8 Ottobre 2025
Società

Rivolta e Rivoluzione – Renato Padoan

– La Rivoluzione Francese ha insegnato al mondo che si può perdere la testa … anche quando si ha ragione!

– La rivoluzione è come cambiare canale sul televisore, ma alla fine c’è sempre qualcuno che tiene il telecomando.

– La rivoluzione è quella cosa che promette il paradiso … ma dimentica di aggiornare il GPS.

           Su suggerimento dell’Intelligenza artificiale BING!

Occorre distinguere il possibile dal conveniente.

Non sempre quel che è possibile è conveniente.

Poniamo che si sia insoddisfatti della presente situazione politica perché così sembra esserlo la maggioranza relativa della popolazione italiana che, a quanto pare, non vota e si astiene. Ovviamente ci si può anche astenere per semplice pigrizia o perdita d’entusiasmo o tacita assuefazione.

Ci si può anche chiedere però se quest’astensione possa essere un’attesa del meglio.

Per tutte queste ipotesi causali il risultato è comunque lo stesso ed è l’astensione. Ci si astiene nell’attesa del meglio o del meno peggio.

Ci si chiede ora se difronte all’ipotesi di un cambiamento che fosse eversivo o rivoluzionario questa massa per il momento inerte di scontenti si potrebbe mettere in moto e se quest’iniziativa rivoluzionaria o semplicemente sovversiva fosse possibile. Questa possibilità sarebbe concreta se si potesse realizzare.

La risposta è sì ed è senz’altro affermativa.

Ci si può sollevare e compiere una rivoluzione.

È possibile con l’insieme dei protestatari e dei renitenti procedere ad una sovversione che divenga, si faccia rivoluzione dell’assetto presente.

Dichiarata, espressa ed organizzata una tale rivoluzione ci si chiede però non tanto se ci siano le premesse teoriche e le forze bastanti quanto se ne valga la pena!

Vale la pena condurre una rivoluzione in Italia?

Si generano da queste premesse due ordini di considerazioni.

La prima considerazione è quella di definire l’organizzazione necessaria nel tempo e nello spazio perché si compia una sovversione rivoluzionaria.

La seconda considerazione che va fatta insieme alla prima è se convenga operare per compierla una tale rivoluzione sovversiva.

Organizzare allo stato attuale una sovversione è senz’altro possibile.

Ed ecco una delle considerazioni che possono indurre ad una scelta rivoluzionaria partendo dalla situazione presente.

Per la maggiore e in definitiva perdurante delle rivoluzioni a tutt’oggi come fu quella francese si poté dimostrare che le condizioni materiali in cui si trovava la popolazione allora non erano affatto disperate e comunque non erano diverse dal solito. La provincia così estesa della Francia non fu rivoluzionaria né rivoluzionata ma fu semplicemente abbattuta con la forza militare e propagandistica rivoluzionaria che si generò nella capitale Parigi col seguito delle scuole militari. La rivoluzione fu per così dire di testa ed il basso, quasi la manodopera quella sanculotta altrimenti nota come populace la seguì guidata da capipopolo particolarmente addestrati a guidare la sommossa.

Ogni rivoluzione o semplice sovversione muove da una minoranza organizzata che conduce una massa seguace resa insoddisfatta.

Ciò si evince dal fatto che le rivoluzioni urbane sono sempre state, contrariamente all’opinione comune, infinitamente meno sanguinarie delle guerre, le quali sono guidate invece a giudicarle col senno di poi da una politica implicitamente reazionaria e conservatrice.

Sia l’impero napoleonico, post-rivoluzionario che le rivoluzioni nazifascista e bolscevica inciamparono poi in un’altra forma di autoistruzione che si esaminerà in una successiva disamina sul perché l’enfasi rivoluzionaria si spenga e abortisca.

Se un conflitto sia più o meno rivoluzionario si potrebbe evincere dal numero dei morti sacrificati. I morti che occorrono per un’autentica rivoluzione sono pochi e comunque inferiori a quelli che si esigono per una guerra.

Veniamo ora al dunque.

In Italia una eversione o rivolta sarebbe possibile ma non conveniente.

