13 Aprile 2024
Maurizio Rossi Nazional Socialismo

Platone, Sparta e il Nazionalsocialismo

La rivoluzione culturale e politica della nuova Germania
“Il Nazionalsocialismo ebbe il merito di costringere la cultura neutra a una resa dei conti. Esso, molto più del regime italiano, ebbe la coscienza di rappresentare un’autentica visione del mondo, violentemente ostile a tutte le putrefazioni e le storture dell’Europa contemporanea. La mostra dell’arte degenerata, il rogo dei libri ebbero, se non altro, un significato ideale rivoluzionario, un carattere di aperta rivolta contro i feticci di un mondo in decomposizione.”
(Adriano Romualdi)
La Grecia arcaica, la filosofia ellenica, l’ordinamento politico di Sparta e il pensiero politico-filosofico di Platone ricevettero una particolare attenzione da parte dei teorici nazionalsocialisti, una attenzione che maturò presto in un’entusiastica ammirazione, tanto che furono oggetto, già da prima della conquista del potere, di accurati studi e ricerche che ne evidenziarono l’importanza storica e la centralità culturale nell’ambito della dialettica nazionalsocialista, fino a giungere ad annoverare proprio Platone come uno dei precursori della filosofia nazionalsocialista ed anche come uno dei più importanti ispiratori della nuova concezione del mondo nazionalista e socialista incarnata nel Terzo Reich hitleriano dalle costruzioni politiche del Volksstaat e della Volksgemeinschaft.

Proprio sulla concezione organicistica dello Stato interpretato come una unità vivente posta a custodia della giustizia, del bene comune e della salute della stirpe si focalizzava l’interesse manifestato da parte degli intellettuali nazionalsocialisti, che non esitarono a riconoscere nell’identità strutturale platonica di teoria e prassi una delle principali fondamenta dell’organicismo comunitario popolare propugnato dal Nazionalsocialismo.

Era incontestabile il fatto che le radici greche che sostanziavano la cultura europea erano tanto profonde ed importanti in ogni campo del sapere, da quello fondante del mito originario fino a quello del pensiero filosofico, come anche in quello della concretezza storica, da apparire agli occhi degli uomini di cultura nazionalsocialisti come irrinunciabili e sicuramente fondamentali nella determinazione del patrimonio filosofico e della metafisica della forma della Weltanschauung nazionalsocialista.
Quindi figure come Platone, Sofocle, Euclide, Senofonte, Plutarco, Eraclito ed Omero (la cui possente opera L’Iliade potrebbe ben essere considerata come la bibbia dei popoli europei) erano da considerarsi in maniera indiscutibile dei pilastri di riferimento per il nuovo pensiero germanico e come tali da affiancare alle figure simboliche che avevano contrassegnato la storia del germanesimo.
Fondamenta, legami ed assonanze che vennero poi, nel dopoguerra, messe in evidenza da un altro importante studioso dell’opera di Platone, Adriano Romualdi: “Ma, nel cielo d’Occidente che annotta, risplende, tra le costellazioni che non tramontano, l’insegnamento di Platone. Platone, l’aristocratico di sangue divino, l’assertore della dura selezione dei migliori, il profeta della élite dei sapienti e dei guerrieri, ci ammonisce ancora una volta che grave sciagura incoglierà a quello Stato dove la razza bronzea e ferrea degli uomini servili sostituirà nel comando la stirpe aurea ed argentea dei veri Capi.”
Le assonanze ideologiche fra il Nazionalsocialismo e il filosofo ellenico furono alla luce dei fatti innumerevoli. Proprio come Platone anche il Nazionalsocialismo si fece interprete della vita umana intesa come una superiore totalità di anima e corpo, della predominanza dei valori politici e spirituali sugli appetiti economici e della totale subordinazione dell’economia alle prioritarie esigenze e necessità della comunità, altresì si fece promotore di severe misure volte alla salvaguardia della salute del popolo e del “buon sangue” in ossequio al dato archetipo della razza che dal piano del divenire doveva sfociare in quello dell’essere e, pertanto, di una particolare concezione qualitativa dell’educazione della gioventù e della selezione meritocratica nell’ambito di una costruzione totalitaria, gerarchica e allo stesso tempo mobilitante dello Stato e del popolo.
Proprio per le tante più che evidenti analogie riscontrate, i nazionalsocialisti non esagerarono nel volerlo presentare come un precursore storico ed ideologico del processo di profondo rinnovamento che stava attraversando la Germania del ventesimo secolo, ponendosi così coerentemente nel solco tracciato a suo tempo da Hans Friedrich Günther e da quanti non esitarono a intravedere nella battaglia hitleriana una reviviscenza delle idee politiche di Platone sulla concezione dello Stato e su di un retto ordinamento umano.
