20 Luglio 2024
Fallisi Khazari Talmud

Tradizione di famiglia

di Joe Fallisi

Dopo la distruzione della capitale Itil e di Sarkel compiuta dai Vichinghi-Variaghi di Svyatoslav, Rus’ di Novgorod e Kiev, nel 965 e, nel 1016, l’invasione dell’esercito congiunto russo-bizantino, la dissoluzione definitiva del regno di Khazaria(1), prima ad opera dei Pecheneghi (discendenti degli Unni), poi dei Cumani, infine dei Mongoli, comportò anche una commistione dei Khazari e delle altre tribù turaniche(2) da loro egemonizzate coi Pecheneghi, coi Cumani e coi Mongoli stessi. E un insediamento stabile in Ucraina, in Lituania, in Ungheria e, soprattutto, in Polonia e nella Russia occidentale.

Eredi in tutti i sensi di questa congerie etnica di predatori seminomadi furono molti (e i più importanti) fra gli artefici del putch dell’ottobre 1917, che in effetti costituì anche, sotto il plumbeo manto ideologico del “marxismo-leninismo”, una restaurazione sui generis del giogo tartaro. Impossessatisi della macchina statale, i bolscevichi attuarono tutto il contrario di ciò che l’ultimo Marx aveva auspicato in teoria e (non solo) il movimento dei contadini anarchici makhnovisti cercò di realizzare in pratica – la rivitalizzazione superiore delle potenzialità comuniste dell’obščina e una via rivoluzionaria che consentisse all’immensa Russia di non dover passare obbligatoriamente sotto le forche caudine dell’accumulazione primitiva(3). Fu messa in moto la più mastodontica e implacabile macchina senza volto di capitalismo (industrialismo) di Stato e, al contempo, si procedette al soggiogamento, alla repressione e allo sterminio del “contadiname” riottoso, alla sua proletarizzazione forzata, allo sradicamento, col ferro e col fuoco, da ogni presupposto tradizionale (cristianesimo ortodosso, spirito comunitario slavo e, insieme, pratica dell’autonomia e dell’indipendenza e rispetto della natura, della madre terra)(4). L’esito di questo tremendo processo totalitario statalista-“sviluppista”, diretto in prima persona e, ancor più, dietro le quinte dai pronipoti Ashkenazim dei Khazari giudaizzati(5), confermò in pieno le più fosche previsioni, la vera profezia, di Mikhail Bakunin(6).  
Alla voce “Khazaria” della “libera” e “autogestita” enciclopedia online wikipedia (capillarmente controllata e moderata per tutto ciò che concerne il politically correct) si può leggere: “Tra l’VIII secolo ed il IX secolo, consistenti nuclei di Ebrei semiti, dopo aver attraversato il Caucaso entrarono in contatto con i Khazari. I sovrani di quest’ultimo popolo imposero, per motivi di stabilizzazione politica, la conversione del Khanato alla religione ebraica. Questo fatto è stato alla base dell’elaborazione di diverse teorie, la più nota delle quali vuole gli Ebrei Askenaziti discendere direttamente dai Khazari (il romanziere ebreo Arthur Koestler sostenne in modo particolare questa tesi). Recenti studi genetici sembrano però dimostrare che elementi genetici originari del Medio Oriente dominano la linea maschile degli Askenazi (il cosiddetto cromosoma Y Aaron), ma la linea femminile potrebbe avere una storia diversa. Da ciò alcuni hanno dedotto che uomini del Medio Oriente abbiano sposato donne locali, il che significa che gli Ask
enazi non sono imparentati con i Khazari o che questi rappresentano solo una parte degli antenati degli attuali Askenaziti.”(
7) L’articolo cui si rimanda(8), in realtà non dimostra quanto pretenderebbe tale frettolosa conclusione. Il mtDNA degli ashkenaziti è estraneo all’originario bacino semitico mediorientale, ed è la discendenza matrilineare che ha più importanza(9), in primis per gli ebrei(10), nella determinazione della loro identità etnica. Inoltre, le ricerche genetiche di Eran Elhaik (dicembre 2012)(11) confermano la validità non dell'”ipotesi renana”, bensì di quella “cazara”. La stessa difesa da Shlomo Sand nel suo The Invention of the Jewish People (2008)(12) e prima di lui da Koestler e da altri studiosi(13). 
