4 Novembre 2024
Tradizione Primordiale

STRADE DEL NORD. Il tema delle Origini Boreali in Herman Wirth e negli altri – Parte 27 – Michele Ruzzai

(alla fine dell’articolo, prima delle Note, è presente il link dell’articolo precedente)

 

12 – L’ultima marcia: da nord-ovest a sud-est

 

12.1 – Le inondazioni di Ogyges e del Doggerland

 

Molto chiara è la sottolineatura di Herman Wirth, ed anche di Julius Evola, sulla minore antichità degli stanziamenti nordatlantici tardo- e postglaciali sia rispetto alle primissime ondate artiche di età aurignaziana (come ad esempio quelle che generarono le stirpi sumeriche, viste in precedenza) sia in relazione alle popolazioni riconducibili al ciclo sudatlantico-fomoriano.

Tutte queste etnie costituirono i substrati sui quali venne a sovrapporsi quella migrazione “trasversale” che, come abbiamo visto alla conclusione del paragrafo precedente, ad un certo punto partì dal nord-ovest europeo per dirigersi verso il cuore del nostro continente ed infine giungere, in tempi ormai protostorici, fino all’area indiana (1172). Tale flusso incontrò dunque delle popolazioni considerabili come “preindoeuropee” se viste unicamente in rapporto alla terza ed ultima fase del nostro “ciclo giapetico” – ovvero quella “ario-europea” e linguisticamente ormai flessiva – ma, usando le stesse parole di Evola, erano in fondo genti “diversamente derivate dallo stesso ceppo” (1173) che aveva originato anche i nuovi venuti nordoccidentali.

Sempre secondo Evola, tra le cause scatenanti di questa migrazione potrebbe esservi stato uno, o più, cataclismi geologici verificatisi nel Nord, da non confondere però con quelli più antichi, di latitudine maggiore e di carattere eminentemente glaciale (ricordiamo ad esempio gli eventi già descritti in relazione alla distruzione dell’Airyana Vaējah), tanto da tradire ora un riferimento sicuramente più nordico-atlantico che iperboreo in senso stretto (1174). D’altro lato René Guénon ci fornisce un’altra importante indicazione ricordandoci i diluvi di Ogyges e di Deucalione (1175) menzionati nella tradizione ellenica, che avrebbero rappresentato devastazioni posteriori e minori rispetto a quella che colpì la Mô-uru di Herman Wirth, cioè il già incontrato “Diluvio noaico” di 13.000 anni fa, di area più oceanico-occidentale e latitudine nettamente inferiore.

Dunque gli eventi di Ogyges e di Deucalione potrebbero effettivamente corrispondere, nel nord-ovest euro-atlantico, agli accadimenti che spinsero gli Indoeuropei più recenti a muovere verso sud-est; a conferma di ciò, per Ogyges avevamo infatti già segnalato la possibilità di un interessante accostamento alle isole Fær Øer poste tra Scozia ed Islanda (1176), mentre il cataclisma di Deucalione presenta anch’esso un ulteriore probabile aggancio nordoccidentale che vedremo in seguito, trattandosi di un evento che sicuramente fu ancora posteriore (1177).

Per la precisione, stando alle indicazioni di Platone nel Crizia (1178), quest’ultimo dovette essere preceduto addirittura da altri tre: quindi, oltre al “Diluvio noaico” di 13.000 anni fa, da un secondo evento forse legato alla sommersione del Bosforo di circa 8.700 anni or sono (1179) (da cui l’ipotesi dell’allagamento pontico formulata da William Ryan e Walter Pitman – 1180) ed infine, per venire al settore nordatlantico, da una terza inondazione, appunto quella di Ogyges.

Se Ogyges corrisponde alle isole Fær Øer, appare abbastanza plausibile che il relativo diluvio possa essere identificato con il forte e particolarmente rapido incremento del livello marino che si registra attorno a 8.000 anni fa in tutta l’area compresa tra la Groenlandia e la Danimarca (1181), probabilmente in associazione ad un cataclisma dallo sviluppo ancora più fulmineo: quella gigantesca “frana di Storegga” verificatasi sul fondale della piattaforma continentale norvegese, che in superficie provocò un devastante maremoto abbattutosi anche sulle Shetland e l’Islanda (1182), inducendo con tutta probabilità un primo movimento umano in direzione di quelle che oggi sono le isole britanniche.

