12 Aprile 2024
Arte Controstoria

LUIGI BOCCASILE detto Gi Bi o Fandor su “Papiol”. Emanuele Casalena

“Il gioioso cantar dei colori”

Il 3 ottobre si è concluso il Fashion week 2017 di Parigi, in passerella la haute couture soprattutto francese: Yves St. Laurent (retrospettiva), Chanel, Dior & C. Poco prima della kermesse francese, Milano aveva detto la sua, eccome, aprendo alla Moda sostenibile coniugata alla raffinatezza dei capi presentati dalle migliori maison. Una città magnetica Milano per l’arte in tutte le sue manifestazioni, capace, per il suo dinamismo di mercato, di creare opportunità per chi ha nel DNA talenti. Una Grande Mela ante litteram, ficcata nella testa a fiore d’ortensia dell’Italia, storicamente industriosa per la capacità di far circuitare idee d’avanguardia nella produzione, con un occhio di falco su quel ch’accade oltralpe, ma anche con l’orgoglio d’ esportare quanto di originale vi si fabbrica. Fu già così al tempo del raffinato gotico internazionale proseguendo, senza soluzione di continuità, fino ad oggi, media con politica compresi.

Per questa sua vocazione di città aperta Milan è un’ elettrocalamita anche per chi decide di avventurarsi  nel campo minato delle arti. Così era capitato all’irrequieto Boccioni, reggino di natali, o al romano Sironi (sassarese di nascita) e via tanti altri.

Gino Boccasile nasce in un dì rivoluzionario il 14 luglio del 1901 a Bari, a 17 anni lascerà la sua amata terra per sfidare la dea fortuna nella città Ambrosiana, siamo nel 1918. l’Europa è in guerra, la Belle Epoque è inghiottita dalle trincee, il giovanotto ha un occhio solo, il sinistro è bruciato da schizzo di calce a dodici anni, suo padre Angelantonio, vinaio prima agente di profumi poi, se n’è andato, la mamma Antonia s’è consolata in seconde nozze, i bilanci sono magri. Un casino insomma da cui uscire per cercar “la bella vita” oltre l’antica Barion greca, dietro si porta un diploma della Scuola d’Arti e Mestieri ma soprattutto il talento sicuro nel disegno già emerso nel corso dei suoi studi. Campicchia in una soffitta laboratorio dove crea statuine di gesso dipinte a mano rivendute per i mercatini, allestisce vetrine, svolge lavoretti occasionali, mangia come si dice “pà co’ pà” (pane con pane), però l’approdo delle sue qualità grafiche arriva: entra nello studio grafico Mauzan-Morzenti attivo dal ’24. Per inciso Achille Lucien Mauzan, francese di Gap, è stato un esponente di spicco della grafica pubblicitaria compresa la cartellonistica cinematografica. Le vetrine meneghine del fashion espongono i figurini disegnati dal giovane Gino, è un successo tra le sciòr dell’alta società milanese affascinate dallo stile liberty della sue creazioni, diremmo piuttosto dall’art deco in boccioli. Messi da tempo in soffitta i corpetti, la moda italiana resta ancorata alla haute couture d’oltralpe, le linee degli abiti canottiera sono morbide quanto essenziali, le gonne si accorciano fin sopra la caviglia, le spalline spalancano finestre sfacciate sulla schiene nude, tubini neri alla Chanel fasciano d’eros le silhoutte delle dame e poi cappellini su chiomette da maschiacci, collane che accarezzano l’ombelico, trucco da star del muto, sigaretta nel lungo bocchino. Sono gli “anni ruggenti” della ripresa, il charleston e il foxtrot impazzano nell’Europa contaminata dallo zio Sam, almeno fino alla Wall Street del ’29.

I modelli Boccasile disegnano la nuova donna italiana alla conquista della piena dignità del proprio ruolo in una società in grande ebollizione. Anche in questo senso va riletto il “disprezzo della donna” dei futuristi contro lo stereotipo dello svenevole, accorato sentimentalismo cucito sulla femmina italiana costretta nella gabbietta casa e chiesa del conformismo borghese. Audacia, indipendenza, dinamismo esistenziale, conquista dell’acciaio di contro a trine e merletti, questa è la nuova donna profetizzata da F. T. Marinetti. Gino a quella si rivolge coniugando modernità a riscatto senza spellare la buccia del fascino femmineo, anzi vestendolo in modo d’essere assai più intrigante.

Nello studio Mauzan-Morzenti conoscerà Franco Aloi con il quale fonderà in seguito l’Agenzia Pubblicitaria Acta alla Galleria del Corso, binomio vincente negli anni ’30, GiBi compone, l’amico mette sul tavolo le sue competenze in amministrazione.

La notorietà di questo figghìe d’ Bari non sfugge ad un corrispondente della Gazzetta del Mezzogiorno  che in una nota datato 13 giugno 1929, informava i baresi della scalata al successo del loro concittadino, soprattutto nel campo della moda definendolo, a ragione, “ arbitro delle eleganze figuriste della capitale lombarda “.