Gli Ebrei, per la stragrande maggioranza di etnia ashkenazita, quindi, paradossalmente, meno semiti degli odiati Arabi, hanno invaso, occupato e pulito etnicamente la Palestina, rifiutando poi sempre qualunque prospettiva di convivenza pacifica ed equa con i residui abitanti locali. E i despoti con zuccotto compiono sui prigionieri palestinesi sevizie e torture immonde in piena libertà esattamente come fecero in Russia i loro avi della Cheka(14) su una schiera innumerevole di disgraziatissimi Slavi(15). E’ una tradizione di famiglia che continua indisturbata da più di novant’anni.
NOTE
(1) Il Gran Khanato di Khazaria o Khanato di Khazaria o Impero di Khazaria (618-1016), l’impero degli “Ebrei rossi” (appellativo medievale dovuto forse alla leggera pigmentazione mongola di molti Khazari), giunse, al suo apogeo, a confinare a sud-ovest con quello Bizantino, a nord-ovest con il Rus’ di Kiev, a nord con le terre abitate dai Bulgari del Volga e a sud-est con l’Azerbaijan.
(2) Cfr. http://www.treccani.it/vocabolario/turanico/http://www.treccani.it/vocabolario/turanide/. “Turchi. Termine correntemente usato nell’Europa occidentale a indicare il complesso, etnicamente oggi piuttosto multiforme, delle popolazioni parlanti lingue del gruppo turco degli idiomi altaici, stanziate dalla Siberia orientale ai Balcani. Le popolazioni turche originarie sono forse da accostarsi ai mongoli. Con questi esse ebbero probabilmente, un tempo, sedi comuni nell’Asia nordorientale, allontanandosene però, già differenziati, verso occidente, dove vennero successivamente a contatto con popolazioni iraniche (nell’Asia centrale e in Iran), caucasiche e indoeuropee (in Asia Minore, in Russia, nei Balcani), che turchizzarono in gran parte linguisticamente. Arduo è quindi ricostruire la composizione etnica (il tipo più puro dovrebbe essere rappresentato da baskiri, kazachi, kirghizi) di molte popolazioni turche; un criterio etnicolinguistico è quello di applicazione più plausibile in materia. Il termine europeo «T.» deriva dall’arabo turk, plurale atrâk  (bizantino tourkoi; cinese t’u-küe, riferito a una stessa popolazione turca già in fonti del sec. VI), che arabi e persiani, venuti nei secc. VII -X a contatto con popolazioni così
chiamanti se stesse (türk è parola turca che vale “forza”, e la si trova nel sec. VIII, come sinonimo di una confederazione, nelle iscrizioni della valle dell’Orkhon in Mongolia), generalizzarono applicandolo a tutte le popolazioni di lingua affine, e trasmettendolo in questa sua ultima accezione all’Europa. T. per eccellenza divennero però per quest’ultima solo gli ottomani, unica popolazione turca con cui gli europei siano stati a lungo a contatto diretto. (…) Circa le sedi originarie dei popoli turchi grande incertezza regna tuttora fra gli studiosi. L’opinione più plausibile pone codeste sedi in un settore compreso fra l’Altaj, i monti Tien Shan e il lago Bajkal. La questione della sede originaria è d’altronde connessa con quella dei rapporti dei T. primitivi con gli ugrofinnici e con le altre popolazioni uraloaltaiche, cui i T. sembrano vincolati da numerose affinità linguistiche, relative sia alla struttura del linguaggio, sia al lessico. La prima popolazione storica sulla quale vi sia qualche testimonianza precisa, e che possiamo chiamare turca nonostante sia sempre aperto il problema della sua maggiore o minore differenziazione dagli altri popoli altaici, è quella chiamata degli hsiung-nu, contro cui i cinesi costruirono nel 246 a. C. la Grande Muraglia. Il regno hsiung-nu restò unito fino al 40 a. C. alle frontiere settentrionali della Cina, poi si spezzò in due tronconi, occidentale e orientale. Con gli hsiung-nu occidentali sono forse imparentati gli unni. E probabile che dopo la sconfitta del 469 per opera dell’impero romano d’Oriente i resti di