11 Aprile 2024
Astrologia

Figli di Ra, figli di Zeus: partenogenesi stellare all’origine del nostro Sole, di Giove e di Saturno – Il Poliscriba

(la scoperta degli esopianeti la confermerebbe)

Cittadino, ho letto il vostro libro e non capisco come mai non abbiate lasciato spazio all’azione del Creatore. – Cittadino Primo Console, non ho avuto bisogno di questa ipotesi.

Il famoso scambio verbale tra Laplace e Napoleone, che ho riportato in testa a questo mio articolo, è un esempio di puro razionalismo illuminista. Siamo nel 1796, il Terrore di Robespierre si è spento lasciando cadaveri in ogni famiglia parigina e in tutte quelle province che non si sono lasciate assoggettare dal diktat totalitarista rivoluzionario (Vandea). Migliaia di teste, milioni di corpi uccisi. Ma, da quel 1796, le ipotesi relative alla genesi del nostro sistema solare non si sono discostate di molto da quella notoriamente conosciuta come: ipotesi della nebulosa solare di Kant-Laplace. In sintesi, l’ipotesi suggeriva la nascita del nostro sistema solare dalla condensazione di una nube di gas e polveri – ultima testimonianza dell’esplosione di quella che oggi viene definita una stella di tipo Wolf-Rayet, 50 volte più grande e massiva del nostro sole – che, collassando a causa della gravità, ha dato origine alla nostra stella e successivamente ai pianeti per ulteriore cocentrazione del disco di polveri ruotante intorno alla stella neonata. Su questa ipotesi la scienza ha voluto costruire un’impalcatura che nè la matematica nè le più raffinate simulazioni computerizzate sono riuscite a dimostrare.

Basti pensare che il genio matematico di Poincarè, cercando di formulare una teoria meccanica complessa per più di 3 corpi orbitanti tra di loro, ad esempio il sistema Sole-Terra-Luna, ha dovuto constatare che le curve rappresentanti tale meccanica, divenivano nel tempo   sempre più caotiche. Ciò è contrario all’evidenza osservativa della stabilità delle orbite planetarie e dei loro satelliti naturali sul lungo, lunghissimo periodo di quasi 5 miliardi di anni. Ad oggi, non c’è una soluzione al caos verso il quale andrebbero incontro le orbite planetarie matematizzate, anche solo dei pianeti interni del nostro sistema solare (Mercurio, Venere, Terra, Marte), dopo solo 5 milioni di anni di simulazione accelerata. Solo se si approssimano e si inseriscono dati a doc in sofisticati programmi di simulazione virtuale, si riesce, per un tempo comunque molto breve, ad evitare che i corpi presenti nel sistema solare non vadano a collidere.

L’ipotesi di Kant-Laplace fa parte di un corpus dottrinale illuminista che pose le basi per una divinizazzione del caso in astronomia: il controaltare alla deificazione dell’universo quale creazione di un Demiurgo. Esistono ipotesi alternative anche più interessanti e, se così si può dire, più vitaliste, se non panteiste dell’origine del sole e dei pianeti. Non so quanti lettori di Ereticamente conoscono la storia “eretica” dell’astrofisico “eretico” Halton Arp. Ve la racconto in breve. Arp ha messo in crisi l’intero establishment scientifico, quando, grazie ad osservazioni con i più potenti telescopi del mondo, ha scoperto anomalie galattiche e stellari che indicherebbero la nascita dei Quasar – gli oggetti più antichi, più distanti, più veloci e energicamente più potenti dell’universo – dal centro di galassie molto attive e sensibilmente più vicine a noi, molto più lente e meno energetiche dei Quasar medesimi. Detto in maniera semplicistica è come se, nell’albero genealogico della nostra famiglia, i   trisavoli fossero discedenti e non i nostri antenati. Arp, come giusto che sia nel meraviglioso mondo della democrazia scientifica, che in verità è estremamente politicizzata e totalitaria come la rivoluzione del 1789 da cui si è sempre abbeverata, è stato messo a tacere e gli è stato impedito fisicamente di continuare a fare ricerche su tali difformità, vietandogli l’uso di satelliti extraterrestri e telescopi terrestri. Perché? Perchè la sua ipotesi, corroborata da dati scientifici che non sono stati realmente negati, ma semplicemente ignorati, metterebbe in crisi tutto l’impianto teoretico che impone la fisica e l’astrofisica, la Relatività Generale e il Modello Standard delle particelle, come condizioni valide in tutto l’universo.