G. Boccasile, cartolina Fiera del Levante di bari, 1930

Non sempre perciò “ nemo profeta est in patria sua”, difatti  il neonato Ente Fiera del Levante di Bari, per la sua prima edizione internazionale del settembre 1930, gli commissiona una serie di Cartoline  illustrate per celebrare degnamente l’evento.

New York aveva Vogue, Parigi Moda, Milano risponde con riviste specializzate come  “Sovrana”, “l’Illustrazione”, “Fantasie d’Italia”, oltre alla mitica Lidel. Le cromolitografie di Gino ne invadono le pagine dettando lo stile nuovo della donna italiana nel vestire, accompagnandole alla lettura vorace di stuzzicanti racconti al femminile che lui illustra strizzando così l’occhio alla curiosità delle lettrici.

Questo principe della moda e della pubblicità  nel ’30 molla Milano per l’Argentina dove già dal ‘26 s’era trasferito il talento di A. Lucien Mauzan fondatore a Buenos Aires della Editorial affiches Mauzan che aveva ottenuto successo e riconoscimenti nel ramo della grafica. I due tornano a collaborare ma l’habitat argentino “non è cosa”, il Paese è in depressione economica sposata al golpismo militare, il rischio grosso è l’exit dal grande circuito d’idee sia nella moda che nella grafica. E poi…e poi, è tempo di metter su famiglia con la signorina Alma Corsi conosciuta durante il viaggio transoceanico d’andata, la sposerà a Milano, lei gli darà due figli. Un solo anno ha resistito a Buenos Aires, ritorno breve sotto la Madonnina poi rotta verso la Ville lumière, capitale della moda, dove Gi.Bi. disegna per la rivista Paris Tabou le sue procaci donnine nude! Lì si guadagna il consenso entusiasta della critica e del pubblico con una vernissage a lui dedicata. Poiché ama di tanto la pittura trova l’occasione  per esporre  due suoi dipinti al Salon des Indépendants il contraltare, dal 1884, dei paludati Salon dell’antica Accademia Reale di Francia.

Nel ’32 si ritorna a Milano, nello stesso anno Sironi firma il Manifesto della pittura murale, Giuseppe Terragni  il progetto della Casa del Fascio a Como, viene fondata Littoria nelle paludi bonificate, Boccasile e Aloi mettono in piedi l’Agenzia Acta che riscuoterà successi coniugati a grandi ricavi lavorando per Case editrici del calibro di Rizzoli e Mondadori ma anche per un’infinità di periodici tra cui citiamo il satirico Bertoldo. Siamo alle soglie dei natali della prima pin up della storia, anticipatrice di quel fenomeno anni ’40 che invase gli U.S.A. per tener su il morale dei soldati in guerra.

Qui ci conviene una parentesi breve sul binomio donna-fascismo, su questo tema già nel ’31 il Capo Ufficio Stampa della Presidenza del Consiglio Gaetano Polverelli dettava le linee guida della controriforma fascista sulla raffigurazione della donna italiana. Occorreva rappresentarla sana, bella, formosa in grado di produrre ed allevare figli in batteria. Via dalle riviste  illustrate le femmine magre, emaciate, borghesemente “emancipate”, dentro invece il modello della donna fascista pasionaria della rivoluzione in casa come in piazza, donna Rachele poteva esserne il prototipo morale.

Fu così che nel ’37 nascono, dall’incontro tra Cesare Zavattini e Gi.Bi. “Le Signorine Grandi Firme” per la quasi omonima rivista di moda e costume fondata da Dino Segre, in arte Pitigrilli, ceduta da questi al gruppo Mondadori.

Boccasile, copertina Grandi Firme, 1938

Le gonne s’ alzano al vento scoprendo gambe affusolate lunghe come autostrade, i seni traboccano dalle camicette attillate, il lato B sembra scolpito da Lisippo, ai fianchi la vita si strozza a mo’ di un’ape. Quella bellezza tutta mediterranea, solare, è così esplosiva da suscitare i sogni erotici della gioventù italiana. Le copertine erano tutte  da baciare quasi un’anticipazione di Play Boy perché quella “fidanzata d’Italia” mostrava generosa le sue grazie, troppo per il regime che doveva dar di conto anche alla morale cristiana. Gi.Bi disegnava la Signorina partendo dalle gambe, tornite, lunghe fino al balcone posteriore esplosivo, poi tutto il resto sono curve, avendo per modelle le ragazze dei tram o incontrate per strada o addirittura, come ci racconta, una mela cotogna. Il successo della pin up italica si meritò persino una canzone “ Signorina Grandi Firme “ di Giovanni D’Anzi e Alfredo Bracchi che all’ incipit fa così:

Noi vediam sempre sul giornale
Un tipino originale seducente ammaliator,
nato dal cervello di un artista
per la celebre rivista che nel mondo fa furor
e questa signorina ogni sabato mattina
si presenta nella fresca sua beltà…

Nel ’38 dopo 76 copertine alla nitroglicerina, sulle quali a volte la Signorina compare senza veli, il Partito decide la chiusura della rivista nonostante Mussolini fosse un suo lettore. Il contrasto, a parer nostro non era ideologico, ma dettato dal compromesso con l’area assai vasta del moralismo codino disturbato non poco da pubblicazioni pagane che esaltavano l’erotismo del corpo femminile.

