Vi devo dire in tutta sincerità che mi sono più volte interrogato sul fatto di aver scelto o meno il titolo giusto per questa serie di articoli, o se, ad esempio “letteratura” invece di “narrativa” non sarebbe stato più adeguato, anche se non è difficile comprendere che la narrativa è la parte più essenziale, il cuore di ciò che chiamiamo letteratura, senza la quale critica e saggistica non avrebbero motivo di esistere.
Bene, tutto sommato, penso che a conti fatti questa scelta sia la meno inadeguata, perché, come avete avuto modo di vedere, ho cercato in questi articoli di fare un’analisi a tutto tondo del fantastico, compresi certi fenomeni, come la cinematografia fantascientifica, specie hollywoodiana, per cui il termine “letteratura” suona ridicolmente eufemistico, là dove si può ammettere che il cinema è pur sempre una forma, se non proprio di narrativa, almeno di narrazione.
Vi metto questa considerazione in premessa perché proprio di cinema hollywoodiano mi occuperò adesso, e non ci si può nascondere che esso dimostra, anche e soprattutto nel campo del fantastico, tutti i crismi della mentalità e verrebbe da dire, dell’essenza yankee, cioè grande disponibilità di mezzi spettacolari unita a un’assoluta povertà di idee.
Il 10 febbraio “Periodismo.com” ha pubblicato una classifica dei peggiori flop cinematografici di tutti i tempi, anche se si tratta soprattutto di pellicole recenti, e – sorpresa – sono quasi tutti film fantastici o fantascientifici. Bisogna dire che “Periodismo.com” non ha valutato la qualità delle pellicole, i giudizi della critica, gli eventuali oscar o riconoscimenti, ha fatto un conto della serva. Da una parte le spese di produzione e di promozione della pellicola, dall’altra gli incassi al botteghino, tuttavia da questo confronto emerge un dato interessante, 85 titoli sono andati decisamente in rosso, facendo registrare perdite cospicue, e non si può non notare che la maggior parte di essi sono appunto film fantastici o fantascientifici, anche se a priori va riconosciuta un’attenuante, da Guerre stellari in poi, ci siamo abituati a vedere film fantascientifici con effetti speciali spettacolari, il che significa produzioni ad alto o altissimo budget, il che rende più arduo rientrare nei costi.
Prendiamo ad esempio un film considerato uno dei capolavori della cinematografia fantascientifica come Blade Runner, tuttavia forse vi stupirà sapere che tra costi e incassi al botteghino, il suo remake del 2017 Blade Runner 2049 nonostante abbia vinto due oscar, ha causato la perdita di 80 milioni di dollari. Un po’ meno peggio è andato a un’altra pellicola stimata dagli appassionati, L’uomo del giorno dopo con Kevin Costner del 1997, che ne ha fatti perdere “solo” 70 milioni.
Sembrava quasi impossibile che un film della serie di Guerre stellari potesse andare male, eppure, il prequel del 2018 Solo: A Star Wars History ha fatto perdere 77 milioni di dollari. Non è andata meglio al remake del 2017 de La mummia, che ne ha fatti perdere 95 milioni.
Peggio ancora, l’ultimo X-Men, X-Men: Dark Phoenix del 2019 ha fatto registrare un passivo di 110 milioni di dollari, battuto però in questa corsa alla catastrofe dall’ultimo Terminator, Terminator – destino oscuro, sempre del 2019 che ne ha fatti perdere 130, la stessa cifra che ha fatto perdere l’ultimo Matrix, Matrix Resurrection del 2021.
Con l’ultimo Indiana Jones, Indiana Jones e il quadrante del destino del 2023 scendiamo ancor più nell’abisso, totalizzando una perdita di 143 milioni di dollari, ma un ennesimo film che si ispira al ciclo arturiano, King Arthur, il potere della spada, con Jude Law del 2017, è riuscito a fare di peggio, facendone perdere 150.
Al confronto, il remake del 2016 di Ghostbusters, un remake molto particolare in cui i cacciatori di fantasmi sono stati sostituiti da cacciatrici in omaggio alla moda femminista, è andato quasi bene, facendo registrare una perdita di “solo” 75 milioni di dollari.
