9 Aprile 2024
Archeostoria

L’eredità degli antenati, centoquarantunesima parte – Fabio Calabrese

Questo articolo si riferisce agli eventi della seconda metà di novembre 2023, ma la mia tabella di marcia mi avverte implacabile che esso non potrà comparire sulle pagine di “Ereticamente” prima del gennaio 2024.

A pensarci, non è un cattivo risultato. Anche se nel mezzo cade la separazione fra i due anni, si può vedere, per quanto riguarda la tempistica, una situazione nettamente migliorata rispetto a quella degli anni scorsi in cui, da un anno all’altro, mi sono portato “code” di tre o quattro mesi.

Nel momento in cui la “forbice” fra gli eventi citati e il momento della pubblicazione degli articoli è stata più ampia, ero arrivato a cinque mesi. Per ovviare a una situazione divenuta insostenibile, nel 2023 ho dedicato a L’ eredità degli antenati quasi per intero il mio spazio settimanale su “Ereticamente” nel corso del 2023.

Ora, si vede bene che questa situazione è ancora lontana dall’essere ideale, come invece sarebbe se non una narrazione “in tempo reale” chiaramente impossibile, una “forbice” ridotta a una o a un paio di settimane. Occorrerà lavorarci ancora su, ma sicuramente raggiungeremo l’obiettivo.

Per la stessa ragione, con l’eccezione di queste note, non vi presenterò, come ho fatto gli anni scorsi, un riepilogo dei più importanti eventi dell’annata trascorsa.

Cominciamo allora da “Ancient Origins” e partiamo da un articolo di Philip Kay Bujak del 16 novembre che ci porta dritto nell’antica Roma esaminando un documento importante della romanità, la lettera di Cicerone a Pomponio Attico, dove il celebre oratore esprime la sua visione del mondo.

“Un uomo può dire quante pecore o capre possiede, ma non quanti amici ha”. Quanto spesso persone che si credevano amiche non si rivelano affatto tali, si dimostrano pronte a voltarci le spalle a seconda delle circostanze. Sono parole a cui i due millenni intercorsi non hanno minimamente tolto validità.

Il 17 ci spostiamo in Germania ma rimaniamo in ambito romano, infatti abbiamo un articolo di Ashley Cowie che ci parla dell’accampamento romano di Haltern in Sassonia, nel nord-ovest dello stato tedesco, dove sono state ritrovate le fondamenta di due templi gemelli, una struttura insolita, perché raramente si trovano tracce di edifici di culto in un accampamento militare romano. La struttura fu realizzata da Druso ai tempi dell’impero di Augusto (31 a. C – 14 d. C).

Dal nord-ovest della Germania alla Danimarca in termini di chilometri la distanza non è molta, ma basta per spostarci in tutt’altro ambito. Un articolo di Robbie Mitchell del 18 ci parla del ritrovamento in una tomba del X secolo nella località danese di Fregerslev, di un ricco tesoro di gioielli vichinghi, si pensa appartenessero al mitico re danese Gorm il vecchio.

È sempre Robbie Mitchell il giorno seguente a darci la notizia del ritrovamento nella cava di Must Farm vicino a Peterborough, in Inghilterra di un rasoio dell’Età del Bronzo. Questo ritrovamento è importante perché ci dimostra che la cura per l’aspetto esisteva già allora e l’immagine che ci facciamo degli uomini preistorici come invariabilmente trasandati, è spesso falsa.

Abbiamo visto altre volte che l’uso dei droni sta rivoluzionando la ricerca archeologica, infatti dall’alto è possibile scorgere tracce che non si riesce a rilevare al suolo. Un articolo non firmato del 20 ci racconta che ricercatori dell’University College di Dublino, mediante l’analisi di foto scattate dai droni hanno individuato una vasta rete di fortezze collegate risalenti all’Età del Bronzo nei Carpazi meridionali, nell’area fra il Danubio e il Tibisco, ignoriamo però se i loro occupanti si radessero come i loro coevi britannici.

Sempre il giorno 20 Nathan Falde ci racconta che in Inghilterra, vicino al villaggio di Wymondham nella contea di Norfolk, un metal detectorist rimasto ignoto ha ritrovato una grande quantità di penny d’argento del XII secolo risalenti all’epoca di re Stefano nipote di Guglielmo il Conquistatore, il ritrovamento è insolito, perché i penny d’argento medioevali sono monete molto rare.

