12 Aprile 2024
Arte Ermetica

La Geometria nell’Arte – Gaetano Barbella

 

 

Didattica per studenti di matematica

«Per essere veramente immortale un’opera d’arte deve uscire completamente dai limiti dell’umano: in essa il buon senso e la logica mancheranno del tutto. In tal modo l’opera si avvicinerà al sogno e anche alla mentalità infantile.».

(G. de Chirico, Il senso del presagio in Metafisica a cura di E. Coen, Electa Mondadori, 2003, p. 52)

Questo detto, permette di capire quali siano le migliori condizioni intellettuali di chi si accinge a visitare templi d’arte come quelli in proposizione, La battaglia degli angeli (1498), e San Michele sconfigge il drago (1498), due xilografie[1] di Albrecht Dürer, che, in relazione al tema della didattica dello studente di questo saggio, la prima può rappresentare la battaglia nella sua mente (il “cielo”) per sgomberarla dall’ignoranza, e la seconda per predisporre il suo corpo (la “terra”) alla disciplina dello studio.

Per certi versi la condizione di infantilità unita al sogno, cui allude Giorgio de Chirico, è quella che più s’accosta al giovane studente e non tanto all’adulto. Se poi, all’infantilità si aggiunge il divertimento, argomento del prossimo capitolo, è cosa fatta per entrare nei due suddetti temi proposti.

1 Il divertimento e lo “yoga” mentale nella matematica

Il divertimento è utile ai giovani studenti, nell’affrontare temi di matematica in genere, ed è illuminante una frase di Martin Gardner, il decano dei divulgatori di matematica, che ne teneva in gran conto, rivolgendola ai docenti. È questa: «Un insegnante di matematica, indipendentemente da quanto ami la sua materia e da quanto vigore metta nel suo desiderio di comunicarla, deve sempre affrontare una difficoltà soverchiante: come tenere svegli gli studenti. Mi è sempre sembrato che il modo migliore per rendere interessante la matematica agli studenti e ai profani sia quello di accostarvisi con uno spirito giocoso. Sta di fatto che il miglior modo di tener sveglio uno studente è presentargli giochi matematici interessanti, enigmi, trucchi, battute, paradossi, modelli, limerick o una qualsiasi delle centinaia di cose che gli insegnanti ottusi tendono a evitare perché paiono loro frivole»[2].

I buoni insegnanti in cerca di ispirazione – dice Brian Butterworth nel suo libro Intelligenza matematica –, ne sono certo, si rivolgono da trent’anni alla rubrica che Gardner tiene regolarmente su Scientific American. Purtroppo non esistono ricerche scientifiche sistematiche sul valore del divertimento in matematica.

Osservando l’intera gamma di competenze, risulta che la chiave per diventare bravi in qualcosa è l’esercizio riflessivo (ossia attento, ponderato e in genere solitario) – ore, giorni, anni. Che voi siate un musicista o un matematico, il migliore fattore predittivo di successo, e spesso anche l’unico, è la quantità di ore così trascorse. […] I migliori violinisti del conservatorio di Berlino, quelli che hanno più probabilità di diventare acclamati solisti, si esercitavano per 24 ore la settimana, mentre quelli destinati all’insegnamento continuavano a esercitarsi per 24 ore la settimana. Il modo migliore per indurre qualcuno, specie se giovane, è assicurasi che ne tragga piacere. Sentirsi ansiosi e insicuri per non dire annoiati, di certo non aiuta[3].

 

 

2 Curiosità sulla memoria

Martin Gardner – aggiunge Brian Butterworth, sempre nel suo libro Intelligenga Matematica –, nella sua elegante analisi dei trucchi del mestiere dei prodigi del calcolo, racconta come Aitken[4], forse il massimo genio del calcolo di questo secolo, usasse questa formula per trovare il quadrato di 777[5]. Anche in questo caso aggiungeva un piccolo numero, 23, per fare diventare 777 un numero con degli zeri. Ovviamente Aitken aveva anche imparato a memoria tutti i quadrati fino a 100, perciò trovare il quadrato di 23 gli era facile come trovare il quadrato di 4 lo sarebbe per noi.

 

777² = [(777 + 23) x (777 – 23)] + 23²;

777²= (800 x 754) + 529;

777² = 603.200 + 529;

777² = 603.729.

 

Facile, no? basta saperlo[6].

