Riprendiamo il nostro cammino sulle tracce dell’eredità degli antenati dalla metà di ottobre, e vediamo cosa ha da offrici questo periodo. Cominciamo come al solito da “Ancient Origins”.
Partiamo da un articolo del 16 ottobre di Katy Darford che ci porta nell’antica Creta minoica. Come è noto, a Creta furono rinvenuti due tipi di scrittura che sono stati chiamati Lineare A e Lineare B. La Lineare B è stata decifrata già negli anni ’50, e è risultata essere una forma di greco arcaico, probabilmente usato dai Micenei che si impossessarono dell’isola con la caduta della civiltà minoica. La Lineare A ha finora restituito a qualsiasi tentativo di decifrazione. La Darford ci riferisce che, mentre finora è stata esaminata da archeologi e crittografi che non sono riusciti a venirne a capo, ultimamente, essa è stata studiata da un contabile britannico, Mark Cook che ha avanzato l’ipotesi che essa sarebbe una sorta di stenografia, inoltre la maggior parte dei testi ritrovati sarebbero documenti contabili, e molti dei segni finora interpretati come lettere sarebbero in realtà numeri. La soluzione del mistero è forse vicina.
Sempre il giorno 16 Aleksa Vuckovic ci parla di un episodio non molto noto del travagliato periodo della storia romana che portò dalla repubblica all’impero: la guerra di Sertorio. Dopo l’uccisione di Caio Mario e l’ascesa al potere di Silla, il generale mariano Sertorio di stanza in Spagna oppose una feroce resistenza al nuovo potere che si era insediato a Roma, con l’appoggio delle popolazioni iberiche, soprattutto dei Lusitani che, con una tattica di guerriglia, resero assai ardua e annosa alle legioni romane la riconquista della Penisola iberica.
Non basta, perché sempre il 16 Robbie Mitchell ci rievoca un altro episodio molto oscuro della storia romana: l’uccisione della madre Agrippina da parte dell’imperatore Nerone. Agrippina, ricorda Mitchell, era una donna forte e intrigante, aveva sedotto lo zio, Claudio, per assicurare l’adozione e la successione al trono del figlio, e si sospettava avesse fatto avvelenare Claudio per rendere questa successione più rapida. Nerone se ne sentiva oppresso, e si sbarazzò della madre appena gli fu possibile. Tuttavia, per i Romani il matricidio era un gravissimo atto sacrilego, e certamente contribuì non poco a inimicare a Nerone l’aristocrazia e la popolazione romana.
Il 17 Robbie Mitchell ci parla della fortificazione britannica dell’Età del Ferro di Maiden Castle. Qui è stata rinvenuta la sepoltura davvero anomala di un giovane uomo che è stato sepolto in posizione eretta. Si suppone si tratti dei resti della vittima di un sacrificio per consacrare le mura della fortezza. Sappiamo che la religione druidica includeva i sacrifici umani, ed è questa la ragione per cui i Romani fecero di tutto per estinguerla.
Sempre il 17 facciamo con Nathan Falde un tuffo nella preistoria profonda per parlare di una scoperta che lo stesso Falde definisce scioccante. Un team di ricercatori della Perelman School of Medicine dell’Università della Pennsylvania ha analizzato il DNA di resti neanderthaliani risalenti a 250.000 anni fa, e scoperto che esso presenta tracce di incrocio con sapiens anatomicamente moderni. Questo contrasta fortemente con la “teoria” dell’Out of Africa che sostiene che la nostra specie sarebbe uscita dal Continente Nero dove i neanderthaliani non hanno mai vissuto, non prima di 70 o al massimo 90.000 anni fa. Non si scappa, uomini anatomicamente moderni erano presenti in Eurasia almeno 150.000 anni prima. Cosa dobbiamo dire di una “teoria” che è smentita da ogni nuova scoperta e che continua a essere sostenuta, ma sarebbe più giusto dire imposta esclusivamente per motivi ideologici?
Il 18 Aleksa Vuckovic ci porta in Grecia. Qui, nei pressi dell’isola di Dokos nell’Egeo, a 60 miglia da Sparta, a una profondità tra i 15 e i 30 metri sono stati individuati i resti di un naufragio. Col tempo le strutture lignee sono scomparse, ma il carico, composta da anfore e vasi di terracotta rivela la presenza dell’imbarcazione. Cos’ha di particolare questo relitto rispetto ai moltissimi che costellano il Mediterraneo? Il vasellame recuperato ha permesso di datarlo a fra il 2700 e il 2200 avanti Cristo, il che ne fa il più antico relitto conosciuto al mondo.
In questa giornata del 18 ottobre sembra proprio che “Ancient Origins” ci presenti una botta di nuovi articoli. Ancora Robbie Mitchell ci porta a conoscere uno dei monumenti meno conosciuti dell’Inghilterra neolitica, le Rollright Stones del Warwickshire.