Il 21 siamo in Scozia con Robbie Mitchell. Qui James Dilley, esperto di archeologia preistorica che ha studiato le incisioni rupestri di Kilmartin Glen ha rilevato fra esse, oltre a simboli tradizionali, la raffigurazione di un gran numero di asce di rame. Ciò fa pensare che il possesso di questi strumenti fosse motivo di prestigio. E questi antichi scozzesi non avevano torto, l’uso dei metalli ha aperto una nuova pagina nella storia dell’umanità.

Sempre Robbie Mitchell lo stesso giorno ci porta a fare un tuffo nella preistoria profonda, conosciamo un uomo di Neanderthal i cui resti sono stati ritrovati nella grotta di Shanidar in Francia, e che è noto agli archeologi come Shanidar 1 o più familiarmente, Nandy. I suoi resti presentano una deformazione del cranio e una frattura al braccio destro, entrambe probabile conseguenza di una battuta di caccia finita male, cui è sopravvissuto, cosa che non sarebbe stata possibile senza l’assistenza degli altri membri della comunità cui apparteneva.

Torniamo a cose più vicine a noi. Quando parliamo di Roma, parliamo di qualcosa i segni della cui presenza possono trovarsi in qualsiasi angolo del Mediterraneo, infatti i nostri antenati romani hanno lasciato il segno dappertutto. Un articolo di Ashley Cowie del 23 ci parla della scoperta di oltre 2000 sigilli romani usati per validare documenti ufficiali, ritrovati nel sito turco di Doliche.

Chiaramente, però le maggiori tracce del mondo romano si trovano in Italia, e infatti, sempre il 23 abbiamo anche un articolo di Nathan Falde che parla dei ritrovamenti nel sito emiliano di Claterna di cui vi ho già detto le volte scorse, che hanno portato alla luce un’enorme quantità di monete e gemme romane.

Il 24 Ashley Cowie ci porta in Inghilterra, a Sutton Hoo nel Suffolk, che è stata la residenza degli ultimi re anglosassoni. Qui sono state appena messe in luce le tracce di un vasto tempio anglosassone precristiano.

Il 25 novembre, con Nathan Falde andiamo nella Spagna meridionale. Qui, in un sito noto come Casas del Turuñuelo appartenente alla cultura di Tartessos dell’Età del Ferro di 2.500 anni fa, sono stati ritrovati i resti dell’immolazione di un gran numero di animali: cavalli in gran parte, bovini, maiali e anche un cane. Sembra che il sacrificio di animali avesse una parte importante nella cultura di Tartessos.

Lo stesso giorno Robbie Mitchell si occupa del pantheon romano, che rimane un gioiello insuperato dell’architettura antica con soluzioni geniali come l’oculus, e che ha avuto un’influenza fondamentale sull’architettura successiva, rinascimentale, barocca e neoclassica.

Il 26 novembre Aleksa Vuckovic ci parla di Danebury Fort nell’Hampshire, una delle più imponenti fortezze collinari britanniche della tarda Età del Ferro, costruita attorno al 500 a. C., pare essere stata abitata fino al I secolo dopo Cristo.

Sempre il 26 parliamo di mitologia, infatti John Black ci racconta di uno dei più celebri miti dell’antica Grecia, quello di Giasone e degli argonauti. Ora non ve ne ripeterò la storia che dovrebbe essere notissima.

E’ poi la volta di Robbie Mitchell che ci pone un quesito: come hanno fatto gli uomini di Neanderthal a sopravvivere nel clima rigido dell’età glaciale 300.000 anni fa? In realtà la risposta non ha nulla di misterioso: le ben costruite lance rinvenute a Schoeningen in Germania ci rivelano che questi antichi uomini erano ottimi cacciatori, quindi in grado di rifornirsi di abbondanti proteine e pelli di animali.

Immagino che abbiate sempre sognato di poter fare un viaggio indietro nel tempo e passeggiare per le strade dell’antica Roma, beh, forse non vi trovereste tento bene come vi eravate immaginato, infatti un articolo di Robbie Mitchell del 27 novembre ci spiega che in età imperiale l’aria della Città Eterna era pesantemente inquinata di fuliggine a causa della grande quantità di fuochi richiesti dall’industria del vetro, che vi veniva prodotto per essere esportato in tutto l’impero.

