9 Aprile 2024
Cultura

I miti greci hanno annunciato Gesù Cristo. La rivelazione del Cristo nella cultura greca e la progressione della Rivelazione nella storia umana.

Zeus iupiter

“O sommo Giove / che fosti in terra per noi crucifisso”
Dante Alighieri, Purgatorio VI, 118-119

C’è una convinzione di fondo nell’immaginario collettivo, ossia che la venuta di Gesù Cristo, ovvero l’incarnazione e il suo mistero, sia stata annunciata esclusivamente e soltanto dal Vecchio Testamento, cioè dalla cultura ebraica, e nel concetto del Messia che sarebbe dovuto venire e portare la salvezza agli uomini.

Io credo, invece, che l’annuncio di questo mistero della venuta di Gesù Cristo sia stato dato anche e soprattutto dai miti greci, dalla cultura greca. San Giustino Martire, apologeta cristiano, parlò di un concetto che si chiama logoi spermatikoi, cioè il fatto che il Logos, che è Cristo, ha disseminato in tutta la storia il suo seme, cioè il seme della Sua verità.
Questa Sua salvezza non agisce soltanto in una direzione temporale, cioè dal passato al futuro, secondo la nostra prospettiva. Non è che il Cristo inizia ad esistere quando nasce Gesù. Con Gesù il Cristo ha l’incarnazione, ma il Cristo è coesistente al Padre, cioè a Dio, all’inizio di tutti i tempi, per cui è dal nostro punto di vista umano, dalla nostra prospettiva che c’è un senso del tempo, cioè uno sviluppo passato presente futuro, che invece Dio, che è eterno, non percepisce.

Per la Sua Grazia, cioè per la Sua accondiscendenza alla condizione umana, il Dio si disvela all’uomo nei suoi momenti storici, e gli viene dato quello che l’uomo è capace di comprendere in quel momento storico preciso, cioè in pratica è come dire che a un bambino che sta crescendo, si sta sviluppando, sta trovando la sua dimensione, gli si spiegano certe cose, e ad un ragazzo più grande se ne dicono altre. Quindi c’è un concetto che è quello della progressione della rivelazione, che ha a che fare con l’uomo storico.
Questo però non significa assolutamente, come si diceva, che il Cristo non agisca in tutti i tempi. Occorre uscire da questo concetto sbagliato che tutti i popoli venuti prima di Gesù, i popoli antichi, indiani, greci e altre civiltà, siano del tutto estranei a questa partecipazione alla salvezza. Non è così, ovviamente questi non hanno conosciuto l’incarnazione, però i sapienti antichi hanno percepito, e quelli che hanno voluto accogliere questo messaggio che viene dal Cristo, hanno capito e percepito sia l’avvento del Cristo sia la Sua grande Rivelazione ovvero che Dio è sceso e si è incarnato.

Sono molti gli esempi che si potrebbe citare, soprattutto e in particolare nel mito greco. Dante nel Purgatorio, parla di Giove crocifisso, si richiama cioè al Dio latino Giove, il greco Zeus, quindi paragona il Dio cristiano al Zeus degli antichi.

Non dimentichiamo che la stessa parola Dio deriva dal latino Deus, che a sua volta è il greco Zeus.
Il genitivo di Ζεύς (Zeus) è infatti Διός (Diòs).
Il Deus latino era anche il Divus, lo splendente, e il Dies, il giorno luminoso. Dall’indoeuropeo si ha la matrice Diu/Deu, col significato di brillante.
Dio vuol dire splendente, colui che porta la luce, e quindi tutta la simbologia connessa, pensiamo, all’antico Deus Sol Invictus, il sole immortale, che poi venne associato al Cristo. “La vera luce che illumina ogni uomo stava venendo nel mondo”, dice San Giovanni (Gv 1,10).

Conveniamo tutti che il mondo greco è un mondo politeista, però non dimentichiamo che in questa poliedricità di forze vi è un padre, perché è proprio chiamato padre degli Dèi Zeus, Zeus come Dio padre.
Sant’Agostino d’Ippona era dell’idea, che qui abbracciamo, che prima di Gesù, semplicemente, non sapevano dare un nome a quella Verità ma non è che non ci fosse la verità nel passato, c’era, era intuibile, comprensibile da quei sapienti, da quei sacerdoti, da quei poeti che attendevano la venuta di una salvezza che poi si è verificata con l’incarnazione di Gesù Cristo.

