10 Febbraio 2025
Antropogeografia

Piccoli grandi maghi – Rita Remagnino

Pur di negare la presenza di una significativa cultura universale, distrutta o gravemente smembrata dagli eventi catastrofici che accompagnarono la fine dell’ultima Era Glaciale, i controllori della narrazione storica insistono nell’offrire l’impresa di Colombo come «scoperta delle Americhe».
Se però gli antenati preistorici non avessero esplorato e accuratamente cartografato il globo nell’arco di migliaia di anni, né vi fossero state relazioni intercontinentali, non si spiegherebbero i numerosi simboli condivisi, o la sequenza di numeri sempre uguali che appare ripetutamente in tutti i siti megalitici del mondo.
Sono dunque da ritenersi preistorici i rapporti tra le popolazioni native del continente doppio e i siberiani, i cinesi e i giapponesi in nome dei quali parla il vasellame scoperto a Valdivia (Ecuador), confermando le navigazioni transoceaniche compiute dagli Jomon tra i 15.000 e i 5.000 anni fa. Le imbarcazioni partivano da capo Ashizuri, la punta più meridionale di Shikoku, risalivano a nord lungo le coste orientali dell’arcipelago giapponese, costeggiavano le isole Curili e Aleutine, s’inoltravano nel Pacifico sfruttando la «corrente nera» (kuroshio) e poi scendevano verso la California e l’Ecuador [immagine 1].
Analogamente in Eurasia le basi antropologiche della civiltà non vennero gettate dal «ciclo ariano», né il fuoco della civiltà fu acceso dalla società «tripartita» (Dumézil), come già sospettò Evola riducendo la struttura delle tre caste “all’eredità degli invasori arii dell’India”, ma tutto ebbe inizio da una primordiale struttura sociale «quadripartita» ancora in fase di valutazione (cfr: Il mistero dell’Occidente. Scritti su archeologia, preistoria e Indoeuropei 1934-1970, curato da Alberto Lombardo, Quaderni evoliani n°53).
Inevitabilmente la questione ne apre un’altra: chi occupava la casta mancante? In quale figura si concentravano le funzioni di guerriero, sacerdote e artigiano? L’identikit restituisce l’immagine dei piccoli «artigiani-maghi» posti da molte tradizioni all’inizio dei tempi e provenienti da stirpi indigene dislocate nell’emisfero australe. Se l’Eurasia vanta popolamenti antichissimi, gli arcipelaghi vulcanici del Pacifico non sono da meno.
Nella penisola sud-occidentale dell’isola indonesiana di Sulawesi è stata trovata una pittura rupestre risalente a 51.200 anni fa, come conferma la datazione torio-uranio. Il significato della scena raffigurata però resta incerto: tre teriantropi accanto a un maiale/cinghiale, l’animale-totem associato dai Veda alle alte vette dell’Himalaya. Cosa ci faceva un simbolo tipico della fascia sub-artica nell’emisfero australe?
Stante l’instabilità del punto di partenza si confermano le linee migratorie preistoriche in senso orizzontale, verticale e trasversale. Probabilmente è stato prematuro far partire dai Monti dell’Altaj il Denisova alla scoperta di Australia, Papua, Nuova Guinea, Isole Fiji e Polinesia. Pochi hanno considerato il processo inverso; tuttavia, se davvero la marcia di questo antenato (8.500 chilometri!) fosse iniziata dalla Siberia, perché nessuna popolazione eurasiatica, nemmeno la più appartata e meno ibridata, ha nel proprio patrimonio genetico percentuali denisoviane? E perché tutte le culture arcaiche affidarono al Polo Sud il compito di rappresentare la «direzione principale», cioè la causa, il motivo, la scaturigine?
Per i Sumeri, ad esempio, la «radice di ogni esistenza» stava nell’Apsû, mentre tra alcune antiche tribù del sud-ovest del Pacifico si raccontava che l’umanità era «emersa dal basso» e prima di giungere a destinazione aveva attraversato tre o quattro «mondi sovrapposti». Ora nessuno è tanto ingenuo da prendere alla lettera racconti vecchi di migliaia di anni, ma sarebbe altrettanto sciocco ignorare la consapevolezza (memoria, conoscenza, esperienza) degli Antichi su qualcosa d’importante esistito in tempi remoti nel Mare del Sud (Oceano Pacifico).