Queste dovettero essere percorse sul versante occidentale, lungo il margine atlantico della piattaforma continentale al tempo ancora emersa, ma forse ancora più precocemente soprattutto nella parte orientale: ovvero nelle aree residuali di quel Doggerland/Polsete che, per le condizioni floro-faunistiche particolarmente favorevoli, rappresentò un habitat ideale per i cacciatori-raccoglitori-pescatori mesolitici (1183) come testimoniato da diversi reperti rinvenuti sui fondali del Mare del Nord (1184). In realtà, già verso 12.000 anni fa l’antica pianura anglo-scandinava era ormai ridotta a circa la metà della sua estensione iniziale e 2-3.000 anni dopo risultava ormai erosa in larghissima parte, rimanendo emersa quasi solo con un’isola grande quanto la Sardegna (1185), che probabilmente 8.000 anni or sono venne colpita a morte proprio dallo tsunami di Storegga. Bisogna inoltre considerare, come fattore climatico aggiuntivo, che all’incirca nello stesso periodo, sempre in area nordatlantica, si registrò anche un brusco abbassamento delle temperature conseguente al rallentamento delle calde correnti meridionali a causa del forte calo della salinità marina; tale evento, in genere susseguente allo sfondamento di vaste pareti glaciali ed al massiccio riversamento oceanico di acque dolci (1186), probabilmente venne causato dall’esplosione del lago proglaciale Agassiz nel Nordamerica ed il relativo deflusso attraverso lo Stretto di Hudson (1187).

Ovviamente il Doggerland non potè non essere fortemente impattato da tali eventi.

Tutta l’area in questione aveva ospitato per millenni un’importante concentrazione di genti tardo- e post-glaciali, come ad esempio quelle connesse alla già ricordata cultura di Amburgo, collegata al Magdaleniano occidentale, ed anche alla successiva e più settentrionale cultura di Ahrensburg (1188): una stratificazione sulla quale venne infine ad innestarsi, ci ricorda René Guénon (1189), quest’ancora più recente ondata nordica, o meglio, giustamente puntualizza Giuseppe Acerbi (1190), proveniente da nord-ovest. Una tale concentrazione demografica nel Doggerland, e la sua fine per sommersione marina, ad alcuni ricercatori suggerì l’idea che era stata questa la perduta Atlantide platonica, come ad esempio ritennero prima Gidon e poi Spanuth (1191); altri formularono l’ipotesi che esso aveva invece rappresentato la culla geografica delle popolazioni indoarie, come avanzato da Latham che modificò la sua precedente teoria est-europea (focalizzata sull’Ucraina e la Volinia) e così venendo, di fatto, a concordare con quella nordoccidentale già proposta da Schulz (1192).

In realtà siamo convinti che il Doggerland costituì soltanto una tappa (1193) del più antico e vasto movimento proveniente in primis dall’Airyana Vaējah nordorientale (nella fase iniziale “ario-uralica”) e poi dal secondario Centro subartico-nordatlantico (nella fase finale “ario-europea”), lasciando quindi a quest’antico bassopiano un ruolo, pur importante, ma più recente e transitorio (1194). Tuttavia ciò non toglie che, a prescindere dal tema della Urheimat primaria, in quest’ottica riveste comunque un indubbio interesse anche l’ipotesi formulata da Franz Specht sull’ethnos sicuramente indoeuropeo delle popolazioni ormai sedentarizzate che risedettero nella Germania settentrionale durante il Mesolitico (1195): ciò, proprio per la vicinanza dell’area in questione alla pianura ora sommersa dal Mare del Nord e dalla quale potrebbero essere senz’altro giunte in quella che è l’attuale Sassonia.

