12 Aprile 2024
Tradizione Tradizione celtica

I misteri di Stonehenge, seconda parte – Fabio Calabrese

Secondo un’antica leggenda, la Britannia sarebbe stata nell’epoca più remota nota come “Glas Myrddin”, il “Recinto dell’Uomo Sacro (o degli Uomini Sacri)” su cui era posto un tabù all’immigrazione delle popolazioni celtiche dalla Gallia che solo in un secondo tempo sarebbe stato rimosso. Abbiamo la testimonianza di Cesare che nel “De Bello Gallico” racconta che la religione druidica fu scoperta in Britannia e solo più tardi si estese alla Gallia continentale. Il Merlino mentore di re Artù non sarebbe stato che, l’ultimo anello di una lunga catena di Myriddin, di “uomini sacri”, di druidi che andrebbe dall’antichità pre-celtica dei costruttori di megaliti fino all’invasione anglosassone delle Isole Britanniche. Del resto, penso che sia ben nota un’altra leggenda che lega l’edificazione di Stonehenge (avvenuta ovviamente con mezzi magici) a “Merlino”.

Gli stessi costruttori di megaliti, però, quali origini avevano?

Se si guarda una carta che riporta la collocazione dei siti megalitici nell’area euro-mediterranea, si nota che essi sono disposti un po’ secondo i bracci di una “L”: un ramo verticale che dalla Penisola Iberica sale verso la Bretagna, la Gran Bretagna, su fino alle isole Orcadi, ed un ramo orizzontale che taglia trasversalmente il Mediterraneo, sempre dalla Penisola Iberica, attraverso Malta fino a Baalbek in Libano, con qualche piccola diversione, come il dolmen di Minervino in Puglia. Tranne che in Britannia, quella che in epoca storica è divenuta l’Inghilterra, non si trovano mai lontano dalle coste.

Tale disposizione suggerisce appunto una diffusione via mare di questo tipo di cultura ed un irradiamento a partire da un punto situato ad occidente delle coste dell’Europa, dall’Oceano Atlantico. Atlantide? In quale altro modo potremmo chiamarla?

Questo è quanto ci racconta lo scrittore Ian Wilson nel libro I pilastri di Atlantide .

“Il fenomeno delle costruzioni megalitiche in tutta Europa [si diffuse] (…) attraverso il Mediterraneo – toccando l’Africa settentrionale, la Tunisia, Malta, altre isole occidentali del Mediterraneo e la costa spagnola prima di attraversare lo stretto di Gibilterra e di approdare lungo le coste atlantiche di Spagna e Francia, fino a raggiungere le Isole Britanniche, l’Irlanda e le Orcadi.

La comparsa dei megaliti, dunque, si può considerare un fenomeno prettamente costiero, suggerendo l’ipotesi che la loro diffusione fu legata all’arrivo di colonizzatori che provenivano dal mare, che avevano buone conoscenze delle pratiche agricole e che avevano costruito grandi templi per i loro morti (…) Per questi morti vennero costruite dimore straordinarie. Dimore che richiedevano enormi blocchi di pietra, che dovevano essere trasportati, squadrati e maneggiati, blocchi che dovevano essere in grado di resistere a qualsiasi catastrofe naturale”.

Io penso che la controversia fra Mike Parker Pearson e i suoi colleghi Darwill e Wainwright potrebbe trovare una soluzione abbastanza facile. Se noi andiamo a esaminare un monastero dell’età medioevale, vediamo che queste strutture assolvevano a una pluralità di funzioni: erano prima di tutto dei luoghi di culto, ma anche di conservazione del sapere (pensiamo all’enorme lavoro compiuto dagli amanuensi nel copiare antichi manoscritti, che ci sono giunti dal remoto passato grazie a loro), luogo di ricovero per i pellegrini, e di cura, e anche di sepoltura, non solo per i monaci che l’abitavano ma anche per gli eventuali viandanti deceduti.

Ora quale difficoltà c’è ad ammettere che Stonehenge possa essere stato un luogo ugualmente “polifunzionale”? Un luogo di culto e di cura (in epoche in cui non esistevano altri strumenti terapeutici al di fuori della taumaturgia, i due concetti erano strettamente abbinati), un luogo di sepoltura e un cenotafio per gli antenati perduti, e anche un luogo in cui si conservava la conoscenza astronomica, materializzata negli allineamenti dei monoliti secondo gli assi dei solstizi e degli equinozi. (Su quest’ultimo punto, come vi ho detto, esiste oggi una forte contestazione, perché sembrerebbe che nel restauro del 1901 non tutti i monoliti sarebbero stati ricollocati nelle posizioni originali, ma è difficile credere che la geometria del monumento sia stata così completamente stravolta, soprattutto creando allineamenti astronomici che prima non esistevano da parte di operai che non avevano certo questa intenzione, né le conoscenze per tradurla in realtà).