3 La geometria del 7 nell’arte di Albrecht Dűrer

Punti di partenza o Starting Points sono le situazioni dalle quali partire per fare matematica e per questo scritto l’apparente prodigio di 777² di Lexander Aitken di poc’anzi, costituisce un interessante punto di partenza. Starting Points è il titolo di un libro che è stato uno dei più importanti punti di riferimento per l’insegnamento della matematica negli anni settanta, pubblicato dalla Oxford University Press nel 1972, autori Colin Banwell, Ken Saunders e Dick Tahta[7]. Naturalmente sarà una prova all’insegna del divertimento impostato al pari di un gioco, come suggerisce d’altronde Martin Gardner, (ma la matematica e così pure la geometria, sono un gioco). E per far questo saranno due opere d’arte di un famoso pittore e incisore tedesco, Albrecht Dűrer, a permetterci di fare delle osservazioni di ordine geometrico per entrare nei temi relativi da lui impostati in modo grafico. Gli artisti del Rinascimento, nell’appressarsi a concepire un’opera pittorica, usavano allestire un telaio strutturale che successivamente veniva ricoperto con la rappresentazione pittorica.

Albrecht Dürer, è uno degli artisti più grandi di tutti i tempi, «paragonabile solo a Leonardo per intelligenza e vastità di impresa», commenta il noto prof. Vittorio Sgarbi, in un convegno a Segonzano di Val di Cembra il 7 marzo 2015. È vero, detto poi da lui, ci si può credere, accademia alla mano. Dürer era abile nel concepire vere “equazioni” geometriche per dar forza alle trame espresse dalle sue opere ed è in questo senso che mi adopererò per farne mostra. Ma da dove gli veniva questa dote?

Di qui, giusto un incerto punto nodale a ritroso nel tempo, l’episodio fatale della morte, nel 1528, verso cui egli si approssimava, amareggiato dall’incalzare di eventi violenti come la rivolta contadina e le imponenti tensioni sociali. L’artista, di qui in poi, è come se cominciasse ad abbandonare l’attrazione per la pittura per dedicarsi alla realizzazione e illustrazione di trattati didattici. Ecco il punto dove volevo arrivare per legare questo scritto dedicato agli studenti, appunto, alla geometria.

Albrecht Dűrer (Norimberga, 21 maggio 1471 – Norimberga, 6 aprile 1528), figlio di un ungherese, viene considerato il massimo esponente della pittura tedesca rinascimentale. Egli fu un grandissimo incisore e la sua fama, come già accennato, è dovuta anche ai suoi studi e alle sue ricerche a carattere scientifico soprattutto in campi come la geometria, la prospettiva, l’antropometria e l’astronomia, quest’ultima testimoniata da una celebre carta celeste con polo eclittico.

Fortemente influenzato dagli studi di Leonardo da Vinci, Dürer concepì l’idea di un trattato sulla pittura intitolato Underricht der Malerei con il quale intendeva fornire ai giovani pittori tutte le nozioni che egli aveva potuto acquisire grazie alla sua esperienza di ricerca, ma, come già detto, non riuscì però nell’intento che si era inizialmente prefissato. Nondimeno i suoi scritti ebbero molta importanza per la formazione del linguaggio scientifico tedesco, e alcuni trattati sulle prospettive e sulle proporzioni scientifiche del corpo umano risultarono utili ai cadetti pittori dell’epoca[8]. Cioè il Trattato di geometria nel 1525, nel 1527 un Trattato sulle fortificazioni e sulle mura capaci di resistere alle armi da fuoco; e nel 1528, lo studio della simmetria e le proporzioni del corpo umano. Ecco, ho mostrato presumibilmente giusto quella geometria da lui concepita nelle sue opere d’arte che si delineava per vie interne per accompagnarlo a quel luogo fatale delle morte. E forse quei “Trattati” anzidetti potevano essere solo il progetto di un sogno che, materialmente non doveva essere portato al suo termine, al pari della sua opera di artista. Questo poteva bastare per ciò che cercava per colmare la sua spinta interiore, tanto da dover lasciare incompiuto il quarto dei trattati pensati da lui, forse il più ambizioso dedicato all’arte.