“I Rollright Stones comprendono tre gruppi distinti, ognuno con il suo carattere unico. Il cerchio di pietre centrale è conosciuto come The King’s Men, circondato dai Cavalieri Sussurranti, un gruppo di imponenti pietre erette. Dall’altra parte della strada, l’imponente Pietra del Re attira l’attenzione”.
Sahir ci porta poco distante, dall’altra parte della Manica, in Bretagna per parlarci di un altro reperto anch’esso di epoca neolitica. Se ricordate, ne avevamo parlato tempo addietro, la lastra di Saint-Belec, questa lastra, in origine una copertura tombale, è coperta di segni che sono apparsi misteriosi fino al momento in cui si è capito che si tratta di una mappa, una vera e propria rappresentazione topografica.
“Nei modelli accidentati della lastra, [i ricercatori] hanno individuato i fiumi e le montagne di Roudouallec, una regione della Bretagna situata a circa 310 miglia (500 chilometri) a ovest di Parigi”.
Si suppone che il defunto di cui la lastra era la pietra tombale, fosse un personaggio importante, signore della regione raffigurata. In ogni caso, si tratterebbe della più antica mappa conosciuta in Europa.
Torniamo a parlare del mondo romano con l’articolo di un collaboratore il cui nome, Mario Bartolini rivela l’evidente origine italiana. Esso è dedicato a uno dei periodi più cupi della storia dell’impero, quello dell’anarchia militare del III secolo, dal 250 al 270 dopo Cristo. In questo periodo si avvicendarono sul trono non meno di otto imperatori, e tutti fecero una fine violenta, spesso per mano delle loro stesse truppe. L’impero si trovò inoltre a respingere gli assalti dei Parti a est e dei Goti a nord e conobbe un’epidemia di peste.
Con Gary Manners torniamo nella Gran Bretagna dell’Età del Ferro. La storia dell’Isola inglese anteriore alla conquista romana è assai poco conosciuta e può riservare sorprese. Grazie a un appassionato metal detectorist siamo in grado di farvi ora una piccola aggiunta. Costui ha ritrovato una moneta d’oro che porta il nome di un sovrano britannico finora sconosciuto, ESUNERTOS, nome che significherebbe “potente come il dio Esos”, una divinità dei Britanni. Si suppone che Esunertos abbia regnato nell’Hampshire dove la moneta è stata ritrovata.
Passiamo al giorno 19, cominciando con un articolo di Sahir che ci parla del ritrovamento di quello che era forse un set di bigiotteria di una donna vissuta nella media Età del Bronzo, ossia circa il 1500 avanti Cristo, esso si compone di:
“Diversi dischi di gioielli a spillo (14 in totale), due anelli a spirale e oltre 100 minuscole perline d’ambra, all’incirca delle dimensioni di capocchie di spillo” che verosimilmente formavano una collana.
Il ritrovamento è avvenuto a Gottinga, ma attenzione, non la città tedesca, ma l’omonima località svizzera nel cantone di Turgovia.
Continuiamo a parlare di gioielli con Robbie Mitchell. All’incirca nella stessa epoca, ossia 3.500 anni fa in Grecia, vicino a Pilo, fu sepolto un guerriero miceneo oggi noto come il Guerriero del Grifone. Io vi ho già parlato di questo ritrovamento e della pietra minuziosamente scolpita ritrovata fra i suoi resti, che dimostra un’abilità artistica sorprendente per l’epoca, e che aveva forse la funzione di sigillo. Tuttavia, esaminando questa e altri gioielli rinvenuti nella sepoltura, i ricercatori si sono convinti che non fossero di fattura micenea ma minoica. Potrebbero essere il bottino di un saccheggio.
Il 20 ottobre Sahir si occupa di un ritrovamento abbastanza singolare. Nel nord della Spagna è stato scoperto un pozzo là dove sorgeva l’antico insediamento romano di Lucus Asturum. Nel pozzo sono stati rinvenuti vari reperti, fra cui il più notevole è probabilmente un sandalo perfettamente conservato che si pensa sia stato perso da un pulitore di pozzi. Le condizioni anaerobiche del fango del fondo del pozzo hanno permesso uno stato di conservazione ottimale.
In qualche modo simile è la notizia che ci da Johanna Gillian il giorno seguente, del rinvenimento qui in Italia, a Velia (Salerno), di un elmo greco del tipo corinzio, è il terzo che viene ritrovato in questa località che fa parte del parco archeologico del Cilento. Velia, l’antica Elea era una città importante in epoca preromana, qui nacque Parmenide, e fu la sede della scuola filosofica eleatica.