Continuiamo a parlare di storia romana con un articolo di Miriam Kamil sempre del 27. Uno dei momenti più tragici di essa fu certamente il 68 dopo Cristo, l’anno dei quattro imperatori. L’uccisione di Nerone creò un vuoto di potere che quattro imperatori cercarono di colmare contendendosi il potere on la forza delle armi: Galba, Otone, Vitellio e Vespasiano. Come sappiamo, prevalse Vespasiano, dando inizio alla breve dinastia Flavia.

Sempre il 27, l’esperto di storia romana Mario Bartolini analizza le cause della caduta dell’impero romano d’occidente, ma anche qui non emergono grosse novità rispetto a quanto sapessimo già: la comparsa degli Unni costrinse i Germani riversarsi in massa entro i confini dell’impero e la situazione divenne presto ingovernabile.

Come sappiamo da altre fonti, a rendere la situazione ancora più difficile contribuì anche il fatto che i Germani disponevano di armi di qualità migliore di quelle delle legioni romane. Guarda caso, il 29 novembre abbiamo un articolo di Gary Manners che si riferisce a un periodo anteriore, l’Età del Bronzo, e tuttavia ci attesta come fra i Germani fosse radicata una buona tradizione nella metallurgia. A Mirow nel Meclemburgo-Pomerania anteriore è stata rinvenuta una vasta collezione di spade di bronzo risalente a 3.000 anni fa. Mirow, per di più, si trova vicino a Tollense, dove sono stati rinvenuti i resti di una delle più feroci battaglie di età preistorica di cui si abbia notizia, ed era forse il deposito di una delle due fazioni. Nello stesso articolo Manners menziona il fatto che sempre a Mirow è stata rinvenuta un’urna contenente 6000 monete d’argento, che però risalgono all’XI secolo.

Rimaniamo in Germania per parlare di una delle più sorprendenti sepolture preistoriche che vi sono state scoperte. Un articolo di Nathan Falde del 30 ci parla dello “sciamano di Bad Dürrenberg” i cui resti furono rinvenuti già negli anni ’30 in questa località della Germania meridionale e risalgono a circa 9.000 anni fa. Il vasto corredo funebre trovato con lo scheletro ha fatto pensare che si trattasse di uno sciamano. Solo in un secondo tempo, ci si è accorti che “lo sciamano” era in realtà una sciamana. Strano, nell’articolo c’è una foto dello scheletro, oggi conservato al museo di Halle, e si vede bene il bacino femminile. Accanto ai resti della donna sono stati trovati quelli di un neonato. Recentemente l’analisi genetica ha dimostrato che i due erano imparentati, ma piuttosto alla lontana, il bambino era probabilmente un nipote o un pronipote della sciamana. Dato che la donna è morta quando aveva meno di quarant’anni, il bambino deve esserle stato sepolto accanto parecchio tempo dopo. Questo ci dice molte cose sulla gente che viveva in quell’area, la continuità di insediamento e la forza dei legami familiari attraverso le generazioni.

Vediamo adesso cosa ci offre in questo periodo “Ancient Pages”. La pubblicazione di Jan Bartek ha dimostrato di avere i numeri per fare concorrenza ad “Ancient Origins”.

Stranamente, parliamo il 16 novembre di un’altra sepoltura, non così antica come quella della sciamana, risalente a un migliaio di anni fa, ritrovata anch’essa in Germania, precisamente a Helfta, vicino a Eisleben. Sfortunatamente, l’articolo non ci dà molti dettagli sul corredo funebre, si limita a dirci che “Tutto indica che l’uomo e la donna sepolti nella tomba erano estremamente ricchi.”.

Un articolo di Conny Acque del 21 ci riporta la notizia di cui vi ho già parlato riguardo ad “Ancient Origins” delle megastrutture preistoriche che l’University College di Dublino avrebbe individuato nell’Europa centrale analizzando le foto scattate dai droni, e ora non mi ripeto.

Il 27 novembre si torna a parlare di neanderthaliani. Uno dei ritrovamenti più famosi è quello dell’uomo di La Ferrassie i cui resti furono rinvenuti, appunto, nel riparo roccioso di La Ferrassie nella regione francese della Dordogna assieme a quelli di una donna e alcuni bambini, i loro corpi paiono essere stati oggetto di sepolture intenzionali. L’uomo sarebbe morto attorno ai cinquant’anni, età avanzata per quel tempo, e le sue ossa presentano i segni di varie fratture avvenute nel corso della vita.