Durante il soggiorno nei Paesi Bassi, Dürer volle recarsi personalmente in Zelanda per vedere lo scheletro di una balena ivi arenatasi. Non la trovò, poiché il mare se l’era già portata via, inoltre durante questo viaggio l’artista fu colpito da una grave forma di malaria che, mal curata, non l’abbandonò più. Ecco, secondo me, un velato presagio per legare lo scheletro della balena alla geometria strutturale che allestiva prima di eseguire le sue opere d’arte, come a far svanire in Dürer la possibilità di eseguire, appunto, il trattato dedicato all’arte, paragonabile alla balena scomparsa nel mare. La salute di Dürer non si riprende più ed il 6 aprile 1528, muore nella sua casa di Norimberga.[9]

Si è capito, a questo punto, quanto amore, Albrecht Dűrer, avesse per la geometria, e perché ho scelto di stare, come dire, a “questo gioco”, per concepire il presente lavoro, con l’intento di trasmettere ai giovani la forza che lui traeva da essa, per costituire il soppalco strutturale delle sue opere. Come a significare, per “farle stare in piedi”–, meglio ancora per farle vivere in eterno. Ma è così in genere per quasi tutti gli artisti del suo tempo.

Col prossimo capitolo cominceremo da una delle xilografie della serie di opere che  Dűrer ha eseguito nel 1498, ispirato da scenari dell’Apocalisse di Giovanni evangelista, cioè quella intitolata La battaglia degli angeli. Seguirà a questa, come già detto, l’opera San Michele sconfigge il drago.

 

 

 

 

4 La battaglia degli angeli (1498)

4.1 Apocalisse di Giovanni 9:13-21

Illustrazione 1: Albrecht Dűrer, La battaglia degli angeli, 1498.

13 Il sesto angelo suonò la tromba. Allora udii una voce dai lati dell’altare d’oro che si trova dinanzi a Dio.

14 E diceva al sesto angelo che aveva la tromba: «Sciogli i quattro angeli incatenati sul gran fiume Eufràte».

15 Furono sciolti i quattro angeli pronti per l’ora, il giorno, il mese e l’anno per sterminare un terzo dell’umanità.

16 Il numero delle truppe di cavalleria era duecento milioni; ne intesi il numero.

17 Così mi apparvero i cavalli e i cavalieri: questi avevano corazze di fuoco, di giacinto, di zolfo. Le teste dei cavalli erano come le teste dei leoni e dalla loro bocca usciva fuoco, fumo e zolfo.

18 Da questo triplice flagello, dal fuoco, dal fumo e dallo zolfo che usciva dalla loro bocca, fu ucciso un terzo dell’umanità.

19 La potenza dei cavalli infatti sta nella loro bocca e nelle loro code; le loro code sono simili a serpenti, hanno teste e con esse nuociono.

20 Il resto dell’umanità che non perì a causa di questi flagelli, non rinunziò alle opere delle sue mani; non cessò di prestar culto ai demòni e agli idoli d’oro, d’argento, di bronzo, di pietra e di legno, che non possono né vedere, né udire, né camminare;

21 non rinunziò nemmeno agli omicidi, né alle stregonerie, né alla fornicazione, né alle ruberie.

Illustrazione 2: Albrecht Dűrer, La battaglia degli angeli, 1498.

4.2 La geometria dell’eptagramma, il numero 7

Naturalmente non mi soffermerò sulla esegesi del capitolo dell’Apocalisse appena descritto, che già col numero dei relativi versetti, 21, porta per 3 volte al 7, ma è d’uopo spiegare il tema geometrico in proposizione, che, presumibilmente Albrecht Dűrer deve aver tradotto in una sua geometria per far aderire il suo lavoro grafico a quel che viene descritto nel testo sopra riportato.