 

Storie esemplari

Come suggeriva Evola la geografia «immaginale» non andrebbe mai separata da quella «materiale», trattandosi di differenti percezioni della medesima realtà. Usando la sola immaginazione, o le sole carte geografiche, i Greci non avrebbero certo completato il puzzle geo-storico che li riguardava collocando al Centro l’habitat primordiale degli Uomini (Neanderthal?), a Nord quello dei Giganti (Cro-magnon?) e ancora più sopra l’olimpo polare abitato da esseri divini così alti, ma così alti (Sapiens?), che uno di loro, Ares, cadendo in basso coprì sette jugeri (Iliade, XXI), mentre un altro, Poseidone, con quattro passi andò da Samo a Ege (Iliade, XIII).
Quanto al Sud, al di sotto della corrente equatoriale si trovava la culla della stirpe nanesca, cioè abitava quel popol pigmeo che per vendicarsi dell’uccisione del gigante Anteo, storico fratello «di terra», legò Eracle come un salame alla maniera del Gulliver di Johnathan Swift. Ma l’eroe si scrollò di dosso i carcerieri con una sonora risata, li infilò in una pelle di leone e ne fece dono al fratello Euristeo.
Chiaramente i Greci assimilavano l’emisfero australe ai territori meridionali della Libia e dell’Egitto, dove, forse, qualcuno di loro in viaggio d’istruzione aveva visto il nano Bes dipinto su un’ampia gamma di oggetti domestici con tanto di sopracciglia ispide, capelli lunghi, grosse orecchie a sventola e la lingua fuori alla maniera di certe divinità indù.
All’opposto dei Nani presenti nelle mitologie nordiche, dove la stirpe nanesca fu alquanto variegata e prolifica, Bes non apparteneva ad una famiglia etnica specifica ma rappresentava un unicum, e come tale scivolò nella gaudente fase matriarcale mediterranea, dove tutti i giorni erano buoni per fare festa e il Nano presiedeva i divertimenti, la musica e la danza.
Fu appunto ballando e suonando il flauto che alcuni esponenti della stirpe nanesca accompagnarono la mesta ritirata da Tollan del dio mesoamericano Quetzalcóatl, ma non prima di avere nascosto tutti i tesori dei Toltechi nelle gole montane e nelle segrete stanze sotterranee della città, prevedendo un ritorno che non risulta essere mai avvenuto.

Sapienti e irriverenti, sempre attenti al patrimonio e abili artigiani, ma soprattutto portatori di un sapere magico ancestrale, i Nani ebbero un ruolo-chiave anche nel mondo norreno dove forgiarono Brising, la collana dall’irresistibile potere seducente indossata da Freyja, la dea dei Vani mandata come ostaggio presso gli Asi e divenuta la loro «maestra di magia».
Quattro di loro (Norðri, Suðri, Austri e Vestri, rispettivamente il nord, il sud, l’est e l’ovest) scongiurarono il crollo dei cieli offrendosi come puntelli umani della volta celeste (dopo l’impatto meteorico che 12.900-11.500 anni fa causò il Dryas Recente?). Da allora in poi nell’immaginario collettivo il Nord divenne il luogo freddo dello spirito e della meditazione, il caldo Sud faceva crescere le cose, ad Est il sole nasceva insieme alle idee mentre l’Ovest era il luogo del tramonto. Allegorie? Se anche fosse l’antropologia culturale del cosiddetto occidente collettivo non può prescindere dalle sue fondamenta cosmogoniche, perciò è sempre meglio sapere di cosa sono fatte.

