27 Giugno 2025
Archeostoria

L’eredità degli antenati, centosettantesima parte – Fabio Calabrese

Era lo scorso ottobre, quando mi sono trovato di fronte a una decisione difficile: avevo appena terminato di stilare la centosessantunesima parte de L’eredità degli antenati, articolo che poi è comparso sulla nostra pubblicazione il 15 di quel mese, e mi apparve chiara una cosa, avevo dedicato praticamente nell’intero 2023 il mio spazio settimanale su “Ereticamente” allo sforzo di comprimere la sfasatura temporale fra gli eventi narrati in questa serie e il momento della comparsa sulla nostra pubblicazione, che era arrivato a qualcosa come cinque mesi, e ora “la forbice” si andava di nuovo allargando, nel momento in cui avevo ripreso, con il 2024 o un po’ prima, ad alternarli con articoli di altro tipo, infatti, il pezzo si riferiva al mese di luglio.

Capii che avevo di fronte una scelta, o dedicarmi completamente ad articoli di tipo storico-archeologico, o cambiare decisamente passo. In quel momento, mi fu chiaro anche che il motivo che mi aveva spinto a prendere la decisione di dedicarmi principalmente a questo tipo di articoli, era in sostanza venuto meno.

Agli inizi del secondo decennio, abbiamo insistito a una mistificazione in grande stile delle nostre origini, non solo con la favola ricorrente delle presunte origini mediorientali della nostra civiltà, ma con quella delle origini africane della nostra specie, non solo, ma con la pretesa che i nostri antenati europei sarebbero stati “neri” fin quasi a epoche storiche, favole tutt’altro che innocue, ma aventi il preciso scopo di diminuire o addormentare la nostra resistenza all’immigrazione-invasione e alla sostituzione etnica.

Poi all’improvviso la cosa si è acquietata. Forse pensano che i cannoni delle loro corazzate abbiano ridotto al silenzio le batterie costiere, e quindi di poter far sbarcare i marines a Omaha Beach in tutta sicurezza.

Non aveva senso continuare come avevo fatto fin allora, non mi interessava fare sfoggio di erudizione. Sono stato tentato di cessare del tutto questa serie di articoli, ma sapevo che avrei deluso alcuni lettori che l’apprezzano, così decisi di puntare per un diradamento, e soprattutto smettere di cercare di prendere appunti su ogni fatto archeologico alla ricerca di un’impossibile esaustività.

Ho poi scoperto che i post che compaiono sul gruppo facebook “MANvantara” del nostro amico Michele Ruzzai, potevano essere un buon sostituto degli appunti che avevo smesso di prendere, risparmiandomi così parecchia fatica inutile.

Non mi aspettavo, però, di arrivare in questo modo a un numero “tondo” come 170, da cui ero ancora piuttosto lontano, eppure eccomi qua.

Una buona ragione per non smettere del tutto di montare la guardia alla postazione, era che in qualsiasi momento, l’attacco poteva riprendere.

E non ho avuto torto. E’ di fine marzo la notizia che secondo i ricercatori dell’Università di Ferrara, gli Europei sarebbero stati prevalentemente neri fino a tremila anni fa, in piena epoca storica. Se non fosse da piangere, ci sarebbe da mettersi a ridere, perché questa brillante trovata non è suffragata da nulla e contrasta in maniera stridente con tutto ciò che ci dicono sia i ritrovamenti scheletrici, sia i reperti iconografici di cui disponiamo in abbondanza.

Sappiamo che da tempo le università americane, ridotte a un livello non superiore a quello delle madrase islamiche, si sono rassegnate a raccontare le favole woke come se fossero verità scientifica, m finora un’università europea non era mai scesa così in basso. Viene da pensare che la sinistra, battuta ovunque, sulle due sponde dell’Atlantico, sul piano elettorale, stia mobilitando i suoi lacchè nel mondo accademico non meno che in quello giudiziario per ottenere con altri mezzi quello che il consenso dei cittadini le ha negato, oltre naturalmente al servilismo che induce a imitare le peggiori mode d’oltre Atlantico.

