20 Luglio 2024
Attualità Usa

Usa hanno piano B se euro salta: guerra permanente

di Riccardo Percivaldi

Con un debito alle stelle e una bolla azionaria in imminente fase di deflagrazione, gli Stati Uniti cercano di arrestare il declino del loro impero alimentando una guerra globale permanente. L’aggravarsi dell’eurocrisi compromette inoltre la stabilità del loro sistema di dominio in Europa, infatti senza la moneta unica gli Stati Uniti perderebbero lo strumento principale, dopo la NATO, per tenere al guinzaglio le nazioni europee e piegarle ai ricatti di Washington. Per riportare sotto la protezione euratlantica gli stati servi, gli Usa rispolverano quindi il fantasma di una nuova guerra fredda e seminano il caos in Ucraina, in Africa e in Medio Oriente. In questo contesto si inseriscono anche la minaccia del terrorismo islamico (ISIS) e la recente emergenza sbarchi dal Nord Africa, che mirano a tenere in vita la moribonda Unione Europea, obbligando i governi a cooperare in vista di un possibile intervento militare in Libia. Gli Stati Uniti sperano così di rinserrare i ranghi dell’alleanza atlantica, presupposto indispensabile per uno scontro decisivo contro la Russia.

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Nonostante i recenti accordi tra il governo ellenico e la Troika, tutti sanno che la Grecia è già fuori dall’euro. Da almeno un anno i grandi istituti bancari preparano piani di fuga dall’eurozona da utilizzare nei casi di emergenza, con analisi ben dettagliate che valutano tutti gli scenari possibili. Perciò possiamo essere certi che indipendentemente dalla dipartita greca, l’usurocrazia euratlantica di Bruxelles non si farà cogliere impreparata.
Gli americani, che grazie alla trappola dell’euro sono riusciti a imbrigliare a livello politico ed economico le nazioni del vecchio continente, sottraendo sovranità agli stati e rendendo de facto l’Europa una semplice zona di libero scambio funzionante grazie a meccanismi decisionali tecnocratici e intergovernativi, non permetteranno mai che l’implosione dell’Eurozona faccia crollare di colpo il castello di carta su cui si basa il loro sistema coloniale di sfruttamento e di dominio.
Uno dei pilastri dell’impero americano è infatti la sudditanza economica dei paesi dominati, ottenuta mandandoli sull’orlo della bancarotta per mezzo dell’eccessivo indebitamento. È la dottrina della Shock economy, applicata per trent’anni ai paesi di mezzo mondo, ed introdotta anche in Europa sull’ondata neoliberista che ha portato, grazie alla complicità delle élites integrate nella finanza transnazionale e nei gangli del sistema imperialistico pilotato dagli Stati Uniti, all’adozione prima dello SME e poi dell’euro, che nei fatti traducono a livello intra-europeo lo stesso squilibrio sistemico tra centro e periferia sussistente tra le economie avanzate imperialiste e quelle dei paesi in via di sviluppo.

Qualora l’euro fosse soppiantato, non potendo più contare sulla schiavitù del debito e sulla dipendenza monetaria, agli Stati Uniti non rimarrebbe che un’unica soluzione per continuare ad esercitare il ruolo egemonico con cui si sono finora assicurati il predominio sul continente, ed impedire che un’Europa di nazioni di nuovo libere e sovrane si saldi alla Russia e passi ad una politica di cooperazione eurasiatica, vale a dire provocare una guerra in grande stile per costringere i governi a sottomettersi alla protezione della Nato e per tenere in vita l’Unione Europea che altrimenti senza l’euro perderebbe ogni ragion d’essere.
Di conseguenza gli americani sguinzagliano i mercenari dell’ISIS e scaricano migliaia di clandestini sulle nostre coste: è la nuova strategia della tensione per portarci all’esasperazione e obbligarci ad agire secondo i loro desiderata, in coerenza con la linea politica usata a partire dal conflitto in Ucraina, le sanzioni anti-russe e gli sforzi per far approvare il TTIP, che mirano tutti a creare una linea di demarcazione tra est e ovest e tenere l’Europa in orbita angloamericana.