A chi converrebbe infatti ci si chiede?

Quanti e quali sono veramente i malandati e i soffrenti sofferenti? Se si guarda banalmente la TV dopo gli affamati di Gaza e qualche gracile bambino in cura è un profluvio qui da noi di merendine e salumi ed auto sfreccianti. C’è una tale abbondanza che si si può muovere persino con una flotta di dilettanti a soccorrere la popolazione stremata della Palestina. Si sta male da noi? Ogni tanto muoiono di lavoro degli sventurati ma continuano ad essere una minoranza perché la maggioranza lavora ed ha di che vivere.

Per una rivoluzione è nella mente prima che nel corpo che occorre soffrire.

È sempre stato dalle sofferenze mentali che si produsse una rivoluzione.

Anche coloro che promossero l’Indipendenza degli Stati Uniti d’ America avrebbero potuto benissimo sopportare l’aumento di una tassazione sull’importazione del te come adesso in Italia i cittadini continuano a sopportare una tassazione diretta iniqua continuando a pagare mentre quelli che evadono le tasse incrementano tutti quei commerci del lusso che altrimenti crollerebbero e quelle rendite 0occulte che rese palesi verrebbero del tutto meno.

Che fine farebbero i furbi resi scemi?

Che se ne fa un paese astuto di una massa di imbecilli?

Coloro che stanno male o si reputano star male potrebbero anche stare peggio da un’iniziativa eversiva per cui costituiscono un numero del quale si dovrà pur tener conto. Oramai però gli italiani doc autoctoni sono destinati ad esser sempre meno perché non ci prendono più gusto a generare figli e a rischiare il benessere domestico. Dunque, è agli italiani di seconda terza o anche quarta generazione che ci si dovrà volgere. I cosiddetti migranti dalle etnie più disparate e dalle fedi diverse diventeranno maggioranza per cui saranno loro le forze rivoluzionarie combattenti, ma saranno disponibili e propensi ad un’azione rivoluzionaria?

Perché coloro che giungono a noi da paesi lontani, i quali paesi hanno senza dubbio alcuno più risorse[1] fisiche potenziali del suolo e del sottosuolo superiori a quelle risicate del nostro paese Italia, non compiono essi nella loro patria una rivoluzione che renda più giusta la distribuzione dei beni nel paese da cui emigrano?

Perché non compiono una rivoluzione laggiù dove si trova un’autentica ricchezza di materie prime come uranio, oro, metalli rari e così via?

Il perché è semplice a dirsi ed è perché non sarebbe laggiù conveniente ma più rischioso data l’ideologia islamica che li governa e ne censura i comportamenti sessuali che non tendono alla procreazione ma all’affettività comunistico comunale mentre non sembra esserlo qui da noi.

Perché da noi non si compie invece nessuna rivolta contro ricchi e possidenti? Perché gli operai non insorgono per ottenere un salario più equo e preferiscono frequentare comizi e festival?

Ed ecco la risposta!

Perché lo status quo è preferibile ai rischi di una insurrezione!

La convenienza non ha che un nome che è formula ed è semplicemente questo: Il timore di star peggio di quanto non si stia ora e pertanto la tendenza a sviluppare speranza e rassegnazione insieme.

Se il motore è una rassegnazione speranzosa od una speranza rassegnata la soluzione immediata per tutti questi migranti giovani e giovanissimi è l’abbandono e il viaggio del paese d’origine piuttosto che la lotta e il confronto con le classi dominanti e la loro ideologia antidemocratica nel paese da cui partono.

Da questa semplice lapalissiana verità si evince il principio che perché si compia una rivoluzione va organizzata la speranza tangibile che il futuro sarà vittorioso e compensativo e non come il presente in cui bene o male non si sta poi così male.

La speranza è l’immaginazione del futuro ed una tale immaginazione dev’essere delirante e sovrana, logica e flessibile ed inflessibile insieme se si vuole operare una rivoluzione. Perlomeno così è sempre stato per il passato!

 

Chi non ha immaginazione non ha futuro ed il solo futuro che si possa immaginare per una rivoluzione non può che essere quello della Vittoria e del Sogno.

