8 Ottobre 2024
Filosofia

Narrazione vendesi – Lorenzo Merlo

Tutto sussiste sia in quanto reale che in quanto suggestione. Entrambe, per esserci, sono soggetti alla nostra narrazione, la quale non solo è tanto reale quanto suggestione, ma è, a sua volta, tanto generatrice di realtà quanto di suggestioni. Entrambe sono autoreferenziali ed entrambe sono concepite come definitivamente reali. Nel mondo duale il dilemma di ciò che è vero e di ciò che non lo è ontologico, come la sofferenza, da esso generata. Quindi, astenersi scientisti perditempo. Ovvero a tutti coloro che all’ombra del vessillo della scienza ritengono che la loro verità superi le altre; a coloro per i quali la sola fuga verso la Verità è misconoscere il transitorio carattere e mutevole divenire degli ambiti in cui mutando, sussiste.

Narrazione del cosmo

Il flusso cosmico dell’energia scorre in noi. Quando non è interrotto siamo il benessere. Se deviato, ingarbugliato da cattivi sentimenti edegoichepretese, genera malessere. Significa essere isolati dalla verità del cosmo, dall’armonia. L’ingarbuglio è apparentemente provocato anche da altri. Ma l’indulgenza non aiuta. Se il groviglio è complesso, ci vuole solo l’opportuna dedizione per scioglierlo. Se isolati dal flusso universale possiamo immaginarci dentro un bozzolo, nel quale la nostra energia come nell’ossessione gira su se stessa e genera endemici mondi di pena. Chiusa in circoli viziosi o spinta da ardite pretese, ridonda e tende a collassare. I cattivi sentimenti ne sono nutriti. Il dominio su noi stessi è perduto. Avvertiamo malesseri. Se di lunga o forte durata, generiamo malattie. Diffondiamo l’aura i cui toni cromatici esprimono la nostra natura, il nostro livello evolutivo e la nostra condizione intima del momento. Gli animali pare li vedano. I cani ci abbaiano, i gatti ci curano. Nel sonno, libero dall’invadenza dell’io, quindi dai suoi sentimenti e relativi nodi, rigeneriamo noi stessi a causa del flusso energetico cosmico che torna libero a scorrere in noi. Rigenerare è parola opportuna, bambini e cuccioli lo sanno. Nei lunghi sonni, creano se stessi. Ma anche gli adulti, che si ripuliscono dai vincoli delle incertezze. Ma ci sono tutti i livelli di grado. Nel sonno disturbato la presenza dell’io seguita a deviare l’energia cosmica e succhiare la nostra. Ci si sveglia con fatica e ci si sente stanchi, inetti a riconoscere la gratitudine per la vita. Come nel labirinto della mente, intenti a inseguire i richiami dei pensieri e dei suoi opposti, siamo costretti a percorrere le narrazioni di tutte le direzioni. Fuori da esso, i dilemmi e i drammi del vivere si mostrano per quello che sono, sentieri senza uscita, le cui verità fittizie sono sirene di Ulisse alle quali possiamo ora resistere.  Ne vediamo le illusioni, i veli di maya che ci nascondevano a noi stessi.

 

Narrazione del dolore

Prendere coscienza di essere gli artefici del nostro destino a causa dei sentimenti coi quali ci indentifichiamo, a causa delle reazioni alle nostre emozioni, permette di avviare un processo di emancipazione nei confronti della logica dell’io. Una specie di maschera che non sappiamo d’indossare. Segno di un battesimo culturale del quale non ci avvediamo. Permette di liberare quei nodi d’interruzione della partecipazione al cosmo. Permette la guarigione, se la malattia è presa in tempo, se il fisico non ha passato il punto di non ritorno. Ma anche, per alcuni, di rigenerare parti del corpo fisico ­ denti per esempio – normalmente considerate senza possibilità di replica. Il cammino verso la consapevolezza del ruolo con il quale ci identifichiamo è un processo autopoietico. Non servono libroni, professorini e professoroni, esperti e specialisti: è già tutto in noi, come il crescere di un bimbo è già tutto in lui. Affinché il dolore, di cui vantavamo il diritto di affermarlo sopra ogni altra cosa, cessi di essere una occulta richiesta d’aiuto, un’espressione d’indulgenza e vittimismo, affinché, come il sasso nella corrente che crea la marmitta, arresti la sua ridondanza erosiva di bellezza, è necessario trasmutarlo. Non più soltanto prendendocene la responsabilità. È necessario divenire portatori, non più delnostro dolore ma del dolore del mondo. Non solo portatori, ma anche perpetuatori, almeno finché il ciclo delle rinascite del quale siamo parte non interrompa il suo/nostro egocentrico motore. È un fermate le macchine che richiede di essere capitani di noi stessi, che richiede l’emancipazione dal nostro io. Quando non c’è più qualche perché proprio a me?, scompare ogni vittimismo, così come la pretesa d’essere accuditi.

Assumendoci il dolore del mondo ripetiamo il percorso – con tutto il rispetto per i ricercatori ben più anziani – di Cristo, emblema dell’evoluzione disponibile ad ogni uomo. Detta di amore, di armonia, di partecipazione al cosmo. È un’assunzione di responsabilità, che per compiersi richiede la morte personale, richiede il ridimensionamento dell’io a fittizia impalcatura di forze opposte alla creatività. Un percorso necessarioper la purificatrice dai peccati, di ciò che sta sotto il dominio del male. Solo mondati dai vizi capitali possiamo vivere l’Uno, la sua energia. Escludendo la scienza, che prende un occhio e ci dice in cosa consiste, nulla esiste da isolato, senza la relazione e la contiguità che lo conforma in un certo modo. Ciò che è o viene separato dal tutto è a suo modo cancro e cancerogeno. Non è evidente la relazione tra la nostra epoca e il crescente popolo di terminali del grande male? Non è evidente che stiamo remando nella direzione meno umana e più malefica? Il corpo richiede 72 ore per modificare il proprio stato di salute, tanto per perderla, quanto per ristabilirla. Ci vogliono 72 ore, cioè tre giorni per permettere al digiuno di compiere la sua opera di disintossicazione, affinché, anche attraverso questa pratica, il flusso cosmico d’energia incontri meno ostacoli in noi e ci permetta di sentire la via a noi opportuna, tanto nella vita, quanto nella circostanza. Per alcuni è cosa nota ed emblematica, per altri no. L’avevo accennato: astenersi scientisti perditempo.

Con la dovuta motivazione è togliere, più che ad acquisire saperi, che si può giocare al gioco della maschera che non sapevamo di avere. Ma ora senza paura, creativamente consapevolmente. Si può arrivare alla libertà di noi stessi. Non una vita senza dolore, né colma di piacere. Ma dentro un’armonica vibrazione che permetterà di vivere al meglio, anche nel dolore.Che permetterà di evolvere ancora verso la forza e l’equilibrio. Che permetterà al qui ed ora di sostituire il passato e il futuro in un numero crescente di occasioni. Quella condizione oltre il dominio del dualismo e del pensiero, oltre le resistenze dell’io, tanto all’origine delle sofferenze, quanto del tempo, delle dottrine, delle dipendenze, delle pretese, dei desideri, degli opposti, dell’avere in cui si svolgono tutte le narrazioni in vendita.

Lorenzo Merlo

3 Comments

  • Kami 26 Maggio 2021

    L’avvezzo e lo svezzo durano tre giorni, come dice il detto!

    “È necessario divenire portatori, non più del nostro dolore ma del dolore del mondo. Non solo portatori, ma anche perpetuatori, almeno finché il ciclo delle rinascite del quale siamo parte non interrompa il suo/nostro egocentrico motore”. Cosa intendi per dover divenire perpetuatori del dolore del mondo? Mantenerlo vivo affinchè la ruota continui a girare?
    Un saluto!

  • lorenzo merlo 26 Maggio 2021

    Ciao Kami.

    No, il “contrario”.
    Per esprimere una forza contraria al ciclo karmico è necessario vedere il nostro dolore come espressione del male/dolore assoluto, del mondo, di tutti.

    Senza identificare in noi il dolore del mondo la nostra energia redentrice di noi stessi rischia di non bastare per interrompere il ciclo egoico/karmico e per portarci alla guarigione o ad avere un effetto positivo nei cnfronti del nostro male/dolore.

    Finché non vediamo gli altri, come dei noi stessi in altro tempo e modo, finché non vediamo che il loro dolore/male è identico al nostro, la nostra energia resta in corto circuito egoico, non fluisce con la cosmica, non può liberarci da noi stessi.

    Perpetuatori in quanto è necessario prendere consapevolezza che il nostro male/dolore non è nostro ma ne siamo solo il canale espressivo.

    Se non chiaro, dimmi.
    ciao
    l.

    • Kami 26 Maggio 2021

      Grazie per il chiarimento. Come dice il mio compagno, il dolore è inevitabile ma la sofferenza è optional. Nel tempo ho compreso come in molti casi sia stata la necessità di sentirmi speciale attraverso il mio dolore ad avermi fatto soffrire di più dell’esperienza dolorosa in sè.
      Un saluto!

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