 

Il ciclo di Vāmana

La narrazione più completa, probabilmente la più antica, appartiene al ciclo del nano Vāmana, quinto avatāra di Vishnu, venuto al mondo (dopo i diluvi?) per «recuperare le ricchezze degli esseri celesti» (il sapere ancestrale?) necessarie a costruire il Nuovo Mondo (Vāmana Purāṇa, 23-21; 89-94).
Lo sconquasso del pianeta richiedeva il rifacimento di tutte le mappe e perciò qualcuno doveva (ri)prendere in mano la corda e «misurare» ciò che restava. Come in Egitto il ritiro delle acque diluviali e l’ascesa del falco Ra (Età del Leone, 10.860 – 8.700 a.C. circa) chiamò in causa Thot, “colui che fa calcoli in cielo, colui che conta le stelle, enumera la terra e quel che contiene, è il misuratore della terra”, così l’India fece appello a Vishnu-Vāmana.
Innanzitutto l’architetto celeste crebbe a dismisura, occupando tutto il cielo con il suo corpo immenso. Con il primo passo misurò poi i pianeti inferiori, fino alla Terra, raggiungendo con il secondo la parte più alta della volta celeste, che forò con l’alluce per farvi penetrare l’acqua dell’Oceano Causale (il Pacifico?) su cui galleggiavano numerosi altri universi (le nuove terre emerse?).
Infine l’avatāra lavò accuratamente i suoi piedi di loto e ridiscese tra gli umani in veste di Gange celestiale (Srimad Bhagavatam, 5.17.1), raccomandando alla casta dei brahmani di avere cura della figura-chiave del Nano riparato dall’ombrello (Alain Daniélou, La fantasia degli dei e l’avventura umana, Casadeilibri, Limena, 2013).
Sotto l’aspetto simbolico l’epica di Vāmana (apparsa probabilmente con il culto di Vishnu intorno al 3.138 a.C., e rispettata come «parola divina» fino al III secolo d.C.) rappresenta la cuspide tra il prima e il dopo, cioè segna il momento in cui l’umanità dovette rimboccarsi le maniche per cominciare a spalare le macerie del passato (impersonate da Bali Maharaja).
Sul fronte geo-antropologico la figura del piccolo uomo dalla pelle scura evoca invece qualcosa di molto concreto: l’incontro tra la pigmoide Stirpe Nera cresciuta sotto l’influenza della meridionale «Luce del Sud» (l’Antartide Minore privo di ghiacci?) e la Stirpe Rossa espressione manifesta della settentrionale «Luce del Nord».
Qualcuno penserà che non c’era bisogno di costruire un’intera saga, tenendo impegnate enne generazioni, per raccontare dei semplici fatti di cronaca. Se invece fosse vero il contrario? Se oggi i bambini venissero sollecitati a memorizzare la Storia per immagini anziché imbeccati come pappagalli con nomi e date? Se il cambio di prospettiva servisse a capire meglio il senso ultimo del percorso umano, che è essenzialmente di ordine spirituale? Oppure, è proprio questo il pericolo da scongiurare?

 

L’hobbit di Flores

Distante dall’area tradizionale il mondo dei paleoantropologi rimase di stucco nel 2004, quando il ritrovamento dell’homo floresienses lo costrinse ad inserire ufficialmente nella variegata famiglia del genere umano la specie dei Nani, fino a quel momento relegati ai libri per l’infanzia.
Sull’isola di Flores erano già stati ritrovati alcuni utensili di pietra nello stesso strato degli stegodonti (1968), di cui si ipotizzava un’età approssimativa di 750.000 anni, insieme ai resti di testuggini giganti e dell’altrettanto enorme varano di Komodo, specie estinte attorno a 12.000 anni fa. Adesso, però, ci si doveva cimentare con degli scheletri umani in miniatura (1 metro di altezza x circa 25 kg di peso).