Chiarito questo, rimane una domanda di fondamentale importanza: a parte il monumento in sé, Stonehenge e le altre strutture emerse nella piana di Salisbury, in che modo ci illuminano sulla storia remota delle Isole Britanniche e dell’intero continente europeo?

Io credo che la risposta più chiara a questa domanda ci venga proprio dalla traccia più concreta e indiscutibile che esseri umani vissuti migliaia di anni fa hanno lasciato dietro di sé, cioè dalle sepolture.

Esiste un metodo per stabilire la provenienza di una persona magari vissuta migliaia di anni fa: con il consumo di vegetali, frutta e verdura, passano nello smalto dentario piccole quantità di atomi di stronzio e di isotopi di ossigeno contenuti nelle piante. Poiché ogni località ha la sua proporzione caratteristica di questi elementi, la sua “firma” per così dire, è possibile stabilire dove una persona è prevalentemente vissuta.

Una delle sepolture che si è rivelata una fonte di importanti informazioni, è quella del cosiddetto arciere di Amesbury. Si trattava di un uomo di circa sessant’anni, che è stato sepolto con uno dei più ricchi corredi funebri di età neolitica conosciuti. L’uomo soffriva di un ascesso dentario che gli si era infiltrato nell’osso della mandibola e che di quando in quando doveva procurargli dolori atroci, in più era zoppo, probabilmente in conseguenza di una caduta da cavallo. Il suo corredo funebre ci dice che era uno straniero; esso è tipico di quella che gli archeologi hanno chiamato Cultura del bicchiere campaniforme, che all’epoca era estesa dalla Penisola iberica all’Arco alpino, e l’analisi dello smalto dentario ha confermato che veniva dalle Alpi.

Dunque, si trattava di un ricco straniero affetto da due gravi patologie, probabilmente venuto a Stonehenge per curarsi, attratto dalla fama taumaturgica del santuario, “una Lourdes della preistoria” l’ha definito qualcuno. Già questo ci dà un’idea della preistoria dell’Europa neolitica alquanto diversa da quel che molti immaginano, un’Europa dove le persone e le informazioni viaggiano su grandi distanze, e anche una persona invalida può compiere un viaggio dalle Alpi alle Isole Britanniche.

Noi non sappiamo se quest’uomo praticasse effettivamente il tiro con l’arco, è stato chiamato “arciere” per il gran numero di punte di freccia (le aste lignee ovviamente non si sono conservate) che sono state ritrovate nel suo corredo funebre, ma le frecce erano probabilmente un “must” nelle sepolture dell’epoca, e per lo stesso motivo sono stati chiamati “arcieri” anche coloro i cui resti sono emersi da un’altra sepoltura anch’essa nelle vicinanze di Stonehenge, gli arcieri di Boscombe Down.

Quella degli “arcieri di Boscombe” è un’altra sepoltura che ci ha fornito preziose informazioni: è insolita perché le inumazioni collettive all’epoca sono rare, ha restituito i resti di sei persone: tre uomini, un adolescente e due bambini. Non è verosimile che si trattasse di un gruppo familiare, essendo tutti e sei solo maschi. L’analisi dello smalto dentario ha permesso di accertare che anche costoro erano dei forestieri, ma venivano da molto meno lontano dell’uomo di Amesbury, dalle Praseli Hills nel Galles.

Dalle Praseli Hills vengono anche i monoliti che costituiscono il secondo cerchio di Stonehenge, le pietre blu, mentre i triliti del cerchio più esterno e di quello più interno sono di pietra grigia locale, detta sarsen. Le pietre blu hanno la prerogativa di assumere una colorazione bluastra quando sono bagnate. Poiché la zona delle Praseli Hills è ricca di sorgenti termali (tuttora usate), deve essersi stabilita molto presto un’associazione fra il potere curativo delle sorgenti e le pietre. E’ probabile che esse siano state portate a Stonehenge percorrendo i 240 chilometri che separano il santuario dalle colline gallesi con zattere lungo il canale di Bristol e l’Atlantico.