Sempre il 21 e sempre la Gillian ci racconta una storia curiosa circa il mondo romano. Probabilmente sapete che nell’antichità la porpora ricavata dal murice era rara e preziosa, migliaia di conchiglie dovevano essere usate per colorare un solo mantello, e divenne un simbolo di autorità e regalità, per questo motivo è ancora oggi il colore dei cardinali. Quello che probabilmente non sapete, è che le leggi romane, attente a preservare l’ordine sociale, ne riservavano l’uso alle élites, e a un cittadino comune che osasse indossare la porpora, poteva essere comminato l’esilio.
Il 24 Nathan Falde ci porta in Germania, precisamente a Lerchenauer Feld sobborgo di Monaco di Baviera. Qui gli archeologi dell’ufficio statale per la conservazione dei monumenti, hanno portato alla luce i resti di un intero villaggio celtico e di un successivo insediamento romano. Ricordiamo che nell’antichità la Germania meridionale e l’Austria erano terre celtiche.
Sempre il 24 Falde ci parla dell’uomo di Neanderthal. Sempre più ricercatori sono inclini a concludere che questo antico uomo che ci ha lasciato sorprendenti manifestazioni tecniche e artistiche, nonché una chiara impronta nel nostro DNA, non fosse un’altra specie umana, ma una varietà della nostra stessa specie.
Il 26 ottobre Aleksa Vuckovic ci parla di Mordred, il figlio di Artù frutto di una relazione incestuosa. Sulla base di antiche cronache, lui e le vicende che lo riguardano, come la battaglia di Camlann dove lui e il padre avrebbero trovato la morte, sembra non essere solo una figura leggendaria, ma avere una base storica.
Il 27 ottobre con Sahir torniamo a parlare del mondo romano. Foto satellitari spia risalenti ai tempi della Guerra Fredda in Irak e Siria, oggi declassificate, hanno rivelato la presenza delle tracce di ben 116 fortificazioni romane. Non c’è da stupirsene, considerando che questa per Roma era un’area “calda” per il confronto con i Parti e le scorrerie di tribù nomadi.
Lo stesso giorno abbiamo un articolo di Mario Bartolini che in realtà è la continuazione di quello precedente sul periodo dell’anarchia militare romana. Fino al 285, le cose non fecero che peggiorare, gli imperatori succedutisi su un trono sempre più traballante, e assassinati, salirono a 20, e l’impero cominciò a smembrarsi, con la formazione dell’impero delle Gallie a ovest, e quello di Palmira a est.
Il 28 ottobre Ashley Cowie ci segnala il ritrovamento a Holm nelle Orcadi di una tomba neolitica risalente a 5.000 anni fa. Si tratta di una sepoltura collettiva che ha restituito i resti di 14 persone, fra uomini, donne e bambini. Si tratta, ci dice Cowie, di un ritrovamento estremamente raro perché l’area ha subito in passato numerosi saccheggi.
Il giorno 30 torniamo in Italia con Gary Manners. A Este (Padova) è stato rinvenuto un giogo di legno dell’Età del Bronzo risalente a 3.300 anni fa. Poiché la conservazione di oggetti lignei risalenti a tempi così remoti è problematica, il suo recupero e la conservazione hanno richiesto otto anni di lavoro. Il giogo serviva probabilmente per aggiogare bovini. L’area estense era un tempo paludosa, e gli insediamenti erano principalmente palafitticoli.
Il 31 ottobre Caleb Strom ci parla del relitto di un altro naufragio individuato al largo di capo Gelidonya, ossia in quella parte dell’Egeo che oggi è turca. Un ritrovamento che ha molto in comune con quello di Dokos, a partire dal fatto che lo scafo della nave si è ormai dissolto, ma la sua posizione resta segnata dal carico composto da vasellame, pare sia un bel po’ più recente, risalendo “solo” al 1200 avanti Cristo, ma la sua particolarità è che dall’analisi del materiale recuperato sembra essersi trattato di una nave fenicia, il che ci segnala che quella parte del Mediterraneo era già allora un luogo di incontro fra culture e popoli diversi.
Vista la quantità imponente di materiale che ci ha fornito “Ancient Origins” nella seconda metà di ottobre, per evitare di creare un testo troppo chilometrico, rimando alla prossima volta l’analisi di ciò che hanno da fornirci gli altri siti, ma non posso fare a meno di citarvi alcuni eventi “nostri”.
Cominciamo al riguardo con il dire che la rivista spagnola di studi tradizionali “Mos Maiorum” ha pubblicato un nuovo articolo del nostro amico Michele Ruzzai, (vi cito il titolo in italiano), Tradizione primordiale e nord arcaico. Lo avete già letto su “Ereticamente” e fa parte di quel corposo Strade del nord di cui, in attesa di una pubblicazione cartacea, il nostro amico è disponibile a fornire il file a chiunque lo richieda. Innanzi tutto, complimenti a Michele, il cui lavoro sta sempre più assumendo una dimensione internazionale.
