13 Aprile 2024
Contestazione Economia Punte di Freccia Valle Giulia

Bastoni e barricate

di Mario M. Merlino
Pochi mesi addietro mi trovavo a cena d’amici con altri ospiti. Fra costoro un giornalista de Il Sole 24 Ore di cui non rammemoro il cognome, sebbene sia considerato un analista di valore. Inevitabile che il conversare abbia seguito la piega verso l’attuale crisi economica e finanziaria di carattere mondiale. Qualcuno, memore di letture scolastiche marxiane e forse nostalgico della propria giovinezza trascorsa negli anni della contestazione, faceva riferimento alle ricorrenti cicliche crisi del sistema capitalista. Altri al ‘giovedì nero’ del 1929 quando dagli Stati Uniti si sparse a macchia d’olio una crisi che alimentò, secondo alcuni storici, l’affermarsi del totalitarismo e la convinzione che fosse suonata la campana a morte del capitalismo. La convinzione sempre più diffusasi – e mi tornavano a mente le considerazioni dell’amico Giano Accame – come le ‘demoplutocrazie’ fossero rappresentate da governi imbelli e asserviti alle lobbyes ebraiche (perché oggi, no?) e ormai composte da una popolazione svirilizzata e senile. Errore fatale perché nell’eterna guerra del sangue contro l’oro quest’ultimo è pronto a tutto pur di salvare se stesso, riaffermare il proprio predominio e potenziarsi. Fu il presidente USA Roosevelt ad incaricare i suoi consiglieri, che portavano il cognome di Rothschild e Morgenthau, di verificare quanta pericolosità vi fosse nell’espansione del fascismo in Europa. La risposta fu che, se entro dieci anni non si fosse posto rimedio, l’America sarebbe stata estromessa dal Vecchio Continente. Il rimedio: dal 1938 una ‘sana’ politica di riarmo, poi con il Lend-Lease Act rifornimenti bellici all’Inghilterra e successivamente all’Urss, volgendo contemporaneamente la sua attenzione verso il Pacifico e il Giappone…

Non mi andava di fare ‘il grillo parlante’, anche perché la cucina della padrona di casa meritava una attenta rispettosa meticolosa cura (spaghetti all’’n’duja polpette di carne e di melanzane contorno di cipolle funghi peperoni gratinati soppressata e silano, insomma una cena leggera della tradizione calabrese…). Così, dando soddisfazione al giornalista che avvertiva, un po’ tronfio di sé, d’essere il ‘piatto forte’, gli ho chiesto – con la modestia il tono sommesso quasi timidamente com’è nella natura del mio animo schivo (!?) – quando e in che termini prevedevano gli economisti, in Italia e all’estero, il superamento, l’uscita dalla crisi.
‘Non ci preoccupiamo troppo perché prevediamo che, entro tre o quattro anni, ci sarà una guerra…’. Pausa d’effetto, modulazione della voce, sguardo profetico di chi vede cose non percepibili da noi comuni mortali, immersi nella mota dell’ignoranza. ‘Non una guerra convenzionale, carri armati e cannoni. Una guerra di bastoni e barricate…’.
Rodolfo, nel proporre i temi cari ad Adriano Romualdi – e, in particolare, l’opera postuma, riedita in questi giorni, Il Fascismo come fenomeno europeo -, ricordava come egli si fosse inserito nel dibattito storiografico, tra Renzo de Felice e richiami al pensiero di Evola, perché convinto che bisognasse portare un contributo scientifico allo studio appunto del fenomeno fascista per evitare che la memorialistica il reducismo la nostalgia finissero per prevalere e ingabbiare ogni proposta di lettura e rilettura alternativa. Ne abbiamo parlato sabato pomeriggio presso l’a.c. Raido che si propone sempre con incontri stimolanti e,in un certo senso, ‘trasgressivi’. Duole, quando si rammenta un amico scomparso e figura sicuramente di riferimento e di crescita, dover dissentire. Io credo, però, ad esempio con Mishima, che le emozioni precedano il ragionamento e che, con Drieu la Rochelle, il ruolo dell’intellettuale sia di collocarsi là dove altri non sono ancora arrivati, magari sporcandosi i piedi e cercando di evitare di sporcarsi le mani… Fu sulle scalinate di piazza di Spagna che si consumò, anche in modo plastico, la frattura, 1 marzo 1968, e poche ore dopo fummo avanguardia di lotta, bastoni e molotov, a Valle Giulia. Alla ricerca di… ‘tu chiamale se vuoi emozioni’, cantava Lucio Battisti.
Qualcuno propone, dopo l’ubriacatura elettorale di prefissi telefonici invidie ripicche distinguo personalismi steccati, di sedersi finalmente intorno ad un tavolo e, guardandosi negli occhi, cercare nel confronto l’unità d’intenti che tutti auspicano ma che, in fondo, nessuno intende realizzare. I corvi preferiscono pavoneggiarsi con le penne del pavone piuttosto che riconoscere nel volo delle aquile la grandezza di tutti e per tutti… Io stimo, provo affetto, per chi vorrebbe il superamento delle divisioni, soprattutto, in nome di quel ‘realismo eroico’ al quale abbiamo attinto gli ideali e i sogni della nostra giovinezza. Stima affetto rispetto ma non condivisione…
Una dotta conferenza, con relative pubblicazioni, appaga i relatori, soloni del sapere che, con garbo e in punta di penna, credono di cambiare il mondo… Misurare la consistenza del proprio gruppo, magari strappando ad altri qualche brandello di presenze, appaga la vanità del proprio carisma(?) e della sigla e simbolo d’appartenenza. E, poi? In precedenti occasioni –  anche qui su Ereticamente, del resto – abbiamo ricordato l’affermazione del Capitano, Corneliu Zelea Codreanu, ‘la quantità di sofferenza ed amore’. In uno dei primi interventi, divenuto Presidente del Consiglio, Mussolini affermò che si sarebbe battuto perché sulla tavola d’ogni italiano non mancasse il pane. Lo spirito trova se stesso e la misura del proprio valore attraverso l’amore, che è rendere le idee azioni e far sì che queste azioni siano là dove un popolo chiama, magari appunto perché non ha pane sulla tavola. ‘Bastoni e barricate’, con tutti i rischi d’essere dispersi nella marea montante dell’inquietudine della rivolta oppure inesorabilmente trovarsi dalla parte di ‘banche e manganelli’ in sicura e pessima compagnia. E, qui, più che un bagaglio ideologicamente compiuto ognuno di noi dovrà scegliere e mettersi in gioco attraverso le personali emozioni, il proprio buon gusto.

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