Si pensa che gli arcieri di Boscombe fossero addetti al trasporto e alla posa in opera delle pietre rimasti vittime di un incidente. I bambini probabilmente seguivano i padri per imparare il mestiere e fare piccoli lavoretti. Questo ci rimanda a una società evoluta dove esistono categorie di lavoratori specializzati, una società abbastanza ricca da permettere di avere classi di lavoratori non direttamente impegnati nella produzione delle sussistenze per la sopravvivenza.

Un’altra sepoltura che ci ha rivelato informazioni preziose su quel mondo neolitico, è stata scoperta nel 2004; essa ci ha restituito i resti di un giovane uomo di circa 25 anni sepolto a poca distanza dal triplice cerchio megalitico. E’ una sepoltura anomala. Il giovane è stato sepolto in posizione supina, mentre a quei tempi era in uso la deposizione dei cadaveri rannicchiati in posizione fetale, inoltre non c’è traccia di corredo funebre, laddove di solito anche i defunti più poveri venivano inumati almeno con una brocca di birra che li accompagnasse nel viaggio ultraterreno. La sepoltura, inoltre, era così poco profonda che, verosimilmente a molti secoli di distanza dalla morte del ragazzo, la spina dorsale è stata spezzata dalla lama di un aratro.

L’esame delle ossa ha rivelato che il giovane è stato trafitto alla schiena da frecce scagliate da almeno due direzioni diverse e poi finito mentre si trovava a terra. Fra le ossa sono stati trovati tre frammenti di pietra blu. Secondo gli archeologi Tim Darwill e Geoff Wainwright che l’hanno esaminato, si sarebbe trattato di un giovane ladro introdottosi nel santuario che, sorpreso dai guardiani del tempio, sarebbe stato inseguito e ucciso.

Secondo i due archeologi, dalle pietre blu cui era attribuito un potere curativo, venivano staccati intenzionalmente frammenti che erano poi usati e commercializzati come amuleti. Il fatto che parte del bottino non sia stata recuperata, suggerisce che il fattaccio sia avvenuto nottetempo, a questo punto i guardiani si sarebbero sbarazzati del corpo del giovane ladro seppellendolo in tutta fretta in modo da non turbare le attività taumaturgiche e commerciali che sarebbero riprese l’indomani. The Show must go on, a quei tempi come oggi.

Tutto ciò ci rimanda a una preistoria neolitica molto diversa da quella che forse avremmo immaginato, dove esistono attività commerciali, il furto e l’equivalente di un corpo di polizia, una preistoria inaspettatamente “moderna”.

Nel 2005, un’altra inumazione ha restituito i resti di un ragazzo di circa 15 anni che aveva al collo una collana di ambra. L’ambra era rara e preziosa allora come oggi, e questo fa pensare che il ragazzo appartenesse a una famiglia di status sociale elevato. L’analisi dello smalto dentario ha rivelato che il ragazzo proveniva dal Mediterraneo. Poiché appare improbabile che un ragazzo così giovane si sia spinto tanto lontano da solo, si ritiene che facesse parte di un gruppo familiare di pellegrini o turisti. L’ambra della collana, poi, è di provenienza baltica. Questo ritrovamento ci conferma una volta di più la realtà di un’Europa preistorica dove le persone, e non isolati avventurieri, ma interi gruppi familiari, e le merci, si spostano su lunghe distanze.

Gli altri circoli megalitici, nelle Isole Britanniche e sul continente europeo sono stati studiati finora con molta minore attenzione di quella riservata a Stonehenge, ma il poco che sappiamo ci conferma l’immagine di un’Europa molto più civile di quel che avremmo supposto; ad esempio nei pressi del circolo megalitico di Gosek in Germania è stato ritrovato il singolare manufatto noto come disco di Nebra e che si può definire un vero e proprio astrolabio preistorico, e parrebbe presupporre una conoscenza astronomica molto raffinata.

