10 Aprile 2024
Tradizione

Nietzsche e la danza di Shiva – Umberto Bianchi

A guardarlo sembrava uno dei tanti libri lì confusamente ammassati, all’interno degli angusti locali della libreria Europa. Conosco Miguel Serrano e quel titolo “Nietzsche e la Danza di Shiva” aveva istintivamente, attratto la mia attenzione. Ad un superficiale sguardo, avrebbe potuto esser confuso con uno dei tanti manualetti per iniziandi alla militanza politica. Ma sin dall’inizio della sua lettura, questo testo mi trascinava via via, in un vortice da cui non riuscivo a riemergere. Tesi fondante di Serrano, è il parallelismo tra i due pilastri ideologici di Nietzsche, Volontà di Potenza ed Eterno ritorno e l’Induismo della filosofia Samkhya e del Tantra Yoga. Tutto il testo è praticamente un inno a quel pensiero Vitalista che in Nietzsche trova la propria più pregante espressione, nell’idea di “Volontà di Potenza”, che rappresenta l’anelito primordiale dell’universo tutto e della miriade di esseri viventi che lo compongono. Tutti egualmente spinti ed animati da quella Volontà, che porta l’uomo a cercare di superare i propri angusti limiti per farsi Super/Oltre-Uomo, in un crescente anelito di tensione. Strumento principe per arrivare a questa trasmutazione di valori o, se vogliamo parlare in termini esoterici, al raggiungimento di questo superiore stato di coscienza, è l’accettazione dell’Eterno Ritorno, ovverosia dell’idea della circolarità del tempo. Ma, badate bene, qui Serrano è molto chiaro, Nietzsche da bravo Vitalista “fin de siecle”, non è un metafisico, tutt’altro. Egli concepisce la realtà come un immenso Chaos, o Essere-in Potenza, attraverso le correnti del quale, l’uomo dovrà sapersi destreggiare, cogliendo qualunque “opportunità” vada via via, presentandosi. Manifestandosi la realtà tutta, all’interno di un tempo circolare e ciclico ed essendo costitutivamente finita, ad ogni ciclico alternarsi, essa dovrà tornare a manifestarsi identica a come si era  precedentemente manifestata. L’accettare con spirito leggiadro, quasi fosse una danza, il continuo ripetersi di gioie e dolori, il nascere, vivere e morire, per poi rinascere dopo un istante, è ciò che predispone l’uomo a far di sé un Oltre/Super-Uomo. Ma il riuscire a fruire dell’Eterno Ritorno, all’interno del Cerchio, non è cosa da tutti.

Prendendo le mosse dalla filosofia Samkhya , Serrano ci dice che a poter vivere dell’Eterno Ritorno è il Jvanmukti, il “liberato”, colui che dall’umano stato di Jvan, passa ad uno superiore, in virtù del fatto di essersi riuscito a liberare dall’illusione ingenerata da Prakriti/Materia, per ricongiungersi a quello di Purusha/Essere. In ambito tantrico, a mutare sono i nomi dei soggetti del dramma cosmico, laddove, nella filosofia Samkhya si parla di Purusha e di Prakriti, nel Tantra si parla di Shiva e di Shakti, ovverosia dell’ordine cosmico maschile e della sua distruttrice forza vitale femminile Shakti. Al fine di contenere Shakti, Shiva o Nataraja,  danza su una collana di fuoco, contemperando, al medesimo tempo, creazione  e distruzione. E così, nel nome dell’eterna contraddizione che caratterizza il ciclo dell’Essere tutto, Shakti andrà assumendo la valenza di Ishvara-Shiva, o Creatore femminile, mentre Shiva assumerà l’androgina valenza di Parama-Shiva, nel ruolo di principio neutro emanatore dell’Essere. In tal modo ogni possibile dualismo, è superato, ogni aspetto molteplice della realtà finisce con il coincidere in un principio unico, a sua volta però, capace di assumere una infinita molteplicità di aspetti.

