11 Maggio 2024
Cultura

Mediocrità – Rita Remagnino

Nell’incredulità generale l’apparizione di un virus influenzale ha mostrato il re nudo. Le argomentazioni degli specialisti della scienza si sono avvicinate alla sfera di cristallo del mago mentre i loro proclami hanno ricordato in modo impressionante le predicazioni dei millenaristi medioevali in trepida attesa dell’apocalisse e del messia (per l’occasione in forma chimica) capace di «salvare» i suoi fedeli condannando tutti gli altri a morte sicura.
Forse negli ultimi tempi ci siamo fatti prendere la mano. Abbiamo esagerato nel definire «scienziato» chiunque si guadagni il pane quotidiano attraverso l’esercizio di un mestiere «scientifico», che equivale a dare del «letterato» a un cronista che mette per iscritto le notizie sui quotidiani, o le riferisce nei telegiornali. I tempi degradati che stiamo vivendo avrebbero richiesto l’uso di termini più appropriati, calzanti alla realtà, ma per pigrizia ci siamo limitati a riciclare l’esistente.
Molto ci sarebbe da dire anche sull’etichetta «esperto», visto che lungo la Via della Conoscenza l’esperienza è tutto e questi soggetti vivono in cattività dentro ambienti protetti (laboratori, biblioteche, istituti accademici, correnti culturali finanziate dal sistema, eccetera) che impediscono loro di incontrarsi/scontrarsi con il lavoro vero e con la vita imperniata sul rapporto tra numeri dispari, mai pari.
L’orologio dell’Apocalisse ticchetta sempre più forte e segna un minuto a mezzanotte, quando scoccherà l’ora fatidica sarà la fine della vita umana su questo pianeta come la conosciamo”. Così ha esordito il primo ministro britannico Boris Johnson alla Cop 26, l’ultima Conferenza Onu sul clima tenutasi a Glasgow. Grande applauso in sala con la benedizione di una ragazzina, Greta, che frequenta la scuola a tempo perso.
Il vecchio Frankie, un dinosauro venuto appositamente dagli studi hollywoodiani fino in Scozia per dare manforte alla narrazione, ha poi raccontato la sua esperienza personale per sensibilizzare esponenti politici, diplomatici e popolazioni sui rischi concreti dei cambiamenti climatici. “Don’t choose extinction!“, il riscaldamento globale è dietro l’angolo e lui ne sa qualcosa, perciò i Paesi industrializzati dovrebbero smettere di sovvenzionare le energie fossili. Un monito che detto altrimenti suona così: dirottate i vostri soldi sulle cosiddette «rinnovabili» e andrà tutto bene.
Poche settimane più tardi, in perfetto stile Banda Bassotti, una sgangherata rappresentanza del «governo dei migliori» instauratosi in Italia negli ultimi tempi ha inaugurato il 2022 portando in conferenza stampa numeri sull’andamento del Covid raffazzonati e male interpretati secondo le indicazioni dell’Istituto Superiore di Sanità, che evidentemente non aveva sottomano niente di meglio.
Non c’è dubbio che unità di comando, tempestività delle decisioni e gerarchie delle responsabilità in tempi di crisi siano necessità imprescindibili, ma occorre qualcuno all’altezza della situazione per non cadere nel ridicolo. Controproducente può rivelarsi anche il Malleus Maleficarum lanciato contro chiunque osi contraddire la versione dominante, perché a furia di creare confusione nessun dogma apparentemente indiscutibile verrà più preso in considerazione come criterio veritativo, così che tutto finirà irrimediabilmente incenerito dal fuoco della dissacrazione.