Non è possibile non ricordare quel che ha scritto al riguardo Colin Renfrew:

“Molti di noi erano convinti che le piramidi d’Egitto fossero i più antichi monumenti del mondo costruiti in pietra, e che i primi templi fossero stati innalzati dall’uomo nel Vicino Oriente, nella fertile regione mesopotamica. Si riteneva anche che là, nella culla delle più antiche civiltà, fosse stata inventata la metallurgia e che, successivamente, le tecnologie per la lavorazione del rame e del bronzo, dell’architettura monumentale e di altre ancora, fossero state acquisite dalle popolazioni più arretrate delle aree circostanti, per poi diffondersi a gran parte dell’Europa e del resto del mondo antico (…)

Fu quindi un’enorme sorpresa quando ci si rese conto che tutta questa costruzione era errata. Le tombe a camera megalitiche dell’Europa occidentale sono ora considerate più antiche delle piramidi e sono questi, in effetti, i più antichi monumenti in pietra del mondo, sì che una loro origine nella regione mediterranea orientale è ormai improponibile (…) Sembra, inoltre, che in Inghilterra Stonehenge fosse completata e la ricca età del Bronzo locale fosse ben attestata, prima che in Grecia avesse inizio la civiltà micenea (…) Le nuove datazioni ci rivelano quanto abbiamo sottovalutato questi creativi “barbari” dell’Europa preistorica, i quali in realtà innalzavano monumenti in pietra, fondevano il rame, creavano osservatori solari, e facevano altre cose ingegnose senza alcun aiuto dal Mediterraneo orientale (…) Si verifica tutta una serie di rovesciamenti allarmanti nelle relazioni cronologiche. Le tombe megalitiche dell’Europa occidentale diventano ora più antiche delle piramidi (…) e, in Inghilterra, la struttura definitiva di Stonehenge, che si riteneva fosse stata ispirata da maestranze micenee, fu completata molto prima dell’inizio della civiltà micenea (…) Quell’intero edificio costruito con cura, comincia a crollare, e le linee di base dei principali manuali di storia devono essere cambiate”.

Questo brano è un estratto del testo L’Europa della preistoria (Before Civilization, the Radiocarbon Revolution and prehistoric Europe), che è del 1973. Della rivoluzione che le datazioni al radiocarbonio e la dendrocronologia avrebbero dovuto introdurre nella nostra visione della storia, finora non si è visto nulla, e i libri di storia continuano a snocciolare la solita favola dell’origine mediorientale della civiltà. C’è probabilmente bisogno che cambi qualcosa nella mentalità profonda di coloro che pretendono d’insegnare la storia, un cambiamento analogo a quello introdotto da Copernico nell’astronomia.

2 Comments

  • Charles Vinson 9 Dicembre 2016

    Assolutamente vero, ma dirò di più. Resti megalitici sono come è noto diffusi in tutta europa, ma in Italia ne abbiamo di imponenti: basti pensare alla Stonehenge valdostana, ma anche senza allontanarsi da Roma, basta fare un salto nei pressi di Ladispoli dove il castello di santa segera poggia su blocchi di pietra spropositati, o fare un salto ad Alatri dove si stima che l’architrave della porta fallica pesa 27 tonnellate… e sempre a proposito di Alatri, le incisioni raffiguranti la triplice cinta, di cui si è recentemente scoperto l’orientamento astrologico in direzione della stella polare, sembra che siano datate a 12.000 (si, proprio dodicimila) anni fa, sebbene questo dato sia da prendere con le molle perché non ancora confermato definitivamente.
    C’è ancora molto da studiare, ma certe cose stanno emergendo ormai prepotentemente e non possono più essere ignorate…
    Il problema che nelle scuole come nelle università continuano ad insegnare le solite menate…
    Comunque, sarà sempre vostro lettore.

  • Charles Vinson 9 Dicembre 2016

    Assolutamente vero, ma dirò di più. Resti megalitici sono come è noto diffusi in tutta europa, ma in Italia ne abbiamo di imponenti: basti pensare alla Stonehenge valdostana, ma anche senza allontanarsi da Roma, basta fare un salto nei pressi di Ladispoli dove il castello di santa segera poggia su blocchi di pietra spropositati, o fare un salto ad Alatri dove si stima che l’architrave della porta fallica pesa 27 tonnellate… e sempre a proposito di Alatri, le incisioni raffiguranti la triplice cinta, di cui si è recentemente scoperto l’orientamento astrologico in direzione della stella polare, sembra che siano datate a 12.000 (si, proprio dodicimila) anni fa, sebbene questo dato sia da prendere con le molle perché non ancora confermato definitivamente.
    C’è ancora molto da studiare, ma certe cose stanno emergendo ormai prepotentemente e non possono più essere ignorate…
    Il problema che nelle scuole come nelle università continuano ad insegnare le solite menate…
    Comunque, sarà sempre vostro lettore.

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