D’altronde proprio la concezione organicistica dello Stato popolare nazionalsocialista e della Volksgemeinschaft, la comunità organica di popolo, riprendendo il tema della concezione del Ordnungstaatgedanke, ovvero la concezione dello Stato organico inteso come un Ordine virile e qualitativamente gerarchico che si identificava totalmente con la volontà politica dell’avanguardia militante che lo reggeva e lo guidava, non solamente riproponeva l’ideale spartano del Kalòs kài aghathòs, riassumente il traguardo di una nuova umanità eroica, soprattutto l’aspirazione ad un “uomo nuovo”, un unico soggetto comprendente tutti quei valori solari e olimpici riconducibili alla bellezza della razza, alla severa compostezza, all’ordine interiore e alla sobrietà caratteriale, ma ancor più avrebbe realizzato l’organicità del tutto nel senso e nella direzione che era stata, molti secoli prima, indicata da Platone: “Ancora una volta, amico mio, ti sei dimenticato che per la legge non ha importanza alcuna assicurare straordinario benessere ad una sola classe sociale, ma che la legge cerca di attuare il benessere generale della Città con l’unione dei cittadini tutti, li persuada o li costringa, e facendo sì che reciprocamente si scambino quei servigi che ciascuno di loro può rendere alla comunità: e se la legge è tutta tesa nel creare simili cittadini allo Stato, non è certo perché ognuno volga la propria attività dove più gli piace, ma perché attraverso loro essa concorra a cementare l’unione statale.”
Si trattava, quindi, di una autentica metafisica della comunità e dell’etica di servizio che venne a trovare nella Volksgemeinschaft la sua più completa realizzazione.
La Storia aveva tramandato la convinzione che solamente una precisa aderenza ai valori originari che contraddistinsero la stirpe delle genti indo-arie (la comune culla della doricità e della germanicità), nella loro accezione più vastamente europea, avrebbe consentito l’instaurarsi di una costruzione politica comunitaria di natura organicistica.
Proprio in virtù di questo convincimento, il Nazionalsocialismo aveva compreso che solo la dimensione comunitaria nei suoi nessi ordinatori poteva essere il solo luogo elettivo di un sano ordinamento le cui radici affondavano nell’arcaica visione ariana di un ordine tradizionale, un ordinamento pertanto anche rivoluzionario nella sostanza, dove ogni attività veniva svolta nella superiore pienezza e nella compiuta armonia rappresentata dalla totale sinergia del singolo con la comunità di appartenenza in un quadro di equilibrio dove la concezione fondata sulla predominanza della totalità (nell’accezione spengleriana prima e nazionalsocialista poi) doveva compenetrare l’uomo con il tutto organico, riconnettendolo con l’ordine del cosmo (la visione ellenica del kosmos armonizzante) e annullando così le artificiose e strumentali dicotomie tra la dimensione materiale e l’essere spirituale.
Però era altrettanto vero che un siffatto ordinamento certamente orientato in senso rigorosamente tradizionale ed ariano e con una superiore percezione del Sacro si era già manifestato per oltre 4 secoli in Grecia, nel Peloponneso, nella terra dei Lacedemoni, in quella che fu per antonomasia la culla della supremazia eroica e guerriera delle genti di stirpe dorica e del mito leggendario che ne nacque perpetuandosi nel tempo, ovvero il mito della Città-Stato di Sparta e del suo inflessibile ordinamento civico e politico. E anche a quel mito fascinoso e trainante, il Nazionalsocialismo, fece riferimento.
Sarà appunto questa ormai mitica città, frutto però di un mito consolidatosi storicamente, figlia naturale e diretta di quella grosse Dorische Wanderung, la grande migrazione dorica, approfondita dai rigorosi studi di Hans Friedrich Günther, Walther Darrè e di Alfred Rosenberg, ovvero la seconda grande migrazione di origine indo-europea, che investì il bacino mediterraneo e quindi la Grecia dal 1200 a C in poi portando a compimento il fecondo processo di indo-europeizzazione iniziato molti secoli prima ad incarnare al meglio e a custodire gelosamente il retaggio nordico-ario e il conseguente ordine dei valori nello stile asciutto, severo e impersonale che innumerevoli generazioni di questi “figli di Eracle” hanno sempre esemplarmente manifestato. Uno stile ed un modello di ordinamento politico-comunitario che non mancherà di influenzare culturalmente il pensiero nazionalsocialista.