Tre indizi fanno una prova

Avvenimenti come quelli citati rappresentano solo la punta dell’iceberg costituito dal presente, bastano tuttavia a sollevare qualche ragionevole domanda. Chi diavolo sono gli strapagati consulenti degli organi superiori che influenzano le decisioni di tutti gli Stati del mondo? Dopo innumerevoli pellegrinaggi da un prestigioso master all’altro, non sanno neanche che l’Orologio dell’Apocalisse citato dallo spettinato Boris venne scelto dagli scienziati nel 1947 come logo del Bulletin of the Atomic Scientists per misurare il pericolo di un’eventuale catastrofe nucleare (tuttora incombente)? La questione climatica c’entra come i cavoli a merenda.
Ai suddetti «esperti» non hanno insegnato che i dinosauri si sono estinti per un improvviso raffreddamento del globo, non per un surriscaldamento? L’impatto con un grosso asteroide mandò probabilmente nell’atmosfera una quantità enorme di polveri, sufficienti ad oscurare il sole per un lungo periodo e il pianeta venne ricoperto da una coltre di gelo. In misura ridotta, accadde qualcosa di simile anche dopo l’impatto meteorico che causò il Dryas Recente (12.900-11.500 anni fa), e un eventuale fungo atomico potrebbe produrre gli stessi effetti. L’immissione di enormi quantità di polveri nell’atmosfera schermerebbe la luce solare abbassando vertiginosamente le temperature, si innescherebbe il processo di una nuova mini-età glaciale e il mondo andrebbe incontro all’ennesima estinzione di massa. Altro che surriscaldamento globale!
L’incompetenza dei sottoposti viaggia in tandem con la malafede dei vertici, i quali esortando la massa a condurre una vita green parlano sempre di «ambiente», mai di «natura». Il primo è un termine neutro, eco-compatibile e biodegradabile, orizzontale e modaiolo, che di fatto non implica alcun cambiamento. Il secondo parte invece da una visione verticale che pone l’uomo al di sopra dei bisogni contingenti, evoca un rapporto cosmico, l’ordine naturale delle cose, la famiglia naturale, la procreazione naturale, il naturale invecchiamento e perfino il soprannaturale. Tutto ciò che si vorrebbe cancellare.

Fiducia nella scienza?

Impossibile ignorare il degrado penetrato in tutti gli ambiti della cultura, e in modo particolare in quello scientifico. Il decadimento è stato speculare alla crescita del protagonismo patologico che affligge ogni convinto scientista, per il quale la propria disciplina è purtroppo un valore assoluto, anche in senso etico, oltre cui esistono solo nemici da combattere e incompetenti ai quali tappare la bocca.
I richiami alla «fiducia nella scienza» sono cresciuti così insieme al cosiddetto «effetto Dunning-Kruger», una distorsione cognitiva per cui lo specialista nell’unghia del dito mignolo tende a sopravvalutare le proprie competenze, esige di esprimere pareri su tutto e non si rende conto che vestendo i panni del «dispensatore di certezze» manifesta le sue molteplici incertezze.
A questi paladini dello scientismo militante che vogliono avere sempre l’ultima parola, sentendosi superiori, sarebbe bello chiedere quale «scienza» pensano possa salvare l’umanità dalla corale percezione di decadenza adesso che la Storia sta per finire, la politica è fallita, la religione declina, la Dea Ragione è afflitta da demenza senile, l’economia ci sta portando dritti all’inferno e persino da territori dove prima regnava la bonaccia si stanno levando minacciosi venti di guerra. In concomitanza con gli eventi più toccanti della vita capiterà anche a loro di sentir correre un brivido giù per la schiena, come se dal profondo volesse rivelarsi qualcosa che oltrepassa l’umana conoscenza e comprensione. O, forse, no.
Scriveva in modo lungimirante José Ortega y Gasset nel suo classico La ribellione delle masse che la figura dello scienziato cambiò aspetto quando, nel 1890, una nuova generazione di «illusionisti» assunse la guida dell’Europa. Da allora “(…) la scienza sperimentale ha progredito in buona parte mercé il lavoro di uomini assolutamente mediocri, e anche meno che mediocri, vale a dire che la scienza moderna, radice e simbolo della civiltà contemporanea, accoglie dentro di sé l’uomo intellettuale “medio” e gli permette d’operare con successo.