È stato anticipato in anteprima il tema del numero 7, ma esso non sembra apparire chiaramente nella descrizione della suddetto passo dell’Apocalisse 9:13-21, che invece si riferisce al numero 6 che lo precede, e che si riferisce al sesto angelo della tromba. Tuttavia il 7 implicitamente è occulto ma, nel versetto 15, sono menzionati quattro terribili angeli che stermineranno un terzo dell’umanità: di qui la loro somma che è sette, ed è così che si spiega l’arcano. Questi quattro angeli, Dűrer si limita a rappresentarli sotto l’altare, cosa che aderisce alla descrizione del trafiletto 17 dell’Apocalisse giovannea. Ma poi in basso, ciò che è posto in primo piano, inquadra lo scenario cruento della battaglia dello sterminio, con gli analoghi quattro angeli che compaiono diversi, come vitalizzati, ma sempre di aspetto impressionante da incutere spavento. Il nuovo quadro si distacca da quello in alto che sembra visto da lontano, pur destando l’analogo terrore di morte, perché il Dűrer sviluppa proprio con essi la geometria per rappresentare metafisicamente il numero 7, il 4 e il 3 e per questo sono le loro spade che svolgono queste “operazioni matematiche” espresse, per così dire, in gergo cabalistico. Come di un “parlare” numerico nascosto, cosa in voga fra gli antichi iniziati, un certo “mistero” perché resti celato al volgo. Ecco la rappresentazione scenica, i cui effetti sembrano rientrare nel detto di Giorgio de Chirico, citato all’inizio in premessa: «Per essere veramente immortale un’opera d’arte deve uscire completamente dai limiti dell’umano: in essa il buon senso e la logica mancheranno del tutto. In tal modo l’opera si avvicinerà al sogno e anche alla mentalità infantile.». Ma è una cosa d’altri tempi che oggi non sembra di aver più l’antica valenza teosofica, tuttavia piace ai giovani, giusto per divertirli, se non altro, stuzzicati da questo genere di presunti segreti. Dunque mettiamoci a giocare alla “geometria cabalistica”, giusto per far colpo su di loro, ma c’è sempre qualche adulto che fa capolino.

Con l’illustr. 2 comincio col mostrare la prima tavola del quadro xilografico di Dűrer dell’illustr. 1, che ho sviluppato per far capire come si configura il numero 7, e queste di seguito sono le operazioni grafiche:

  1. Si traccia l’asse verticale yy che passa per il centro dell’altare e per il punto O che è la guglia di una chiesa ma è anche indicata dalla direttrice della spada OA. E successivamente si traccia anche l’asse orizzontale passante per O.
  2. Si traccia il cerchio passante per A con centro in O. Successivamente si traccia la direttrice CD della seconda spada segnata in rosa come la precedente.
  3. Nel punto E si esegue un cerchio in tangenza puntando il compasso in O.
  4. A questo punto è possibile disegnare l’eptagramma segnato in giallo, tracciando le relative 7 corde in tangenza con il cerchio interno e gli estremi sul cerchio esterno. E così il numero 7 è trovato.
  5. Albrecht Dűrer non si è accontentato di questa configurazione, perché con la retta AB, tangente al cerchio interno, ha voluto indicare, con le due trombe contrapposte fra loro, da questa segnalata, la corrispondenza con la contrapposizione delle due spade OA e l’altra sulla direttrice CD.
Illustrazione 3: Albrecht Dűrer, La battaglia degli angeli, 1498. Geometria del quadrato, il quattro.

4.3 La geometria del quadrato, il numero 4.

In precedenza, con la direttrice AB, che parte dal pomolo dell’elsa della spada OA e diretta alle estremità delle due trombe contrapposte a sinistra, in mano a Dio assiso ieraticamente sull’altare, abbiamo potuto individuare contemporaneamente i due cerchi relativi all’eptagramma. Adesso, seguendo l’illustr. 3, con la seconda direttrice ON, che parte dal centro del quadro e confluisce alla mano dell’assiso che tiene altre due trombe e che, al contrario di quelle precedenti, sono incrociate. Di qui, tracciando la retta passante per i pomoli F e G delle altre due spade a sinistra, che sono incrociate similmente alle trombe appena citate, riscontriamo che essa è parallela alla direttrice ON, poco prima tracciata. Sarà poi, il cerchio tangente alla retta FG a dar luogo al quadrato 1’, 2’, 3’ e 4’, ponendolo in relazione al cerchio passante per A del pomolo della spada OA, come si vede nell’illustr. 3. Tutto questo, previo il prolungamento della retta FG ai relativi due estremi per intersecare il cerchio esterno e individuare il primo lato 1’4’ del quadrato in questione. E così il numero quattro si è rivelato secondo l’intenzione di Albrecht Dűrer.

Illustrazione 4: Albrecht Dűrer, La battaglia degli angeli, 1498. Geometria del triangolo equilatero, il tre.