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Come abbiamo dimostrato in precedenza i sedicenti “profughi” non partono di loro spontanea volontà, ma vengono catturati e costretti con la forza ad imbarcarsi. Si dicono vittime di sistematiche retate da parte di presunti poliziotti libici in combutta con i trafficanti per essere mandati in Italia. A due inviati di Le Monde hanno confessato:
«Le autorità ci accusano di voler partire per l’acqua, ma è falso. C’è chi viene preso in casa, negli appartamenti, altri sono presi per strada; come me, io sono stato preso per strada». «I veri traghettatori sono loro», spiega un compagno. «Dicono agli europei che ci hanno catturato in mare ma è falso! Ci stanno vendendo. Sono loro che gestiscono la prigione e organizzano le partenze per andare in Italia … Quando arrivate voi giornalisti, fanno finta, è organizzato». [1]
La rivista Les Observateurs ha poi pubblicato un servizio in cui accusa “L’organisation internationale pour les migrations”, un ente intergovernativo legato alle Nazioni Unite, con a capo l’ambasciatore americano Willliam Lacy Swing, di essere la centrale operativa che intercetta gli africani sub-sahariani per spedirceli. [2]
Da notare anche che gli sbarchi partono dalla Tripolitania, dove si è insediata la banda islamista di Alba Libica sostenuta dai Fratelli Musulmani e legata a Stati Uniti, Regno Unito, Qatar e Turchia da cui riceve i finanziamenti, che combatte sia il legittimo governo di al-Thani, che l’esercito di Haftar. [3]

Il trucco sembra funzionare e grazie al pretesto di combattere la pirateria scafista l’intervento militare forse si farà. In effetti è già tutto pronto e il 18 maggio scorso il piano è stato formalmente approvato dai rappresentanti di tutti i 28 paesi aderenti all’Unione Europea.

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«WikiLeaks rende pubblico il Documento nr. 1 dal titolo “Consigli del Comitato Militare sul Progetto CMC ossia Concetto di Gestione della Crisi per una possibile operazione PSDC per smantellare le reti di traffico di esseri umani nel sud del Mediterraneo centrale».
«Il Piano classificato dell’UE, è stato approvato dai capi di difesa stati membri dell’Unione Europea, per un anno (almeno) prevede un’operazione militare contro le reti e le infrastrutture di trasporto dei rifugiati del Mediterraneo, tra cui la distruzione di barche ormeggiate e le operazioni all’interno dei confini territoriali della Libia. Il documento è significativo. Stabilisce l’obiettivo dei Capi della Difesa dell’UE: schierare la forza militare contro le infrastrutture civili in Libia per fermare i flussi di rifugiati. Dati i precedenti attacchi sulla Libia da parte di diversi membri europei della NATO e le riserve accertate di petrolio della Libia, il piano può portare ad ulteriore coinvolgimento militare in Libia. Formalmente, il documento è stato approvato dal Consiglio militare del Comitato Militare dell’Unione Europea (EUMC), dal Comitato Politico e di Sicurezza (CPS)». [4]

Inoltre:

«Secondo indiscrezioni rilevate dai principali organi di stampa, sembra che all’ONU si riuscirà presto a trovare un accordo per consentire all‘Italia e all’Unione Europea un intervento militare in Libia con lo specifico e limitato scopo di fermare la pirateria scafista e quindi l’enorme flusso di immigrati clandestini che partono proprio dalla Libia ma che arrivano da diversi paesi africani»
«Probabilmente qualcuno di importante (vedi USA), sta di fatto obbligando l’Italia ad intervenire militarmente. Questo conferma la strategia USA di non intervenire più direttamente ma di far combattere gli alleati, come in Ucraina, dove si mandano avanti inglesi, polacchi e baltici e come in Yemen dove si mandano avanti Sauditi e company. In Libia è il turno dell’Italia». [5]

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Ma a questo punto è lecito chiedersi cosa andremo a fare esattamente in Libia, visto che uno dei documenti del Piano segreto classificato dall’UE afferma che «l’obiettivo politico dell’intervento militare non è chiaramente definito» e raccomanda che la Commissione Europea realizzi ulteriori indicazioni.

La risposta è: per portare avanti la strategia di contenimento della Russia colpendo i suoi alleati in Africa e Medio Oriente.

Infatti da un po’ di tempo qualcosa dev’essere sfuggito di mano agli ascari di Obama perché in Libia il generale Haftar, che precedentemente aveva contribuito ad abbattere il regime di Gheddafi, ha cominciato a combattere sul serio il terrorismo e ora, grazie anche al supporto del governo egiziano, che è entrato in ottimi rapporti con la Russia, minaccia di stabilizzare il paese.

Per comprendere le implicazioni di ciò facciamo una rapida ricognizione sulla situazione mediorientale a partire dalla Primavera araba.
I piani per ridisegnare il Medio Oriente rispondono a una convergenza d’interessi tra Stati Uniti, Qatar, Turchia, Arabia Saudita e Israele. All’inizio il loro scopo era far cadere gli stati laici e frammentarli in piccole entità regionali su base etnico-religiosa. In particolare gli Stati Uniti hanno fatto affidamento sui Fratelli Musulmani per instaurare dei regimi fantoccio dopo la Primavera araba. Invece, contro gli stati più solidi che non potevano essere destabilizzati con una rivoluzione colorata, venivano lanciati i tagliagole dell’ISIS. A far fallire i loro piani per la prima volta sono stati Assad in Siria e il presidente al-Sisi in Egitto.
Quando gli americani si rendono conto che il governo siriano non può essere rovesciato neppure con la forza cambiano strategia e inventano la minaccia dell’ISIS per avere il pretesto per bombardare direttamente le infrastrutture siriane. Quelli che erano i combattenti per la democrazia di colpo diventano i nemici della libertà. Successivamente li mandano a riconquistare Mosul in Iraq, che sotto il governo Maliqi stava ritornando un paese normale, e lo fanno precipitare nuovamente nel caos. Le colpe di Maliqui? Aver stretto legami con la Russia e l’Iran, essersi posto in prima linea nella lotta contro il terrorismo e aver chiuso la base di Camp Ashraf dove gli americani addestravano i tagliagole del Mek.
Nel caso dell’Egitto, l’islam politico sostenuto dagli USA subisce una cocente sconfitta e dopo una controrivoluzione guidata dal al-Sisi, viene deposto l’ex presidente Mursi, legato ai Fratelli Musulmani. Un’umiliazione intollerabile per Washington. Al-Sisi, il nuovo presidente, disse in un’occasione: «Il popolo dell’Egitto è consapevole del fatto che gli Stati Uniti hanno pugnalato alla schiena l’Egitto con i fratelli musulmani e Mursi. È qualcosa che l’Egitto non dimenticherà o perdonerà facilmente». [6]
L’ex ambasciatrice americana Anne Patterson nell’estate del 2013 fu pesantemente contestata dal popolo egiziano, sceso nelle piazze contro il regime islamista e fu costretta a lasciare in gran fretta il Cairo, per aver appoggiato fino all’ultimo i Fratelli Musulmani.

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Questi, per vendicarsi, hanno ordito la strage di cristiani copti che ha fatto inorridire il mondo intero. Nonostante quest’atto di inaudita barbarie, o forse proprio per questo, una delegazione della Fratellanza è stata ricevuta con tutti gli onori al Dipartimento di Stato dall’amministrazione Obama. Il Center for the Study of Islam and Democracy (CISD) ha riferito che l’incontro al Dipartimento di Stato è stato “fruttuoso”.

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Possiamo solo immaginare quali frutti abbia prodotto questo incontro. Dobbiamo forse aspettarci un nuovo bagno di sangue in Egitto? Quel che è certo è che l’amministrazione Obama si conferma come la tesa d’urto della sharia islamica e dell’islamizzazione della società a tutti i livelli. Questo almeno è quello che emerge dai rapporti dell’Investigative Project on Terrorism che nel 2013 rilevava che la Casa Bianca è divenuta «da ostile a gruppi e organizzazioni islamiche nel mondo al più grande e importante sostenitore della Fratellanza Musulmana». Ed è sempre l’Investigative Project che nel 2015 ci illumina sui risultati del misterioso incontro: «La delegazione ha cercato aiuto per reinsediare al potere l’ex-presidente Muhamad Mursi e i Fratelli Musulmani in Egitto». [7]
Prima però di aiutare i Fratelli Musulmani ad attuare il loro criminoso disegno, gli americani hanno bisogno di far deflagrare il caos in Libia e per questa ragione hanno attivato le cellule dell’ISIS presenti sul posto, anche nell’ipotesi di fare della Libia la base per una destabilizzazione su vasta scala di tutta l’Africa. L’Egitto lo sa e infatti il 16 febbraio in risposta all’assassinio dei 21 egiziani ha effettuato un bombardamento aereo delle basi dello Stato islamico in Libia. Il Consiglio Nazionale di Difesa ha ribadito «il diritto dell’Egitto di difendere sicurezza e stabilità del proprio popolo». [8]
In una manifestazione a Tobruk i sostenitori del generale Khalifa Haftar hanno chiesto la cacciata dell’ambasciatore statunitense ed un rapporto più diretto con la Russia, visto che gli americani sono troppo impegnati a foraggiare gli islamisti e a supportare il Califfato. Haftar è oggi l’unico in Libia a tenere testa all’ISIS e per questo vorrebbe rifornirsi di armi russe grazie alla mediazione di al-Sisi. Dietro di lui si sta aggregando un fronte trasversale interessato alla stabilizzazione del Paese e all’instaurazione di un regime laico e filo-russo come quello di Gheddafi, cosa ritenuta intollerabile dall’amministrazione Obama, che persegue invece la somalizzazione della Libia. [9]
C’è poi un’altra ragione per cui gli Stati Uniti mirano a rovesciare il governo egiziano. Recentemente, infatti, dopo la visita di Putin, il presidente al-Sisi ha siglato importanti accordi commerciali, industriali e militari con la Russia tra cui l’invio di MiG-29M/M2, sistemi di difesa aerea di diversi tipi, Mi-35, sistemi antinave, munizioni varie e armi leggere. È stata anche discussa la possibilità di creare una zona di libero scambio tra l’Egitto e i paesi dell’Unione doganale eurasiatica, di abbandonare il dollaro e di dar vita ad una zona industriale russa, che farà parte di un nuovo progetto per il Canale di Suez. Per gli Stati Uniti, dunque, non c’è tempo da perdere. [10]
Se per colpire la Russia occorre colpire l’Egitto, e per colpire l’Egitto occorre colpire la Libia, per colpire la Libia occorre rendere l’Italia, il più importante avamposto occidentale sul Mediterraneo, l’epicentro di una ondata destabilizzatoria finalizzata all’accettazione da parte dell’opinione pubblica di una nuova “guerra preventiva”. È per questo che gli americani fomentano la strategia della tensione a base di sbarchi e attentati, che minaccia di precipitare il nostro paese nel caos e di renderlo facile preda delle turbe islamiche.

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Stiamo pur certi che il governo fantoccio di Renzi, con il suo seguito di lustrascarpe, nani, scafisti, pagliacci e ballerine, non esiterà a mettere a repentaglio la nostra sicurezza nazionale accodandoci agli americani nella stupida guerra contro il Califfato, che invece di ridurre aumenterà a dismisura il numero degli attentati e degli sbarchi, come già accaduto dopo la precedente disastrosa campagna libica.
L’immigrazione va combattuta con altri mezzi. Basterebbe, tanto per cominciare, smettere di aiutare gli americani a fare le loro guerre, organizzare un autentico blocco navale, con dei veri militari pronti a sparare sugli scafisti, chiudere le frontiere, reintrodurre il reato di immigrazione clandestina, rimpatriare tutti gli immigrati presenti sul territorio nazionale, avere la certezza che non possono più tornare, processare e condannare per alto tradimento tutti coloro che favoriscono l’immigrazione e speculano sul business dei centri d’accoglienza. Invece si propongono soluzioni assurde, come l’intervento militare in Libia, perché evidentemente i veri scopi sono diversi da quelli dichiarati e nessuno in realtà vuole fermare l’immigrazione e il terrorismo, ma solo favorirli dietro il pretesto di combatterli.

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Come possiamo fidarci infatti di Renzi che in realtà è solo una docile marionetta nelle mani del neocon Michael Ledeen, l’uomo-ombra che ne condizione la politica estera? «Ledeen è stato la mente della strategia aggressiva nella Guerra Fredda di Ronald Reagan, è stato la mente degli squadroni della morte in Nicaragua, è stato consulente del Sismi negli anni della Strategia della tensione, è stato una delle menti della guerra “preventiva”  al terrore promossa dall’Amministrazione Bush (Shock and Awe), oltre che teorico della guerra all’Iraq e della potenziale guerra all’Iran, è stato uno dei consulenti del ministero degli Esteri israeliano». [11]

Con un simile personaggio che influenza l’operato del governo possiamo aspettarci di tutto. Intanto l’Alleanza atlantica userà a settembre l’Italia per una maxi esercitazione in vista di una possibile guerra contro la Russia.

«Dopo una prima fase definita “magnifico balzo” (Noble Jump) tenutosi in aprile in Polonia con la partecipazione di forze tedesche e italiane, si è avuta la seconda recentemente a largo della Scozia, definita Joint warrior, e per ammissione della stessa Nato è stata la maggiore esercitazione navale: vi partecipano dall’11 al 24 aprile 50 navi da guerra (tra cui un gruppo italiano) e 70 cacciabombardiere (che, bisogna sempre ricordarla, hanno duplice capacità anche nucleare). Il tutto serve a preparare la madre di tutte le esercitazioni per la cosiddetta “Trident Juncture 2015” (TRJE15) – la maggiore esercitazione dalla caduta del Muro di Berlino ad oggi che si tierrà in Italia dal 28 settembre al 9 novembre ed in cui parteciperanno tutte le forze della Nato.“Verranno ad esercitarci alla guerra qui in Italia». [12]

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Scriveva giustamente Giovanni Preziosi: «In guerra, è facile far uno sproposito grosso e pericoloso: svalutar il nemico. Ma non è difficile farne uno anche più massiccio e compromettente; non saperne nulla del nemico. Ed è possibile quello peggio di tutti: non contar fra i nemici il nemico numero uno».
Dopo essere stato il nostro mortale nemico nella Seconda guerra mondiale, dopo aver distrutto i valori della nostra civiltà con il veleno dell’americanismo, dopo aver organizzato stragi e attentati e aver riempito il nostro paese di immigrati per disgregarne il tessuto etnico e sociale, gli Stati Uniti vogliono ora usarci come carne da macello per fare il lavoro sporco al posto loro. Un nemico ci ha dichiarato guerra ma non è l’Islam, sono gli Stati Uniti. Come affermava Clausewitz: «La guerra è un atto di violenza il cui scopo è costringere l’avversario a fare la nostra volontà». Perciò possiamo tranquillamente dire che gli Stati Uniti sono il nostro nemico numero uno.

L’unica speranza di rinascita dell’Italia e dell’Europa sta nella definitiva scomparsa di questo impero retto dai Signori del Caos, il vero e unico impero del Male.

Forse non dovremo aspettare troppo.

NOTE
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[1]Maurizio Blondet, Libia: la lucrosa caccia al negro per mandarcelo

[2]Maurizio Blondet, Migrazioni di massa e l’ente che le “promuove”

[3]Gian Micalessin, Così Tripoli si finanzia con gli sbarchi
Federico Dezzani, Sbarchi di massa

[4]Federico Rucco, I documenti segreti della nuova guerra dell’Unione Europea contro la Libia

[5]G. Cirillo, L’Italia presto in guerra

[6]Christof Lehman, Gli Stati Uniti hanno tradito l’Egitto

[7]Boutros Hussein, Noriko Watanabe e Lee Jay Walker, I piani dei Fratelli musulmani di USA, Qatar e Turchia in Egitto e Siria

Giovanni Giacalone, Gli strani legami tra l’amministrazione Obama e i Fratelli Musulmani
I Fratelli Musulmani uccidono cristiani nel silenzio dei media. La denuncia di Wael Farouq

[8]Alessandro Lattanzio, Libia, NATO, Qatar e intervento nell’Egitto
[9]Comidad, Renzi e Pinotti presto in Libia ma per combattere la Russia

[10]Massimiliano Greco, Egitto e Russia: è guerra contro il dollaro
Andrej Akulov, L’accordo sulle armi Russia-Egitto: importante passo avanti
Viktor Titov, Sfide e prospettive della cooperazione tra Egitto e Russia
Philippe Grasset, L’Egitto volta le spalle a dollaro e F-16
Suleiman Kahani, Al Sisi e Putin si accordano per costruire una centrale nucleare in Egitto

[11]Tutti gli uomini del Presidente fantoccio

[12]Manlio Dinucci: A settembre la Nato userà l’Italia per esercitarsi alla guerra con la Russia ma nessuno lo sa

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