2 Ottobre 2024
Archeostoria

Ritorno nel mondo dei megaliti, seconda parte – Fabio Calabrese

 

Vengo a occuparmi di un’altra questione di cui, sempre per motivi di lunghezza, non ho fatto cenno nella conferenza dell’anno scorso.

Un articolo di Antikitera.net del 13 gennaio 2020 a firma di Vins Lilly, riporta la notizia che a seguito della siccità è riemerso dalle acque il sito megalitico spagnolo di Guadalperal. Questo sito, a volte chiamato la Stonehenge spagnola, si trova nella provincia di Cacéres, ed è composto da 144 pietre erette, menhir che formano una struttura approssimativamente circolare. L’articolista lo definisce erroneamente dolmen, ma si tratterebbe piuttosto di una struttura simile a un cromlech. Si tratterebbe a ogni modo di uno dei siti megalitici più antichi d’Europa, datato a settemila anni fa,

Il sito, che un tempo si trovava ovviamente all’asciutto, è stato sommerso dalle acque oltre mezzo secolo fa, precisamente nel 1963 a causa della costruzione di una diga che ha portato alla formazione di un lago artificiale. Oggi si sta pensando di spostarlo in una posizione più elevata come è stato fatto per il tempio egizio di Abu Simbel. Ci sarebbe veramente da chiedersi come mai un’idea simile sia venuta solo adesso dopo un cinquantennio e passa di ammollo.

Si capisce che la produzione di energia elettrica e il ricavare nuova terra per l’agricoltura (le regioni interne della Spagna sono aride) hanno la loro importanza, ma ne ha anche l’archeologia, soprattutto di fronte a un monumento così antico, senza contare che tutto ciò potrebbe anche avere una ricaduta economica in termini di turismo, come dimostra l’esempio degli Inglesi che hanno ben saputo “usufruire” di Stonehenge da questo punto di vista.

Ma gli Spagnoli da questo punto di vista, non sono qualcosa di isolato, di eccezionale. Il quotidiano francese “Le Monde” del 19 settembre 2019 ha riportato la notizia che gli archeologi francesi che lavoravano nel sito celtico di Vix nella regione della Cote d’Or hanno ricevuto il finanziamento per procedere allo scavo della sepoltura di una principessa celtica…dopo 66 anni. Questa tomba, infatti, era stata scoperta nel 1953.

Teniamo presente che ancora oggi l’area celtica di Vix è in gran parte inesplorata, ma non possiamo aspettarci grandi scoperte nell’immediato futuro se le ricerche continueranno a essere condotte con la solerzia che abbiamo visto sin qui.

C’è di peggio. L’11 luglio 2022 un articolo di Ed Wheelan sul sito “Ancient Origins” ha riportato una notizia di quelle che fanno ribollire il sangue. Nei pressi di Swansea nel Galles meridionale esisteva un tumulo dell’Età del Bronzo, circondato da un terrapieno rialzato con un diametro complessivo di 15,24 chilometri, noto col nome gaelico di Tor Clawdd Mawr. Bisogna purtroppo dire esisteva perché poco tempo prima un gruppo di giovinastri ha usato la struttura come una pista per gare motociclistiche, provocandole danni irreparabili. Cosa dire? Incommentabile!

Forse non dovremmo parlare noi italiani, che riguardo all’incuria del nostro immenso patrimonio storico, artistico e archeologico abbiamo dimostrato in più di un’occasione di essere maestri, ma è bene sapere che da questo punto di vista siamo in buona compagnia.

Facendo il raffronto fra il testo della conferenza e la scaletta sulla base della quale l’ho poi effettivamente tenuta, saltano all’occhio diverse cose che ho omesso sempre per ragioni di lunghezza, ma che ora sottopongo alla vostra attenzione.

Ad esempio, il 4 luglio 2022 (strana coincidenza con il giorno dell’indipendenza americana), sempre sulle pagine di “Ancient Origins”, un articolo di Ed Whelan ci porta a visitare la tomba megalitica dell’Età del Bronzo di Bant’s Carn nelle isole Scilly al largo dell’Inghilterra sud-orientale. E’ da rilevare il fatto che quando la tomba fu costruita il piccolo arcipelago delle Scilly era probabilmente unito alla terraferma. Interessante, ma non ha certo la bellezza e la potente suggestività di Newgrange! Tuttavia, essa quanto meno ci dimostra che il fenomeno megalitico nelle Isole Britanniche, per quanto certamente studiato più a fondo di quanto sia avvenuto in altre parti d’Europa, è ben lontano dall’aver finito di riservarci sorprese.