Più o meno analoga la situazione delle pellicole ispirate ai fumetti o ai videogiochi. L’ultimo Transformers, Transformers – L’ultimo cavaliere del 2017 ha generato perdite per 103 milioni di dollari. Il remake o sequel di Space Jam, Space Jam 2 – New Legends del 2021 l’ha però superato con 111 milioni di perdite, e ancora meglio ha fatto Wonder Woman 1984 del 2020, con una perdita di 115 milioni.
Un insuccesso ancora più brillante l’ha fatto registrare l’ultimo film dedicato al Joker, il grande nemico di Batman, Joker: Folie à Deux del 2024 con un flop da 152 milioni. Altri 155 sono andati persi con The Flash del 2023, ma sempre nello stesso anno The Marvels ispirato alla celeberrima omonima serie di fumetti, ne ha fatti perdere la bellezza di ben 237, che dovrebbe essere la cifra record in termine di perdite di incassi al botteghino. Al confronto, un’altra pellicola che riprende genericamente il tema del supereroe dei fumetti, Shazam, furia degli dei del 2023 se l’è cavata quasi bene, generando “solo” 110 milioni di perdite.
Tradizionalmente, nell’ambiente hollywoodiano si pensa che i film di animazione siano meno rischiosi e più remunerativi. Allora, vediamo un po’ come è andata con questi ultimi.
Il pianeta del tesoro del 2002 ha fatto perdere 85 milioni di dollari, altrettanti ne ha fatti rimettere Il viaggio di Arlo del 2015, saliamo a 87 con Le cinque leggende del 2012. Titan A. E. del 2020 ci porta a 100 milioni, ma con Milo su Marte del 2011 arriviamo a 122, superati però da Sinbad- la leggenda dei sette mari del 2003 che ne ha fatti perdere 125, mentre Wish della Disney del 2023 ne ha fatti segnare in rosso 132, un risultato ancora buono se lo confrontiamo con quello di un altro prodotto Disney, Strange World – un mondo misterioso del 2022, che ne ha fatti perdere 198.
Date le premesse, non ci aspettiamo che un remake o uno spin-off di una pellicola di animazione porti a risultati troppo brillanti, e infatti Lightyear – la vera storia di Buzz, spin-off di Toy Story del 2022 è andato sotto di 122 milioni.
Tornando alle pellicole interpretate da attori in carne e ossa, ma rimanendo nel campo dei prodotti per un pubblico giovanile, si può citare la trasposizione cinematografica del classico di Jack London Il richiamo della foresta interpretato da Harrison Ford del 2020 che ha fatto perdere la piccolezza di 60 milioni di dollari, a 76 milioni ammontano invece le perdite di Power Rangers del 2017 ispirato alla celebre saga animata. Pan – il viaggio all’isola che non c’è, trasposizione del 2015 del celebre classico di Barrie, ha invece fatto rimettere 90 milioni, pur sempre meno dei 100 milioni di cui è andato sotto Dolittle del 2020. Ma l’ultimo film della saga dei Transformers, Transformers – l’ultimo cavaliere del 2017 è riuscito a fare peggio, con una perdita di 103 milioni.
Nemmeno il fatto di ispirarsi a celebri musical sembra essere una garanzia, Cats del 2019 ha fatto registrare perdite per 80 milioni di dollari, e con la musica classica le cose non vanno meglio, Lo schiaccianoci in 3D del 2010 è andato in rosso per 82 milioni.
La lista dei flop cinematografici è ancora molto lunga, vi cito ovviamente solo i titoli fantastici e fantascientifici. Wolfman del 2010 con Anthony Hopkins e Benicio Del Toro ha fatto registrare 76 milioni di dollari di perdite. Con il fantaspionistico Operazione U.N.C.L.E. del 2015, siamo invece a 80 milioni. Valerian e la città dei mille pianeti del 2017 alza l’asticella a 82. Supernova del 2000 la porta a 83. Gods of Egypt del 2016 a 85, a pari merito con Il settimo figlio del 2014. 88 milioni di perdite per Speed Racer del 2008 e per Un’impresa da Dio del 2007. R.I.P.D. – Poliziotti dall’aldilà del 2013 ne totalizza 92 milioni, che arrivano a 96 con Pluto Nash del 2002 con Eddie Murpy. 100 milioni tondi di perdite per Jupiter – il destino dell’universo del 2015, a pari demerito con Final Fantasy del 2001 ispirato al celebre videogioco, che ha fatto registrare la stessa cifra di perdite, e lo stesso dicasi per Black Adam del 2022. Il cacciatore di giganti del 2013 alza ancora l’asticella a 103 milioni. 111 milioni persi invece con Gemini Man del 2019 con Will Smith, superato però da Chaos Walking del 2021 che arriva a 112 milioni, ma La casa dei fantasmi del 2023 consegue un risultato davvero spettrale con 117 milioni di perdite.
Non va meglio a Tomorrowland – il mondo di domani del 2015, che nonostante l’interpretazione di George Cloney accusa 120 milioni di perdite. Monster Truck del 2016 ne fa però registrare 123 milioni, ma con Nelle pieghe del tempo del 2018 con Oprah Winfrey balziamo a 130, superati a loro volta da Moonfall del 2022 che è arrivato a una perdita di 139 milioni. Ma Battleship del 2012 è arrivato a 150 milioni tondi, battuti però a loro volta da Macchine mortali del 2018 che è arrivato a 175 milioni di dollari di perdite.
Le ragioni di tutto ciò non sono difficili da comprendere: produzioni ad alto o altissimo budget a cui corrisponde un’assoluta povertà di idee. Abbiamo visto un’orgia di sequel, prequel, remake, spin-off, pellicole tratte dai fumetti, dove le idee originali sono frequenti come i denti di gallina.
Viene spontaneo fare il confronto con la molto meno pretenziosa produzione italiana, ad esempio un film come Terrore nello spazio profondo di Mario Bava, prodotto con un budget molto limitato, e mezzi per gli effetti speciali praticamente artigianali, il cui decor tuttavia è stato scopiazzato da Ridley Scott per Alien, perché, se c’è una cosa in cui gli yankee sono bravi, è rubare idee altrui.
Parliamo adesso di qualcosa di del tutto diverso. E vi prego di scusarmi se riguarda me in prima persona.
Venerdì 28 febbraio 2025, mi è arrivata del tutto inaspettata la notizia che il mio articolo H. P. Lovecraft e Robert Howard: letteratura fantastica e visione del mondo, pubblicato su “Ereticamente” in data 9.7.2012 è finalista all’Hyrkanian Award 2025, premio che viene annualmente assegnato negli Stati Uniti dalla Robert Howard Foudation.
Ciò che aumenta la soddisfazione di un simile riconoscimento, è il fatto che è raro che un premio come questo venga assegnato a un autore non americano e ancora di più a un’opera non pubblicata in lingua inglese. E poi, non c’è che dire: chi non ha i paraocchi ideologici comuni dalle nostre parti, non può non riconoscere che “Ereticamente” fa anche cultura.
Per la verità, l’arcano è in parte spiegato da un’altra notizia che mi è giunta contemporaneamente, che sempre la Robert Howard Foudation ha incluso tra i finalisti al The Valusian Award che viene assegnato a riviste/pubblicazioni un’altra opera italiana, il n. 17 della rivista “Zothique” della casa editrice Dagon Press diretta dall’amico di lunga data Piero Guarriello, mentre l’Hyrkanian per cui sono finalista io, viene assegnato per la categoria saggi. Probabilmente, la Robert Howard Foudation ha deciso di concentrare l’attenzione per i suoi premi del 2025 sulle opere italiane, ma questo naturalmente nulla toglie al riconoscimento dello spessore culturale del lavoro fatto da “Ereticamente”.
Proprio il fatto di questa inaspettata nomination mi ha riportato alla memoria qualcos’altro, di cui per la verità ho esitato a parlarvi, sebbene offra lo spunto a interessanti riflessioni, perché ho sempre il timore di sembrar volere mettermi troppo in mostra.
Vorrei parlarvi adesso di un’altra cosa nella quale sono implicato anch’io, una volta di più, ma non in maniera così diretta.
A Trieste esiste un gruppo di autori di fantascienza piuttosto vivace, autori giovani e più anziani, io sono uno dei meno giovani, che si è riunito sotto l’etichetta “Fantatrieste”. Nel 2020 il gruppo ha dato vita a un’antologia collettiva intitolata appunto Fantatrieste, alla quale ho partecipato anch’io. Nel 2024 è stato portato a termine un nuovo progetto, una nuova antologia collettiva alla quale ho di nuovo partecipato, S\confinati, che a differenza della prima, ha avuto un tema preciso, quello del confine, realtà molto presente nella vita di noi triestini.
Non vi nascondo che i curatori dell’antologia erano intenzionati a darle un taglio di sinistra, in poche parole un abbraccio multietnico e multiculturale a scavalco dei confini, e a questo scopo è stata concepita come un’antologia internazionale, con la partecipazione di diversi autori stranieri.
Ma la realtà ha una pessima abitudine, quella di sfuggire alle intenzioni coscienti di chi vorrebbe programmarla, specialmente se queste ultime sono dettate da un’astrazione ideologica che con essa ha ben poco a che fare.
In particolare, scorrendo il risultato finale, mi è capitato di soffermarmi su di un racconto, Gli incerti confini dei mondi sottili di Veronika Santo, di cui vi trascrivo un brano.
“Sai – gli disse – il nonno e la nonna sono nati in Ungheria, io nel regno di Jugoslavia, ma tutti su questo stesso podere – Parlava piano cercando le parole giuste – Non ci siamo mossi noi ma i confini. Tua nonna e tuo nonno, i genitori di tua madre, sono anche loro nati in Ungheria, tua madre in Romania. Nessuno di loro però si è mai spostato da Tèmisvàr, sono stati i confini a spostarsi”.
E’ il classico discorso di sinistra sull’irrilevanza dei confini e la negazione dell’importanza della nazionalità. Tuttavia, un po’ di riflessione basta a capire che si tratta di un discorso del tutto anacronistico. Poteva essere valido nell’Ottocento, nei primi due decenni del XX secolo ma non oltre, legato all’epoca in cui gli stati erano basati sul principio dinastico. Il regno di Francia era il dominio dei Capetingi-Valois-Borbone, l’impero d’Austria quello degli Asburgo, quello ottomano i domini della Sublime Porta, e così via, in modo del tutto indifferente alla nazionalità dei sudditi. Ma dal XX secolo inoltrato e soprattutto dopo la Seconda guerra mondiale, non è più così. Alle popolazioni di confine non è stato più dato di rimanere dove risiedevano magari da secoli o millenni, al variare dei confini degli stati, ma hanno conosciuto la sorte di essere scacciate dai nuovi padroni, perlopiù persuase ad andarsene da violenze di un’atrocità indicibile. E’ successo ai Tedeschi a oriente dell’Oder, ai Finlandesi della Carelia, agli Ungheresi della Transilvania, e ovviamente – non dimentichiamolo mai – agli Italiani della sponda orientale dell’Adriatico.
E non si può non notare che queste “pulizie etniche” sono state soprattutto opera dei comunisti, in stridente contrasto con gli asseriti principi internazionalisti del marxismo.
Quando la narrativa fantastica si incontra con la storia, apprendiamo lezioni che sono esattamente il contrario di ciò che la vulgata democratica e di sinistra vorrebbe darci a intendere.
NOTA: Nell’illustrazione, a sinistra, locandina di Guerre stellari, il film di George Lucas che è stato un po’ il capostipite delle pellicole fantascientifiche ad alto o altissimo budget, al centro il n. 17 della rivista “Zothique” che condivide con me l’essere finalista ai premi della Robert Howard Foundation 2025, a destra l’antologia S\confinati.
2 Comments