Arp ha avvvertito che, forse, queste teorie che vengono sottoposte a esperimento e verificate ogni giorno in tutti i laboratori della Terra, potrebbero essere valide soltanto a livello locale, cioè solo nella nostra galassia, la Via Lattea se non addirittura nel nostro sistema solare…Ancora di più: egli ha sostenuto che non è esistito un Big-Bang e ciò che le antenne di tutto il globo rivelano come radiazione cosmica di fondo, compreso lo sfrigolio tipico delle radio quando non ricevono nessuna stazione, sarebbe la radiazione termica media proveniente dalla stessa Via Lattea e, siccome in essa siamo immersi, è normale riceverla da ogni direzione. Inoltre, analizzando migliaia di spettri stellari e galattici, ha messo in discussione il redshift cosmologico, l’indice che misura l’espansione dell’universo, trovando ulteriori divergenze dalla teoria cosmologica comunemente accettata, indicanti un universo stazionario, quindi non espansivo, geometricamente euclideo (confermato poi dal satellite COBE) e di qualche miliardo di anni più giovane, quindi sensibilmente più piccolo.

Roba pesante che avrebbe dovuto ricevere molta attenzione, perché non proveniva da un ciarlatano qualunque o un cospirazionista in odore di complottologia mitomaniaca, ma da un esperto di fama mondiale. Bene, nel titolo ho messo tra parentesi la questione della ricerca degli esopianeti. Ad oggi sono circa 4000 quelli trovati per via indiretta e di questi, più del 90% sono giganti gassosi come i nostri Giove, Saturno, Urano e Nettuno. Questi giganti, per lo più, ruotano molto vicini alle loro stelle madri in sistemi anche più complessi, perchè formati da due o tre stelle in orbita tra di loro. Diciamo che il nostro sistema ad una stella è un caso abbastanza atipico o se vogliamo corrispondente, per ora, a una bassa statistica di osservazione astronomica (ma non è mai detto) Se diamo per buona l’ipotesi o quasi-teoria di Arp (ma dubito che gli astrofisici vogliano mettere in dubbio la cosmogenesi insegnata in tutti i gradi scolastici del mondo), l’enorme quantità di giganti gassosi che orbitano intorno alle stelle di varia grandezza, suggerirebbero una partenogenesi stellare, come quella dei Quasar dal centro delle galassie (nebulose, a spirale o a bracci). Recentissime analisi di Giove da parte della sonda Juno hanno obbligato gli astrofisici a rivedere interamente le loro ipotesi sul nostro gigante gassoso. A pochissimi di loro   è venuto in mente che all’origine del nostro sistema solare ci possa essere stata un’evoluzione diversa da quella ipotizzata da Kant e Laplace. Se Arp aveva ragione ed io credo che si sia avvicinato molto alla verità, i giganti gassosi sono le prime manifestazioni di un sistema solare complesso come il nostro. Ma andiamo con ordine.

Figli di Ra

Sembra probabile, secondo un team di ricerca dell’Università di Chicago, che il nostro sistema solare abbia avuto origine da una bolla “espulsa” da una stella gigante rossa di tipo Wolf-Rayet di cui sopra. Nicolas Dauphas, uno dei co-autori di questo studio pubblicato sulla prestigiosa rivista Astrophysical Journal, sostiene che: ”Il guscio di queste bolle stellari è un buon luogo per produrre altre stelle, perché le polveri e i gas restano intrappolati e possono così condensarsi di nuovo”. Non solo: secondo i ricercatori, oltre al nostro sole, anche altre stelle simili, dall’1 al 16% di quelle presenti nell’universo, potrebbero essersi formate in queste gigantesche culle siderali.