4.4 La geometria del triangolo equilatero, il numero 3

Resta da individuare il numero 3 per completare la serie dei numeri relativi al numero 7 di partenza e per questo teniamo per buono la geometria iniziale dell’illustr. 2, con la quale abbiamo rintracciato il numero 7. Cioè il cerchio passante per A, il pomolo della spada OA, e il cerchio tangente alla direttrice CD della seconda spada che fa coppia con quella anzidetta. Ora si tiene da conto l’estremità P di una delle spade opposte, che sono incrociate, e per essa facciamo passare un terzo cerchio che passa anche per Q, il punto di incrocio delle spade anzidette. A questo punto il lavoro geometrico è fatto per individuare il triangolo equilatero con i vertici 1’’, 2’’ e 3’’ e ci accorgiamo che uno di questi vertici, il 2’’, è posto sulla spada OA. Tutto questo per dar ampia illuminazione sul triangolo equilatero appena configurato, e il numero tre di conseguenza. Ma il tema della geometria sul quadro della battaglia degli angeli non si esaurisce qui, perché ci si domanda che funzione ha l’angelo sulla sinistra in alto, che sembra stare lì a osservare lo svolgersi della battaglia in corso, appunto? E poi resta da capire in che modo geometrico si rivela la presenza dell’angelo della tromba, che è il sesto, secondo l’Apocalisse di Giovanni, cioè quello posto alla destra in alto?

Illustrazione 5: Albrecht Dűrer, La battaglia degli angeli, 1498.

4.5 La geometria dell’esagramma, il numero 6

Congiungendo il punto 6’’,del cerchio tangente alla direttrice DC della spada dell’angelo di destra, con R e di seguito S, della tromba dell’angelo che la sta suonando, il sesto, e successivamente in prosieguo con l’estremità della sua ala, si delinea il primo lato del secondo triangolo equilatero capovolto rispetto all’altro 1’-2’-3’. E così si ottiene la configurazione dell’esagramma 1’’-2’’-3’’-4’’-5’’-6’’, e quindi il ricercato numero 6 del sesto angelo.

È interessante il ricorso alla configurazione dell’ala dell’angelo in una posizione decisamente anomala, poiché  Dűrer avrebbe dovuto disporla in simmetria con l’altra di sinistra. Questo dimostra che egli intendeva, in tal modo (“cabalistico”), condurre l’osservatore a intuire il segno geometrico da lui predisposto come appena finito di spiegare.

4.6 Chi è l’angelo in alto a sinistra?

Illustrazione 6: Albrecht Dűrer, La battaglia degli angeli, 1498. Individuazione del quinto angelo della tromba.

Come già detto in precedenza, si è perplessi nel non riuscire, a prima vista, a capire la ragione della presenza dell’angelo in alto ma a sinistra e in che modo si spiega attraverso la geometria composita.

Con l’illustr. 6 che segue, si svela l’arcano grazie alla direttrice che congiunge il vertice 4 dell’eptagramma (risolto inizialmente con l’illustr. 2 per dar luogo all’individuazione del numero 7), con il punto U della spalla dell’angelo misterioso.

La direttrice 4U, appena tracciata, deve poter passare per il centro O e di conseguenza anche per il punto D. In più, e questo è il segno illuminante dell’arcano dell’angelo in questione, la suddetta direttrice passa per il punto T, che è lo spigolo estremo di sinistra del basamento dello strano altare.

Esso, secondo la norma dovrebbe essere a forma di parallelepipedo, ma in questo caso, così come si presenta lascia supporre che sia invece a forma pentagonale, visto dalla parte in uno dei lati, ma leggermente ruotato verso destra. Non c’è dubbio, anche per questo caso Dűrer, contravvenendo alla norma, ha voluto legare il segno 5 che vi deriva con l’angelo, per far capire che è il quinto della serie degli angeli della tromba. Di qui la memoria dei fatti escatologici di questo angelo al quale gli fu data la chiave del pozzo dell’Abisso per aprirlo e dar luogo, per cinque mesi, ai tormenti a danno degli uomini senza il sigillo di Dio sulla fronte. Ma quest’angelo è importante in seno all’Apocalisse di Giovanni, perché, possedendo la chiave dell’Abisso, è sempre lui che poi la usa per incatenare per mille anni  «il dragone, il serpente antico – cioè satana » e lo gettò nell’Abisso, appunto (Ap 20:1,2,3).

 

 

5. San Michele sconfigge il drago (1498)

Illustrazione 7: Albrecht Dűrer, San Michele sconfigge il drago.

