11 Dicembre 2024
Attualità Economia & Società

Supermercati e Covid-19. Appello alla sopravvivenza – Enzo Caprioli

 

 

La società italiana non sarà più la stessa dopo questa emergenza sanitario-economica. Il virus si porterà via ancora vite ma (speriamo) anche intellettualismi oziosi, meccanismi sociali perversi, visioni etiche cristallizzate e soprattutto l’assurda apologia globalista. Che la situazione del Paese fosse sana prima dell’emergenza Covid-19 certo non lo si può affermare, che dopo possa essere molto peggiore o magari migliore dipenderà da quanto collettivamente si sia appreso da questa crisi. Le restrizioni all’attività sociale, adottate per contenere il contagio, giocoforza puniscono alcuni e premiano altri; sarebbe criminoso se questi effetti favorissero proprio chi già sfruttava la nazione a scapito di gente che vede soffocata la propria fonte di reddito dopo aver rischiato la pelle. Dal momento che la grande distribuzione organizzata, ossia supermercati e ipermercati (di seguito GDO) è tra i maggiori beneficiari delle attuali norme restrittive, è doveroso fare alcune considerazioni.

Il prelievo dei soldi dalle tasche del cittadino ormai lo fa per buona parte la GDO, che dopo aver monopolizzato il commercio in interi settori (alimentare, detergenza, oggettistica, cartoleria, abbigliamento elettronica,…) tende ad invadere altri settori merceologici quali farmaceutica, editoria, etc… L’enorme flusso di denaro rastrellato dalla GDO purtroppo non ritorna all’economia locale, comunale o regionale, se non in piccola parte. L’esistenza stessa dei grandi market crea alla collettività un’enormità di problemi, di cui uno è quello viabilistico, poiché obbliga il consumatore a spostamenti in auto. Poi c’è la consuetudine della GDO a riempire con tonnellate di fogli pubblicitari le cassette postali, aumentando la massa di rifiuti e causando consumo di cellulosa (quindi alberi) in una qualche parte del mondo. Altro aspetto che incide sui rifiuti è l’altra consuetudine di imballare anche il più piccolo prodotto con plastica a cartone; ad esempio un blister per due matite. Le politiche commerciali della GDO propongono al consumatore in ambito extra-alimentare prodotti “usa e getta” o di scarsa qualità e in sostanza non riparabili; con le arti del merchandising si spingono inoltre consumi spesso inutili e confezioni sovradimensionate; tanto che il risparmio che potrebbe esser fatto sui prezzi vene vanificato con la varietà viziosa degli acquisti. Tutto ciò impatta ulteriormente sulla produzione di rifiuti pro-capite. Recentemente la GDO spinge tantissimo sui prodotti a proprio marchio (Bennet, Iper, Lidl, Consilia…) attuando un’indebita invasione di campo nei confronti dei produttori, che da sempre ne vengono strozzati anche quando validi e prestigiosi. Anche Amazon, che richiede un discorso a parte, si avvantaggia sulle nostre disgrazie con ricadute sociali di vario tipo.

Storicamente il dilagare della GDO va inquadrato come invadenza colonialista del grande capitale, in grado di estromettere dal mercato la piccola imprenditoria dei dettaglianti, riducendo occupazione, incrementando spostamenti inquinanti, consumo di suolo, volume dei rifiuti, penalizzando i produttori e in generale la qualità. Se la gestione dello Stato fosse avvenuta nell’ultimo mezzo secolo con lungimiranza certo non si sarebbe arrivati ad una siffatta colonizzazione consumista, che fa danni dando in contropartita soltanto un’abnorme possibilità di scelta. Ad un’analisi attenta questa scelta si rivela più formale che sostanziale, considerando lo scadimento qualitativo e l’enormità dei prodotti equivalenti proposti.

In ogni caso i supermercati ci sono; certo andrebbero impediti nuovi insediamenti ma ormai il problema va posto nei termini di favorire le catene con un’impostazione meno nociva e/o condizionarne le politiche commerciali in senso più favorevole alla collettività nazionale. Tornando all’epidemia globalizzata (pandemia) da Covid-19, siamo in uno stato di emergenza che richiede misure estreme, misure totalmente estranee al liberismo, che peraltro viene tranquillamente ignorato nel limitare le più elementari libertà individuali. Oggi non possiamo permetterci di essere saccheggiati da catene commerciali che stanno incrementando i fatturati quando l’intero Paese è al collasso. Occorre che tutti i supermercati siano obbligati a non rinnovare le scorte di prodotti stranieri per sostituirli con prodotti fatti in Italia e possibilmente con materie prime italiane; privilegiando in ciascun punto vendita anzitutto le produzioni locali. Ovviamente una simile norma in altri momenti solleverebbe un polverone insostenibile, con ripercussioni internazionali. Oggi però l’emergenza giustifica ben altri provvedimenti, che potrebbero essere anche copiati da altri Paesi. Questa è la vera cura di cui le aziende italiane hanno bisogno così come il loro indotto; essa tra l’altro non prevede costi sostenuti dalle Istituzioni. Le dilazioni di pagamento e gli aiuti, ancorché miliardari se valutati sull’intero Paese, non permettono di far sopravvivere attività che hanno non solo perso fatturato ma che stanno perdendo un posizionamento frutto di anni di lavoro. Esso è subordinato alle abitudini del consumatore finale o delle aziende clienti, a loro volta in difficoltà e (se estere) meno ricettive al prodotto italiano. Lascio alle associazioni di categoria e ai politici l’entrare nel merito delle modalità applicative necessarie a rendere la norma praticabile e benefica per la maggior parte dei produttori e loro collaboratori. Il mio ruolo è quello di svolgere un’analisi libero dai condizionamenti che distolgono il ragionamento di chi ci governa; costoro si stanno limitando a distribuire soldi che alla fine potrebbero essere conteggiati a nostro debito, con le ricadute che possiamo immaginare. Il suggerimento non è rivolto solo ai partiti di opposizione e a Di Maio, che timidamente hanno parlato del made in Italy lasciando però sulle spalle del consumatore ogni onere di scelta. Il suggerimento vale per tutti: i Cinque stelle, che nel loro nuovo apparentamento si ritrovano senza  identità né argomenti, vale anche per chi si sente ancora di sinistra (non quella radical chic asservita). Mentre il Covid-19 si prende molte vite non possiamo permettere che la sudditanza ai poteri forti soffochi anche la fondamentale capacità produttiva del nostro Paese. Imporre a casa nostra il made in Italy è l’”ossigeno” di cui c’è bisogno, altrettanto essenziale alla vita.

Enzo Caprioli

 

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1 Comment

  • Gian 8 Aprile 2020

    Io lavoro nella centrale logistica per Piemonte, Liguria e Val d’Aosta della Carrefour. Settore surgelati. Si lavora a -23°…
    Da quel che vedo dagli ordini gli ipermercati sono rimasti invariati se non addirittura hanno ridotto gli ordini.
    Quelli che hanno incrementato ordini e ovviamente vendite sono i cosiddetti “negozi di vicinato”, ovvero i piccoli Carrefour disponibili in ogni paesetto o quasi.

    Vi assicuro, hanno raddoppiato gli ordini rispetto al normale.
    Sulle motivazioni si può anche discutere, ma io le imputo al fatto che molta gente, soprattuto anziani, escono di casa più volte al giorno per comprare una volta lo zucchero e una volta il formaggio. Di questo ho testimonianza da un collega della vigilanza.

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