questa popolazione mescolatisi con gli ogur del mar Nero, abbiano dato origine ai bulghar, parte dei quali si insediò nel sec. VII nell’attuale Bulgaria, in seguito slavizzandosi. Un altro gruppo, quello degli utigur, avrebbe invece dato origine al regno dei bulghar del Volga, islamizzato nel sec. IX, e assorbito poi (sec. XIII) nella mongola Orda d’Oro. Certo è che la storia dell’Alto Medioevo europeo è piena di ricordi delle invasioni da Oriente di queste popolazioni nomadi costituite da predoni mobilissimi, molte delle quali sembrano appartenere a gruppi etnici di tipo turco, che, non appena si stabilizzarono, sparirono senza lasciar traccia, assorbiti dai popoli più civili con i quali vennero a contatto. E il caso, nel sec. IV, degli avari del Caucaso, che si stabilirono fra il Danubio e il Tibisco, assediarono nel 626 Costantinopoli, poi si fusero con gli altri popoli danubiani; dei khazar, popolazione d’incerta origine stabilitasi sul mar Nero fra i secc. IV e IX, composta da cristiani e da musulmani, e con religione ufficiale ebraica nel sec. IX, sconfitta e dispersa nel sec. XI dal principe russo Mstyslav e da Oghuz Qipcaq (ma la Crimea fu detta a lungo Hazaria anche dopo la loro scomparsa); dei cumani del sec. XI, protagonisti di tanta parte delle leggende medievali russe (in cui appaiono come polovcy), anch’essi spariti pressoché interamente; dei peceneg, che apparvero nel sec. IX a N delle terre dei khazar, e sparirono dopo essere stati sconfitti dai bizantini nel 1122. Difficile è inoltre distinguere le popolazioni turche e mongole tra loro e da tutte le altre che nel sec. IV risultano abitare, insieme con gli hsiung-nu orientali, la Cina del N (hsienpei, t’o-pa, ye-ta, juan-juan). Turco è però, questa volta senza dubbio, il popolo, o meglio la federazione di tribù guerriere riunite sotto un capo che porta il nome mongolo di qaghan (confederazione da cui si staccarono le altre popolazioni, protagoniste in seguito della storia turca) dei tu-küeh, dominante l’Asia centrale e orientale nel sec. VI. Questo regno di nomadi sciamanisti e totemisti (veneravano il lupo), fondato nel 552 su base patriarcale dal re Bumin, si divise nella seconda metà del secolo in due regni diversi, orientale (dall’Altaj fin quasi al mar della Cina) e occidentale (dall’Altaj all’Amu Dar’ja), e quest’ultimo ebbe, con il sovrano Istami, rapporti con Bisanzio. E’ infatti di quest’epoca l’apparizione del termine Tourkoi, e di quello Tourkia, riferito alla regione geografica oggi detta Turkestan. (…)” (Grande Dizionario Enciclopedico UTET, vol. XX, UTET, Torino 1995, pp. 422-423. Cfr. 
Altaic languagesCentral AsiaEurasian nomads, KhazarsMongoliaHistory of MongoliaMongol EmpireList of medieval Mongolian tribes and clansMongolsGolden HordeKhanateCrimean KhanateGöktürks Oghuz TurksTurkic peoples,  Turkish peopleHistory of Turkey,  Altaic languagesMongolic languagesMongolian language,  Tungusic languagesKalmyk OiratBuryat language
Nikudari
Turkic languagesMogholi languageTurkish languageCategory:Indo-EuropeanProto-Indo-European languageIndo-European sound lawsIndo-European languagesProto-Indo-European rootIndo-European (disambiguation)Proto-Indo-Europeans). L’opinione più diffusa in ambito scientifico è che l’origine dei Turchi sia connessa con quella dei popoli altaici e uraloaltaici. Le mescolanze (anche ma non solo) con gli indoeuropei, che semmai vennero turchizzati piuttosto che il contrario, furono successive. D’altronde, quando le orde di Gengis Khan giunsero molti secoli dopo alle terre dei Khazari, già sconfitti e sbaragliati, questi ultimi pensarono bene di collaborare con loro come con fratelli di sangue. Era la soluzione più naturale, assolutamente al di là del fatto che i mongoli fossero sciamanico-animisti e i predoni stanziati in Ucraina seguaci del nero Talmud. 