“In effetti quella che ora prende il nome di religione cristiana, esisteva già in antico e non fu assente neppure all’origine del genere umano, finché venne Cristo nella carne. Fu allora che la vera religione, che già esisteva, incominciò ad essere chiamata cristiana.”
Agostino d’Ippona, Ritrattazioni I, 13. 3

Gli esempi in cui il mito greco annuncia il Cristo sono molti a partire da Ermete, il Dio Ermete aveva l’appellativo di ἄγγελος (Anghelos, messaggero), cioè era un Dio chiamato psicopompo, che coniugava, metteva in mediazione il mondo celeste con il mondo terrestre. Pensiamo soltanto che lo stesso San Paolo nella lettera a Timoteo dice di Cristo che Egli è “mediatore fra Dio e gli uomini”, quindi la figura di un Dio mediatore fra Dio e gli uomini è presente nel mondo greco come nel cristianesimo.
Nel mito greco è presente anche la discesa di un Dio che va al servizio dei mortali.
Il Dio Padre, il Sommo Zeus, inviò suo figlio sulla terra a parlare in suo nome.
Lo ricorda Eschilo, nelle Eumenidi (616), quando Apollo, al processo contro Oreste, si fece portavoce e vicario di Zeus dicendo:
“Egli agisce secondo giustizia. Seguite il volere del Padre”
E Apollo, Dio della Luce, pur essendo Dio, fu mandato da Zeus a trascorrere nove anni al servizio di un mortale di nome Admeto divenendone il suo pastore.
È straordinariamente significativo che lo stesso Gesù si presenterà in seguito come “il buon pastore” (Gv 10,11).

Pensiamo ancora al mito di Prometeo, il titano che ruba il fuoco agli Dèi per donarlo all’uomo, agli uomini, un atto, appunto, che porta quello che è divino e prerogativa soltanto del divino per darlo alla creatura umana, un gesto che gli costerà l’essere “crocifisso”, perché il mito vuole che venga incatenato nel Caucaso nel mentre un’aquila gli apre il costato, da cui esce, il cosiddetto icore, non c’era il sangue nei titani, bensì una specie di sangue divino, ma non inteso come carnale, come quello degli uomini, però la simbologia è straordinariamente simile, cioè abbiamo un semidio, il titano, che porta la conoscenza prerogativa di Dio all’uomo e viene per questo legato e squarciato.

Abbiamo altri esempi innumerevoli, pensiamo soltanto a quello che è il più grande mito dell’antichità ovvero quello del Vello d’oro. Un mito più antico dell’Iliade e dell’Odissea, tant’è che Omero già conosce le vicende di Giasone e gli Argonauti. Omero cita come antecedente alla guerra di Troia questi eventi, abbiamo questo Giasone, aspirante re della Grecia, che parte con questa immane spedizione degli Argonauti a recuperare il Vello d’oro.
Cos’era il vello d’oro? Era la pelliccia dorata di un ariete sacro che il Dio Ermete consegna a Nefele per permettere ai suoi figli Frisso ed Elle di fuggire al sacrificio che li attendeva in sorte. Il Vello viene poi sacrificato al padre degli Dèi e messo su una quercia sacra e lì custodito da una serpe insonne finché Giasone compie la spedizione per andare a recuperarlo. Il Vello d’oro avrebbe dovuto garantire la cura di ogni malattia e quindi dare l’immortalità al suo possessore.
Abbiamo nuovamente il Dio Ermete, Dio dell’Unità fra cielo e terra, che dona agli uomini il Vello, che altri non è che la Luce. Custodito dal Re Eeta nella Colchide, non a caso il Re è figlio del Dio sole (Elio).