La zona del Doggerland quindi come una vera e propria “vagina gentium” – sebbene di estensione e portata inferiore rispetto alla Scandinavia – tant’è che, giusto di sfuggita, possiamo rapidamente menzionare anche un’altra teoria, quella formulata da Jurgen Spanuth, secondo il quale l’arcipelago di Helgoland al largo della costa tedesca avrebbe originato quei misteriosi “Popoli del Mare” che anticamente invasero il bacino mediterraneo; la datazione di tali eventi, verificatisi attorno alla metà del secondo millennio a.c., ci pone però in un contesto temporale chiaramente troppo recente per essere collocati nel quadro del presente scritto (1196). Quadro che invece vorremmo mantenere ancora saldamente focalizzato sul Mesolitico, perché è un periodo nel quale – al di là delle ipotesi “prenordiche”, ed altamente remote, di Herman Wirth – iniziano finalmente ad emergere reperti umani associabili alla Razza Nordica nella sua tipizzazione più recente, ovvero quella leptomorfa, cioè alta ma snella e più leggera rispetto alla linea robusta-cromagnoide occidentale e di maggiore antichità.

La cultura maglemosiana danese di circa 9.500 – 8.000 anni fa sarebbe infatti già associabile a queste genti (1197) e, non a caso, anche archeologicamente essa viene ricondotta ad una radice nettamente nordico-orientale rispetto a quella che originò il grande complesso magdaleniano dell’ovest (1198); e lo stesso tipo umano del Maglemosiano dovette produrre anche la successiva cultura mesolitica di Ertebølle, dispiegatasi grossomodo 6-7.000 anni fa tra Olanda e Svezia (1199). Al massimo, ammette lo stesso Herman Wirth, il tipo razziale nordico non troverebbe attestazione oltre all’Aziliano di 12.000 – 9.500 anni fa, cultura però dislocata in area più meridionale e quindi forse, a nostro avviso, collegabile semmai più ai ceppi “protonordici” dei quali si è già detto in relazione alle antichissime penetrazioni iberomaurusiane tra i Berberi del Nordafrica.

Se quindi il tratto del biondismo, ma probabilmente ancor di più quello degli occhi chiari, parrebbe una caratteristica poco “primitiva” – nel senso di antica, non di imperfetta e sottosviluppata – ed anzi altamente specializzata (1200), è tuttavia anche vero, nota Wirth, che il tipo nordico presenta pur sempre delle caratteristiche morfologiche piuttosto costanti e ben consolidate ormai da 10.000 anni; appare quindi biologicamente poco probabile che esse siano potute sorgere solo in tempi postglaciali a causa di una secca depigmentazione intervenuta su di una popolazione precedente. Questa prospettiva, come segnalato in precedenza, è piuttosto quella sostenuta da Carleton Coon, secondo il quale (1201) gli attuali nordici europei non deriverebbero direttamente dalle più antiche razze paleolitiche, ma si ridurrebbero, fondamentalmente, a dei mediterranei neolitici rapidamente adattatisi ad ambienti più freddi e a minor irraggiamento solare; una posizione che in parte sembra ricalcare quella di Hans F.K. Gunther che collocò l’area formativa della razza nordica nell’Europa nordoccidentale ma accostandone la morfologia alla più minuta razza mediterranea, quindi deducendone una reciproca e piuttosto stretta parentela (1202). Dal canto suo però Madison Grant, oltre a rilevare come una simile ipotesi si basi sulla fallace idea che la comune dolicocefalia cranica debba per forza indicare anche una comunanza di origine tra le due stirpi (1203), sottolinea un aspetto che, di fatto, va nella stessa direzione di quanto sostenuto da Herman Wirth: ovvero che una cornice temporale e geografica piuttosto ristretta come quella, grossomodo, offerta dalla Scandinavia meridionale post-glaciale, non sia assolutamente sufficiente a spiegare la formazione di un tipo così specializzato come quello nordico. Che, quindi, deve necessariamente aver avuto alle spalle una radice molto più antica ed essere derivato da ceppi “protonordici” più orientali (1204), come peraltro abbiamo già visto in precedenza.