5.1 Apocalisse di Giovanni 12:1-12

La vittoria di Michele in virtù del sangue dell’Agnello.

7 Scoppiò quindi una guerra nel cielo: Michele e i suoi angeli combattevano contro il drago. Il drago combatteva insieme con i suoi angeli,

8 ma non prevalsero e non ci fu più posto per essi in cielo.

9 Il grande drago, il serpente antico, colui che chiamiamo il diavolo e satana e che seduce tutta la terra, fu precipitato sulla terra e con lui furono precipitati anche i suoi angeli.

10 Allora udii una gran voce nel cielo che diceva:

«Ora si è compiuta

la salvezza, la forza e il regno del nostro Dio

e la potenza del suo Cristo,

poiché è stato precipitato

l’accusatore dei nostri fratelli,

colui che li accusava davanti al nostro Dio

giorno e notte.

11 Ma essi lo hanno vinto

per mezzo del sangue dell’Agnello

e grazie alla testimonianza del loro martirio;

poiché hanno disprezzato la vita

fino a morire.

12 Esultate, dunque, o cieli,

e voi che abitate in essi.

Ma guai a voi, terra e mare,

perché il diavolo è precipitato sopra di voi

pieno di grande furore,

sapendo che gli resta poco tempo».

Illustrazione 8: Albrecht Dűrer, San Michele sconfigge il drago. Geometrie del 4 e del 10.

5.2 Geometrie del 4 e del 10

L’illustr. 4 fa delineare due geometrie distinte:

1. La prima geometria, con la direttrice AB, determinata dalla lancia di san Michele e l’altra direttrice CD, determinata dalla spada dell’angelo alla sua sinistra, ortogonale alla suddetta lancia. Si forma così una micidiale croce come quella che apparve in cielo all’imperatore romano Costantino e al suo esercito prima della battaglia Ponte Milvio (28 ottobre 312) contro Massenzio, secondo Eusebio vescovo di Cesarea. Accanto alla croce era scritto in latino “In hoc signo vinces” (letteralmente: “con questo vinci”). Dunque è solo con la croce cristica che si può vincere il drago ed è questo un’occasione per far luce sulla falsa credenza che San Michele sia lo stesso Gesù Cristo, come molti studiosi sostengono.

Michele è chiamato “l’arcangelo”. Il prefisso “archi” significa “primo” o “capo”, e nella Bibbia il termine “arcangelo” non compare mai al plurale, in più è chiamato “principe”[10] e questo è illuminante come si capirà fra poco. L’unico altro versetto in cui si fa menzione di un arcangelo è in Tessalonicesi 1:4:16, dove Paolo dice in merito al risuscitato Gesù: «Il Signore [Gesù] stesso scenderà dal cielo con una chiamata di comando, con voce di arcangelo e con tromba di Dio». Perciò Gesù Cristo viene identificato con l’arcangelo, o capo degli angeli, ma questo non vuol dire che siano la stessa persona. Michele e i suoi angeli costituiscono la forza militare di un “Re” che è Gesù Cristo, tant’è che Egli, si presenta a Pilato come re di un regno che «non è di questo mondo»: ecco la distinzione fra Gesù Cristo e Michele. E questi, invece, è solo un “principe”, come anzidetto. Per fare un esempio, Ettore il figlio di Priamo, il re di Troia, era ovviamente un principe ed era il capo dell’esercito troiano, come racconta Omero.

2. La seconda geometria, si delinea con lo stesso criterio della prima. Ma tutto fa capo all’arco dell’angelo in basso sulla destra con i punti EFG e la direttrice LR della freccia. Il risultato è una raggiera di cui (una sorta di rosone), la prima direttrice è quella appena detta, e la seconda si determina con la direttrice verticale HI della spada dell’angelo in alto e si determina così il punto O di incrocio della raggiera. La terza è quella della direttrice QR passante, naturalmente, per P:

Con la quarta direttrice TS, che parte dal sigillo del Dűrer in basso e transita dal centro O appena individuato, si ha l’idea geometrica di ogni angolo della raggiera, misurata in relazione ai raggi formati dalle quattro direttrici, LR, HI, QR e TS, che è 36° sessagesimali, ossia 1/10 dell’angolo giro che è 360°. Di conseguenza si può completare la raggiera con la direttrice UV mancante conoscendo l’angolo anzidetto.

