana per superare le nequizie della vita materiale, le malattie, i danni creati dagli automatismi indotti dalla vita sociale e dai nostri limiti anagrafici. IL Viaggio non si può percorrere disgiunti da questa Luce purché non ci si illuda nei percorsi esteriori, nelle abitudini spacciate per pratica, i nostri istinti che ci portano all’animalità da un lato ma anche alla separazione dall’altro, quindi alla dispersione. Molti aspetti delle indagini di Battiato, espresse nel suo percorso artistico, portano a questa verità gnostica, e ci sono vari testi che illustrano questa ricerca ed il costante ritmo di sfida che si manifesta nella ricerca della propria vera natura che è il ritorno all’Assoluto tramite non solo delle pratiche ma anche lo sgrezzamento della natura materiale umana con il carburante dell’Amore. Altro significato della canzone “E ti vengo a cercare”(Fisiognomica 1988) cantata davanti al Papa rimane, infatti, proprio la ricerca dell’Amore che ognuno può intendere come più la propria sensibilità richiede e comprende ma che non può disgiungersi dalla dottrina platonica dell’Amore per come poi ripresa dai mistici anche di epoca successiva a quella classica. Eppure non si trascuri anche la dimensione carnale che non esaurisce ma che inizia, in qualche modo, il profano verso quella sensazione di piacere che, uscita da dimensioni animali, rappresenta quell’incontro dell’uomo con il proprio Sé tramite l’incontro con l’Altro tramite l’altro. Quell’Altro non si nasconde nei volumi di energia, umori e sudori che l’uomo in ricerca incontrerà nelle sue esperienze di vita ma si rivela, anzi si disvela proprio nella finitudine di un’esperienza fisica che lascia intendere un possibile disvelamento verso la Libertà, se si vuole capire che il fisico esaurisce una esperienza ma poi se ne può iniziare un’altra, o sintetizzarne entrambe le esperienze. Purtroppo per molti, o per fortuna, bisogna ascoltarsi, prima ancora di ascoltare.

Questo l’autore lo fa capire anche con dei parallelismi, si veda Fornicazione (L’Ombrello e la macchina da cucire 1995), un pezzo particolarmente significativo ma teoricamente profano agli occhi dei poeti non edotti del profondo messaggio spirituale che i fiori che sbocciano al mattino indicano all’iniziato che si imbatta in un’anima pura disposta a condividere il proprio fuoco o il proprio forno con la scintilla dell’uomo che si approccia alla scoperta di altre dimensioni. Discorsi possibili, difficili forse, sotto traccia in quelle che rimangono canzoni o poesie o suggerimenti per quegli “alcuni” che, da ragazzini, sentivano queste canzoni per poi farle mulinare nel proprio circuito razionale o animico per, poi però, porsi domande di tipo differente. Ed è forse per questo che l’Autore, ad un certo punto, creò una casa editrice dal nome simbolico: “L’Ottava” (https://www.battiato.it/lottava/) , dal chiaro riferimento alla scala dell’ Ottava vibrazione  di cui faceva riferimento Gurdjieff.

Ed è a quello strumento che l’autore affida le sue, alcune delle sue quanto meno, tappe verso la ricerca spirituale, con una serie di titoli tra cui Perduto Amor, versione italiana del segreto dei segreti di Abdul Qadir Jilani (tradotto da Urizzi), ed un testo sulla vita di Ahmadou Hampate Ba, sapiente e mistico islamico del Mali. Non mancano altri riferimenti sia librari che musicali da lui editi, in una fondamentale organicità, seppur nella eterogeneità delle sue indagini e qui viene da parlare anche di altri aspetti, meno indagati se vogliamo, della sua opera che sconfina anche nel rapporto con il mondo nelle sue accezioni più materiali. Un rapporto molto difficile con la politica di qualsiasi colore, una indipendenza ricercata e causa di illusioni e, successivamente, disillusioni molto dolorose come la vicenda alla Regione Siciliana ed il suo, quasi ovvio, siluramento. Ma non mancano delle imprese coraggiose come quando decise di esibirsi con una orchestra sinfonica, a Baghdad, violando l’embargo imposto dalle potenze occidentali che, di lì a poco, avrebbero condotto una delle più proverbiali operazioni di distruzione militare di un territorio e della sua popolazione, ancora oggi martoriata da conflitti trasversali iniziati con la famosa “Tempesta nel Deserto”. Battiato fece scalpore e stupì il mondo con una impresa artistica di solidarietà e cultura della condivisione con un mondo, IL Medio Oriente, che lui amava in un momento in cui era veramente difficile capire le ragioni del mondo oltre il proprio Occidente abituale. Scelta rivendicata anche in interviste successive quando Battiato rivelò di aver avuto rapporti con il dirigente dell’OLP Ali Rashid che lo aiutò, logisticamente, ad organizzare l’arrivo in Irak per la sua esibizione musicale. La stessa canzone Patriot, provocatorio pezzo dal sapore rivoluzionario (o controrivoluzionario?), oggi sarebbe impensabile per via di un’ambientazione oramai blindata come una cassaforte del pensiero.

Battiato ebbe parole, in varie interviste, dure sul fenomeno dell’assuefazione culturale associata all’omologazione verso il basso ed alla massificazione di stili da supermercato, creati a puro fine di vendita ad un consumatore più che ad un pubblico. Ma come si può capire se non ci si ritira in quello che lui chiamò “Un Oceano di Silenzio” (Giubbe Rosse 1989). Certi di aver perso un artista, un autore di fondamentale importanza, anche un filosofo se vogliamo, ci incamminiamo verso il tempo futuro nella coscienza di dover portare avanti le suggestioni ed i semi di curiosità che Franco Battiato ci ha lasciato nella sua pluridecennale opera, per proseguire ciò che stiamo facendo verso orizzonti nuovi quanto antichi.

Stefano Sogaldi

1 Comment

  • Roberto 23 Maggio 2021

    Grazie Stefano, in qualche minuto di lettura hai condensato la persona e la sua opera, sia nella parte emersa che in quella sommersa.
    Con la sua dipartita se ne va un pezzo di noi e non solo anagraficamente, perché ogni volta che se ne va un grande artista o un grande pensatore il mondo è più povero.

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