Visionari inascoltati

Formalmente il medio-colto votato allo specialismo non è un ignorante, né una persona cattiva, solo pericoloso. Grazie alla sua categoria professionale l’umanità del XXI secolo si sta leccando le ferite provocate da molte «invenzioni» che hanno devastato il pianeta come mai prima d’ora era accaduto. Negli ultimi due secoli la pressione «produttivistica» non dava tregua, è mancato lo spazio per il dubbio, non c’è stato più tempo per gli approfondimenti. Ma una scienza al servizio dell’economia è Scienza, o ideologia e retorica che procede all’insegna del cerchiobottismo e della contraddizione? Non meravigliamoci, poi, se in molti non credono più ai suoi enunciati.
Lungo sarebbe l’elenco dei veri studiosi, professionisti e dilettanti, che hanno intuito delle verità nascoste ma non hanno avuto la soddisfazione di vederle riconosciute dal mondo accademico dei loro tempi. Non perché non fossero in grado di illustrare ciò che dicevano, semplicemente non potevano fornire una spiegazione soddisfacente del «perché».
Giocando su questa contraddizione ha vinto lo specialismo che è stato, ed è ancora, la grande piaga della modernità. Ciò a prescindere dalla materia di riferimento perché la suonata non cambia se lo strumentista anziché essere un medico è un filologo impegnato su un testo classico, o un ingegnere intento a perfezionare una macchina. Automaticamente chi si trova imbottigliato nel vetro di una materia non si sente più tenuto a guardare oltre il tappo, non fa collegamenti tra discipline differenti, non si riallaccia a esperienze precedenti (che spesso non conosce), né intuisce conseguenze e risvolti futuri.
La vita è qui ed ora, come il conto in banca. Allo specialista non interessa cosa uscirà dalla sua invenzione, se ne verrà fuori un vantaggio oppure un problema. Non rientra nei suoi scopi, cioè nella sua carriera personale, prevedere le ripercussioni di una scoperta. Al posto suo la maggioranza agirebbe nello stesso modo, per cui l’assoluzione è scontata. Ecco perché si è arrivati a prescrivere con incosciente leggerezza farmaci sperimentali, per esempio, i cui effetti collaterali si vedranno a distanza di anni per ammissione degli stessi fabbricatori.

Chi di spada ferisce …

Morta l’esperienza tutto si scopre vivendo, cioè sbagliando, in genere sulla pelle degli altri. E poco importa se chi esercita una professione in un certo ambito spesso sa poco anche della disciplina che pratica, in quanto sviscerando in modo ossessivo una branca della medesima gli manca il tempo di approfondire le altre parti. L’uno per cento che sa basta e avanza per garantirgli una brillante carriera.
Più in generale tutta l’attuale «scienziah» si accontenta di sostenere una presunta verità nella misura in cui le sue implicazioni garantiscono un tornaconto, solitamente di carattere economico. Siamo di fronte a un monumento al perbenismo e conformismo liberista. Mentre la Scienza con la «S» maiuscola, che da qualche parte esiste ancora, rappresenta una categoria dello spirito contenente il desiderio sincero di cercare oltre il grigiore dell’ufficialità, di elaborare ipotesi azzardate, tutte da dimostrare per la gioia del ricercatore.
Il passaggio in negativo è evidente, idem dicasi per il rischio di nuocere così facendo all’autorevolezza che il rigore scientifico nei secoli si è guadagnato sul campo. Ma i danni peggiori potrebbe riportarli lo scientismo stesso: come il Novecento si è preso la libertà di distruggere simboli e valori, basi culturali consolidate dall’esperienza e persino una religione (il cristianesimo), il nuovo millennio potrebbe prendere di mira proprio «sua santità la scienza».
A dispetto della propaganda il decantato Progresso, basato sulla crescita anziché sullo sviluppo, non è mai è stato quella cosa «intelligente» capace di rimediare ai propri errori. Un motivo in più per chiarire al più presto l’equivoco del progresso tecnico-scientifico inteso come progresso tout-court. Che bisogno c’è, dunque, di arrendersi davanti a uno scientismo paradigmatico che va imponendosi come un fenomeno «auto-evidente»? Non sarebbe meglio svincolare dalle grinfie di «una casta d’uomini oltremodo strani», per dirla ancora una volta con Ortega y Gasset, che si sentono dei super-uomini per il semplice fatto di avere approfondito un argomento tra mille altri?

La forza delle cose

Scrive Cartesio nel suo Discorso sul Metodo che la conoscenza incerta è una caratteristica dei periodi storici carenti delle virtù (calma, atarassia, placidezza) capaci di restituire all’uomo «tutti gli altri beni» (tranquillità, serenità, lucidità). Proprio in queste fasi si registra un aumento della paura, principalmente della malattia e della morte, crescono lo spaesamento, il senso di claustrofobia, la voglia di scappare chissà dove. Il caos regna sovrano.
Mi ricorda qualcosa, e probabilmente non solo a me. Tuttavia la Storia è una ruota che gira e non c’è stata epoca che non abbia preso ogni sua innovazione come oro colato, salvo ricredersi dopo una serie di fallimenti. Questo lascia supporre che prima o poi anche noi ci stancheremo dello scientismo dogmatista, un apparato totalmente cieco e sordo davanti ai principi che regolano il Cosmo, immemore dello stupore aristotelico per l’armonia del mondo, lontano dalla consapevolezza inebriante della sua sensatezza. Quindi, insensato.
La «scienziah» è un’anima in pena ossessionata dal breve termine, cioè dal risultato in soldoni. Ha una visione drammaticamente miope e assolutamente inadeguata delle cose, mostra un appetito insaziabile, è spregiudicata, praticamente assente di etica, possiede un potere immenso a fronte di capacità palesemente mediocri. Sebbene il suo difetto congenito sia più grave di tutti quelli citati messi insieme: non sarà mai appagante, perché concepisce l’uomo come un corpo teologico tendenzialmente muto.