Sparta fu senza ombra di dubbio il primo Stato razziale a base eugenetica della Storia, giustamente e rigorosamente separato dalle genti assoggettate (perieci e iloti, probabilmente riconducibili ai sub-strati etnici precedenti all’invasione dorica) per meglio salvaguardare e custodire il tessuto originario della stirpe dorica, conserverà sempre e gelosamente nel suo costume nazionale quei caratteri e quelle virtù come la disciplina assoluta e la dura formazione individuale, la misurata solennità e la saggia riflessione, la dignità interiore e il profondo rispetto per il proprio corpo, la concezione severa ed austera della famiglia e la dedizione e il sacrificio per il bene comune che coincideva sempre con quello della Patria e con il conseguente superamento dell’egoismo individuale, che altro non riflettevano se non quell’autentica “libertà” tipica delle genti nordico-arie, una olimpica e solare concezione che poneva in giusto risalto la dimensione qualitativa dell’essere rispetto a quella minimale dell’apparire, il tutto volto al conseguimento appunto di una superiore concezione della“libertà”.
Caratteri formidabili, qualità spirituali e virtù civiche che si ritrovarono particolarmente evidenziate, pur se in una diversa e distante collocazione storica, nella visione del mondo e delle cose propria del Nazionalsocialismo
La stessa originalità dell’organizzazione politico-tribale di Sparta, che rifletteva con chiarezza la fedeltà all’originaria ascendenza dorica, catturò l’interesse di Walther Darrè portandolo ad approfondire attraverso uno studio attento e scrupoloso la sua tipica organizzazione agricola che suddivideva gli appezzamenti di terra coltivabile in possesso delle famiglie spartane in poderi ereditari, i Kleroi, di eguali dimensioni, assolutamente vincolati e soprattutto non soggetti a frazionamenti e a speculazione commerciale (anche in questo caso evidenti analogie legavano i Kleroi agli Erbhof), una misura di equilibrio sociale che indiscutibilmente rappresentava un autentico valore aggiunto, poiché consentiva di garantire socialmente la stabilità e il necessario sostentamento delle famiglie, stimolando anche ulteriormente il radicato senso di dovere verso la procreazione di una discendenza numerosa e soprattutto sana e contribuire così efficacemente alla salvaguardia della tenuta razziale e militare dello Stato.
Tutta una serie di provvedimenti che costituiranno l’architrave della rivoluzionaria legislazione agricola nazionalsocialista, specialmente la Reichserbhofsgesetz istitutiva dell’Erbhof ovvero il bene agricolo ereditario, e del riordinamento del mondo contadino. Un suggestivo legame simbolico tra la Germania moderna e la Grecia classica veniva così ulteriormente messo in evidenza.
Giungendo successivamente ad equiparare lo spirito del prussianesimo, interpretato come sublimazione delle profondità del germanesimo, con la dimensione statuale di Sparta, Walther Darrè si venne a trovare nella condizione per potere qualificare il Nazionalsocialismo come la risultante, in epoca moderna, di una germanicità di stampo prussiano che aveva riscoperto le sue radici nella doricità ellenica riassunta nel mobilitante mito spartano: “Si può dire che il Nazionalsocialismo sia la continuazione nei compiti del nostro secolo dell’idea prussiana di Stato. Con ciò diventa però anche di nuovo attuale per il Nazionalsocialismo lo Stato spartano, poiché l’uguaglianza tra il concetto di Stato prussiano e quello spartano sulla base dell’eroismo e nella sovrapposizione del Tutto all’individuo singolo è troppo evidente per non essere già stata notata.”
Sparta risultava storicamente suddivisa fondamentalmente in quattro Obai, aggregazioni tribali che riproponevano l’antica suddivisione in tribù dei Dori, a loro volta sottodivisi in Phratria, ovvero i clan di appartenenza; il tutto a dimostrazione di come il legame con gli antenati dorici fosse particolarmente profondo e percepito come essenziale per la connotazione dell’identità e il riconoscimento della cittadinanza che era tale esclusivamente per l’appartenenza al sangue della stirpe, tanto che nessun straniero avrebbe mai potuto acquisirla. Eppure la nascita da genitori sicuramente “purosangue” non era considerata la sola condizione sufficiente per il riconoscimento dell’appartenenza alla Città, l’elemento razziale era certamente un requisito essenziale, ma la piena “cittadinanza” era anche condizionata dal ricevimento di una regolare educazione impartita inderogabilmente dallo Stato e dall’essere in condizione di poter assolvere a tutti i doveri richiesti dalla Comunità.