Il tema focale, semmai, è costituito dai percorsi che da quel gruppo ancestrale hanno condotto alla genesi del tipo nordico leftomorfo di più recente attestazione, ed è questo il motivo che ci ha portato a tornare sulla questione della Razza Nordica in questo punto dello scritto: è stato infatti ipotizzato che una componente fondamentale di questa dinamica formativa vada ricercata in un contesto ambientale non solo, com’è intuibile, freddo e a ridotto irraggiamento luminoso, ma anche assolutamente non secco-continentale bensì umido-oceanico (1205). Sotto questa condizione, quindi, sembra avere una sua coerenza non solo l’ipotesi dell’iniziale fase formativa “ario-uralica” avviatasi proprio nella zona costiera della Nenezia nord-russa – qui comunque rappresentando solo l’esordio di tutto il processo – ma soprattutto il seguito, legato ad almeno 10.000 anni di migrazioni e stazionamenti in aree a ridosso del Mar di Barents, del Mar di Norvegia, dell’Oceano Atlantico Settentrionale, e poi dal Centro qui costituitosi in direzione sud-est, verso le Isole Britaniche. In definitiva, insediamenti ed itinerari che quella popolazione ha seguito con il mare sempre nelle immediate vicinanze, o anche occupando zone più interne, ma in ogni caso mai prive di una forte umidità: come anche il verdeggiante e paludoso Doggerland certamente fu e che infatti, secondo Vacher de Lapouge, dovette costituire l’area dove vennero definitivamente cristallizzate le caratteristiche nordiche più recenti, fino a casi di quasi albinismo (1206).

Ma, come dicevamo, ad un certo punto anche lo stesso Doggerland dovette tuttavia essere progressivamente abbandonato da quelle genti, incalzate dalla continua erosione marina e forse sovrapponendo questo ricordo, dalla dinamica più lenta, a quello più improvviso e fulmineo della precedente “frana di Storegga” (1207); se non, forse addirittura, a quello ancora precedente relativo al “Diluvio universale” di 13.000 anni fa, più occidentale e di minore latitudine, anche se la cosa pare meno probabile visto il diverso quadrante geografico coinvolto.

 

 

12.2 – La cultura megalitica

 

Difficile anche stabilire se la definitiva sommersione del Doggerland possa corrispondere al secondo cataclisma diluviale nordeuropeo che avevamo ricordato sopra, cioè quello mitico di Deucalione.

In effetti, dal punto di vista geografico, il collegamento di quest’inondazione con il quadrante euro-nordoccidentale – tema che avevamo lasciato in sospeso – potrebbe trovare una spiegazione nel gesto di Deucalione e della moglie Pirra di gettare dietro di sé delle grosse pietre per ripopolare la terra dopo il disastro, e ciò potrebbe essere interpretato, osserva Felice Vinci, come il confuso ricordo dell’espansione della cultura megalitica (1208): cultura che viene menzionata anche da Herman Wirth nel quadro del ciclo nordatlantico e che effettivamente sembra fare il suo ingresso in Europa a partire dalle coste nordoccidentali – anche se non tanto da quelle prospicienti il Mare del Nord, bensì da quelle francesi – in un momento collocabile circa 6.500 anni or sono (1209). Significativamente, tale datazione concorda molto bene con quella che, secondo la cronologia “Guenon/Georgel”, colloca nello stesso momento il passaggio tra Dvapara e Kali Yuga, ed in corrispondenza del quale, secondo alcuni elementi mitico-tradizionali, si sarebbe verificato proprio il diluvio di Deucalione (1210). Tuttavia 6.500 anni fa è molto probabile che il Doggerland si trovasse ormai completamente, o quasi, sotto le acque del Mare del Nord, quindi o parliamo di una sua piccola porzione ancora residualmente emersa, oppure l’evento riguardò un quadrante più occidentale, ad esempio la Normandia o la Bretagna: regioni anch’esse anticamente collegate al Dorset ed alla Cornovaglia da una pianura estesa per almeno duecento chilometri  (1211) dove forse, in quel periodo, poteva ancora sussistere ancora qualche zona non del tutto sommersa dall’attuale canale della Manica. Da ciò l’evidenza che i megaliti bretoni, come peraltro era già stato notato da molto tempo (1212), in Europa sembrano essere i più antichi in assoluto perché attestati già nel Mesolitico (1213), rafforzando così l’idea generale di una possibile origine di molte delle culture neolitiche e calcolitiche del nostro continente nel suo quadrante nordoccidentale (1214).