Fresca di effetti speciali cinematografici la comunità planetaria esultò alla notizia dell’inaspettato ritrovamento dell’hobbit di Flores, a maggior ragione quando si seppe che la stirpe nanesca indonesiana era vecchia di almeno 95.000 anni, coesistette con il Sapiens fino a 12.000 anni fa e poi si estinse, o comunque fece perdere le proprie tracce sull’isola.
Verosimilmente i primi incontri tra le minuscole stirpi «telluriche» (legate alla terra di origine) e i navigatori euroasiatici risalivano al Terzo Grande Anno dell’attuale Manvantara, il Tretāyuga (39.000-32.500 anni fa), cioè all’epoca in cui l’isola di Flores costituiva uno dei tanti porti sicuri dislocati nell’area marina della Sonda.
La quantità spropositata di attrezzi trovata accanto ai resti umani suggeriva inoltre che gli hobbit non lavoravano soltanto per la tribù ma anche per l’esterno. Niente di più facile, dunque, che in transito da Flores gli intraprendenti Sapiens, o i Denisova, ad un certo punto abbiano giudicato più conveniente utilizzare tante eccellenti abilità manuali nel continente. Il rapporto sarà cambiato in seguito, quando il massimo tasso di sollevamento degli oceani (15.000-11.000 anni fa) cancellò le rotte impedendo ai Nani «in trasferta» di tornare indietro.
Ciò spiegherebbe in parte l’indole rancorosa e bellicosa attribuita ai piccoli artigiani da molte tradizioni, ed infine incastonata nella guerra perenne Nani vs Gru. L’oggetto del contendere era immancabilmente un bene materiale, spesso legato alla terra; da qui i pettegolezzi sull’attaccamento dei piccoletti alle cose del mondo, una maldicenza al cui pozzo attinse acqua anche Tolkien: “Quando il cuore di un nano, anche il più rispettabile, è risvegliato da oro e gioielli, si fa improvvisamente ardito e può diventare feroce.”

 

La calunnia è un venticello

Dal punto di vista scientifico il ritrovamento dell’homo floresienses segna l’abbandono definitivo del vecchio paradigma evoluzionista che prevedeva la successione/sostituzione graduale degli ominidi nella direzione evolutiva dell’essere umano anatomicamente moderno. È chiaro che la nostra specie nel corso di un’interminabile sequela di vicissitudini ha dato origine a stirpi variegate, tra le quali vi è appunto il «nano» di Flores, il più minuscolo del più basso pigmeo mai conosciuto.
Quando i rapporti interetnici nel Pacifico s’interruppero a causa del rialzo dei livelli marini, i soggetti pigmoidi si erano ormai sparsi dappertutto, e anche ampiamente ibridati con le stirpi autoctone. Tuttora nelle Isole Andaman (Golfo del Bengala) i negritos presentano caratteri pigmoidi. Fino agli Anni Venti del secolo scorso le zone montuose della penisola tailandese, malese e indonesiana, erano popolate da etnie pigmee in via di estinzione (i Semang della Malaysia, gli Yali dell’Indonesia, eccetera) mentre nel Queensland australiano è stata ampiamente documentata la presenza dei Vedda: piccoli individui con la pelle olivastra e il pelo denisoviano.
Persino il cinema ha avuto il suo portatore di «nanismo primordiale», l’attore filippino Weng Weng (1957-1992), sebbene la tendenza dell’attuale società della medicalizzazione sia più che altro quella di considerare il piccolo alla stregua di un «malato da curare».
Ciò non significa che un tempo i Nani fossero visti di buon occhio, anzi, molte credenze superstiziose si svilupparono sul loro conto. A cominciare dall’idea di forze infere di natura sconosciuta dimoranti nel cuore dei piccoletti e sempre pronte a sprigionarsi come faville da un fuoco.
Fu allora che tra le gambe storte di Bes l’egiziano spuntò un’inquietante coda, mentre i Nani europei furono cacciati sottoterra con la scusa che l’esposizione ai raggi del sole poteva trasformarli in pietra. Facendo di necessità virtù essi si misero a lavorare ancora più alacremente, rintanati tra le fucine e i laboratori domestici dove il tempo era scandito dagli incantesimi pronunciati utilizzando antichissime parole di potere.
Incudine e martello, fuoco e acqua, preghiere e formule magiche. Nessuno può dire quanto andò avanti questa storia; finché i loro servigi tornarono utili nell’Età del Bronzo, quando la produzione di armi e ornamenti toccò il picco massimo, facendo guadagnare ai piccoli fabbri-maghi il meritato titolo di «artigiani degli dèi», un’onorificenza che li rese meno antipatici alle comunità locali, disposte a sorvolare sul loro pessimo carattere pur di ottenere le opere ineguagliabili di cui erano capaci.
Leggendo queste storie viene da chiedersi cosa desse più fastidio ai continentali, se l’«anzianità» degli omini del Sud, ostinati sostenitori della superiorità di un mondo precedente, oppure la «magia tellurica» della quale detenevano i segreti.
Ai due fattori citati l’Uomo Ultimo che ormai le ha viste tutte, o quasi tutte, ne può aggiungere un terzo: l’incertezza antropologica di un tempo sospeso tra un passato che appare irrecuperabile e un futuro che stenta a manifestarsi. Non esiste un ambiente migliore di questo per scatenare paure incontrollate e scatti di violenza, “è in questo interregno [dunque] che si verificano i fenomeni morbosi più svariati” (A. Gramsci, Quaderni dal carcere, Einaudi, Torino, 2014).