(4) L’odio e il disprezzo nei confronti del mondo contadino, considerato come forza “reazionaria”, come intralcio e catena sulla via dell’industrial-capitalismo di Stato verso le “magnifiche sorti e progressive” e il “sol dell’avvenire” (oggi visibile a tutti nella sua realtà spettrale), è tipico, anche se certo non esclusivo, delle varie sette talmudiche marxiste (cfr. A closer look at Poland and eastern Europegruppo libertari 61382gruppo libertari 76879gruppo libertari 76880marx vs the peasant e, più in generale, zioncom). Un esaustivo compendio di questo spirito-sguardo lo si può leggere nella squallida serie di articoli di “Rotta comunista” sull’argomento (cfr. gruppo libertari 100427). Val la pena ricordare che già nel Talmud l’agricoltura è definita “la più bassa delle occupazioni” (Yebamoth 63a) e che per centinaia di anni il lavoro principale, “d’elezione”, degli Ebrei ashkenaziti nei territori dell’immenso Regno di Polonia-Lituania fu quello di arendarz (esattori), sfruttatori immediati e insaziabili dei lavoratori della terra (cfr. gruppo libertari 68087gruppo libertari 76374gruppo libertari 78647gruppo libertari 98232gruppo libertari 100442,  gruppo libertari 100444, e, ancora, il 7°, fondamentale capitolo di When the victims ruleA closer look at Poland and eastern Europe). 
(5)Emblematica, a questo proposito, la figura repellente di Lazzaro Kaganovich, l’”Eichmann sovietico”, stretto collaboratore e ispiratore di Stalin innanzi tutto nelle imprese di pulizia etnica e genocidio dei contadini (non solo dell’Ucraina). Sopravvissuto indenne a qualunque “purga” e al dittatore stesso, ne causò, con ogni probabilità, la morte insieme con altri congiurati (cfr. kaganovichdeath of stalinradzinskgruppo libertari 100343). 
I “fattori di razza e nazione” sono operanti come forze materialissime – v. sull’argomento l’apposito saggio di Amadeo Bordiga: I fattori di razzaI fattori di razza 2I fattori di razza 3 (lo stesso Engels così affermava in una lettera a W. Borgius scritta nel 1894, un anno prima di morire: “Per noi, le condizioni economiche determinano tutti i fenomeni storici, ma la razza stessa è un dato economico.”). Interessante la seguente annotazione di Marx ripresa da Bordiga: “Marx si interessa alla dottrina di Duchinsky (un professore russo di Kiev, domiciliato a Parigi). Questi sostiene che ‘i grandi Russi, i veri Moscoviti, cioè gli abitanti dell’antico granducato di Mosca, sono in gran parte mongoli o finlandesi, come d’altronde sono mongoli gli abitanti delle parti orientali e sud-orientali della Russia europea. Vedo in ogni caso che la questione ha grandemente turbato il gabinetto di Pietroburgo (poiché sarebbe la fine del panslavismo). Tutti i sapienti russi sono stati invitati a redigere delle risposte o delle confutazioni; ma queste sono di una estrema debolezza. La purezza del dialetto grande russo e la sua parentela con lo slavo della Chiesa sembrano, in questo dibattito, testimoniare più in favore della concezione polacca che della concezione moscovita […]. E’ stato provato inoltre dalla geologia e dalla idrografia che all’Est del Dnieper si stabilisce una grande differenza ‘asiatica’ per rapporto ai paesi che restano all’Ovest del fiume, mentre l’Ural, come Marchison ha di già sostenuto, non costituisce affatto una separazione. Il risultato, quale Duchinsky lo, stabilisce, è che i Moscoviti hanno usurpato il nome di Russia. Essi non sono Slavi, non appartengono insomma alla razza indogermanica, e sono degli intrusi che bisogna respingere al di là del Dnieper. Il panslavismo, nel senso russo, è dunque un’invenzione del governo di Pietroburgo. Mi auguro che Duchinsky abbia ragione e che in ogni caso la sua opinione si generalizzi presso gli Slavi. D’altra parte, egli afferma che molti dei popoli della Turchia, fin qui considerati come Slavi, quali i Bulgari, per esempio, non lo sono’. Noi non sappiamo se questo brano sia stato adoperato nella polemica borghese recente contro la rivoluzione russa nella comune accezione che il popolo russo è asiatico e non europeo, e che per questo subisce la dittatura! Certo la tesi, assolutamente inoffensiva per il marxismo vero, è scottante per i Russi di oggi che, sulle orme di Stalin, fanno leva su una tradizione razziale, nazionale, e linguistica più che sul legame di classe del proletariato di tutti i paesi. Nel senso marxista il fatto che i grandi Russi siano da classificare come mongoli e non come ariani (vecchia frase che Marx ricorda spesso: gratta il Russo e troverai il Tartaro) ha (…) fondamentale importanza (…)”(http://www.quinterna.org/archivio/1952_1970/fattori_razzanazione3.htm).