La diffusione del megalitismo da una fonte unitaria, e non un’origine poligenetica ed indipendente in varie aree continentali, pare sostenuta dai tratti troppo caratteristici del fenomeno (1215) ed, oltretutto, configura un movimento espansivo più antico e di direzione del tutto opposta a quello dell’economia agricola (di cui più avanti), dalla quale deve quindi essere completamente scollegato (1216). Anche in considerazione del fatto che nelle sepolture megalitiche – peraltro orientate in senso sud-nord, quindi indicanti una dimora settentrionale del defuno (1217) – sono stati rinvenuti soprattutto crani dalle caratteristiche nordiche (1218), vi sono quindi diversi elementi per inquadrare tale cultura sotto una luce molto diversa rispetto all’opinione classica, che la riporterebbe ad un mondo fondamentalmente “mediterraneo” e preindoeuropeo: il megalitismo dovrebbe invece rappresentare, se non l’unico, almeno uno dei “marcatori” più caratteristici della presenza ario-europea (1219), anche se il “peso” di questo tratto andrebbe distribuito in modo non del tutto omogeneo fra i vari popoli della nostra famiglia etnolinguistica.

Infatti, nel summenzionato quadro geografico e cronologico proposto per il diluvio di Deucalione, è presumibile che i gruppi umani coinvolti in questa dinamica dovettero essere soprattutto quelli che, provenendo dalle aree nordatlantiche, avevano raggiunto, percorso e superato le isole britanniche su loro versante occidentale, cioè non quello contiguo al Doggerland, ma lungo il margine atlantico della piattaforma continentale al tempo ancora emersa: dunque una corrente mesolitica più periferica, la quale potrebbe essersi tenuta maggiormente coesa sia in termini culturali – per la particolare e comune dipendenza alimentare dalle risorse marittime – ma anche a livello molecolare, che ancora oggi sembrerebbe emergere nella significativa vicinanza genetica evidenziata tra le popolazioni dell’Irlanda, Galles, Cornovaglia, fino alla penisola iberica nord-occidentale: in pratica, quelle riconducibili soprattutto ai Celti (1220). Pur con tutte le cautele necessarie che preferiamo riservarci davanti ai dati paleogenetici, si potrebbe comunque ipotizzare che un interessante marcatore di tale dinamica sarebbe costituito dall’aplogruppo R1b del cromosoma Y (trasmesso solo per via paterna) che infatti oggi trova la sua massima concentrazione proprio sulle coste euro-atlantiche e, secondo David Reich, risalirebbe appunto a tempi almeno mesolitici: quindi millenni prima della cultura Yamna (1221) e di tutti i movimenti connessi alla “teoria kurganica” di indoeuropeizzazione solo recente del nostro continente. Peraltro, l’ipotesi di un certo collegamento tra l’aplogruppo R1b ed il quadro disegnato da Marija Gimbutas, ci sembra piuttosto problematico anche in relazione alle attuali frequenze, piuttosto basse, di questo marcatore nei settori da lei ipotizzati come zona di origine dei Protoindoeuropei (Russia meridionale ed Ucraina orientale) di età ormai tardo-neolitica: età sulla quale proporremo ancora qualche riflessione nel prossimo paragrafo, l’ultimo di questa serie.

