13 Aprile 2024
Alessandro Tognoloni Barbarigo Punte di Freccia Rsi

Ritratti in piedi


di Mario M. Merlino
Piccola Caprera, prima domenica di maggio del 2001, la mattina mostra un cielo grigio, a tratti con brevi spruzzi di pioggia. Nella spianata, davanti all’altare e ai pennoni delle bandiere, siamo oltre un migliaio d’ogni età e d’ogni provenienza. Ci sono anche tre giapponesi, uno in uniforme, con il vessillo da combattimento, allora ancora vietato nel paese del Sol Levante. Al termine della funzione religiosa è l’architetto Alessandro Tognoloni, insieme alla Medaglia d’Oro Luigi Ferraro, a consegnarmi la tessera dell’ass. X MAS. Quando fanno il mio nome, annota con sorriso ironico e accattivante: ‘E’ un nome che ho già sentito…’. Figura solitaria, ostica, ascetica. (Di quella cerimonia conservo alcune fotografie in una scatola di scarpe).

Della vicenda del S.T.diV. Alessandro Tognoloni, a cui fu ordinato con il suo plotone di arrestare l’avanzata degli Sherman americani nella piana di Cisterna per consentire lo sganciamento del btg. Barbarigo durante la ritirata, dopo la rottura del fronte di Cassino (maggio ’44), credo di aver scritto già su Ereticamente. Con uno squarcio nel fianco, i suoi giovani marò falciati dalla superiorità d’uomini e materiali, rimasto immerso nel fango fino a che gli alleati lo trovano con il cuore che batte debolissimo e riescono a salvarlo essendo già in possesso della penicillina. La prigionia ad Hereford, Texas, per non-cooperatori; il ritorno in Italia nel febbraio del 1946; gli studi di architettura e la professione. Medaglia d’Oro della R.S.I. alla memoria, dato appunto caduto in combattimento, medaglia, va da sé, non riconosciuta dallo stato italiano. Mi confida, una sera, nella sua casa di Monteverde Vecchio: ‘Davanti a tutti noi reduci, il comandante degli N.P., Nino Buttazzoni, mi ha appuntato l’unica medaglia d’oro a cui riconosco il valore…’, e aggiunge, ‘Se lo stato italiano mi avesse confermato quella già assegnatami dalla Repubblica Sociale, mi troverei accomunato alla Carla Capponi, agli assassini di via Rasella.’, scuote la testa, ‘No, direi che non sarei in buona compagnia…’. E, fermo nel ricordo incancellabile e nella determinazione ostinata, perseguire l’intento di dare non solo sepoltura ai suoi ragazzi, ma far sì che vengano ascritti a tutti quei giovani che caddero per la Patria, nel tempo e nelle guerre d’Italia, indossando il grigioverde. E’ così che nasce il Campo della Memoria da lui ideato e disegnato e, poco prima di raggiungere i suoi camerati nel cielo ove risiedono ‘santi martiri ed eroi’, vederlo divenire ufficialmente cimitero di guerra e assegnato alle cure (purtroppo, va detto, scarse) dell’Onorcaduti.
Lo vado a trovare e, davanti ad una tazza di tè, gli mostro Ritratti in piedi, libro pubblicato proprio nel maggio del 2001, in cui tracciavo con rapide e concise pennellate l’irrompere di persone e situazioni, magari occasionali e fugaci, capaci però di lasciare un segno forte, di imporsi con parole e gesti carichi di significato. Tappe della memoria, dunque. (Sono più o meno le parole della quarta di copertina). Egli fa parte a pieno diritto di quei ritratti, come l’altro ufficiale della Decima Mario Sannucci, che lasciò il braccio destro nella notte della Befana del ’45 sul Senio;  come Raffaella Duelli, ausiliaria del Barbarigo che, nell’immediato dopoguerra, andò nell’Agro pontino a raccogliere gli oltre cento commilitoni a cui nessuno aveva dato umana e degna sepoltura; come Ugo Franzolin e Enrico Accolla, già corrispondenti di guerra, poi il primo giornalista e scrittore, il secondo avvocato e autore del bel libro Guerra su tre fronti.
Lo sfoglia, sorride, mi guarda, scuote benevolo la testa. Nel suo studio i volumi si affastellano lungo le pareti, gufi di ceramica gesso bronzo legno ci guardano ovunque, il gatto si strofina sulle mie gambe (io vittima fin da adolescente di una stupida fobia e che sono costretto a vincere per rispetto del padrone di casa e per abitudine carceraria all’autocontrollo di emozioni e sentimenti). Poi mi dice, sempre con tono tra l’affettuoso e l’ironico: ‘Vedo che la mia storia la condivido con Pierpaolo Pasolini e insieme con l’attrice Moana Pozzi…’, si accende la sigaretta, ‘Anche Lei, professore, ha scelto di farmi stare in compagnia…’.

Già, architetto, oggi però è Lei che si è ‘vendicato’… avevo in progetto di parlare di Moana Pozzi e del necrologio che scrissi sull’ agenzia di stampa, Publicondor, ove nacquero le mie esternazioni culturali con la rubrica Briciole di cultura. Va bene, sarà per altra occasione.

2 Comments

  • simona tognoloni 19 Luglio 2013

    grazie professore ..

  • simona tognoloni 19 Luglio 2013

    grazie professore ..

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