Colui che sa osservare la danza dei mondi dal di fuori, ha recepito appieno e fatto suo il principio primo di Volontà Assoluta, che anima la Shakti, è un Vira/Eroe che addiviene allo stato di Shudibudishvabhaba/Trasmutato. Attraverso il rituale Panchatattva, egli andrà a conquistare Icchacuddi o Volontà Assoluta, che ne farà un semidio o un nume, una vera e propria incarnazione dell’ideale di quell’Oltre/Super Uomo, in grado di accettare il cerchio dell’Eterno Ritorno. Forse l’unica discrepanza ravvisabile nel testo del Serrano, sta nel fatto che l’intero Arya Dharma, (il complesso religioso e ideologico che accomuna Induismo, Buddhismo e Jainismo…) si fonda sul fatto che vero Moksa/Nirvana/ Liberazione è l’uscita dal Cerchio ciclico del Samsara, mentre per Nietzsche, vera liberazione è la permanenza in tale cerchio, attraverso la gioiosa accettazione del continuo ripetersi del ciclo delle esistenze, ovverosia di quel continuo “ek-sistere”, ovverosia oscillare tra l’Essere ed il Nulla, la qual cosa fa sì che l’uomo possa porsi nella condizione di andare, attraverso uno sforzo eroico, oltre i propri umani limiti.

Nietzsche, al pari di altri autori di quell’ambito romantico e vitalista, che va dal 18° sino alle soglie del 20° secolo, guardò ad Oriente con un occhio di interesse ed ammirazione. La sua visione incentrata sulla gioiosa accettazione della natura ciclica  della realtà e di tutte le sue conseguenze, non va, in verità, considerata quale laico ed ateo ripiegamento in favore di un quanto mai arido opportunismo scientista, quanto nell’ottica dell’esaltazione di quel Selbst/Sé o “Io” potenziato la cui “ipseità” va proprio rafforzandosi grazie ai continui stimoli offerti dalla circostante realtà. E questo spiega i postumi interessi di Nietzsche verso le scienze esatte, così come manifestati in scritti quali “La gaia Scienza” o nei frammenti de “La Volontà di Potenza”. Lo stesso Serrano ce lo fa capire, citando spesso e volentieri uno studioso come C.G.Jung, le cui ricerche sulla dimensione più profonda del Sé, ci portano ad una visione di introspettivo potenziamento dell’ “Io” e delle sue connessioni con l’Essere attraverso  la dimensione del simbolismo archetipico.

Quella di Nietzsche, a detta del Serrano, potrebbe esser considerata una versione occidentale, “iperborea”, dell’orientale principio di metempsicosi, proprio a causa del continuo avvicendarsi di cicli vitali che vedono avvicendarsi altrettanti “io”, tutti identici a sé stessi, ma aperti alla possibilità, attraverso l’Eterno Ritorno, di potenziarsi, spalancando a quei medesimi “io” la possibilità di divenire altro e meglio di sé. E così la personalità diviene solo una maschera, dietro alla quale rimane quel Selbst, quell’ ”Io-Archetipo”, aperto, tra una pausa dell’Essere all’altra, seguendo la ruota del Samsara, all’autoperfezionamento. Coerentemente con lo spirito che anima tutta la sua opera, quella dell’Eterno Ritorno di Nietzsche, non può esser considerata una costruzione definitiva, ma solamente il momento di un percorso di continuo auto perfezionamento, legato ad un doppio principio di Volontà-Casualità. A tal proposito, il Serrano muove una decisa critica ad Heidegger ed alla sua accusa a Nietzsche, di essere un “metafisico”, proprio a causa, a dire di questi, del suo presunto tentativo di porre dei paletti ontologici, addivenendo, tramite motivo come Volontà di Potenza ed Eterno Ritorno, ad una nuova costruzione metafisica.