Ora si tratta di capire lo scopo di questo rosone a 10 raggi, ma non è difficile capire la ragione ivi riposta, perché sarà il testo dell’Apocalisse del capitolo 12, citato all’inizio, a fornire la giusta spiegazione.

Il numero 10 è una una coordinata riferibile ad un relativo versetto di questo testo che descrive la vittoria di Michele sul drago, e dunque del suo “Re”, il Cristo:

« Allora udii una gran voce nel cielo che diceva:

“Ora si è compiuta la salvezza, la forza e il regno del nostro

Dio

e la potenza del suo Cristo,

poiché è stato precipitato

l’accusatore dei nostri fratelli,

colui che li accusava davanti al nostro

Dio

notte e giorno…” ».

Ancora un virtuosismo concepito dal Dürer per legare la croce d’oro e raggiera a 10 raggi fra loro. Li unisce la direttrice QR in armonia geometrica dell’asse dello scudo dell’angelo in alto a sinistra, con il centro O della croce.

Riflettendo poi, su come ottenere il riferimento al capitolo 12 dell’Apocalisse, Dürer, da meticoloso perfezionista, non ha lasciato nulla di intentato per indicarlo cabalisticamente, sommando i 10 raggi della raggiera con le due direttrici della grande croce con cui San Michele trafigge il drago.

A questo punto, rientrando nel tema iniziale dell’insegnamento della matematica, è con il 10, della raggiera della battaglia di san Michele, il massimo dei voti, che lo studente ben preparato viene premiato dal suo professore d’esame. Ma non manca il due della croce della sofferenza per capire quanto gli sia costato per meritarsi questo voto.

Brescia, 10 dicembre 2017

NOTE

[1]               La xilografia è una tecnica d’incisione in rilievo in cui si asportano dalla parte superiore di una tavoletta di legno le parti non costituenti il disegno. Le matrici vengono inchiostrate e utilizzate per la realizzazione di più esemplari dello stesso soggetto (su carta e a volte su seta), mediante la stampa con il torchio. Dato che la xilografia è un tipo di incisione in rilievo, non è difficile inserire la matrice di legno nelle forme tipografiche, stampando così testo e immagini contemporaneamente. Questa caratteristica della xilografia rende il processo di stampa molto economico, infatti fu usata soprattutto per i “testi popolari”. https://it.wikipedia.org/wiki/Xilografia

[2]               Brian Butterworth, Intelligenza matematica, p. 327. Edizione Rizzoli

[3]               Ibidem cfr. 1, pp. 327-328.

[4]               Su Lexander Aitken, lo psicologo Ian Hunter, scrive del tremendo «sforzo intellettuale» esercitato da in giovane età: «c’era chiaramente organizzata quella progressione cumulativa e gerarchicamente organizzata che caratterizza così diffusamente l’acquisizione di ogni capacità completa» [Geary et al (1997)]. Lo stesso Aitken ha scritto che dai 13 ai 17 anni, dopo aver lasciato la scuola, «mi sottoposi a quello che potrebbe essere descritto solo come yoga mentale. Mi sforzai sempre di più fin quando non divenni talmente bravo in artmetica che l’insegnante non mi permise più di farla» [D’Errico e Chaco (1994), p.194].

[5]               Campbell (1995).

[6]               Ibidem cfr. 1, pp. 274-275.

[7]               Si veda il loro documento, Creativity in Mathematics Education: The Role of the Teacher, pubblicato in occasione del 9th International Congress on Mathematical Education, Tokyo, August 2000:

http://wwwmath.uni-muenster.de/math/inst/didaktik/u/meissne/WWW/creativity.crbh.doc

[8]http://it.wikipedia.org/wiki/Albrecht_D%C3%BCrer

[9]https://it.wikipedia.org/wiki/Albrecht_D%C3%BCrer

[10]   Nella Bibbia ci sono cinque riferimenti alla potente creatura spirituale chiamata Michele, tre dei quali nel libro di Daniele. In Daniele 10:13, 21 si legge che un angelo in missione viene aiutato da Michele, il quale è descritto come “uno dei primi principi” e “il vostro principe”. Più avanti, in Daniele 12:1, viene detto riguardo al tempo della fine: “Sorgerà Michele, il gran principe che sta a favore dei figli del tuo popolo

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