Qui vale lo stesso discorso che abbiamo visto a proposito del ragazzo di Shanidar. Nell’ambiente naturale, per un animale, la frattura di un arto che lo limita nella ricerca di cibo e soprattutto lo rende un bersaglio facile per i predatori, è una condanna a morte. Se quest’uomo ha potuto sopravvivere, significa che poteva contare su un valido sostegno della propria comunità.

Come “Ancient Origins”, anche “Ancient Pages” dedica spazio alla mitologia, in particolare quella greca. Il 30 novembre abbiamo un articolo di A. Sutherland dedicato alla leggenda di re Mida, anch’essa dovrebbe essere da noi sufficientemente nota per potermi esimere qui dal riassumerla.

Tuttavia vale la pena di notare che, mentre le leggende classiche come quella degli Argonauti e del vello d’oro e quella di re Mida da noi dovrebbero essere patrimonio comune delle persone mediamente colte, per il pubblico di lingua inglese a cui si rivolgono in prima battuta “Ancient Origins” e “Ancient Pages”, probabilmente lo sono molto meno.

Per il resto, come al solito “Ancient Pages” dà ampio spazio ad articoli di fisica, di cosmologia, di paleontologia, interessantissimi, per carità, ma che non rientrano nel nostro campo.

Per non appesantire troppo l’articolo, sarà meglio rimandare alla prossima volta l’esame su ciò che hanno da offrirci in questo periodo gli altri siti e i media generalisti.

Prima di prendere congedo, però, ancora una volta, sarà il caso di evidenziare gli elementi emersi che risultano rilevanti per la nostra concezione del mondo, anche se ho un certo timore di essere ripetitivo.

Non ho difficoltà ad ammettere di aver operato una selezione degli argomenti, concentrandomi sull’archeologia europea, escludendo ciò che riguarda, ad esempio l’antica Cina, l’America precolombiana, ma non noi, tuttavia, sia pure rimanendo in ambito europeo, rileviamo dalle pagine di “Ancient Origins” che l’antica Roma è sempre la stella di prima grandezza della ricerca storica e archeologica, e questo non lo si desume da informazioni che vengono dall’Italia, che per quanto riguarda l’antichità, difficilmente potrebbero riferirsi ad altro, ma da un sito straniero.

Ovviamente, la ricerca storica si concentra sui periodi di crisi, come l’anno dei quattro imperatori, l’anarchia militare, la caduta dell’impero, è il solito vecchio discorso dell’albero che cade che fa più rumore della foresta che cresce, ma non dobbiamo dimenticare che se lo stato romano è durato circa un millennio, è stato perché perlopiù ha offerto alle popolazioni che vivevano all’interno dei suoi confini una civiltà superiore e migliori condizioni di vita.

È strano e disdicevole – per non dire altro – che i nostri connazionali siano così poco consapevoli e tanto meno fieri di essere gli eredi della più grande civiltà del mondo antico.

Un altro punto che ci impone di riflettere: dai resti della reggia di re Gorm alle spade ritrovate a Mirow, alla sepoltura della sciamana di Bad Dürrenberg, abbiamo visto un discreto numero di ritrovamenti che riguardano la Germania. Forse è davvero arrivato il momento di cominciare a rivedere lo stereotipo degli antichi Germani come barbari primitivi.

Parliamo dell’uomo di Neanderthal. Abbiamo visto che questo antico uomo, come ci attestano i ritrovamenti di Shanidar e di La Ferrassie, si prendeva cura dei suoi simili in difficoltà e seppelliva i suoi morti, le lance di Schoeningen ci attestano che era anche un eccellente cacciatore, e fu in grado di mettere in atto strategie che gli permisero di sopravvivere e prosperare nel clima rigido dell’età glaciale.

Sappiamo cosa rende riluttanti a riconoscere il fatto che si trattava di un uomo come noi, il persistente dogma africano-centrico.

Ma noi siamo eretici, non crediamo ai dogmi, e riconosciamo nell’Europa la nostra vera madre.

 

NOTA: Nell’illustrazione, i resti della fortificazione dell’Età del Ferro di Danebury Fort nell’Hampshire (da “Ancient Origins”).

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