 

 

Link articolo precedente:

Parte 26

 

 

NOTE

 

1172. Julius Evola – Indirizzi per un’educazione razziale – Edizioni di Ar – 1979 – pag. 82; Julius Evola – Rivolta contro il mondo moderno – Edizioni Mediterranee – 1988 – pag. 243

 

1173. Julius Evola – Rivolta contro il mondo moderno – Edizioni Mediterranee – 1988 – pag. 243

 

1174. Julius Evola – Il mistero del Graal – Edizioni Mediterranee – 1997 – pag. 48

 

1175. René Guénon – Forme tradizionali e cicli cosmici – Edizioni Mediterranee – 1987 – pag. 40

 

1176. Bruno D’Ausser Berrau – De Verbo Mirifico. Il Nome e la Storia – pag. 16 – https://fdocumenti.com/download/de-verbo-mirifico-il-nome-e-la-storia-prf-u-viewlapproccio-al-problema-partendo; Marco Goti – Atlantide: mistero svelato. L’isola di Platone – Pendragon – 2017 – pag. 142; Felice Vinci – I misteri della civiltà megalitica – La clessidra edizioni – 2020 – pag. 172; Felice Vinci – I segreti di Omero nel Baltico. Nuove storie della preistoria – Leg Edizioni – 2021 – pagg. 16, 29; Felice Vinci – Omero nel Baltico. Saggio sulla geografia omerica – Fratelli Palombi Editori – 1998 – pag. 24

 

1177. Christophe Levalois – La terra di luce. Il Nord e l’Origine – Edizioni Barbarossa – 1988  pag. 73

 

1178. Platone – Tutte le opere. Crizia – Newton Compton Editori – 1997 – vol 4 – pagg. 670, 671

 

1179. Harald Haarmann – Storia universale delle lingue. Dalle origini all’era digitale – Bollati Boringhieri – 2021 – pag. 341; Harald Haarmann – Sulle tracce degli Indoeuropei. Dai nomadi neolitici alle prime civiltà avanzate – Bollati Boringhieri – 2022 – pag. 35

 

1180. William Ryan, Walter Pitman – Il Diluvio – Piemme – 1999

 

1181. Stephen Oppenheimer – L’Eden a oriente – Mondadori – 2000 – pag. 40

 

1182. Marco Goti – La Bibbia druidica. Il reale scenario geografico europeo dell’Antico Testamento – Pendragon – 2022 – pag. 56; Marco Mattarollo – L’origine nordica di Adamo – Yume – 2021 – pag. 41;  Giovanni Monastra – Rileggere l’antropologia della preistoria europea – in: Julius Evola, Il mistero dell’Occidente. Scritti su archeologia, preistoria e Indoeuropei 1934-1970, a cura di Alberto Lombardo, postfazione di Giovanni Monastra, Quaderni di testi evoliani n. 53, Fondazione Julius Evola, 2020 – pag. 176; Giampiero Petrucci – Storegga, lo “Tsunami Artico”: 8.000 anni fa un’immensa frana sottomarina causò un devastante maremoto nel Mare del Nord – 17/12/2012 – http://www.meteoweb.eu/2012/12/storegga-lo-tsunami-artico-8-000-anni-fa-unimmensa-frana-sottomarina-causo-un-devastante-maremoto-nel-mare-del-nord/172527/; Felice Vinci – I misteri della civiltà megalitica – La clessidra edizioni – 2020 – pag. 243

 

1183. Marco Goti – La Bibbia druidica. Il reale scenario geografico europeo dell’Antico Testamento – Pendragon – 2022 – pag. 48

 

1184. Insediamenti mesolitici sommersi – Le Scienze – 19/9/2003 – http://www.lescienze.it/news/2003/09/19/news/insediamenti_mesolitici_sommersi-587616/

 

1185. Luigi Bignami – 10.000 anni fa, alla fine dell’ultima glaciazione – Focus.it – 02/07/2017 – https://www.focus.it/ambiente/natura/10000-anni-fa-alla-fine-di-ultima-glaciazione?fbclid=IwAR03IJeE6Pum81vGRYkqOeWOKnqXp0TeexG9X7U_MOYyBA79OOJZgeeFyL8

 

1186. Richard B. Alley – I ghiacci, all’improvviso – in: Le Scienze, Gennaio 2005, pag. 80

 