Chi non ambisce alla vittoria e non sogna non può che sopportare e volgere il timore in empatia e limitarsi a una continua lamentela per rafforzare invece misericordia ed empatia.

Chi gratta una schedina la gratta perché sogna il premio ed il premio promesso sembra essere tangibile ancorché scarsamente probabile.

La sua immaginazione, questa forma di immaginazione buona e suadente ha la forma del grattage. Da noi in veneziano gratar significa rubare e chi ruba si crede padrone e non già suddito.

 

I miserabili competono in furbizia coi farabutti e gli ingordi.

Chi non ha una vera, autonoma immaginazione sognante sta al gioco dello status quo sperando di essere fortunato e che gli vada se non bene meglio di adesso! Se non ci fossero i cosiddetti ludopati non ci sarebbero coloro che se ne occupano e li curano. A che cosa giocherebbero le guardie se non ci fossero i ladri? E perché continuano ad esserci la mafia e la camorra? Tutti faticano e si danno da fare e lavorano ciascuno a modo suo.

 

Immaginazione e organizzazione.

Ma l’immaginazione sognante non basta se non c’è organizzazione!

L’organizzazione della rivoluzione o rivolta è altrettanto concreta e così lo è sempre stata per il passato come prodotto speciale dell’enfasi immaginaria.

Le rivoluzioni furono comunque sempre all’inizio opere d’immaginazione.

Che cosa non immaginarono i rivoluzionari francesi e dopo di essi i russi e i nostri fascisti e i nazisti e i bolscevichi e i Maoisti? Essi concepirono veramente veri e propri spettacoli prima e insieme alle guerre e alle rivoluzioni che condussero. Le guerre come le rivoluzioni sono opera dell’Immaginario.

Coloro che immaginarono la bomba atomica vinsero.

Le masse del presente sono totalmente private, deprivate d’immaginazione rivoluzionaria. Esse non possono che immaginare quanto promettono i supermercati e la televisione. I loro paradisi sono però concreti e non immaginari e sono quelli degli spot pubblicitari.

I loro viaggi mitici utopici consistono nell’imbarcarsi nelle Arche della Costa Crociere fino ai paradisi caraibici.

Se non vi è nessuna guida ideologica selezionata e nessuna organizzazione di massa ed una propensione al sacrificio esaltante perché mai si dovrebbe procedere a una rivolta col rischio di farsi e far male?

Quel cui si aspira ora non è che la conservazione dello status quo perché va ammesso che mai prima d’ora la massa degli umani nell’Unione Europea godette di un tale benessere fisico esente da pestilenze devastanti, per cui non si può che proporre per afflizione masochistica una guerra ideologica ed ideale in nome della salvaguardia della libertà e del benessere da parte di miti santoni dal nome fantasmagorico di Draghi prima della quaresima del dissesto ambientale che stavolta prenderà la forma delle pale eoliche sarde e dell’ “overtourism” SUPERTURISMO o meglio come mi è stato suggerito dal mio partner Deep Seek “SOVRATURISMO”[2].

Renato Padoan

[1]Risorsa è un termine in uso insieme a quello di lavoro decisamente osceno che ci derivano ambedue con un significato alterato dalla teologia o, meglio, dalla prassi ascetica medievale dell’Ora et Labora e dalla mistica. Sia lavoro che risorsa sono da intendersi come spirituali e non già materiali! Il termine di risorsa, da intendersi come spirituale e non già materiale, fu allora criticato come un francesismo che si introdusse nel vocabolario italiota. Su questo tema che merita tutta l’attenzione medito di intervenire da filologo e storico successivamente.

[2] Come potrebbe tradursi in italiano con una sola parola italiana la parola inglese ora in uso e dominante: OVERTOURISM? Una possibile traduzione italiana con una sola parola per **”overtourism“** potrebbe essere: “sovraffollamento”. Sebbene non renda appieno la specificità del turismo eccessivo, è il termine più vicino e comprensibile in italiano. In alternativa, se si accettano neologismi, si potrebbe proporre “sovraturismo“, anche se non è ancora entrato nell’uso comune.

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