5 Dicembre 2024
Archeostoria

L’eredità degli antenati, centoventiseiesima parte – Fabio Calabrese

 

 

 

Questo articolo fa seguito immediatamente alla centoventicinquesima parte, infatti, come avete visto la volta scorsa, per non fare un lavoro di lunghezza eccessiva, dopo aver visto quello che hanno da dirci riguardo alla nostra eredità ancestrale i siti generalisti e poi “Ancient Origins”, ho saltato del tutto l’apporto che possono darci i siti “minori”. Ora invece passo a esaminare proprio questi ultimi.

Cominciamo con “Ancient Pages” e con una notizia del 12 maggio: in Germania, precisamente in Bassa Sassonia nella grotta di Schoeningen, un team di ricercatori dell’Università di Tubinga ha ritrovato le più antiche impronte umane fossili conosciute in Germania, risalenti a 300.000 anni fa, ma quello che colpisce è soprattutto il nome dell’uomo che ha guidato il team dei ricercatori: Flavio Altamura. Con ogni probabilità una delle tante eccellenze che abbiamo fatto fuggire dall’Italia per lasciare il posto agli immigrati e prepararci un futuro sempre più buio.

Il 15 maggio ci spostiamo in Gran Bretagna. Qui a Llantrisant Fawr, località del Monmouthshire, contea del Galles di sud-est, grazie all’uso del metal detector, è stata ritrovata un’ingente quantità di manufatti, perlopiù in bronzo, di epoca romana. Si sospetta che nella zona esistesse un insediamento romano finora sconosciuto.

Il18 maggio un articolo (stavolta, tanto per cambiare, firmato, Jan Bartek) ci porta invece nel mondo nordico che, come abbiamo visto, non cessa di rivelarci sorprese: in Norvegia, a Bjørvika, a est di Oslo, lavori di scavo hanno fatto emergere un’enorme struttura lignea. In età medioevale Bjørvika era il porto di Oslo, e si sospetta che la grande struttura emersa dagli scavi fosse la base dell’enorme molo noto come King’s Wharf (molo del re).

Il 23, un altro articolo di Bartek ci parla del ritrovamento da parte di un giovane archeologo dilettante, Betej Gabriel di Gorj in Romania di sette braccialetti d’oro traci, datati attorno al 1200 avanti Cristo. Miracoli del metal detector che sta dando davvero nuovo impulso alla ricerca archeologica.

Un articolo del 23 maggio si occupa di una questione di cui vi ho già parlato altre volte, la presenza di donne guerriere nelle tribù degli Sciti e dei Sarmati, che potrebbe essere all’origine del mito greco delle amazzoni.

“The Archaeology Magazine” ha stavolta in serbo davvero una sorpresa per noi, dando adesso uno sguardo alla preistoria più remota. Studiando i resti di un antico fuoco risalente a 250.000 anni fa nel sito preistorico di Valdocarros II nella Spagna centrale, un team di ricercatori della Heriot-Watt University guidati dal geochimico Clayton Magill, ha concluso che si trattava di un fuoco controllato, usato probabilmente per la cottura di alimenti. Forse gli autori della ricerca e l’estensore dell’articolo non se ne sono resi conto, ma questa scoperta è un ulteriore colpo alla traballante e sempre più insostenibile “teoria” dell’Out of Africa, infatti ci attesta la presenza umana in Europa almeno 100.000 anni prima di quanto previsto da quest’ultima. Per prudenza, per non scontrarsi contro il muro dell’ortodossia ufficiale, tanto Clayton Magill quanto l’articolista parlano a tale proposito di “ominidi”, ma noi non stentiamo a capire che creature in grado di controllare il fuoco e di cucinare i cibi, erano uomini a tutti gli effetti.

Vediamo adesso “ArcheoMedia”, sito che, come sappiamo dedica particolare attenzione all’archeologia italiana, e ce ne fa scoprire il lavoro paziente e continuo, spesso lontano dai riflettori.