Può essere davvero sorprendente, ma una tale considerazione sembra valere anche per quelli che sembrerebbero essere i monumenti più noti e, apparentemente meglio studiati come quelli che si trovano in Irlanda nella valle del Boyne, le grandi tombe a camera di cui Newgrange è semplicemente la più nota, la più bella, la meglio conservata, ma non certo la sola e neppure la più grande.

nell’agosto 2019 il periodico “The Independent” ha segnalato il ritrovamento sempre nella valle del Boyne, non distante dalla celebre tomba di Newgrange, di un monumento sepolto finora sconosciuto, composto da una quarantina di strutture (per ora non meglio identificate) allineate con la posizione del sole al solstizio d’inverno. Per ora non sono stati effettuati scavi, ma la scoperta ora resa pubblica, è avvenuta grazie alla prospezione satellitare, ad opera del dottor Steve Davis della UCD School of Archaeology. Come sempre, poter proseguire le ricerche passando allo scavo, sarà una questione di fondi. Da allora, sono passati cinque anni, ma, quanto meno, l’esempio francese della tomba di Vix ci dimostra che in queste cose non bisogna avere fretta.

Rimanendo sempre in Irlanda, non è solo la valle del Boyne a riservarci sempre nuove sorprese. Fu un vero colpo di sfortuna che io trovassi la notizia nel 2017, poco dopo aver tenuto la conferenza sul fenomeno megalitico nelle Isole Britanniche, perché altrimenti non avrei mancato di inserire lì la notizia.

a Tara, appunto nel 2017 è avvenuto il ritrovamento delle tracce di un woodhenge, un circolo ligneo di un’ampiezza di circa 240 metri attorno al Tumulo degli Ostaggi, uno dei più vasti e più antichi fra quelli che costituiscono il complesso funerario di Tara. Naturalmente, il legno non ha la stessa possibilità di conservarsi intatto attraverso i millenni come la pietra, quelle che sono state individuate sono le buche dove erano infissi i pali. In seguito, altri woodhenge, o meglio le loro tracce, sono stati scoperti attorno ad altri tumuli, al punto che oggi si può dire che all’epoca del suo splendore Tara fosse un complesso monumentale non meno ricco di Stonehenge.

Nel contempo, però, occorre segnalare un fatto davvero spiacevole. Recentemente uno squilibrato ha seriamente danneggiato la Lia Fàil che si trova alla sommità del Tumulo degli Ostaggi. la Lia Fàil, la Pietra del Destino, o Pietra Parlante, è un menhir che si dice sia stato portato nell’isola dalla razza semidivina dei Tuatha De Dannan, e ai cui piedi si è svolta l’incoronazione di tutti i re d’Irlanda, e si diceva che la pietra stessa avesse il potere di indicare il re legittimo (C’è un chiaro parallelismo con la leggenda di Excalibur, la spada infissa nella roccia che solo il re legittimo può estrarre).

Parliamo dei Pitti: di questa popolazione della Scozia, celtica o forse di origine pre-celtica sappiamo veramente poco, a parte il fatto che erano feroci guerrieri che opposero una strenua resistenza all’invasione romana, al punto che i Romani non riuscendo a sottometterli, eressero il Vallo di Adriano per impedire loro incursioni nelle terre che avevano conquistato. L’invenzione letteraria di Robert E. Howard che ne ha fatto i nemici per eccellenza del suo eroe Conan, non ha certo contribuito a fare chiarezza su di loro.

Il problema al riguardo è sempre stato la scarsità di dati archeologici. Ora sembra che questa situazione stia per cambiare. “Ancient Origins” ha segnalato il 24 agosto 2019 il ritrovamento da parte di ricercatori dell’Università di Aberdeen, di numerose pietre incise con simboli pittici (questo popolo “selvaggio” conosceva una forma di scrittura) nella zona del Firth of Forth, fra di esse una stele lunga più di due metri che riproduce oltre a diverse figure umane e animali, due triskell, uno ruotato in senso orario, l’altro in senso antiorario.

Sempre “Ancient Origins” segnala in data 27 settembre il ritrovamento vicino a Muir nella Scozia settentrionale, di una sepoltura pittica contenente i resti di quella che sembra essere stata una donna di alto rango. A causa dell’acidità del terreno, i rinvenimenti di resti umani in quest’area sono molto rari. Ora sembra che finalmente si cominci a fare luce su questo popolo per tanti versi ancora misterioso.

Tuttavia le novità più importanti sulle quali non mi sono potuto soffermare riguardano probabilmente l’Europa centrale e orientale, ma anche qui c’è da considerare la tara del muro di gomma opposto dall’archeologia accademica e dai media ufficiali, ma se andiamo a vedere quel che ci racconta un sito “fuori dagli schemi” come “L’arazzo del tempo”,, sito che tra l’altro si avvale della prestigiosa collaborazione di Felice Vinci, l’autore di Omero nel Baltico, c’è di che rimanere sbalorditi.

