13 Aprile 2024
Ernst Junger Occidente Oriente Punte di Freccia

Il nodo di gordio

Di Mario M. Merlino
Vissuto tra la fine del primo secolo e inizio del secondo Lucio (Flavio) Arriano, greco di nascita e, ottenuta la cittadinanza romana, appartenente alla gens Flavia – da qui la possibilità di fregiarsi del terzo nome – fu fra gli stimati collaboratori dell’imperatore Adriano, dimostrandosi valoroso difensore dei confini contro l’invasione degli Alani (popolazione nomade che s’era spinta in Cappadocia dove egli era legato imperiale). Alla morte di costui si ritirò dalla vita pubblica e si dedicò alle lettere e, in particolare, alla storiografia. Fra le tante sue opere, c’è pervenuta una Anabasi di Alessandro dove, già dal titolo e dalla suddivisione in sette libri, si coglie l’influenza di Senofonte.

Racconta come i Frigi si rivolgessero all’oracolo per conoscere come poter scegliere il sovrano di una loro nuova città ed ebbero quale risposta come dovessero eleggere colui che per primo fosse entrato in essa. E fu così che un povero contadino di nome Gordio, giunto con il suo carretto, divenne re e la città stessa prese da lui il nome. E racconta, ancora, come il suo figlio adottivo ed erede al trono, quel Mida di cui si favoleggiava come, con il solo tocco delle mani, tramutasse ogni cosa in oro, volle porre il carro nel tempio e lo legasse saldamente con un legaccio affinché fosse permanente memoria dell’origine della regalità. Fu in quella occasione che, ancora una volta, intervenne l’oracolo, profetizzando come chi fosse stato capace di sciogliere quel nodo, avrebbe avuto aperte le porte per la conquista dell’Asia.
(Nodo irrisolvibile per non so quale intricato motivo – devo aver letto da qualche parte che, in effetti, esso non era che delle corde intrecciate e fatte passare nel foro della stanga – e che Alessandro Magno, alla vigilia della spedizione contro l’impero persiano, risolse recidendolo di netto con un colpo di spada… Da qui definire ‘nodo di Gordio’, tuttora in uso, un problema complesso e che solo con una decisione drastica può essere risolto).
Nel 1953 Ernst Jünger pubblica Der gordische Knoten; due anni dopo Carl Schmitt, l’occasione il sessantesimo compleanno, gli invia come augurio una sorta di risposta dal titolo La contrapposizione planetaria tra Oriente e Occidente e la sua struttura storica (allo stesso modo e per la medesima occasione, Martin Heidegger, da cui scaturisce quel dialogo a distanza dal titolo Oltre la linea, di cui abbiamo parlato in altro intervento e che consideriamo di carattere ‘epocale’). In Italia i due saggi sono stati raccolti e pubblicati nel 1987 dalla casa editrice Il Mulino.
(Dello Jünger soldato, autore di Tempeste d’acciaio – libro che gli salvò la vita vent’anni dopo, quando Hitler di suo pugno ne depennò il nome dalla lista dei congiurati dopo l’attentato del 20 luglio del ’44, protagonista testimone interprete autorevole della Grande Guerra, si dirà per completare il breve percorso sugli autori a ridosso del conflitto. Del giurista, capace di legittimare l’assunzione del potere da parte del nazionalsocialismo, Carl Schmitt, fautore della concezione del primato della politica su ogni altra forma della società civile diremo specificatamente…).
Verso la conclusione scrive lo Jünger: «Il nodo di Gordio deve essere inteso come un problema posto dal destino; esso si riannoda di continuo, così come di continuo si pone il problema stesso…È questo il motivo per cui ho rinunciato al titolo Oriente e Occidente». Un chiarimento rispetto alla complessità degli argomenti trattati, perché una cosa è il corso naturale della luce, nel suo sorgere e nel suo tramontare, altro il senso della civiltà dove l’ascolto e lo scontro si avviluppano come spire di serpente. Nella storia dove si colloca il gesto di Alessandro (dopo che la Grecia della pòlis aveva respinto la tentata invasione dell’Impero persiano, invertendo così il corso parallelo delle vicende umane con quello del presunto cammino del sole), così come negli aspetti della condizione umana, simili a strati che si sono sedimentati e che emergono quasi lava eruttiva.
Mai nulla può essere dato definitivo – il nichilismo europeo, ad esempio, nel meridiano zero cerca l’oltrepassamento da sé e, a sfida, recupera come forma consolatoria quel Nulla di cui le dottrine orientali sono maestre (già il filosofo Schopenhauer poneva la questione della sofferenza e del suo superamento quale capacità di perseguire l’annientamento del desiderio e la realizzazione del Nirvana). I Beatles, un po’ cialtroni e istrioni, si fecero per breve tempo seguaci… Al contempo il Bushido, l’etica del Samurai, come si colloca nella storia dell’anima mentre ci appare ben delineato nella geografia di qualsiasi atlante?
Sovranità temperata dal diritto contro dispotismo di un universo di schiavi riflessione razionale, filosofia e scienza, contro arcane magiche misteriose suggestioni linearità delle forme contro la voce dell’indicibile espresso da segni… Sono queste dicotomie le une Occidente le altre Oriente? Sarebbe fuorviante se, appunto, ne facessimo soltanto una questione spazio-storia e tempo, cioè le configurassimo in una sorta di piano orizzontale senza tener conto – e in massimo grado – della loro verticalità (come, in fondo, va ad essere fuorviante l’episodio stesso di Alessandro della spada del nodo nel tempio di Gordio. La spada è azione e non necessita l’origine sua da una idea fondante, ponderata e lasciata ai posteri in qualche Bignami, e il nodo, che nodo – abbiamo detto – nodo non è, finisce per essere solo apparenza inganno illusione. Aggiungo: questo Jünger non ce lo dice e, allora, in pieno arbitrio, il professor Merlino sì!).

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