Per questi motivi solamente gli spartiati potevano fregiarsi dell’appellativo di omoioi, ovvero gli “eguali”. Un’eguaglianza di natura etica e razziale, ma anche sociale alla luce della loro orgogliosa sobrietà nei costumi, che li trovava accomunati nell’adempimento dei comuni doveri nei confronti della Polis.
Condizioni essenziali per una superiore concezione della comunità e delle virtù civiche e politiche che si ritroveranno coerentemente espresse nei modelli pedagogici promossi dallo Stato nazionalsocialista.
La vita nella Polis di Sparta scorreva, quindi, idealmente e praticamente secondo un rigido percorso stabilito in tutto e per tutto dallo Stato, secondo i ritmi scanditi dalla Weltanschauung spartana. Le fanciulle e i fanciulli, nella loro iniziazione formativa, venivano rigorosamente educati fin dalla nascita al ruolo futuro che avrebbero ricoperto per il bene della Patria, quindi anche l’infanzia doveva rispecchiare fedelmente, nella scansione dei ritmi, la successiva esistenza adulta.
L’educazione pedagogica di natura comunitario-militare, attraverso il periodo trascorso nell’Agoghè, indirizzava i ragazzi alla formazione etica e alla pratica guerriera attraverso la severa disciplina che veniva loro impartita nel tirocinio esistenziale che veniva svolto in una comunità accasermata, mediante un duro allenamento fisico, altrettanto severe prove di tenacia e di resistenza e la stessa partecipazione alle competizioni atletiche.
Custodi del “fronte interno” dello Stato, le donne invece manifestavano la loro rigorosa aderenza ai doveri dello Stato nell’adempiere ad una maternità responsabile nei confronti dell’intera comunità spartiate, come quando imperturbabili accettavano il responso negativo degli anziani che decretavano l’abbandono del neonato perché non ritenuto abbastanza sano e forte, in ottemperanza alla severa legislazione eugenetica, oppure come quando sapevano che allo scadere del settimo anno il loro figlio sarebbe stato tolto alla famiglia per essere affidato all’educazione dello Stato, nell’Aghoghè. Una serena ed esemplare tenuta interiore ed uno spirito di sacrificio tale che rendeva le donne di Sparta degne della più grande ammirazione.
A Sparta, infatti, anche le ragazze ricevevano una forma di educazione di Stato comprendente varie discipline come la danza, un duro addestramento ginnico spesso praticato insieme con i ragazzi e la partecipazione alle competizioni sportive, il tutto unito ad altre tematiche di ordine morale e artistico come la musica, che servivano ad accrescere il loro orgoglio razziale di spartiate. Lo scopo era logicamente simile a quello dell’Agoghé in quanto mirava a rendere le donne spartiate le più rigorose eticamente e irrobustite caratterialmente, le più attraenti fisicamente dell’intera Grecia e altresì a consentire loro di dare alla luce dei bambini sani e vigorosi. Tratti fondamentali come la grazia e la cultura erano pertanto volti a favore della temperanza fisica e della rettitudine morale.
Non molto di diverso contraddistingueva l’educazione nazionalsocialista impartita alla gioventù tedesca nella Hitlerjugend, nelle NAPOLA e nelle Scuole Adolf Hitler dove l’educazione e la formazione dovevano essere guidate non da richiami individualistici, ma da un profondo senso comunitario e dalla responsabilizzazione militante e consapevole verso il servizio al popolo, dalla fede nel risorto destino tedesco, dalla dedizione, dal discernimento e dalla comprensione degli obbiettivi che il Nazionalsocialismo doveva perseguire per il bene totale della comunità popolare e dello Stato.
Assolvendo così ai bisogni reali di auto-identificazione manifestati dalla gioventù, che erano stati volutamente ignorati, ovviamente con differenti motivazioni, nel periodo contrassegnato dalla democrazia weimeriana, dagli esponenti politici e culturali della corrotta compagine liberale e marxista.
Insomma sia le categorie di pensiero dell’individualismo liberale, sia quelle riferite al determinismo marxista non furono in grado di interpretare compiutamente le caratteristiche peculiari e le esigenze del complesso e articolato mondo giovanile.
Il Nazionalsocialismo volle pertanto concedere alla gioventù il riconoscimento che le spettava sul piano politico e culturale, ritenendola a giusta ragione come una delle componenti fondamentali della società tedesca sulle quali andare a fondare la Volksgemeinschaft, la comunità organica di popolo dello Stato nazionalsocialista.