In un articolo del maggio 2022, firmato semplicemente “Redazione”, “L’arazzo del tempo ci racconta che sono stati Trovati i resti della civiltà più antica d’Europa, e quel che segue è sbalorditivo:

Gli archeologi hanno scoperto la civiltà più antica d’Europa, una rete di dozzine di templi, 2000 anni più antica di Stonehenge e delle Piramidi.

La scoperta proviene direttamente dal cuore dell’Europa centrale, per l´esattezza da un perimetro che si estende dall’Austria alla Repubblica Ceca e alla Slovacchia, fino ai confini meridionali della Germania e rivoluzionerà lo studio della preistoria.

Infatti fino ad oggi si pensava che l’architettura monumentale si fosse sviluppata in Europa molto più tardi che in Mesopotamia e in Egitto.

Più di 150 giganteschi monumenti sono stati individuati grazie alle fotografie aeree effettuate in tutta l’Europa centrale, nelle città dell’odierna Germania, Austria e Slovacchia.

Furono costruiti 7.000 anni fa, tra il 4800 a.C. e il 4600 a.C.

“I nostri scavi hanno rivelato l’alto grado di civilizzazione di questa civiltà. Per creare i primi complessi di terrapieni su larga scala d’Europa queste popolazioni furono in grado di utilizzare una visione monumentale e sofisticata dell’insieme”, ha affermato l’archeologo Harald Staeuble del dipartimento del patrimonio del governo statale della Sassonia che ha diretto le indagini”.

In tutto sono stati identificati più di 150 centri religiosi monumentali, ciascuno fino a 150 metri di diametro, costruiti su un’area di 400 miglia in quella che oggi è l’Austria, la Repubblica Ceca, la Slovacchia e la Germania orientale”.

Oltre alle cose che ho forzatamente omesso, ce ne sono altre che, sempre per i limiti di tempo di cui vi ho detto, vi ho presentato in maniera forse troppo sbrigativa e che sono pertanto meritevoli di un ulteriore approfondimento, e a cominciare proprio da quell’angolo piccolo e apparentemente marginale del mondo celtico che è il Friuli-Venezia Giulia, la nostra regione.

Un comunicato dell’Ufficio Comunicazione e Promozione della Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio del Friuli Venezia Giulia dell’aprile 2022 ci racconta di una scoperta davvero singolare: il colle su cui sorge il castello di Udine sembrerebbe essere una struttura artificiale, un mound di età preistorica, e il più grande d’Europa. Si tratta di un tipo di struttura di cui nel nostro continente si trovano pochi esempi, fra cui Silbury Hill in Inghilterra, ma il monumento udinese sembra davvero qualcosa di unico.

Come spesso succede, la scoperta è avvenuta per caso, a partire da un’analisi stratigrafica in vista della realizzazione di due ascensori che avrebbero dovuto collegare l’abitato cittadino con la sommità del colle e il castello. Quest’ultima, condotta dal professor Sandro Veronese, ha evidenziato la presenza di varie strutture medioevali e rinascimentali al disotto del castello cinquecentesco, ma anche la natura totalmente artificiale della collina, che sarebbe un enorme tumulo eretto durante l’Età del Bronzo, tra 3.000 e 3.500 anni fa, con una tecnica costruttiva che ricorda quella degli aggeri, ossia delle mura create a protezione dei castellieri della pianura friulana durante l’Età del Bronzo e del Ferro.

La locale tradizione orale sembra aver conservato traccia dell’origine artificiale di questa collina, anche se riferendola a tempi considerevolmente posteriori, secondo una leggenda locale, infatti, essa sarebbe stata eretta dagli Unni per permettere ad Attila di vedere da lontano l’incendio di Aquileia, ma a quanto pare, le sue origini sono ben più antiche.

E’ un intero capitolo mancante della nostra storia che ora riemerge.

Non sarà poi il caso di dimenticare il contributo di un grande ricercatore italiano: Felice Vinci, l’autore di Omero nel Baltico, un libro che, se ne accettino le tesi di fondo o meno, è quanto meno riuscito a smuovere le acque alquanto paludose della ricerca accademica. In tempi più recenti, Vinci ha dato alle stampe un nuovo libro che si occupa appunto del mondo dei megaliti: I misteri della civiltà megalitica, libro che sostiene la tesi che migliaia di anni fa, alla fine dell’età glaciale, sarebbe esistita un’antica civiltà globale, poi distrutta da un’immane catastrofe, questo spiegherebbe i miti di Atlantide e del diluvio universale, ma anche miti e leggende sparse fra i popoli di tutto il mondo, e darebbe ragione delle sorprendenti analogie tra i monumenti megalitici, anch’essi sparsi quasi in ogni angolo del pianeta.