Ricercatrice indipendente, scrittrice e saggista, Rita Remagnino proviene da una formazione di indirizzo politico-internazionale e si dedica da tempo agli studi storici e tradizionali. Ha scritto per cataloghi d’arte contemporanea e curato la pubblicazione di varie antologie poetiche tra cui “Velari” (ed. Con-Tatto), “Rane”, “Meridiana”, “L’uomo il pesce e l’elefante” (ed. Quaderni di Correnti). E’ stata fondatrice e redattrice della rivista “Correnti”. Ha pubblicato la raccolta di fiabe e leggende “Avventure impossibili di spiriti e spiritelli della natura” e il testo multimediale “Circolazione” (ed. Quaderni di Correnti), la graphic novel “Visionaria” (eBook version), il saggio “Cronache della Peste Nera” (ed. Caffè Filosofico Crema), lo studio “Un laboratorio per la città” (ed. CremAscolta), la raccolta di haiku “Il taccuino del viandante” (tiratura numerata indipendente), il romanzo “Il viaggio di Emma” (Sefer Books). Ha vinto il Premio Divoc 2023 con il saggio “Il suicidio dell’Europa” (Audax Editrice). Altre pubblicazioni: "La vera Storia di Eva e il Serpente. Alle origini di un equivoco" (Audax Editrice, 2024). Attualmente è impegnata in ricerche di antropogeografia della preistoria e scienza della civiltà.

6 Comments

  • Charlie 12 Gennaio 2025

    Fosse per me articoli come questo non sarebbero pubblicati.
    Non perché contengano “verità” che bisogni nascondere ma perché ci sono persone “vulnerabili” che cercano qualcosa a cui aggrapparsi, lo stesso meccanismo per cui esistono i “guru”, le “sette”, eccetera. Si infierisce su gente che non si può difendere.
    In questo sito ci sono diversi contenuti che addossano la responsabilità delle conseguenze a chi lo gestisce, perché, ripeto, un conto è l’intenzione di porsi in posizione “antagonista”, un altro è buttare una bomba in un luogo affollato e tanto peggio tanto meglio.

    Il mondo post-idelogico ha lasciato un vuoto che deve essere riempito da “qualcosa”.
    Vediamo la proliferazione di “movimenti” il cui presupposto è la “post-verità”, ovvero l’idea che “uno-vale-uno”, cioè non esiste nessuna “autorità”, chiunque può legittimamente dire e fare qualsiasi cosa e tutte le idee devono essere “equivalenti” perché tutto è vero e tutto è falso.
    Questo articolo diventa “vero” nel momento in cui esiste, cioè viene pubblicato, non è richiesto niente altro. Potrebbe essere un articolo esattamente contrario e sarebbe lo stesso, sarebbe ugualmente “vero” e non ci sarebbe contraddizione perché la “post-verità” implica che siano entrambi veri ed entrambi falsi o un po’ veri e un po’ falsi.

    Non andiamo da nessuna parte perché la conseguenza, a parte la costituzione di “movimenti-setta” e l’infierire sulle menti deboli, è che tutto vero e tutto falso porta alla paralisi e al non avere altro scopo che la soddisfazione delle pulsioni.