Cominciamo con un articolo di Benedetto di Mambro del 16 maggio che ci parla delle rovine del castello di Cardito vicino a Cassino, si tratta di un castello medioevale longobardo del XI secolo: oggi ne rimane ben poco e le rovine non sono facili da individuare, ma ai suoi tempi, il Castrum Cardeti era una vasta e temibile fortificazione.

Il 17 maggio una notizia che riguarda la mia regione: a San Canzian d’Isonzo (Gorizia), erano già stati effettuati degli scavi nell’area del sagrato della chiesa parrocchiale, che hanno portato alla luce i resti di una strada romana. Ora gli scavi sono ripresi e siamo in attesa di sapere se e quali reperti emergeranno.

Lo stesso giorno, un articolo di Bruno Fabbri ci parla della spada imperiale di Ariccia, e si tratta di una vicenda abbastanza singolare. Uno dei monumenti più caratteristico della cittadina laziale era il torrione Chigi, crollato nel 1976. Sgombrando le rovine del torrione crollato, si è trovato sotto di esse un sepolcreto di età romana. In una tomba, è stata rinvenuta una preziosa spada di età imperiale con il manico ed il fodero in avorio. Poiché era urgente provvedere alla rimozione delle rovine del torrione per il pericolo di crolli, la spada fu lasciata in un magazzino dove rimase dimenticata fino al 1994. Sottoposta a restauro nel 2009, sarà ora esposta al pubblico nel museo cittadino a partire dal 18 maggio.

Un articolo del 19 maggio ci informa che a Milano presso il Padiglione d’arte della fondazione Luigi Rovati, sta per aprire la mostra Isola Bisentina. Lago di Bolsena. Quest’isola lacustre abitata fin dalla preistoria, ha rivelato reperti, i più antichi risalenti all’Età del Bronzo, poi etruschi, romani e medioevali.

Un altro articolo del 19 maggio ci porta in Sicilia precisamente a Ortigia. L’isola di fronte a Siracusa. Qui, al palazzo del Vermexio, troviamo Argentovivo, più che una mostra, grazie all’uso del digitale, fino al 31 ottobre, un viaggio immersivo nella cultura antica, grazie alle monete del Medagliere del Museo Archeologico Paolo Orsi.

Il 21 torniamo nel Lazio, precisamente nel piccolo comune di Castrocielo (Frosinone). Qui si trova l’ex monacato di Villa Eucheria risalente al XIII secolo, che è stato costruito sui ruderi di una villa romana del I o II secolo. Ora recenti studi hanno fatto emergere mosaici di età romana nel ciptoportico dello stesso.

Il 22 maggio Michele Zazzi, l’etruscologo di “ArcheoMedia” ci parla dell’ipogeo della famiglia Flave a Volterra, dove furono ritrovati due sarcofagi con statue riproducenti i defunti, uno maschile, l’altro femminile, e quaranta urne cinerarie. La gens Flave di probabile origine meridionale, era una delle più importanti di Volterra.

Lo stesso giorno l’archeoclub Toco Carìa di Girifalco (Catanzaro) ha annunciato il ritrovamento in un bosco nei pressi della cittadina di due vasi di fattura bizantina (forse erano urne cinerarie) assieme a ossa umane.

Il 24 maggio un’altra scoperta casuale: a Corchiano (Viterbo), lavori di allargamento della carreggiata asfaltata hanno portato al ritrovamento di un tratto di un’antica via romana.

Non finisce qui, perché “ArcheoMedia” si occupa anche di scoperte avvenute all’estero. Il 22 maggio ci informa del ritrovamento nel sito che era un’antica fortificazione romana, di Tassal de La Cala vicino a Benidorm nella Spagna orientale, oggi apprezzata località balneare della costa valenciana, di un singolare graffito, probabile opera di un legionario, raffigurante un volto umano, una cornucopia e un fallo, che si suppone avesse un significato scaramantico.

