2 Dicembre 2024
Attualità

Tre passi nel delirio (I^ parte) – Roberto Pecchioli

 

La febbre del pezzo di mondo che chiamiamo Occidente – sintomo di una malattia degenerativa giunta alla fase terminale – ha il delirio come effetto collaterale. Il delirio è una sindrome caratterizzata da perdita di coscienza, difficoltà nel mantenere l’attenzione, alterazione dell’orientamento e della memoria, disturbi della percezione che portano all’insorgenza di allucinazioni. Il soggetto si sente confuso, i suoi pensieri diventano frammentati e non collegati, con frequente sovrapposizione di agitazione ed eccitamento. Chi ne è colpito presenta false convinzioni mantenute con fermezza anche se contraddette dalla realtà.

A un secolo di distanza, risuona la profezia di Paul Valéry sulle macerie della Grande Guerra, la prima guerra civile europea (Ernst Nolte). “Noi, le civiltà, adesso sappiamo di essere mortali.” Tutto porta a constatare lo stadio finale della civilizzazione cui apparteniamo. Come accade quasi sempre al termine di un ciclo, si tratta di suicidio, determinato dal tramonto dei principi, dei valori, dei modi di essere che di una civiltà sono i pilastri. Non sottovalutiamo la potenza tecnologica del paese guida d’Occidente – gli Usa – né il complesso sistema di dominio finanziario che ha costruito, e neppure la potente macchina di guerra di cui dispone. L’agonia potrebbe essere lunga; la belva ferita lotterà sino all’ultimo, ma i segnali del declino sono inequivoci. Demografici, civili, culturali, morali, spirituali, metafisici, oltreché economici. Delirio e allucinazioni accompagnano il malato, più pericoloso perché nel segreto della coscienza intravvede il suo destino.

La recentissima modifica costituzionale francese che ha posto l’aborto come diritto fondamentale è il segno di una fase nuova, ulteriore, del tramonto occidentale. Non per caso proviene dalla nazione madre della rivoluzione che cambiò il mondo, inventrice dei diritti universali, patria dei Lumi. Al di là del tema specifico, va colto il cambio di passo, il meccano mentale invertito della civiltà che – nata dall’incontro di Roma ed Atene con il cristianesimo – riconobbe per prima la dignità di ogni vita e la sua intangibilità. Da oggi, la vita è ufficialmente disponibile, giacché impedire la nascita è un diritto costituzionalmente garantito. Nel paradossale Occidente del secolo XXI – l’ultimo, crediamo, dell’era cristiana – nascere è difficile, mentre morire è assai semplice, tra guerre, eutanasia, cultura dello scarto. L’inversione è compiuta, l’esito è infausto.

Senza lacrime, come medici che esaminano le analisi eseguite su un paziente, facciamo tre passi nel delirio, titolo di un vecchio film ispirato a racconti di Edgar Allan Poe, maestro del terrore. Gettiamo lo guardo sul presente per collegare fenomeni, fatti, movimenti apparentemente diversi, convergenti tutti – poiché tutto si tiene – in una prognosi severa per la civiltà, la visione del mondo, il tipo umano occidentale, roso dall’odio di sé, colto dalla “furia del dileguare “ (Hegel) , dal delirante desiderio di farla finita con i secoli e i millenni, inscenando il proprio inglorioso suicidio chiamato libertà, diritti, autodeterminazione .

Lo stesso suicidio officiato gioiosamente dal presidente francese Macron nel festeggiare l’aborto inserito nei diritti costituzionali tra luci trionfanti sulla Tour Eiffel, folla al Trocadero e la grande scritta “ il mio corpo, la mia scelta”. Appunto: il corpo, che esclude ogni anelito spirituale e rinchiude nel materialismo più greve. “Mio”, per cui la vita nascente non è che un grumo di cellule di cui la donna può liberarsi senza problemi: è un diritto! E senza che possa intervenire il convitato di pietra, il padre. La “scelta” è la volontà individuale che vince sulla natura. Senza limiti.