(7)Cfr. http://it.wikipedia.org/wiki/KhazariaSul termine “semita” v. Gruppo libertari 100519
(9)Com’è ovvio, delle due figure genitoriali la più certa è, in ogni caso, quella materna.
(10)Nella genuina ottica razzista-sionista male minore risulta l’unione di una femmina ebrea con un maschio goy, male maggiore il contrario, perché in questo secondo caso è l’eventuale discendenza stessa (non del cognome, ma del SANGUE) che viene spezzata. Val la pena ricordare che qui in Italia qualunque Giudeo/a cittadino/a italiano/a può ricevere, a semplice richiesta, anche la cittadinanza israeliana (nonché andar a fare il servizio militare in Israele – e persino combattere per l’entità sionista), sol che porti le prove della propria ebraicità per via matrilineare. Effettivamente oggi Israele è l’unico Stato razziale del mondo.
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(13) Cfr. Herman Rosenthal, “Chazars”, articolo tratto dalla Jewish Encyclopedia, 1901-1906, Chazars; Hugo Freiherr von Kutschera, Die Chasaren, Holzhausen, 1910; il II cap. di John Beaty, Iron curtain over America, 1951, The Iron Curtain Over America; Benjamin H. Freedman, Facts are facts, 1954, Facts are factsTALMUDIC PHARISAISMFacts are facts 2The Talmud on Christians; Arthur Koestler, The Thirteenth Tribe, Random House, 1976, The Thirteenth Tribe, trad. it.: La tredicesima tribù, UTET, 2003; Alfred Posselt, Geschichte des chazarisch-jüdischen Staates, Wien 1982 – la tesi di dottorato di Posselt, lontano parente di Koestler, è forse il più considerevole fra tutti gli studi su questo tema, insieme con l’opera di Kutschera; Erwin Soratroi, Attilas Enkel auf Davids Thron. Chasaren-Ostjuden-Israeliten, Grabert-Verlag, Tübingen 1992, Attila; Paul Wexler, The Ashkenazic ‘Jews’: A Slavo-Turkic People in Search of a Jewish Identity, Slavica Publishers, 1993; Kevin Alan Brook, The Jews of Khazaria, Rowman & Littlefield Publishers, 2009 – 2° ed.