La qual cosa, potrebbe nuovamente dar l’impressione di allontanare ambedue le visioni, quella nicciana e quella Hindu, le quali però, sebbene lontane per epoca e contesto, oltre ai motivi di cui abbiamo poc’anzi parlato, sono accomunate da un’altra fondamentale e primeva, intuizione. Una delle vicende portanti del poema Hindu Bhagavad Gita, ci narra della eroica figura di Arjuna (dalla radice sanscrita “Ar”-quale Virtù, Valore, Coraggio, da cui il greco “Aretè/Virtù”, il celtico Eire, l’avestico Iran-“Spazio Ario”, etc., sic!) che, preso dallo sconforto di fronte all’idea di dover combattere contro gli zii ed i cugini Pandava, viene rincuorato dal dio Krishna che, lo invita a riprendere le armi, non prima di porsi “al di là del bene e del male”, nel nome della virtù, mantenendo l’imperturbabile spirito di un vero praticante di Yoga. Così, quella che fu la primordiale intuizione delle tribù Indo Arie nella notte dei tempi, si è fatta Archetipo vivente ed è tornata a manifestarsi agli albori di una Modernità, della quale ha sparigliato, sin dal primo momento, le coordinate. Resta la conclusione che l’accettazione dell’Eterno Ritorno, attraverso una Volontà di Potenza, alla base della quale non può che stare il principio del superamento delle usali coordinate morali di Bene e Male, nel nome di una superiore “virtus”, non è cosa da tutti. E questo, sia che vi si voglia arrivare da una prospettiva di puro e laico vitalismo nicciano, che da quella offerta dal Tantra Yoga che, altresì, da quella offerta dalle Occidentali Scienze Ermetiche.

La realizzazione di un Uomo Nuovo, che sappia porsi al di là degli angusti limiti nei quali, oggi sempre più, è astretto e costretto un individuo occidentale sempre più omologato ai desiderata di una disumana tecno-economia, va oggi facendosi nobile sforzo e tentativo, di creare un esempio che possa porsi quale stella polare, per un quanto mai alienato e confuso genere umano.

“Buddhiyukto jahati ‘ha ubhe sukrtaduskrte tasmad yogaya yujyasva yogah karmasu kausalam

 (“Colui che ha raggiunto l’equilibrio dell’intelligenza aggiogata elimina anche in questo mondo tutti e due, il bene e il male. Lotta dunque per realizzare lo yoga; lo yoga è abilità nell’agire”)

(Bhagavad Gita)

Umberto Bianchi

1 Comment

  • Michele Simola 25 Marzo 2021

    Ho letto molti dei libri di Miguel Serrano, che ammiro ed apprezzo oltre che per le idee, per la grande poesia insita nelle sue opere, un grandissimo poeta visionario, la cui otrapera è poco conosciuta nel nostro paese. La prima volta che che in una libreria chiesi se avessero i libri di Serrano, il proprietario dopo aver rapidamente consultato il suo computer mi disse “ma sono libri proibiti”, io gli feci notare che l’indice dei libri proibiti non esisteva più dal 1861 più o meno, questo rafforzo’ la mia volontà di trovarli e leggerli, oggi ho letto e riletto quelli disponibili sul mercato Italiano.
    Serrano come autore, filosofo e narratore di un’epopea trascorsa ormai da 76 anni, riesce a destare nel lettore un interesse quasi magnetico per quegli avvenimenti, e per quella che è la storia ufficiale di quel periodo. Ma ciò che rende poesia la sua opera è la conoscenza dei miti nordici, dell’India e dei paesi latino americani, che interseca sapientemente e con una grandissima cultura non solo storica e filosofica ma in ogni campo dello scibile umano.
    La sua interpretazione di Nietzsche è di grandissimo rilievo, soprattutto per il parallelismo con le credenze Induiste.
    Anche la sua conoscenza delle opere di C. G. Jung è molto profonda ed egli riconosce l’importanza del selbst inteso come super io, la compenetrazione dell’io nel selbst che permette all’uomo quando riesce a raggiungerlo con un percorso di introspezione ( direi un vero e proprio percorso alchemico) la capacità di tramutarsi in super uomo.
    La profondità delle riflessioni del poeta può non sempre sembrare di facile intellegibilita’, ma i libri sono fatti soprattutto per essere letti e riletti molte volte, e ad ogni nuova lettura troveremo qualcosa che ci era sfuggito in precedenza.

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