La superstizione pare aver accompagnato da sempre la vita del soldato, a causa dei rischi delle guerre, infatti lo stesso giorno, un articolo di Angelo Petrone ci porta in Bulgaria, dove fra le rovine di una fortezza del X secolo è stata ritrovata incisa su un pettorale di corazza quella che pare essere la più antica iscrizione in caratteri cirillici conosciuta, e si tratta di una formula di scongiuro.

Il giorno dopo, siamo in Francia, dove pare essere stata fatta una scoperta di ben maggiori dimensioni.

Una filiera romana composta da un macello, da un centro di conciatura e produzione delle colle, da un laboratorio per la realizzazione di calzature è stata scoperta durante scavi archeologici preventivi svolti dall’Inrap a sud-ovest dell’abitato di Thérouanne, lungo la Via Comunale dell’Abbazia di Saint-Augustin, alla base del versante settentrionale del “Lys”.
Thérouanne è un comune francese di 1.099 abitanti situato nel dipartimento del Passo di Calais, nella regione dell’Alta Francia
”.

Un vero complesso industriale, che dire a parte il fatto che questi nostri antenati romani non finiscono mai di sorprenderci?

Passo poi a un po’ di notizie raccolte dai siti generalisti: un comunicato ANSA del 12 maggio ci informa dell’attività svolta negli ultimi 12 mesi dai carabinieri del Nucleo Tutela Culturale di Cagliari nella sola Sardegna, attività che può essere sintetizzata in questi numeri: quasi 200 controlli, 538 reperti recuperati per un valore stimato di oltre 400.000 euro, 65 denunce. Bravi militi dell’Arma: la seconda isola italiana ha un grande patrimonio archeologico non ancora ben studiato, sarebbe un delitto lasciarlo disperdere dai tombaroli.

Passo ora a citarvi una faccenda che mi ha alquanto indispettito. “Il resto del carlino” del 13 maggio (tenete presente che parliamo sempre della versione on line, con tutta la più buona volontà, non posso consultare in cartaceo tutti i quotidiani d’Italia), presenta un articolo sull’Archeologia picena tra novità e scoperte, ma al momento di stendere il presente pezzo, vedo che è stato rimosso. Un vero peccato, i popoli italici preromani, tranne forse gli Etruschi, sono ancora oggi in gran parte i grandi sconosciuti della ricerca archeologica.

Il 17 maggio MSN.com ci presenta un articolo sorprendente: Il 17 maggio 1902 venne ripescato il primo “computer” analogico del mondo. Di che si tratta? Di qualcosa di cui se vi ricordate, vi ho parlato più volte, del famoso meccanismo di Antikythera ritrovato nel relitto di un’antica nave affondata vicino alla costa di questa isola greca, e risalente ad almeno duemila anni or sono. Forse definirlo anacronisticamente computer, è esagerato e sensazionalistico, forse è meglio dire che si tratta del più complesso e raffinato astrolabio mai ritrovato, con il quale era possibile determinare la posizione delle stelle e dei pianeti, necessaria per la navigazione in un’epoca in cui non si disponeva di GPS e nemmeno di bussole.

Quel che davvero sorprende, però, è scoprire che dalla scoperta di questo comunque straordinario meccanismo sono passati più di 120 anni, e ancora non si è prodotta quella rivalutazione delle conoscenze dei nostri remoti antenati che essa implicherebbe.

Il 19 maggio Stylemania presenta un articolo su quello che è, a quanto pare, il globo terrestre più antico del mondo, il globo di Behaim, costruito a Norimberga nel 1492, soprannominato Erdapfel (in tedesco, “Mela del mondo”) presenta una raffigurazione della superficie terrestre dipinta dall’artista Georg Glockendon, fu fatto realizzare da Martin Behaim, cartografo, astronomo, navigatore, ma anche mercante. Non rappresenta le Americhe, la notizia della cui scoperta arrivò con il rientro in Europa di Colombo, l’anno dopo, nel 1493.