Vi devo dire però che il 20 ottobre, al momento di inserire la notizia di questa pubblicazione su “MANvantara” che è il gruppo facebook di Michele, ho dovuto farlo io per lui, perché il suo account era soggetto a restrizioni. Voi conoscete Michele, e sapete che non usa mai un linguaggio volgare né tanto meno offende qualcuno. Questa è un’ennesima riprova del doppiopesismo politico di Facebook che è tutt’altro che politicamente neutro.
Il 28 ottobre si è tenuto a Trieste presso la sede della Lega Nazionale di via Donota 2 il terzo convegno dell’associazione “L’Italia oltre i confini”, associazione sommamente benemerita che si ripropone di difendere l’italianità di quelle parti d’Italia sciaguratamente rimaste ad di fuori dei nostri confini nazionali: Nizza, Corsica, Malta, Canton Ticino, e ovviamente soprattutto le terre già italiane del confine orientale. Al convegno, sapientemente orchestrato dal presidente Dario Simonetti e dal segretario Luca Cancelliere, hanno partecipato il senatore Roberto Menia e il presidente della Lega Nazionale Paolo Sardos Albertini. Tutto ciò è molto interessante, ma – direte – cosa ha a che vedere con l’eredità ancestrale?
Il fatto è che nell’ambito del convegno c’è stato uno spazio in cui si è parlato del Triveneto dalla preistoria alla conquista romana, e indovinate chi è stato reclutato come esperto (lasciamo perdere) per sviscerare il tema? Il sottoscritto. Io non riporterò il testo del mio intervento su “Ereticamente” perché si è trattato di una parte della conferenza sullo stesso soggetto che avevo tenuto nel 2020 al festival celtico Triskell e che vi ho riportato già allora, vi posso dire però che il mio intervento è stato molto apprezzato e sono stato immediatamente “precettato” per l’anno prossimo.
Ora, a parte questi ultimi eventi, dove il risvolto politico è evidente, cosa possiamo dire del resto, visto che è questo che ci interessa, e non fare uno sfoggio di erudizione?
Innanzi tutto il discorso sulla storia romana. Abbiamo visto che “Ancient Origins” ce ne ha presentato gli aspetti più negativi, dalla guerra di Sertorio al matricidio di Nerone, ai due articoli di Mario Bartolini sul periodo dell’anarchia militare. Bisogna notare che nello stesso periodo su “Focus”, canale 35 è andata in onda una serie sulle battaglie dell’antichità che per quanto riguarda Roma era così suddivisa: 1. Canne, 2. Teutoburgo, 3. la caduta dell’impero romano. A me sembra palese che si voglia presentare un’immagine quanto più negativa possibile della romanità. Ma cosa vogliono farci credere, che Roma abbia costruito un impero che andava dalla Britannia alla Mesopotamia accumulando solo sconfitte?
Ma soprattutto è vero che ci sono stati imperatori folli e momenti di caos nell’arco della sua storia, ma se lo stato romano è durato oltre un millennio e per buona parte di esso ha conosciuto una costante espansione, è anche perché i popoli sottomessi finivano per riconoscere la superiore civiltà di cui Roma era portatrice. L’aggancio con la romanità, con un grandioso passato di cui non possiamo, in quanto italiani, che essere fieri, è un punto essenziale della nostra visione del mondo.
Un altro punto fondamentale riguarda la nostra origine come specie. Se i neanderthaliani hanno potuto incrociarsi in Europa con l’uomo anatomicamente moderno già 250.000 anni fa, vuol dire che esso era presente sul nostro continente almeno da allora, ben prima da quanto preveda l’Out Of Africa, senza considerare che sempre più ricercatori si vanno convincendo, in contrasto con essa, che lo stesso neanderthaliano era un Homo sapiens a tutti gli effetti.
Per quali motivi il potere che controlla i media e manipola la ricerca scientifica insiste a propinarci una visione falsata delle nostre origini, smentita a ogni nuova scoperta, non è affatto un mistero, per creare un clima favorevole alla sostituzione etnica, negando il concetto stesso di razza, e preparando la lenta morte dei popoli europei.
Orgoglio romano e orgoglio europeo, questi devono essere da principio i toni della nostra risposta.
NOTA: Nell’illustrazione, a sinistra immagine della directory che contiene gli articoli sull’antica Roma da “Ancient Origins”, al centro, sempre da “Ancient Origins” statua di Mordred, a destra copertina della rivista spagnola “Mos Maiorum” contenente l’articolo di Michele Ruzzai.
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