Laddove esiste un diritto, non può che esservi un corrispondente dovere. Quello dello Stato di garantire la scelta , quello degli operatori sanitari di procedere all’interruzione di gravidanza senza alcuna obiezione di coscienza. Inoltre, dinanzi a un diritto costituzionalmente protetto, che diventa un bene poiché ciò che è legale acquisisce valenza positiva, si potrà ancora dissentire? In Francia esiste già il reato di “intralcio all’aborto”. Chi scrive, pur contrario per principio all’aborto, sa che qualche fenditura va comunque lasciata, poiché ci sono più cose in cielo e in terra – e situazioni drammatiche – di quante ne possano contenere tutti i nostri principi. Ma diritto no, prova provata che la vita non è più un valore intangibile. La scelta , dicevamo, esclude il padre. Doppio disastro: si umilia ulteriormente l’uomo e gli si fornisce un comodissimo alibi per l’irresponsabilità.

La Francia travolge il diritto alla vita – che pure il primo teorico del liberalismo, John Locke, poneva tra i diritti inalienabili – ma non ha nulla da ridire sulla raccolta di firme effettuata per salvare i topi delle fogne di Parigi. Avanza infatti l’antispecismo, l’idea che tra uomo e animale non vi siano differenze di valore. Yuval Harari, sostenitore del transumanesimo, filosofo di riferimento del Forum di Davos, ha scritto che le galline hanno percezioni cromatiche superiori all’uomo. Tuttavia non hanno mai affrescato la Cappella Sistina né imbrattato con graffiti le grotte di Altamira. Imbrattato, sì, giacché il delirio ha la folle volontà di cancellare anche le opere d’arte, come fanno i militanti dell’ambientalismo estremo, desiderosi di distruggere la prova dell’ingegno umano che trascende tempo e materia e che chiamiamo arte. Traccia grandiosa dell’umano odiata perché esempio della diversità ontologica dell’ homo sapiens, derubricato a sciagura del pianeta.

Viviamo un tempo simile alla caduta di Roma e non vogliamo vederlo, accecati dalle pulsioni, drogati – nel senso letterale – di diritti, immersi nella dittatura del presente, il criterio con cui giudichiamo ogni cosa dall’alto della nostra superiorità. In un futuro non troppo lontano, quando altri uomini e altre civiltà prenderanno il nostro posto, dopo che avremo celebrato gli ultimi gioiosi funerali di noi stessi – il gran ballo del Titanic in corsa verso la montagna di ghiaccio – verrà considerato un nonsenso che il parlamento francese, riunito solennemente a Versailles – il palazzo reale dell’Ancien Régime spazzato via dalla ghigliottina – abbia celebrato quell’immenso fallimento che è l’aborto. La caduta di Roma non avvenne in un attimo. Fu un lungo e progressivo processo di cedimento di fronte alla minaccia barbarica, unito alla decomposizione interna. L’impero era malato: di tasse, di denatalità, di declino economico, di degrado dell’etica pubblica e privata, incapace di difendere le frontiere. I suoi mali erano visibili e profondi, ma nessuno poteva più curarli: imperatori deboli e incapaci, intellettuali “di servizio”, crollo delle antiche virtù romane, marcata decadenza morale, dissolutezza dei costumi, discordie civili, incapacità di difendersi dai nemici. A ciò si aggiunsero anni di scarsi raccolti a causa del freddo e della siccità del III secolo: il cambiamento climatico non è una novità. Nell’anno 378 ci fu la devastante sconfitta contro i Goti ad Adrianopoli, in cui morì lo stesso imperatore. Negli anni 390 e 410 Roma venne saccheggiata, uno choc senza pari. Infine, nel 476 venne destituito Romolo Augustolo, incolpevole ragazzino debosciato, ultimo imperatore romano d’Occidente.

Stavolta il vento corre in fretta. C’è la sensazione di assistere in tempo reale a un’altra caduta dell’Occidente. Ancora una volta siamo guidati da capi politici crepuscolari: la presidenza americana sarà contesa da due vecchi, uno di 82 anni, l’altro di 78. I nuovi barbari – Cina, Iran, Russia, l’Islam – assediano i confini d’influenza di Washington, l’odierna Roma. Soffriamo guerre civili ideologiche, che portate all’estremo rendono le nazioni disfunzionali. Scivoliamo nella china dei narcotici sociali del relativismo morale e dell’edonismo illimitato. Questi aspetti sono perfettamente esemplificati dal caso francese, un paese pigro che va sempre peggio, in cui centinaia di ghetti suburbani abitati da estranei con documenti francesi sono ormai enclave sottratte all’orgogliosa, ma impotente Repubblica giacobina, impegnata a legiferare a favore della cultura della morte, celebrata come “orgoglio ed esempio universale” da Macron, presidente senza figli. Solo 72 deputati hanno votato contro l’introduzione dell’aborto tra le libertà garantite dalla Costituzione francese, mentre 780 hanno votato a favore, dall’estrema sinistra al Fronte Nazionale di Marine Le Pen. Segno dei tempi: la resa non ha confini ideologici. In Spagna, l’altra sorella latina una volta cattolica, è bastata una sentenza del Tribunale Costituzionale che nel maggio 2023 ha dichiarato l’aborto “diritto fondamentale”. In che cosa consiste concretamente quella che eufemisticamente chiamano “interruzione volontaria di gravidanza”? E’ l’atto di sopprimere un feto umano con un aspiratore.