Figli di Zeus

Non è difficile proseguire su questo cammino tracciato da Arp che timidamente inizia a ottenere le prime conferme. Non dischi di polvere che ruotano intorno a stelle, ma bolle di stelle che creano soli e perché no? Bolle di soli che creano pianeti gassosi? La sonda Juno che sta orbitano vicinissima a Giove sta trasmettendo dati che ci restituiscono una natura straordinaria del pianeta, ma soprattutto attesterebbero le sue similitudini con il nostro astro siderale. Similitudini già evidenziate dall’analisi spettroscopica della sua atmosfera, così come quelle di Saturno, Urano e Nettuno dove esiste una preponderanza di elio e idrogeno, gli elementi che sono alla base della fisica e della struttura del sole. L’abbondanza negli esopianeti di giganti gassosi è forse l’indice che i pianeti rocciosi si formano da questi? Se così fosse, siamo di fronte a un modo di operare della natura cosmica molto simile ad una partenogenesi solare, fino ai satelliti planetari rocciosi passando attraverso i giganti gassosi? I giganti gassosi sono inospitali, ma i loro satelliti, come Europa per Giove, sono candidati ad ospitare la vita. La probabilità che vi siano altre forme di vita intelligente nell’universo, se si considerano le lune di questi titani del cosmo, cresce esponenzialmente, senza per forza dover cercare terre simili alla nostra nella cosiddetta fascia abitabile. Non affronterò qui la questione delle serie numeriche che evidenzierebbero anche uno schema ricorsivo (Serie di Fibonacci e non solo) e proporzionale nelle dimensioni che legano le stelle ai pianeti gassosi e questi ultimi ai rocciosi e ai loro rispettivi satelliti, tema che richiederebbe un approfondimento ulteriore, oggetto di un altro articolo.

Ad esempio, poichè è ormai acclarato che Plutone, per le sue dimensioni, potrebbe quasi sicuramente essere un satellite sfuggito dall’attrazione di Nettuno, nessuno ha mai inferito che anche Mercurio potrebbe essere stato l’unico satellite di Venere, quello che i numeri teorici cercano, ma non trovano. La storia dei pianeti interni, Mercurio, Venere, Terra e Marte, e dei satelliti dei giganti gassosi, non è ancora chiara. Ma se la partenogenesi per gradi successivi è una possibilità, saremmo di fronte a un modus operandi universale che ricorda le matriosche o ancora meglio le mitologie dell’universo che si rifanno alle tartarughe che si appoggiano su altre tartarughe di dimensioni sempre più grandi. O cosmogonie che ipotizzano la nascita dell’universo da un uovo cosmico che non è esploso, ma si è diviso come la morula cellulare dell’uovo biologico dei mammiferi. Mercurio e la Luna sono oggetti simili, Venere e Terra quasi gemelli in massa e dimensione, che avrebbero espulso i primi due e non è un caso se il secondo figlio di Charles Darwin, George H.Darwin ottimo e preparato astronomo, abbia proposto per l’origine della Luna una gemmazione o fissione dall’incandescente Terra dei primi milioni di anni, 100, per la quasi precisione, quelli che separano anagraficamente i due geoidi rocciosi, rendendo la Luna un po’ più giovane. George H. Darwin, studiando gli scritti del padre, avrà probabilmente considerato l’aspetto delle ramificazioni in natura, molto ricorrenti e avrà correlato le stesse con la possibilità della gemmazione planetaria.

E siccome lui non lo sapeva, ma la matrice dei superammassi galattici ricorda un gigantesco frattale, geometria studiata dal matematico Mandelbrot, nulla vieta di pensare l’universo come il gigantesco albero YGGDRASIL che sostiene il mondo, nato da un seme cosmico e dal quale, per gemmazione, si creano continuamente galassie, stelle, sistemi planetari e relative lune. Dal seme alla radice, dalla radice al tronco, dal tronco ai rami, dai rami alle foglie, dalle foglie ai frutti.

“Non c’è niente che sia superiore o separato da lui, niente che sia più grande o più piccolo. Stabile nella sua gloria, si erge come un albero dalle profonde radici, inamovibile, uno senza secondi. Questo Essere supremo pervade l’universo intero.”

(Upanishad di Parama Karuna Devi)

 

Il Poliscriba

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