Quindi, ne conseguiva, che anche la gioventù doveva abbandonare quella sfera di neutralità politica all’interno della quale era stata collocata nella società borghese con la conseguente separazione fra pubblico e privato, per assumere in prima persona un ruolo attivistico, partecipe e propositivo nei confronti dell’intera comunità popolare attraverso un nesso culturale e ideologico legato ai richiami di un forte solidarismo comunitario, nell’accezione di un cameratismo socialista di popolo vissuto, strettamente intersecato con i miti della razza, del sangue e del rinnovato legame simbolico con il suolo.
Nessi culturali e ideologici che misero in evidenza un particolare stile di vita e una particolare disciplina dell’anima e del carattere che troveremo poi innalzati all’ennesima potenza nelle Waffen-SS, i guerrieri politici della Sparta germanica e nazionalsocialista.
Saranno proprio questi opliti del ventesimo secolo a dare un significato superiore alla loro entusiasmante epopea guerriera nella seconda guerra mondiale, rinsaldando così il legame storico, spirituale e razziale che li univa agli eroi della Sparta dorica.
Anche per ciò che riguardava l’educazione femminile si evidenziarono numerosi richiami ai modelli ellenici sottolineati da Platone e caratterizzanti l’esperienza di Sparta.
All’indomani della presa del potere si svilupparono a macchia d’olio i nuovi uffici dello Stato e del Partito creati per le particolari necessità delle donne, come l’economia domestica, l’educazione culturale e politica, la formazione professionale, l’assistenza sanitaria obbligatoria e garantita per le ragazze, per le madri e per i figli, la creazione di moderni consultori e il sostegno attivo alle ragazze madri.
Grazie al Nazionalsocialismo infatti venne, finalmente, culturalmente e politicamente contrastata la moralistica pratica borghese del vergognoso e ipocrita biasimo sociale che condannava all’emarginazione e all’esecrazione le ragazze madri e le cosiddette “nascite illegittime”, con l’entusiastico apporto di Adolf Hitler che non mancava mai di sottolineare come la nascita di un figlio onorasse sempre e comunque la madre
Inoltre non mancarono per le innumerevoli attività di impegno sociale nelle organizzazioni del Servizio del Lavoro e del Fronte del Lavoro, le pubbliche relazioni e l’adozione degli strumenti di comunicazione di massa; vennero inoltre creati reparti particolari allo scopo di mobilitare costantemente le donne nell’azione di consolidamento del regime, sempre in virtù dell’innovativo principio politico che le donne dovevano essere guidate dalle donne.
Esempi importanti di figure femminili vennero così alla ribalta portando un grande prestigio alla propria Patria, contribuendo a loro volta ad evidenziare di fronte all’opinione pubblica internazionale quel nuovo filone di rinascita culturale che contraddistingueva il fronte delle donne tedesche: partecipazione alla vita e allo sviluppo della comunità popolare, osservanza dei dettami della legislazione razziale, radicamento nei valori del Blut und Boden, attitudine rigorosa e quasi “militare” ai doveri della maternità e della famiglia nei confronti dello Stato nazionalsocialista, sessualità matura e procreazione responsabile nel rispetto della sostanza spirituale e bio-politica della “donna tedesca”, servizio socialista nell’assistenza al popolo all’insegna del principio nazionalsocialista del bene comune che doveva sempre prevalere sull’interesse individuale, rifiuto della sottocultura dell’effimero e affermazione della dimensione totale dell’essere e infine complementarietà e cameratismo con il sesso maschile.
Insomma, a ben vedere, anche in questo caso venne evidenziata complessivamente una più che sostanziale rilettura moderna in chiave nazionalsocialista del mito della Sparta dorica ed una attenta riproposizione dell’insegnamenti platonici.
Insegnamenti che avevano l’importante compito, a detta di Hans Friedrich Günther, di favorire il ripristino di un Ordine cosmico originario che era stato compromesso: “Famiglia, stirpe, Stato, religione e diritto, il corso dell’anno e le festività, le prescrizioni morali e quelle spirituali: tutto ci riconduce ad un Ordine cosmico ed in quest’Ordine l’uomo vive come membro d’una stirpe che si perpetua attraverso l’ordine delle generazioni che in Grecia ci appare personificato nel culto d’Hestìa, e trova espressione presso tutti i popoli ariani nel culto del sacro focolare. All’interno del grande Ordine cosmico sta il sacro ordine delle generazioni preposto alla custodia del sangue, dell’eredità biologica, in seno a nobili stirpi: è così che la difesa della razza si configura come una esigenza deducibile dalla totalità dell’Ordine cosmico e come una spontanea manifestazione della religiosità indo-germanica.”
Maurizio Rossi

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