L’anno scorso ho concluso la mia esposizione riportando la notizia di un convegno internazionale di studi sul fenomeno megalitico, precisamente il convegno “Il Mediterraneo e il megalitismo nel III e II millennio avanti Cristo” che si doveva tenere in Sicilia, esattamente a Palermo, a Villa Riso ai Colli dal 27 al 30 settembre 2023.

Mi sembrava davvero l’occasione giusta per dare al fenomeno megalitico la rilevanza che merita, anche a livello accademico. Tuttavia, devo ammettere di non aver ricevuto ulteriori notizie in proposito, di non sapere se il convegno si è tenuto, e tanto meno di conoscerne gli atti.

Ma veniamo a quella che è forse la parte di maggior interesse della nostra esposizione, ossia le novità più recenti riguardanti il mondo megalitico, per così dire l’aggiornamento dell’aggiornamento.

E’ il sito “Scienze notizie” del 5 dicembre 2023 a parlarci di uno dei monumenti megalitici più impressionanti d’Europa, il dolmen di Menga in Spagna, risalente a 5.700 anni fa. Impressionante perché la sua erezione deve aver richiesto capacità ingegneristiche eccezionali. E’ infatti di dimensioni enormi, e la sola lastra di copertura pesa 150 tonnellate.

“Oltre le cento tonnellate”, è stato commentato, “non è più un masso da spostare, ma una collina”.

Non abbiamo ancora finito con la Penisola iberica. Il sito “La consapevolezza”, laconsapevolezza.wordpress.com del 6 dicembre 2023 riporta la notizia che la marina portoghese avrebbe individuato alle isole Azzorre, tra le isole di São Miguel e Terceira un’imponente piramide sommersa. Si suppone che essa dovesse trovarsi allo scoperto durante l’età glaciale, quando il livello dei mari era considerevolmente più basso di oggi. Si tratta forse dell’ennesima pagina strappata della nostra storia.

Il discorso sulle piramidi è di gran lunga più complesso di quel che ci aspetteremmo, tanto per cominciare, non si trovano solo in Egitto, ma sparse in ogni angolo del mondo, e non mancano in Europa, ricordiamo le piramidi della penisola di Kola in Russia e quelle di Visoko in Bosnia. Neppure l’Italia ne è sprovvista, la più nota è la piramide etrusca di Bomarzo ma ce ne sono altre due che riflettono una tipologia molto simile, le piramidi-altare a Selva di Malano sempre nel viterbese, e quella di Monte D’Accoddi in Sardegna. Trascuriamo pure la romana piramide Cestia costruita in età classica a imitazione dei modelli egizi. Quindi la presenza di una piramide alle Azzorre non deve proprio stupire.

Forse la cosa vi sorprenderà, ma l’ultimissima, la più recente notizia riguardo al mondo megalitico ci arriva non solo dalla nostra regione, come se non bastasse la scoperta del mound udinese, ma proprio dalla nostra zona, dal Carso triestino. Come penso sappiate, la nostra regione è interessata da un fenomeno megalitico particolare, quello dei castellieri, anche se in realtà non riguardano solo essa, ma si ritrovano, da un lato in Veneto, dall’altro in Istria, Dalmazia e Slovenia.

Bene, Un articolo di Lucia Petrone del 26 dicembre 2023 su “Scienze Notizie” ci racconta che nel castelliere di Rupinpiccolo sul Carso Triestino sono state scoperte due pietre circolari di cinquanta centimetri di diametro, una delle due potrebbe essere la più antica mappa stellare conosciuta, risalente a 2.500 anni fa. Ma ancora non finisce qui, perché questo ritrovamento ha avuto un’eco internazionale, essendo stato menzionato da “Ancient Origins”.

La metafora che mi viene in mente nel modo più spontaneo per descrivere la situazione, è quella di una pentola in ebollizione. Premendo il coperchio, lo si può almeno per un po’ tenere fermo al suo posto, ma prima o poi finirà per saltare. Allo stesso modo, l’archeologia accademica, censurando la notizia delle scoperte, costruendo intorno a esse un muro di gomma, ignorando il mondo megalitico che nonostante tutto e grazie ai siti non ufficiali conosciamo sempre meglio, può continuare a far vivere le favole mediorientali nelle quali il ruolo dell’Europa all’origine della civiltà risulta immiserito, ma non potrà farlo per sempre, e probabilmente neppure ancora molto a lungo.

 

NOTA: Nell’illustrazione, la tomba neolitica irlandese di Newgrange, forse il più noto monumento megalitico europeo dopo Stonehenge.

 

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