  • Rita Remagnino 13 Gennaio 2025

    Caro lettore, sul fatto di “non pubblicare” articoli sgraditi al Ministero della Verità proprio in questi giorni stanno facendo ammenda i gestori delle maggiori piattaforme mondiali, i quali, furbescamente, hanno capito che la tecnica è fallimentare. O meglio, la figura del censore appartiene al pensiero duale introdotto molto tempo fa dall’occidente collettivo e ormai bene avviato sul viale del tramonto. Serve altro.

    L’articolo che Lei non era obbligato a leggere è il frutto di studi, confronti, riflessioni e considerazioni. Opinabili, certo, a patto che si entri nel merito dei singoli argomenti contestandoli con argomentazioni differenti ma altrettanto supportate.

    Non so a quali “movimenti-setta” Lei alluda, dato che questa non è una piattaforma di santoni bensì di persone che amano pensare con la propria testa, o almeno ci provano. Concordo invece pienamente sul fatto che non “stiamo andando da nessuna parte”. È verissimo. D’altra parte non vedo come si possa andare avanti se prima non si guarda indietro, molto indietro, fino alla preistoria da dove tutto è iniziato.

    Ad “infierire sulle menti deboli” (?) pensano già i giornali e i telegiornali, ai quali non è necessario fare il verso perché fanno già tutto da soli. In ogni caso metto le mani avanti: la prossima volta parlerò di “Atlantidi” cercando un equilibrio tra le teorie finora avanzate; se avrà ancora voglia di leggermi mi faccia sapere se ci sono riuscita. Un caro saluto.

  • Hotel 13 Gennaio 2025

    “Caro lettore, sul fatto di “non pubblicare” articoli sgraditi al Ministero della Verità”

    No, non ci capiamo. Se lei ha delle “verità” da pubblicare non lo deve fare sul sito “pincopalla.pin” dove viene il lettore Pinco Pincopalla, le deve pubblicare con le previste modalità in modo che queste “verità” siano vagliate dai “dotti” del settore. Se è un articolo di Fisica, su una pubblicazione scientifica di Fisica, se è un articolo di Biologia, su una pubblicazione scientifica di Biologia. Troppo facile sennò fare il “blog di Pincopalla” ed inventarsi qualsiasi cosa perché, come ho detto, tutto per definizione è vero e falso e siamo tutti uguali. Einstein mica ha cercato si spacciare la Relatività come “controinformazione”, l’ha raccontata ai suoi colleghi per vedere se trovavano un modo per smentirla oppure se la convalidavano.

    “proprio in questi giorni stanno facendo ammenda i gestori delle maggiori piattaforme mondiali”

    Il “gestore” gestisce. Non ha nessun altro ruolo e l’unica cosa che gli può capitare è che un Giudice lo chiami a rispondere dei contenuti pubblicati sulla sua piattaforma, se la pubblicazione si presenta come reato. Per esempio se sulla piattaforma qualcuno pubblica le fotografie e la planimetria di una installazione militare e il “gestore” non le rimuove, il Giudice lo chiamerà a rispondere della divulgazione di informazioni riservate o peggio. Se sulla piattaforma qualcuno pubblica del materiale diffamatorio nei confronti di altre persone, idem. Se sulla piattaforma qualcuno pubblica del materiale che incita i lettori a compiere atti vandalici o peggio, idem. Non ci inventiamo niente, sono cose che esistono da quando ci sono i “media” e ci sono anche le Leggi pertinenti.

    “la figura del censore appartiene al pensiero duale introdotto molto tempo fa dall’occidente collettivo e ormai bene avviato sul viale del tramonto. Serve altro.”