Le generazioni future rimarranno stupite nel vedere che c’è stato un tempo in cui tale fallimento sociale e antropologico era considerato un diritto. Non è affatto una questione religiosa: chi osserva un’ecografia, con il livello di dettaglio raggiunto, capisce intuitivamente la violenza dell’ eliminazione di quell’essere umano in formazione. Il motivo principale, osiamo dirlo , è il comfort della non-madre, che utilizza l’aborto come mezzo per liberarsi dalla responsabilità e dall’ impegno legato alla crescita del figlio, l’ essere che è “per sempre” e impedisce le libertà e la “realizzazione” dei genitori. Nazioni con problemi demografici spaventosi dedicano i loro sforzi alla diffusione dell’aborto anziché a promuovere la natalità, la vita, il futuro. Lavorano contro se stesse, rendono impossibile la riproduzione della loro società (il che , ahimè, è diventato un bene) per mancanza di nuovi membri. Suicidio a puntate, come le serie televisive. “Mandiamo un messaggio a tutte le donne, il vostro corpo vi appartiene e nessuno può disporne”, ha festeggiato euforico il primo ministro francese, un giovane omosessuale che certo non ama l’universo femminile. Mentre la Francia abbandona le sue radici – cristiane, ma anche umanistiche – e abbraccia l’ideologia dei “diritti”, quasi tutti situati nella sfera pulsionale, a poca distanza dai suoi tronfi riti, cresce l’odio contro la Repubblica nei quartieri diventati ghetti impenetrabili, in cui dominano l’islamismo e la legge coranica.

I popoli asiatici lavorano con ingegno senza guardare l’orologio, la Francia inventa giornate lavorative sempre più brevi. Le generazioni d’Occidente stanno mandando in fumo il capitale culturale, umano ed economico accumulato nel tempo, dilapidando anche gli interessi. Sacrificare i non nati, legalizzare ogni capriccio e delirio individuale, aprire la porta dell’eutanasia agli anziani e ai malati, ai poveri, agli indifesi, negare la realtà, è il moderno sabba dei “diritti” e della scelta. Roma decade sotto i nostri occhi mentre il sistema mediatico e la cultura dominante – cioè dei dominanti – anestetizza le masse e inventa sino a sedici tipologie di famiglia, che è come dire nessuna. La politica è un circo in cui si alternano maggiordomi agli ordini delle oligarchie tecnofinanziarie; le battute sulle reti sociali sostituiscono il pensiero; credere in una dieta, in un cantante, vivere in attesa delle vacanze, diventare seguace (follower) di un famoso del momento prodotto dell’industria dello spettacolo, sostituisce il credere in Dio. L’omosessualità è normalità, il sesso biologico non esiste, lo smartphone che genera deficit cognitivi e dipendenza è oggetto di culto, lo studio è noioso (tanto ci sono i tutorial), il lavoro migliore è quello che non impegna troppo. Ci rendiamo ancora conto delle implicazioni di tutto questo? Sconcerta constatare che l’ONU lavora a questo tipo di agenda, ma fa capire chi promuove una visione del mondo opposta all’ordine naturale. Un’agenda imposta attraverso la colonizzazione ideologica, inavvertita per il tracollo del pensiero critico. L’aborto è la pietra angolare, irrinunciabile del progetto. Se la vita non è più un principio inalienabile, i potenti di questo mondo imporranno con tutta la forza, compresa quella della legge “positiva”, il loro progetto. Totalitarismo che avanza: benvenuti nel delirio.

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