Anche le storie che vi si narravano non erano in linea con l’ottimismo della rivoluzione. Il testimone lo raccoglieranno appunto gli Yankee trasferendo il sex symbol della Signorina nelle maggiorate a stelle e strisce della pubblicità come nel cinema della cougar Rita Hayworth.

Manifesto di Boccasile, 70×100, 1941
dopo la sconfitta all’Amba Alagi

Nel ’40 il Ministero della Guerra lo incarica di redigere manifesti di propaganda bellica,”era finito il gioioso cantare dei colori” come ebbe a dire Dino Villani. Gi.Bi cambia il suo registro, vanno in soffitta le sue signorine avvenenti, compaiono soldati in armi, forti come titani per dare sicurezza al popolo sugli esiti della Guerra lampo. All’ottimismo dell’esito finale, man mano, si sostituisce l’orgoglio tenace che non vuol cedere alla sconfitta, vedi il Manifesto “Ritorneremo!” stampato per celebrare, con rivalsa, l’eroica resistenza delle truppe italiane e dei fedelissimi ascari, al comando del Duca D’Aosta, sulla montagna dell’Amba Alagi nel maggio del  ‘41. A seguito della resa, con tanto di  onore delle armi, l’Italia venne mutilata del suo Corno d’Africa.

L’8 settembre del ’43 è ancor’oggi lo spartiacque  della Storia recente del Paese, una data aperta come una ferita mai volutamente suturata. Gi.Bi. aderisce alla R.S.I., viene insignito del grado di Tenente della 29ma Divisione granatieri delle SS italiane (29. Waffen Grenadier Division der SS ), il suo ruolo è sfornare manifesti di propaganda per promuovere la lotta di popolo contro le truppe d’invasione anglo-americane salvando l’onore della Patria. Pensate lui dipende dall’NP ( Nucleo Propaganda) il cui responsabile è Giorgio Almirante. Lavorerà da irriducibile fino all’ultimo giorno, quello della resa nell’aprile del ’45. Arrestato, carcerato con l’accusa di collaborazionismo con il nazismo, al processo che ne seguì venne assolto ma non dai nuovi padroni del vapore, schizzato come un untore di manzoniana memoria.

Riprende la sua attività di grafico nel ’46 firmando poi anche i primi manifesti del neonato M.S.I dove milita proprio quel repubblichino di Giorgio Almirante. Lavora all’estero dalla Svizzera alla Francia, per l’Editore Lisieux illustra “Teofilo il satiro” con tavole di sano erotismo porno.

Manifesto del Maggio di Bari
Con il logo di G. Boccasile

Nel ’47 apre una nuova Agenzia di grafica ricevendo commesse per campagne pubblicitarie a tutto campo. Con i suoi manifesti tappezza nuovamente l’Italia, un’altra Italia quella della ripresa economica avviata al suo boom nel ramo delle industrie leggere. Gi.Bi va dai dentifrici della Chlorodont al mitico formaggino della Mio, passando per l’amaro Ramazzotti, i pneumatici della Pirelli,i profumi Paglieri, le moto della Bianchi, lo schampoo, lo Yogurt, le calze sexy, i nudi erotici di Paris Tabou. Era intento ad illustrare il Decamerone di Boccaccio quando la morte lo sorprende a soli 51 per una broncopolmonite come il camerata, come lui irriducibile, Mario Sironi. Il lavoro lasciato incompiuto verrà terminato da altri, tra cui W. Molino, e pubblicato nel ’55 a tre anni dalla sua dipartita il  10 maggio del ’52.

Alla sua Bari lasciò per testamento grafico, nel ’51, il logo del Maggio barese, da una conchiglia nasce una rosa, lui che non lavorava per i posteri “ scusandomi col dire che non li conosco”.

 

 

Emanuele Casalena

Bibliografia

Boccasile G. (1981), Longanesi Ed., Milano

Harm Wulf, Arte/Centro Studi La Runa Online, Italiano, 2000

Il Secolo d’Italia, 10 maggio 2017

4 Comments

  • mario michele merlino 11 Ottobre 2017

    una rosa… come quella che si mostra fra i denti del teschio nello scudetto a braccio della xmas. lo stile nell’arte, lo stile nella vita.

  • mario michele merlino 11 Ottobre 2017

    una rosa… come quella che si mostra fra i denti del teschio nello scudetto a braccio della xmas. lo stile nell’arte, lo stile nella vita.

  • Ezra 12 Ottobre 2017

    Articolo bellissimo!
    Dimostrazione di come una passione possa far grande l’uomo.

  • Ezra 12 Ottobre 2017

    Articolo bellissimo!
    Dimostrazione di come una passione possa far grande l’uomo.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *