Il giorno 21 giugno si è tenuta presso la sala dell’associazione ll Mirto e la Rosa di Napoli, una conferenza organizzata da Il Cervo bianco e dalla redazione di Ereticamente, col patrocinio di Vie della Tradizione, della Fondazione Evola, delle Edizioni all’Insegna del Veltro e di Fenix Rivista, e che ha visto la partecipazione di più di un centinaio di persone, numero notevole per iniziative del genere. L’incontro voleva trattare della figura di Evola nel quarantennale della scomparsa, nelle sue relazioni con la modernità, con la tradizione arcaica e la Scienza dell’Io. La caratura dei relatori è stata decisamente notevole e sicuramente ciò ha contribuito al successo dell’iniziativa: da Claudio Mutti ad Andrea Scarabelli, da Giandomenico Casalino a Nunziante Albano, da Roberto Incardona fino agli interventi finale di Luca Valentini e Daniele Laganà.
Trattare del pensiero del poliedrico nobile romano non è mai facile, tanto più che spesso si perde di vista la parte più rilevante della sua Opera, la praxis operativa e magica, la Scienza dell’Io appunto. Per questo, pur nella differenza di punti di vista è parsa evidente la sottile e comune finalità degli interventi, volti a mostrare, seppur da angoli di visuale diversi, la vera e propria natura rivoluzionaria dell’Opera evoliana, nel senso etimologico del termine.
Il primo intervento è stato quello del Professor Mutti, studioso dell’Islam e delle dottrine esoteriche sufiche, nonché profondo conoscitore delle tematiche inerenti l’Europa dell’Est. Egli ha voluto ricordare i controversi rapporti che Evola ebbe con il nazionalsocialismo e la sua opera nei paesi della MittelEuropa. Le conferenze da lui tenute in Germania e Ungheria furono innumerevoli, cosi come i suoi contatti con esponenti della rivoluzione conservatrice e della nobiltà anti-progressista dell’epoca. Ciò, seppur generava imbarazzi e sospetti da parte fascista e nazionalsocialista, non era “contro” questi regimi, bensì tendente ad un opera di precisazione e rettificazione di determinati aspetti di quelle esperienze che per Evola e i suoi omologhi teutonici e magiari erano evidenti. I notevoli viaggi del barone lo portarono inoltre a conoscere, tramite l’amico Mircea Eliade, il Capitano Cornelio Codreanu, comandante della Guardia di Ferro romena, di cui egli testimoniò il valore umano e spirituale. Del resto la vicinanza ideale di Evola al mondo germanico e del centro Europa non può essere messa in discussione, piaccia o meno ai suoi detrattori “mediterranei” che, probabilmente, non hanno capito che la “nordicità” non è un dato fisico, o non solo quantomeno, ma soprattutto un dato dello spirito, del carattere, dell’ethos che si porta avanti. Se egli vedeva ancora possibilità in quei paesi era da un lato per la qualità umana della nobiltà e della popolazione, e d’altro canto per i benevoli influssi che un non lontano passato “feudale” ancora esercitava in quelle contrade.
Il secondo intervento è stato quello di Andrea Scarabelli, della Fondazione Evola. Egli si è soffermato in particolare sulla nuova edizione de Il Cammino del Cinabro, quale testimonianza di quell’equazione personale evoliana che costituisce un filo rosso, che si dipana attraverso gli interessi svariati, gli innumerevoli ambiti di studio e le frequentazioni. Il giovane studioso milanese ha sottolineato come siano sempre le due polarità individuate nel primo capitolo a connotare le scelte del filosofo romano. Da un lato, l’anelito alla trascendenza, dall’altro, la disposizione a realizzarla attivamente. La necessità di individuare un’azione che si faccia latrice della dimensione del sacro, diceva Evola alla fine degli anni Venti, permette di evitare la Scilla di una religiosità semplicemente contemplativa, con tutte le sue derive retromondiste di certo cristianesimo, ma al contempo ci allontana dalla Cariddi di un’azione priva di qualsivoglia riferimento superiore – attivismo “faustiano” di spengleriana memoria. Azione e trascendenza: queste le ascisse e le ordinate dell’equazione personale evoliana, la quale è e deve rimanere esempio – nel significato che la migliore classicità attribuì a questo termine – a quarant’anni dalla scomparsa fisica di Julius Evola.