    Serve consultare l’enciclopedia Treccanti che recita:
    “censóre s. m. [dal lat. censor -oris, der. di censere: v. censire]. – 1. Nella Roma antica, nome dei due magistrati incaricati di compiere il censimento (e in seguito addetti anche al controllo della condotta morale e civile dei cittadini, all’amministrazione dei beni dello stato, alla costruzione di opere pubbliche). 2. Nell’età medievale e moderna, funzionario preposto all’abbondanza; magistrato incaricato di vigilare sulle elezioni, sulla sicurezza pubblica, sulla legittimità di determinati provvedimenti, sulla necessità di certe spese, ecc. ”

    “L’articolo che Lei non era obbligato a leggere è il frutto di studi, confronti, riflessioni e considerazioni. Opinabili, certo, a patto che si entri nel merito dei singoli argomenti contestandoli con argomentazioni differenti ma altrettanto supportate.”

    Non esistono “opinioni” da cui “opinabile”. Esiste una teoria che si può verificare. Una teoria che si sottrae alla verifica ha il valore di un atto di fede. Sulla fede non si può discutere perché per definizione significa accettare come “vero” qualcosa di paradossale, assurdo.
    La Storia per definizione si basa sugli scritti. Prima degli scritti c’è la Pre-Storia e quella si basa sui reperti archeologici. Io posso dire che alle Termopoli si combatté una battaglia sia perché me lo raccontano gli scritti tramandati dagli antichi, sia perché scavando trovo punte di freccia, magari degli elmi con dentro un teschio, eccetera. Per sostenere che la battaglia non ci sia mai stata oppure che l’abbiano combattuta dei nani, dei giganti o gli alieni, devo fornire una dimostrazione che falsifica la tesi corrente ed eventualmente ne proponga una alternativa. Per esempio potrei fare uno scavo alle Termopili e trovare qualche reperto insolito, che poi dovrei pubblicare col le modalità descritte in precedenza perché se lo tengo nel fondo del cappello come le tavole d’oro dei Mormoni, direi che non passa. Il trucco di dire “eh ma i reperti non ci sono perché (cataclisma) oppure perché (complotto dei poteri forti) non fa differenza.

    “È verissimo. D’altra parte non vedo come si possa andare avanti se prima non si guarda indietro, molto indietro, fino alla preistoria da dove tutto è iniziato.”

    Allora, tanto tempo fa, in una galassia lontana lontana…
    Mi raccontarono di un tale Eraclito che scriveva “Non si può discendere due volte nel medesimo fiume e non si può toccare due volte una sostanza mortale nel medesimo stato, ma a causa dell’impetuosità e della velocità del mutamento essa si disperde e si raccoglie, viene e va”.
    Andare avanti non è una scelta, una opzione. Si va avanti per come funziona l’Universo. La scelta non è tra andare avanti, stare fermi o andare indietro, visto che si può solo andare avanti, la scelta è dare un senso alle cose. Quindi, non ci raccontiamo le frottole, qui si vuole andare “indietro” per inventare delle “pseudo-regole” da mettere avanti. Un po’ come gli antichi si inventavano un progenitore semidio o proveniente da luoghi/eventi mitici. I N-isti andavano per il mondo a cercare le origini della “Razza Ariana” e non gli sembrava strano che il campione fosse il baffetto pittore di acquerelli.

    “Ad “infierire sulle menti deboli” (?) pensano già i giornali e i telegiornali, ai quali non è necessario fare il verso perché fanno già tutto da soli. In ogni caso metto le mani avanti: la prossima volta parlerò di “Atlantidi” cercando un equilibrio tra le teorie finora avanzate; se avrà ancora voglia di leggermi mi faccia sapere se ci sono riuscita. Un caro saluto.”