1187. T. Kobashi et al. –  Precise timing and characterization of abrupt climate change 8200 years ago from air trapped in polar ice – Quaternary Science Reviews , vol.  26, 2007, pag.  1212–1222 – https://www.sciencedirect.com/science/article/abs/pii/S0277379107000455?via%3Dihub

 

1188. AA.VV. (a cura di Fiorenzo Facchini) – Paleoantropologia e Preistoria. Origini, Paleolitico, Mesolitico – Jaca Book – 1993 – pag. 132, 136;  Janusz K. Kozlowski – Preistoria – Jaca Book – 1993 – pagg. 78, 79

 

1189. René Guénon – Forme tradizionali e cicli cosmici – Edizioni Mediterranee – 1987 – pag. 40

 

1190. Giuseppe Acerbi – Apam Napat, il valore delle Acque nella letteratura vedica e nella cultura hindu – Alle pendici del Monte Meru – 19/10/2014 –http://allependicidelmontemeru.blogspot.it/2014/06/apam-napat-il-valore-delle-acque-nella.html

 

1191. Lyon Sprague de Camp – Il mito di Atlantide e i continenti scomparsi – Fanucci – 1980 – pagg. 329, 331

 

1192. Georges Vacher De Lapouge – Definizione dell’Ariano – Centro Studi La Runa – 1999 – pag. 11; Eurialo De Michelis – L’origine degli indo-europei – Fratelli Bocca Editori – 1903 – pagg. 372, 373

 

1193. Julius Evola – Il mito del sangue – Edizioni di Ar – 1978 – pag. 165;  Julius Evola – Rivolta contro il mondo moderno – Edizioni Mediterranee – 1988 – pag. 243

 

1194. Silvano Lorenzoni – Il Selvaggio. Saggio sulla degenerazione umana – Edizioni Ghénos – 2005 – pagg. 106, 107

 

1195. Adriano Romualdi – Gli Indoeuropei. Origini e migrazioni – Edizioni di Ar – 1978 – pag. 35

 

1196. Alain de Benoist – Visto da destra. Antologia critica delle idee contemporanee – Akropolis – 1981 – pagg. 40-42;  Julius Evola – Il mito del sangue – Edizioni di Ar – 1978 – pag. 165; Silvano Lorenzoni – Atlantide, Mu, Lemuria, Gondwana, Iperborea – Centro Studi La Runa – 01/01/2000 – http://www.centrostudilaruna.it/atlantidemulemuriagondwanaiperborea.html

 

1197. Madison Grant – Il tramonto della grande razza – Editrice Thule Italia – 2020 – pagg. 122, 160; Romano Olivieri – Le razze europee – Alkaest – 1980 – pag. 23

 

1198. Pia Laviosa Zambotti – Le più antiche civiltà nordiche ed il problema degli Indo-Europei e degli Ugro-Finni – Casa Editrice Giuseppe Principato – 1941 – pagg. 50, 51

 

1199. Adriano Romualdi – Gli Indoeuropei. Origini e migrazioni – Edizioni di Ar – 1978 – pag. 47

 

1200. Renato Biasutti – Razze e Popoli della terra – UTET – 1959 – pag. 386; Franz Boas – L’uomo primitivo – Laterza – 1995 – pag. 89; Madison Grant – Il tramonto della grande razza – Editrice Thule Italia – 2020 – pagg. 56, 57, 160

 

1201. Romano Olivieri – Le razze europee – Alkaest – 1980 – pag. 113

 

1202. Hans F.K. Gunther – Tipologia razziale dell’Europa – Edizioni Ghénos – 2003 – pag. 97

 

1203. Madison Grant – Il tramonto della grande razza – Editrice Thule Italia – 2020 – pag. 56

 

1204. Madison Grant – Il tramonto della grande razza – Editrice Thule Italia – 2020 – pag. 161

 

