Dedico questa riflessione cioè questo mio ricordo o rimembranza didattica a Lorenzo Merlo.
L’uomo meccanico di Cartesio animato o meglio quello esteso non cogitans pensante è una marionetta di fili e articolazioni come un intreccio di tiranti mossa da questi oppure con altra immagine che lo scienziato filosofo impiegò il corpo di questa marionetta è idraulico ed è percorso da tubi perfettamente riempiti da spiriti animali ben più sottili del liquame ematico e dell’aria inspirata ed espirata. Il risultato è che quel che si trasmette dalla percezione del fuori al dentro della sensazione si realizza nel tempo della simultaneità e della necessità.
Ora sappiamo che ciò non avviene e che il modello di Cartesio rimase e rimane puramente teorico.
Che cosa non funzionava allora e non funziona adesso in quel modello di trasmissione sensibile? Semplicemente questo che non si tiene conto del tempo e si dovrebbe dire della libertà dell’agire e del sentire, di una ineliminabile libertà che può intendersi anche come casualità azzardo, buona o malasorte, invece di causalità meccanica ed immutabile destino o volontà divina.
Per illustrare questo concetto ora ricorrerò all’esempio rivangando i ricordi del mio magistero didattico.
Per spiegare ai miei studenti come avvenga la trasmissione nervosa secondo la moderna concezione sperimentale e non a priori geometrico metafisica del sistema nervoso ricorrevo a questa semplice messa inscena.
La dimostrazione era semplice e rudimentale.

Consegnavo ad uno il capo di un filo che andavo a chiudere nella mano dell’altra.
Pregavo i due di mantenerlo teso quel filo.
Li invitavo a chiudere gli occhi e chiedevo ad uno dei due, all’orecchio diciamo del trasmittente maschio, di tirare a sé il filo.
A quell’altro che era una lei affidavo il compito di reagire verbalmente quando sentisse l’effetto della trazione del filo.
Uno dei due il trasmittente tirava il filo e quell’altra subito denunciava verbalmente la trazione.
Ciò accadeva nello stesso istante in cui l’altro tirava che quell’altra la neurina dicesse:
“ Ecco l’attrazione! Sono attratta!”.
Tra i due c’era la continuità di un filo. A questo esempio ne facevo succedere un altro contrario come una spinta PUSH invece del DRIVE PULL tirante della cordicella tesa.
In questo caso mettevo tra i due che ne tenevano in mano le estremità un lungo bastoncino e chiedevo a uno dei due, al lui, di spingere invece che tirare e a quell’altra ad occhi chiusi chiedevo di segnalare verbalmente quando fosse stato attesa dalla spinta promossa da quell’altro.
La risposta era immediata.
Appena quell’altro spingeva la compagna segnalava la spinta.
“Hai spinto!”
Devo ammettere che la trovata era divertente e maliziosa.
Sia il filo tirante che il bastoncino stabilivano tra i due una continuità di connessione che si traduceva nell’istantaneità del sentire dell’agente e del recettore, in questo caso recettrice, la sensazione con lo stimolo promosso.
E’ così che succede in noi, nel nostro corpo e nell’altrui?
No! Non è così che succede.
Così si pensò succedesse o meglio accadesse, perché il succedere implica il tempo progresso regresso mentre l’accadere implica la sincronia eventuale. Quegli studenti erano resi simultanei da un filo ininterrotto e teso o dalla continuità ininterrotta e solidale del bastoncino e quel che accadeva all’uno si trasmetteva identico a quell’altro simultaneamente.
Il modello di Cartesio era perfettamente adeguato per la geometria della res extensa ma non per quella della res cogitans o diremo noi neuronica!
I neuroni che sono le rive che si congiungono per la trasmissione degli impulsi che attraversano ponti abitati e non abitati, dacché il sistema nervoso propriamente si può dire non distingua nel profondo morfologicamente un nervo da un neurone come in un grafo quei punti che si chiamano nodi da quelle linee che si chiamano spigoli sono il grafo tutto con funzione di tramite.
Il sistema nervoso si direbbe oggi è quantico, cioè dis/continuo.
La sua forma non è quella della continuità di un percorso quanto quella labirintica di una continua offerta di percorsi cioè deviazioni, congiunture, perdita od acquisti di mete.
E’ ciò un bene od un male?
E’ senz’altro un bene se ci va bene!
E se ci va male?
Se la trasmissione dell’impulso finisce in un vicolo cieco che si fa?
Non ho una risposta.
Non è l’esito morale il tema che c’interessa in questa sede ma è l’esempio e l’esperimento che c’interessa.
Il tema è come avvenga ed avviene la trasmissione nervosa che dall’ eccitazione perviene alla sensazione e che poi dal sentire promuove con la risposta dell’esperienza sedimentata l’agire.
In questo caso il professore dell’esperimento, cioè il sottoscritto, aveva acquistato un domino gigantesco che ancora conserva fatto di tessere lignee giganti ed anche un gioco del domino di tessere più minuscole per mostrare le deviazioni di un percorso di caduta.
Il professore metteva allora i due studenti uno da una parte del tavolo e uno dall’altra e tra i due ordinava in piedi lungo la superficie del tavolo l’una vicina all’altra le tessere del domino in sequenza fino a giungere dalla mano dell’uno alla mano dello studentessa dall’altra parte del tavolo.
Ambedue chiusero il giorno della lezione gli occhi e allo studente sussurrò il professore di toccare la prima tessera in piedi del domino per farla cadere poi l’una sull’altra della fila. La studentessa una volta che fosse stata toccata dalla caduta della tessera a lei vicina e contigua avrebbe detto:
“ SI!”
Ma quel sì, quella risposta non fu immediata!
Occorreva infatti che ciascuna tessera cadesse sull’altra fino alla caduta dell’ultima.
Occorreva del tempo!
Dopo di che la studentessa, caduta l’ultima tessera disse:
“ Si! Sono stata toccata!”
Il nostro sistema nervoso è fatto così. Noi non siamo fatti di corde e tiranti ininterrotti ma di cellule esplosive di energia che si caricano e si ricaricano e che trasmettono l’impulso a quelle circonvicine.
I percorsi non sono obbligati che entro certi limiti di continuità.
Ciò significa che siamo liberi, responsabili, dannati e creativi.
Il nostro sistema nervoso funziona piuttosto come un campo minato che non come il quadro dei tiranti con i campanelli che si vede funzionare nelle dimore principesche della nobiltà di un tempo.
Non siamo delle marionette ma la trasmissione nervosa avviene nella stessa modalità di uno spettacolo pirotecnico di fuochi d’artificio o delle bombe ad orologeria come mine. Ciò dipende dall’uso che si può fare del nostro corpo mentale o della nostra mente corporea.
Vorrei da ultimo citare quanto scrissi in occasione di una messa in scena di molti anni fa per la quale realizzai al suo interno uno spettacolo di ombre cinesi per raccontare una rivoluzione popolare fallita.
Ciò riassume il tema. Noi non siamo proprio dei burattini, dei congegni meccanici prevedibili. Noi non siamo come degli orologi meccanici ma piuttosto come delle bombe consapevoli ad orologeria.
Renato Padoan
09/02/25
[1] Il termine “quanta” è un abuso linguistico cioè un solecismo o forse ancora meglio un latinismo. Non è in questo contesto il femminile dell’aggettivo quanto ma il neutro plurale del latino quantus. I quanta sono quantità determinate distinte, e distaccate quasi impacchettate.