 

Ricercatrice indipendente, scrittrice e saggista, Rita Remagnino proviene da una formazione di indirizzo politico-internazionale e si dedica da tempo agli studi storici e tradizionali. Ha scritto per cataloghi d’arte contemporanea e curato la pubblicazione di varie antologie poetiche tra cui “Velari” (ed. Con-Tatto), “Rane”, “Meridiana”, “L’uomo il pesce e l’elefante” (ed. Quaderni di Correnti). E’ stata fondatrice e redattrice della rivista “Correnti”. Ha pubblicato la raccolta di fiabe e leggende “Avventure impossibili di spiriti e spiritelli della natura” e il testo multimediale “Circolazione” (ed. Quaderni di Correnti), la graphic novel “Visionaria” (eBook version), il saggio “Cronache della Peste Nera” (ed. Caffè Filosofico Crema), lo studio “Un laboratorio per la città” (ed. CremAscolta), la raccolta di haiku “Il taccuino del viandante” (tiratura numerata indipendente), il romanzo “Il viaggio di Emma” (ed. Sefer Books). Ha vinto il Premio Divoc 2023 con il saggio “Il suicidio dell’Europa” (ed. Audax Editrice). Attualmente è impegnata in ricerche di antropogeografia della preistoria e scienza della civiltà.

4 Comments

  • Kami 28 Gennaio 2022

    Cito (nb la traduzione è mia) un grande Uomo di Scienza, Wilhelm Reich, le cui scoperte non avrebbero arricchito piccoli uomini meschini e pertanto sono finite nel dimenticatoio della Storia (anche se non tutti dimenticano).
    “Piccolo uomo, tu differisci da un grande Uomo solo per un aspetto: un grande Uomo è stato anch’esso, un tempo, un piccolo uomo, ma ha poi sviluppato una grande qualità: ha riconosciuto la piccolezza e l’ottusità dei suoi pensieri e delle sue azioni. Sotto pressione per via di qualche compito che significava molto per lui, ha imparato a vedere come le sue piccolezze, la sua meschinità, mettevano a repentaglio la sua felicità. In altre parole, un grande Uomo sa quando e come esso è un piccolo uomo. Un piccolo uomo non sa che è piccolo e ha paura di venirlo a scoprire. Nasconde la sua meschinità e i suoi limiti dietro all’illusione di forza e grandezza, la grandezza e la forza di qualcun’altro. È orgoglioso dei suoi valorosi generali, ma non di sè. Ammira un’idea che non ha partorito, non una che ha avuto. Meno capisce qualcosa, più ci crede fermamente. Più capisce un’idea, meno ci crede.” Un saluto Rita!

  • Rita Remagnino 28 Gennaio 2022

    Sono d’accordo, Kami: “un grande Uomo sa quando e come esso è un piccolo uomo”, così come la Scienza dovrebbe sapere che il dubbio è il suo principale punto di forza, il motore che la muove. Ma purtroppo lo scientismo dogmatico obbedisce ad altre regole, segue altre dinamiche (sic!).

    Un abbraccio.

  • Gianni 28 Gennaio 2022

    È come per la vista: se ti concentri su un punto perdi la visione generale.Se guardi lontano,panoramicamente, ti sfugge il particolare.I nostri pregiudizi faranno il resto.

  • Rita Remagnino 29 Gennaio 2022

    Proprio così, caro Gianni. Da secoli purtroppo abbiamo lasciato il macroscopico (il Grande Pensiero universale) per entrare nel microscopico (il Grande Oggetto), e così facendo ci siamo persi molti aspetti cruciali dell’esperienza, che adesso vorremmo compensare con le protesi macchiniche. Speriamo che la sbornia passi in fretta.

    Un caro saluto.

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