1205. Madison Grant – Il tramonto della grande razza – Editrice Thule Italia – 2020 – pag. 66; Pia Laviosa Zambotti – Le più antiche civiltà nordiche ed il problema degli Indo-Europei e degli Ugro-Finni – Casa Editrice Giuseppe Principato – 1941 – pagg. 65, 66; Kurt Pastenaci – La luce del nord. Le fondamenta nordiche dell’Europa – Editrice Thule Italia – 2018 – pag. 17; Adriano Romualdi – Gli Indoeuropei. Origini e migrazioni – Edizioni di Ar – 1978 – pag. 143

 

1206. Eurialo De Michelis – L’origine degli indo-europei – Fratelli Bocca Editori – 1903 – pag. 444; Nicoletta Giove – Le razze in provetta – Il Poligrafo – 2001 – pagg. 88, 135

 

1207. Marco Goti – Atlantide: mistero svelato. L’isola di Platone – Pendragon – 2017 – pagg. 13, 14; Felice Vinci – I misteri della civiltà megalitica – La clessidra edizioni – 2020 – pag. 243

 

1208. Felice Vinci – I misteri della civiltà megalitica – La clessidra edizioni – 2020 – pag. 213; Felice Vinci – I segreti di Omero nel Baltico. Nuove storie della preistoria – Leg Edizioni – 2021 – pag. 76

 

1209. Le origini della cultura megalitica in Europa – Le Scienze – 12/02/2019 – https://www.lescienze.it/news/2019/02/12/news/diffusione_megaliti_europa_francia_nord_occidentale-4288665/; Vittorio Castellani – Quando il mare sommerse l’Europa – Ananke – 1999 – pag. 41

 

1210. Giuseppe Acerbi – La questione dei “Tre Diluvi” nella tradizione ellenica – in: Algiza, n. 9, Gennaio 1998, pag. 13; Christophe Levalois – Il simbolismo del lupo – Arktos – 1988 – pag. 18

 

1211. Vittorio Castellani – Quando il mare sommerse l’Europa – Ananke – 1999 – pag. 46

 

1212. Giuseppe Sergi – I Britanni – Settimo Sigillo – 1987 – pag. VIII

 

1213. Mario Alinei, Francesco Benozzo – Origini del megalitismo europeo: un approccio archeo-etno-dialettologico – in: Quaderni di Semantica, 29 – 2008 – pag. 9 – http://www.continuitas.org/texts/alinei_benozzo_origini.pdf

 

1214. Mario Giannitrapani – Paletnologia delle antichità indo-europee. Le radici di un comune sentire (parte 2) – in: Quaderni di Kultur, n. 4, 1998, pag. 94

 

1215. Mario Alinei, Francesco Benozzo – Origini del megalitismo europeo: un approccio archeo-etno-dialettologico – in: Quaderni di Semantica, 29 – 2008 – pag. 14 – http://www.continuitas.org/texts/alinei_benozzo_origini.pdf

 

1216. Mario Alinei, Francesco Benozzo – Origini del megalitismo europeo: un approccio archeo-etno-dialettologico – in: Quaderni di Semantica, 29 – 2008 – pag. 15 – http://www.continuitas.org/texts/alinei_benozzo_origini.pdf

 

1217. Felice Vinci – I segreti di Omero nel Baltico. Nuove storie della preistoria – Leg Edizioni – 2021 – pag. 373

 

1218. Eurialo De Michelis – L’origine degli indo-europei – Fratelli Bocca Editori – 1903 – pag. 310

 

1219. Alessandro Daudeferd Bonfanti – Prefazione a: Alex Woodland, La stirpe di Wotan. Metastoria dei popoli d’Europa, Psiche 2, 2021, pag. XVII

 

1220. Mario Alinei, Francesco Benozzo – Origini del megalitismo europeo: un approccio archeo-etno-dialettologico – in: Quaderni di Semantica, 29 – 2008 – pagg. 8, 27 –  http://www.continuitas.org/texts/alinei_benozzo_origini.pdf

 

1221. Indoeuropei, la genetica conferma l’origine siberiana – Il Secolo XIX – 10/07/2017 – https://www.ilsecoloxix.it/blog/2017/07/10/news/indoeuropei-la-genetica-conferma-l-origine-siberiana-1.33090208

 

 

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