“Atamante forzato dai villani condusse Frisso all’altare. Ma Nefele col favore degli Dei, apparendo, rapì Frisso ed Elle; ed avuto da Mercurio (Ermete) un montone che avea il vello d’oro, lo consegnò ai figli”
Apollodoro, Biblioteca, Libro I, Capo IX, 1

Pensiamo a moltissime analogie: il Vello che garantisce il guarire da ogni malattia, pensiamo quindi al mantello di Gesù (quindi al vello) che cura l’emorroissa col semplice tocco, quindi il vello di Gesù guarisce come il Vello d’oro.
“E lo pregavano di poter toccare almeno l’orlo del suo mantello. E quanti lo toccavano guarivano”
Matteo 14,36
Pensiamo al giardino Edenico che custodiva l’albero della conoscenza del bene e del male, protetto dalla serpe, nel mito greco invece il Vello d’oro è custodito in un bosco sacro, su una quercia sacra al Padre e protetto da una serpe.
Il Mito del Vello d’oro è così una anticipazione della venuta di Cristo, un segno di quei Logoi spermatikoi tanto cari a San Giustino Martire. Ne è prova anche il fatto che il nome Giasone, in greco Ἰάσων (Iasōn), deriva dal verbo ιασθαι (iasthai, “guarire”) con il significato di “guaritore”.
Giasone si chiamava anche il sommo sacerdote che custodiva il Tempio di Gerusalemme del II secolo a.C. Ma non è tutto, occorre dire che in ogni caso Eason è la forma ellenizzata del nome ebraico יְהוֹשֻׁעַ ovvero Yehoshua, che in italiano è tradotto con Gesù. Solo coincidenze? O ancora una volta i poeti antichi volevano indicare ai posteri verità eterne?

Abramo, con il sacrificio di Isacco, poi differito nell’ariete, preannuncia la Croce di Cristo.
Cristo, agnello sacrificale, si offre in sacrificio al Padre per l’umanità. Prima di Lui l’ariete sacro a Ermete, viene sacrificato da Frisso al Padre degli Dei, Zeus. Come Cristo, anche il Vello d’oro è la Via dell’Unità e della guarigione, guarigione dall’unica grande malattia: quella della separazione dal divino.
“Allora Abramo alzò gli occhi e vide un ariete impigliato con le corna in un cespuglio. Abramo andò a prendere l’ariete e lo offrì in sacrificio invece del figlio.”
Genesi 22,13

Quello che è importante sottolineare è che l’annuncio della venuta di Gesù non è unicamente relegato alla cultura giudaica, quindi semitica, ma anzi appartiene, soprattutto, alla cultura indo-europea e greca. Gesù è stato annunciato dai Miti greci e il Mito del Vello d’oro ne è la prova più lampante.
L’uomo macchierebbe di cecità nel non considerare che l’intera storia universale dell’uomo e le sue civiltà sono abbracciate da un’unica verità, esse sono abbracciate in un modo uniforme ed espanso, non si può assolutamente considerare la verità di Cristo dal punto di vista così meramente meccanico del passato-presente-futuro ed essere così ingenui da ritenere che prima di Gesù i popoli e le civiltà fossero tutti degli ottusi e dei mutilati di Dio.
Non è assolutamente così, anzi, chi ha intuito la grandezza di questa verità concorre a formare un unico corpo vivente che è la storia poiché la storia va considerata come un organismo vivente che concorre fisiologicamente a formare un tessuto unico e vivente. Prima il Dio Ermete univa cielo e terra, Ermete Dio dell’unità, il Vello quindi nel mito greco era proprio questa unità contesa fra oriente e occidente, anche le vesti del Cristo furono contese, quindi il mistero dell’incarnazione è onnipervasivo, agisce anche e soprattutto a ritroso nel tempo e il mito greco, io sono veramente convinto di questo, è l’annuncio, l’annuncio stesso della venuta di Cristo.
Non è possibile continuare in queste divisioni che si alternano: gli ortodossi contro i cattolici, gli antichi contro i moderni; c’è una sola verità e questa verità si chiama Gesù Cristo, non è possibile pervenire alla comunione con questa verità continuando a pensare ad una divisione fra passato e futuro, fra antichità e modernità e fra i miti e il cristianesimo.

Emanuele Franz

08.10.2023

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