Sempre il 19 maggio “Il resto del Carlino” ci parla della mostra “DeVoti etruschi” del Museo Civico di Modena, dove sono in esposizione oltre cento ex voto etruschi in terracotta provenienti da Veio.

Il 20 maggio “La Nazione” ci riporta a San Casciano dei Bagni (Siena), che è stata teatro della più importante scoperta archeologica del 2022, con il ritrovamento nel fango del fondo della piscina votiva di ben 24 bronzi antichi, alcuni di grandi dimensioni, prevalentemente ex voto. Ora, ci dice “La Nazione” sono riprese le ricerche, vedremo cos’altro salterà fuori.

Di questa notizia sono invece debitore al nostro Luca Valentini: a Pogliano Milanese (Mi) è previsto per il 24 giugno (data futura nel momento in cui scrivo, ma quando lo leggerete sarà certamente trascorsa) presso la Casa delle Stagioni un importante incontro con la cultura indoeuropea organizzato dall’associazione Assemblea delle Lance, che si articola su due conferenze: “Archetipi indoeuropei del sacro” di Alberto Brandi e “Il sovrano terribile degli Indoeuropei” di Andrea Anselmo.

Il 23 un articolo di Mariagiovanna Capone su “Il Mattino” ci parla della scoperta avvenuta in Spagna del graffito nel sito romano di Tassal de La Cala, ma poiché ve ne ho già parlato riguardo alla notizia riportata da “ArcheoMedia”, non mi soffermo ulteriormente.

Non sono solo i carabinieri sardi a operare per la tutela del nostro patrimonio culturale. Un comunicato AGI del 24 ci informa che i carabinieri del Nucleo per la Tutela del Patrimonio Culturale di Roma hanno messo a segno un blitz contro una banda di tombaroli che ha portato al recupero di ben 3586 reperti e a 25 denunce. Un sentito grazie all’Arma sempre più benemerita.

Sempre il 24 si può segnalare un altro articolo di Mariagiovanna Capone su “Il Mattino”: secondo quanto emerso dallo studio di due ricercatrici, Chiara Assunta Corbino e Beatrice Demarchi, confrontando gli affreschi ritrovati nel Tempio di Iside a Pompei e i resti di uccelli ritrovati nello stesso, appare chiaro che i pennuti venivano sacrificati alla dea importata dall’Egitto.

Forse questa volta trarre il succo del discorso in una conclusione risulta più difficile del solito, difatti, è innegabile che l’articolo, basato stavolta sull’apporto di siti “minori” risulta un po’ “spezzettato”, tuttavia ricorderei che quello che interessa qui non è fare un centone di tutta la ricerca archeologica, bensì una precisa connessione con la nostra visione del mondo, e allora, ancora una volta si può ricordare, prima di tutto la buona qualità della ricerca italiane, che lontano dai riflettori mediatici continua a produrre risultati di ottima qualità. Diciamolo fuori dai denti, siamo un popolo che si sottovaluta.

In secondo luogo, io tornerei a sottolineare come di particolare importanza l’articolo di “The Archaeology Magazine”. Quelli che già 250.000 anni fa in Spagna padroneggiavano il fuoco e cucinavano i cibi, non potevano essere “ominidi” ma uomini a tutti gli effetti. Si vede bene che l’Out of Africa non è altro che una bufala democratica, intesa a farci democraticamente digerire l’immigrazione, il meticciato e la sostituzione etnica, cioè la morte dei popoli europei.

E non scordiamo neppure il convegno dell’Assemblea delle Lance, testimonianza di quella visione del mondo “nostra” che la democrazia vorrebbe a ogni modo cancellare.

NOTA: Nell’illustrazione: a sinistra il logo di “Ancient Pages”, al centro, un’immagine del “viaggio immersivo” Argentovivo al palazzo Vermexio a Ortigia, a sinistra, il monumento Martin Benhaim a Norimberga.

 

 

 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *