7 Ottobre 2024
Cultura

Musei Vaticani: i primi cinquanta anni di una strabiliante collezione di arte moderna e contemporanea – Riccardo Rosati

Mercoledì 21 giugno, presso la Sala Conferenze dei Musei Vaticani, alla presenza della Direttrice delle inarrivabili Collezioni Papali Barbara Jatta, e della Curatrice Micol Forti, si sono omaggiati i primi cinquanta anni della più “giovane” tra le molteplici sezioni vaticane: la Raccolta di Arte Moderna e Contemporanea; la quale venne, per la precisione, inaugurata il 23 giugno 1973 da Papa Paolo VI (Montini).

Proprio in occasione di questo importante anniversario, la Collezione celebra se stessa, attraverso una mostra diffusa nei Musei Vaticani, proponendo una  selezione di dieci opere, acquisite nell’arco degli ultimi due decenni, collocate in vari ambienti dell’enorme percorso espositivo. Alla presentazione, praticamente tutti i relatori hanno utilizzato la parola “dialogo”, la quale è, a nostro avviso, assai abusata in ambito museologico; come a voler surrettiziamente riproporre anche in questo settore il linguaggio bergogliano, che si caratterizza per un buonismo manipolatorio, dietro cui si nasconde una agenda praticamente speculare a quella di Davos! Come poi non ricordare il fatto che lo scorso ottobre il presule argentino ha inopinatamente, seguendo non si sa quale nesso logico, considerata la assoluta provenienza legittima dei reperti, ordinato di restituire alla Grecia tre marmi dal Partenone, che sin dal XIX secolo impreziosivano il Museo Gregoriano Profano.

Chiusa la, doverosa, nota polemica, torniamo a parlare di questa importantissima raccolta, che non è certo eccessivo definire la più ricca a livello internazionale dopo quella della Galleria Nazionale d’Arte Moderna (GNAM), sempre a Roma. Essa nacque con un nucleo iniziale di circa 900 opere, in buona parte provenienti da Germania e Francia, due aree geografiche nelle corde della sensibilità culturale dell’allora Pontefice, amico di intellettuali come Jacques Maritain (1882 – 1973); quest’ultimo, è d’uopo ricordarlo, latore di quella visione modernista del Cattolicesimo, radicatasi dopo il Concilio Vaticano II (11 ottobre 1962 – 8 dicembre 1965). Oggi, tra: arazzi, dipinti, fotografie, installazioni, sculture, vetrate, ecc., la sezione consta di ben 9000 pezzi, coprendo tutte le correnti artistiche internazionali tra ’800 e ’900, e presentando praticamente la quasi totalità dei maggiori esponenti sia per quanto attiene alla produzione nostrana che estera. Solo per citare qualche nome, Carrà, Casorati, De Chirico, Fontana, Guttuso, Marini, Manzù, Previati, Sartorio, Sironi, Wildt per l’Italia; Bacon, Chagall, Matisse, Rodin, Van Gogh per gli stranieri, facendone, come detto, una delle più grandi collezioni di arte moderna e contemporanea e – senza ombra di dubbio – la principale al mondo di questo tipo sul genere sacro.

Passando dalle Stanze di Raffaello e prima di giungere alla Cappella Sistina, cominciando dall’Appartamento Borgia, affrescato da Pinturicchio a fine ’400, si incontrano i capolavori afferenti ai Maestri degli ultimi due secoli. Una sorpresa? Solo per coloro che ignorano la universalità dei Musei del Papa, giacché in essi tutto è racchiuso e custodito; ogni espressione archeologica, artistica e culturale dell’umano ingegno è qui superbamente rappresentata. Forse si è fatto uso di troppi superlativi in questo breve scritto? Invero, come evitarlo, quando si ha a che fare con i Vaticani.

Paolo VI era onestamente convinto che l’arte contemporanea potesse essere ancora portatrice di messaggi costruttivi, e volle esortare la Chiesa tutta a riallacciare un legame che si era interrotto prima degli anni ’60. Del resto, moltissimi furono quei Papi che videro negli artisti i profeti e poeti di un’epoca, riconoscendone la importanza per diffondere i valori spirituali della Fede. Nondimeno, molti tra costoro hanno da tempo disatteso tale nobilissima missione, tradendo il Bello per il brutto, svilendosi al mercato e a una arroganza intrisa di un solipsismo egotico.  Pertanto, vale la pena riproporre in conclusione le parole che proprio Paolo VI intese rivolgere agli artisti da lui convocati l’8 dicembre del 1965 nella Cappella Sistina, a chiusura del summenzionato Concilio Vaticano II: “Che queste mani siano pure e disinteressate! Ricordatevi che siete i custodi della bellezza nel mondo: questo basti ad affrancarvi dai gusti effimeri e senza veri valori, a liberarvi dalla ricerca di espressioni stravaganti o malsane”.

Riccardo Rosati

1 Comment

  • Maria Cipriano 22 Luglio 2023

    Interessanti i suoi articoli come sempre.
    Vorrei segnalare, giusto così, poichè al peggio non c’è mai fine, che tra i 200 artisti ricevuti da papa Bergoglio alla Cappella Sistina lo scorso giugno e salutati personalmente, molti dei quali atei e blasfemi manifesti, vi era anche Andres Serrano, autore “dell’artistica” fotografia ritraente il Crocifisso immerso nella sua urina, il cosiddetto Piss Christ, o Cristo di piscio. E pensare che tutta la “corte papalina” con i suoi fervorosi accoliti scagliava tuoni e fulmini contro la legge sul divorzio solo 50 anni fa e oggi pretenderebbe continuare a insegnarci la morale.

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