    Leggo, però ho sempre preferito la Fantascienza Classica. Il Fantasy lo trovo ripetitivo e noioso e anche un tantino perverso per le ragioni sopra citate. Leggere un articolo sugli “Atlantidi”, tanto quanto leggere un articolo sulle origini e delle imprese degli Ariani, a me non fa ne freddo ne caldo, leggo e metto via. Come diceva Aristotele circa l’invenzione di Atlantide sognata da Platone e sparita con l’uomo che la sognava. Come ho cercato di dire in precedenza, il problema è che ci sono milioni di persone con una scolarità inadeguata e/o con dei problemi psicologici/psichiatrici che non sono in grado di discriminare, di elaborare, di auto-determinarsi. Gente che non aspetta altro di trovare qualcuno che gli dia qualcosa a cui aggrapparsi. Può essere il sale venduto a caro prezzo dal Mago Do Nascimento e può essere le tavolette d’oro portate alla luce dalla terra di una collina da qualche parte negli USA con sopra l’aggiornamento, scritto in un dialetto dell’antico Egitto, delle Sacre Scritture. Il guaio non è la storia in se, quanto il modo e il motivo per cui la si racconta. Hubbard poteva limitarsi ai racconti di Fantascienza e invece ha finito per fondare Dianetics/Scientology.
    Che differenza c’è tra la sua Atlantide e il pianeta Nibiru?

  • Rita Remagnino 13 Gennaio 2025

    Finalmente Hotel Charlie ho capito quale è la sua paura: “qui si vuole andare “indietro” per inventare delle “pseudo-regole” da mettere avanti.”

    Parola di giovane marmotta: non fonderò nuovi partiti (sono già troppi) né alcuna setta (troppe anche quelle) per convertire i “milioni di persone con una scolarità inadeguata e/o con dei problemi psicologici/psichiatrici che non sono in grado di discriminare, di elaborare, di auto-determinarsi.”

    Chissà mai che il prossimo commento sveli anche l’aspetto fantascientifico dell’articolo di cui sopra. La caccia al tesoro si fa interessante, con buona pace dei quel perdigiorno di Platone che “sognava” Atlantide e pure ne scriveva, ma poi sono morti tutt’e due.

    • India 14 Gennaio 2025

      Un conto è cominciare con “c’era un volta” e un altro è cominciare con “le menzogne dei poteri forti”.
      Nel primo caso si mette in chiaro che si tratta di fantasia.
      Nel secondo caso ci si presenta come “portatori di luce” che per amore della “loro” umanità sfidano i malvagi.
      Ad esempio, smentire la “narrazione ufficiale” secondo cui l’Umanità si diffuse in ere remote partendo dall’Africa sostenendo che i “poteri forti” hanno nascosto il ritrovamento di antichissime tecnologie (gli “Atlantidi”? gli “Ariani”?), guarda caso in siti collocati in “Russia”, dove c’è l’ennesima aquila imperiale, anche se questa sembra un po’ una gallina a due teste.
      Solo uno con la scolarità inadeguata non ci vede la ripetizione ennesima di stereotipi, sul genere dei “creazionisti” che smentire la “narrazione ufficiale” sul fatto che l’Umanità si è evoluta partendo da antichi primati, cercano i resti dell’Arca di Noè (ironicamente ma non tanto, sulle stesse montagne su cui i N-isti cercavano gli “Ariani”).
      Come ho detto, ci sono tante persone che non sanno niente, che non distinguono una cosa dall’altra, che soffrono e non aspettano altro che trovare qualcuno che le intorti.
      L’altro giorno mi sono imbattuto per caso in un canale Youtube dove due tizi spiegavano che “i poteri forti” stanno cospirando da oltre cent’anni per imporre all’Umanità la Teoria della Relatività che secondo questi tizi è assolutamente falsa. La cosa mi ha incuriosito, mi aspettavo una dissertazione in una matematica molto più complessa di quella che potrei maneggiare e invece era una discussione tra due ubriachi al bar. Dov’è il problema?
      Che al bar gli ubriachi vengono zittiti dagli altri avventori e se non la smettono finiscono fuori dalla porta in malo modo, invece ne “la Rete” uno vale uno, quindi, come succede in questo sito, si possono scrivere impunemente le cose più insensate e sono tutte “verità” contro le menzogne dei “poteri forti”.

  • Rita Remagnino 15 Gennaio 2025

    Mi scusi Hotel Charlie India e vattelapesca, ma nelle Sue filippiche non c’è una contestazione vera. O cita nello specifico l’affermazione “incriminata”, e, in virtù della Sua “scolarità adeguata”, dimostra di avere gli elementi per sostenerla, oppure anche la cortesia ha un limite e perciò non le risponderò più, né adesso né in futuro.

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