(14)Solo qualche nome: Moisei Solomonovich Uritsky – Boretsky -, anche conosciuto con l’epiteto-epitome de “il terrore ebreo contro il popolo russo”, Jankel Yurovsky, V. Volodarsky – Moisei Markovich Goldshtein o Goldstein -, Olga Bronstein, I. S. Unschhlicht, Grigory Zinoviev – Ovsei-Gershon Aronovich Radomyslsky -, il “farmacista” Genrikh Yagoda – Enon Gershevich Ieguda, in onore del quale il Premio Nobel per la letteratura Romain Rolland scrisse un inno -, Yakov Agranov, Meer Trilesser, Mikhail Kedrov – Zederbaum -, Artemic Bagratovich Khalatov, Moisei Boguslavsky, Yakov Veinshtok, Zakhlar Volovich, Mark Gai, Matvei Gerzon, Moisei Gorb, Ilya Grach, Yakov Deich, Grigory Rapoport, Abram Ratner, Abram Slutsky, David Sokolinsky, Solomon Stoibelman, Semyon Firin, Vladimir Tsesarsky, Leonid Chertok, Isak Shapiro, Grigory Yakubovsky Jakov Bljumkin, Aron Soltz, A. A. Slutsky, Boris Berman, Shpiegelglas, Moisei Gorb, Lev Elbert, Arkady Gertsovsky, Veniamin Gulst, Ilya Ilyushin-Edleman, Matvei Potashnik, Solomon Milshtein, Lev Novobratsky, Leonid Reichman, Naum Eitigen, Boris Rodos, Lev Shvartsman, Isaia Babich, Iosif Babich, Iosif Lorkish, Mark Spekter, Karl Danker, Aleksandr Orlov, Martyn Latsis, K. V. Pauler, M. I. Gay, Isaac Babel, Béla Kun – Aaron Kohn, variante di Cohen -, Rozalia Zemlyachka – Zalkind -, Leiba Lazarevich Feldbin, Itzik Solomonovich Feffer, Alexander Contract, Zakhar Ilyich Volovich…). Nel gotha sbirresco non ho incluso il successore di Moisei Uritsky alla direzione della Cheka, l’assassino fanatico Felix Dzherzhinsky, essendo quest’ultimo polacco non ashkenazita – ma sposato, come d’ordinanza, a un’ebrea ashkenazita (la maggior parte dei dirigenti bolscevichi non-ashkenaziti ebbero come moglie un’ebrea ashkenazita, sorta di legge non scritta, ma ferrea) -, né quelli del sanpietroburghese Nikolai Ivanovich Yezhov, detto “il nano avvelenato” o “il nano sanguinario” (sposato anch’egli a un’ashkenazita), e del georgiano Cthulhu-Beria (“il nostro Himmler”, secondo l’affettuoso appellativo di Stalin), ashkenazita solo per un quarto (da parte però di madre) – in compenso lo erano i suoi più vicini e fedeli assistenti. La Chrezvychainaia Komissiia, Commissione Russa Straordinaria per la Lotta Contro la Controrivoluzione e il Sabotaggio, poi divenuta GPU-OGPU-GUGB (NKVD), NKGB, MGB, KI, MVD, KGB, fu creata per volere di Lenin nello stesso anno del colpo di Stato, solo due mesi dopo. Nel 1918, con macabra ironia involontaria – che è sempre la più efficace -, i benefattori pensarono bene di mutarne il nome in Commissione Russa Straordinaria per la Lotta Contro la Controrivoluzione, la Speculazione e l’abuso di potere. In effetti occorreva da subito combattere e annichilire i controrivoluzionari. Il problema è che i bolscevichi avrebbero dovuto far fuori se stessi. E non era esattamente il loro scopo, almeno per il momento. Quanto ai Gulag (Glavnoe upravlenje lagerei, Direzione centrale dei lager, i cui ideatori-supervisori furono anch’essi, compattamente, ashkenaziti: Matvei D. Berman, l’”ebreo turco” Naftaly Frenkel, Mikhail Kaganovich, Lev Ilic Inzhir, Semyon Firin, Yakov Rappoport, Lazar Kogan, Sergei Zhuk), “il sistema dei campi di concentramento puntitivi appartiene alla storia sovietica sin dagli esordi, dai tempi di Lenin (già nel ‘20, presso le isole Solovki, situate nel Mar Bianco, a circa duecento chilometri dal circolo polare artico, era stato creato un ‘lager di lavori forzati per i prigionieri della guerra civile’, dove vennero imprigionati tutti coloro che si opponevano al nuovo regime, non solo zaristi quindi, ma anche anarchici, socialisti rivoluzionari, menscevichi), ma il maggior sviluppo avviene negli anni del consolidamento del potere di Stalin, e durante il suo lungo ‘regno’, che va dagli anni trenta fino alla metà degli anni cinquanta.” (< span style="color: #1155cc;">http://cronologia.leonardo.it/mondo26d.htm)

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