Fondamentale, di seguito, l’intervento di Giandomenico Casalino, appassionato cultore di filosofia e della tradizione giuridico-religiosa romana, la cui passione si è colta chiaramente nella vis espressiva. Egli ha trattato diffusamente degli insegnamenti inerenti la tradizione sapienziale e ha sottolineato che avvicinarsi a Julius Evola, parlare dei Simboli, dei Miti, dei Riti e della Dottrina che ha trasmesso, senza un avviamento, già predisposto per natura naturans, ad un “mutamento di stato di coscienza”, di “sistema di pensiero”, di “forma interna”, poiché “…solo il simile conosce il simile…”, secondo il principio fondamentale della Tradizione Platonica, equivale ad emettere “strani” suoni o indicare “arcani” segni, privi ontologicamente di qualsiasi significato o potenza. Senza un autentica “metànoia” spirituale, che è vivere la vita come ritualità filosofica ed operatività sacrificale, sicché l’Occhio della Mente sia aperto alla Forma, nessuna Scienza del Sé si manifesterà, così come si resterà del tutto indifferenti dinanzi alla potenza teogonica ed evocativa portata dall’affermazione: “i Greci non credevano negli Dei; poiché li vedevano!”. Quindi in primis un cambiamento di prospettiva, di visione; successivamente un vero e proprio mutamento ontologico, possono permettere di realizzare l’opus sotteso all’intera opera evoliana, una reintegrazione spirituale dell’uomo, e, per dirla con Casalino stesso nell’ultima sua opera, un ritorno all’origine, un giungere ad un Assoluto che è nel contempo punto di partenza e mèta finale del percorso iniziatico.
Ultimo intervento della mattina è stato quello di Stefano Arcella, nel quale si è sottolineata la centralità nell’opera evoliana dei rapporti con gli “antroposofi” Giovanni Colazza, e tramite lui, con Rudolf Steiner. Rapporto, questo, sempre osteggiato da parte evolomane nonché antroposofa, sempre pronte ad ergersi a custode del “Verbo” dei rispettivi maestri e a dogmatizzare ciò che per sua natura non può esserlo, né dovrebbe esserlo. Colazza, figura di spicco dell’ambiente esoterico degli anni 20-30 in Italia, ha avuto non solo meriti enormi nella redazione e nella costruzione del “corpus” di “Ur” e “Krur”, ma ha fornito ad Evola decisivi spunti “operativi” che il Barone mostrò di apprezzare molto di più di quanto può sembrare apparentemente. I suoi contributi per le riviste Ur e Krur, firmati con lo pseudonimo di Leo, riguardano il superamento delle barriere di una visione pietrificata e materialistica dell’uomo e della natura, la coltivazione e lo sviluppo della facoltà immaginativo-sintetica e, quindi, di una visione animata e dinamica del mondo, la riscoperta del Principio cosciente e solare, per governare gli altri elementi costitutivi dell’uomo (corpo astrale, corpo eterico, corpo fisico). Arcella sottolinea l’importanza di una sinergia tra i due filoni di pensiero, foriera di portare a risultati inaspettati, per chi non si limita ad uno studio dottrinale ma ha una spiccata vocazione “operativa” e “pratica”. Egli evidenzia poi nel suo intervento come sia centrale la pubblicazione nel terzo volume di Introduzione alla Magia, dei sei esercizi fondamentali nella Via del Pensiero Vivente, che erano stati insegnati già da Rudolf Steiner in diversi suoi testi (La Scienza occulta, L’Iniziazione).
Terminata la sessione mattinale con l’intervento di Stefano Arcella, quella pomeridiana è ripresa con la relazione di Nunziante Albano, amico de Il Cervo Bianco, che ha voluto approfondire con documenti inediti i rapporti di Evola col mondo germanico ed i suoi viaggi in quelle contrade, completando in parte il discorso con cui Claudio Mutti aveva dato il via al convegno.
Roberto Incardona, poi, esperto di tradizione italico-romana, tra i fondatori del MTR, ha basato il suo intervento sull’esegesi evoliana dei culti misterici dell’antichità, con riferimento a quelli eleusini e con particolare riferimento alla centralità della figura di Mithra per il mondo tardo romano e la spiritualità non cristiana. Centrale negli scritti evoliani il riferimento alla figura luminosa dell’ “uccisore del toro”. Questo intervento ha precisato, altresì, la relazione del pensiero del filosofo romano con la spiritualità italica e mediterranea.
Daniele Laganà, “padrone di casa”, animatore dell’Associazione Il Cervo Bianco di Napoli, ha incentrato il suo intervento sulla volontà di Evola, come scrive lui stesso ne Il Cammino del Cinabro, di unire, di sintetizzare, l’anelito per il trascendente con la centralità dell’Io. Questo fa di lui un maestro solare, un vero alchimista, perchè scopo degli alchimisti era la sintesi di Apollo e Dioniso, di centralità della coscienza e trascendenza. Inoltre Evola ci presenta sempre una visione tecnica, scientifica, impersonale della via liberandola da formalismi emotivo – misticheggianti. Nella ricostruzione di Laganà, questa tendenza ad unire trascendenza ed Io, si manifesta nella sua visione dell’idealismo magico: la via che conduce l’Io ad entrare in contatto con la sua radice profonda, la vetta in cui finito ed infinito si incontrano. La via che permette all’Io di ritrovare il mondo, l’universo, dentro di sé, come una sua manifestazione. Si tratta di tramutare l’atto incosciente attraverso cui l’io pone il mondo, in un atto cosciente. L’io non si chiude in se stesso egoisticamente, ma si prende cura del mondo. Idealismo magico e tradizione non sono in contraddizione, al contrario. Questa è la via dello Yoga della potenza. Evola come Steiner ritiene che la nascita dell’Io nell’uomo, nasce dal distacco da una precedente coscienza universale e che questo è un fatto positivo realizzazione dello spirito dentro di sé (come scrive nel passo dedicato al’arte moderna in appendice ai saggi sull’idealismo magico, e come ho cercato di evidenziare col paragone tra Bruno e Novalis). Per Evola, che in questo critica Guenon, l’individualismo del nostro tempo non è un fattore negativo, ma rappresenta lo spirito guerriero dell’occidente: ciò che occorre fare è attraverso la disciplina iniziatica e l’io alla sua radice spirituale, elevarlo, in maniera tale convertirne la forza non più verso il basso ma bensì verso l’alto. Non ci pare di dover sottolineare l’importanza, la profondità e le possibilità insite in una visione dell’opera di Evola siffatta.
Infine, il nostro sempre ottimo Luca Valentini, si è occupato nel suo intervento del superamento dell’approccio teorico all’Evola ermetico e “magico”, per una presa di coscienza della responsabilità realizzativa che la conoscenza non superficiale di essa impone all’uomo differenziato. Seguendo una vocazione che è propria dello spirito italico e romano, che passa per autori e personalità eccezionali quali Giuliano Kremmerz, Placido Procesi (medico personale e fidato amico di Evola), e per le numerose figure che collaborarono all’epopea di “Ur”, tra cui quella di Ercole Quadrelli (Abraxa), l’opera evoliana ha fornito un esempio di “vetta” e di direzione tendenziale, che possono essere additate al neofita della dottrina ermetica-alchimica. Il Valentini ha rimarcato saggiamente, nell’ambito di tali considerazioni, la pressante necessità di tenere sempre presente come la personalità eccezionale di Evola avesse in sé realizzate in nuce, caratteristiche che, per chi si accinge alla Via, sono in realtà materia di conquista e corrispondono all’iniziazione “isiaca” o come realizzazione dell’immaginazione magica, così come testimoniato personalmente dalla luminosa personalità di Pio Filippani Ronconi. Tale presa di coscienza permetterà anche di meglio comprendere l’opera di Evola e porre nella giusta luce determinate questioni di precisa rilevanza operativa.
In conclusione, si può dire con orgoglio, che l’evento, voluto con forza dalla Redazione di Ereticamente e dai fraterni amici dell’Associazione Il Cervo Bianco di Napoli, è stato un autentico successo, tanto più evidente in un ambiente che non brilla per “quantità” di partecipanti a determinate iniziative. Ci preme, pertanto, ringraziare Il Cervo Bianco per l’ottima organizzazione, foriera di portare a più importanti e futuri traguardi, sulla scia della precedente conferenza dello scorso anno sulle “vie d’accesso al Sacro nell’età contemporanea”. Si ringraziano tutte le altre sigle e realtà che hanno reso possibile l’evento. Possiamo affermare, senza paura di essere smentiti, che allo stato attuale delle cose, in Italia si è costituito un interessante, fecondo e organico cenacolo culturale, che tutti ci auguriamo possa porre in atto altre manifestazioni di così importante rilevanza nazionale… qualcosa già si prefigura per l’autunno e per il 2015… quindi chi segue le attività di Ereticamente rimanga sempre desto e pronto!
Fabio Mazza