Sempre in questo periodo, una notizia ripresa da varie fonti, fra cui “Ancient Origins” ci parla di un ritrovamento che sta facendo molto discutere. Pare che un labirinto di tunnel sia stato rintracciato in Egitto, nella piana di Giza, e in particolare sotto la piramide di Chefren. Era dal 2022, anno in cui è caduto il centenario della scoperta della tomba di Tutankhamon, che non si vedeva un tale ritorno di fiamma di egittomania.

Al riguardo, si possono avanzare molti dubbi, a cominciare dal fatto che non si tratta di una scoperta fisica, ma del risultato di una mappatura  al computer che presenta sempre un certo grado di inattendibilità, e a rendere ancora più sospetta la cosa, è il fatto che uno dei due ricercatori che hanno annunciato la scoperta, è Corrado Malanga, personaggio ben noto come esponente di quella che chiamerei archeologia fantasiosa, usa a mescolare egittologia, UFO, teoria degli antichi astronauti e discutibile spiritualismo.

Devo tornare su un punto sul quale insisto da tempo. Tutto ciò non è che l’ennesima manifestazione di quello strabismo orientale che induce a cercare le nostre radici tra le sabbie del deserto, a tutto discapito delle vere origini europee delle nostra civiltà.

Premesso tutto ciò, adesso ripartiamo da “MANvantara” che, come abbiamo visto le volte scorse, si è rivelato un utilissimo “blocco di appunti”. Avevo dedicato la centosessantanovesima parte alle prime due decadi di marzo, e prima ancora di ripartire da lì, sarà bene fare un piccolissimo passo indietro, infatti è successo che il 19 marzo è comparso sul gruppo un post dedicato all’idolo di Shigir. Quest’ultimo, rinvenuto in una torbiera, e lungo circa 6 metri, è un tipico palo sciamanico, decorato da una molto schematica testa umana all’estremità superiore, ma ciò che rende eccezionale questo ritrovamento, è la sua datazione di 11.500 anni, il che ci fa intravedere nello sciamanesimo siberiano la più antica religione del mondo ancora oggi praticata.

La volta scorsa ho trascurato questo post, perché, se ve ne ricordate, vi avevo parlato dell’idolo di Shigir a più riprese, ma è successo che questo post ha suscitato in un lettore una reazione indignata, perché l’illustrazione che lo accompagna non è quella dell’idolo, ma un’immagine di fantasia. Che su ciò abbia ragione, non discuto, ma questo non toglie nulla all’importanza di questa scoperta che ci illumina sulle origini più remote della religione.

Un post del 25 marzo ci parla di una delle più interessanti popolazioni barbariche dell’alto medioevo, i Goti. Le etnie e le lingue germaniche si dividono in tre rami, settentrionale, comprendente le popolazioni scandinave, occidentale in cui rientrano Tedeschi, Olandesi, Anglosassoni, e orientale, cioè gotico, oggi estinto, ma di cui abbiamo la prima testimonianza scritta di una lingua germanica, la bibbia di Wulfilas.

I Goti, originari della Pomerania, si stanziarono dapprima sulle rive del Mar Nero, poi si spinsero verso occidente, dividendosi a loro volta in due rami principali, Goti occidentali, Visigoti e orientali, Ostrogoti. I Visigoti costituirono un regno romano-germanico in Spagna, e altrettanto fecero gli Ostrogoti in Italia. Ma sembra che nel ceppo gotico rientrassero anche altre popolazioni, come i Gepidi, i Burgundi, e forse anche i Longobardi.

Due post rispettivamente del 28 e del 30 marzo si occupano di due personaggi quasi mitici della storia medioevale, il primo di Ragnar Lodbrok, il leggendario capo vichingo che regnò su Svezia e Danimarca, ma catturato dagli Inglesi durante una scorreria, fece una fine orribile. Il secondo di Guillaume (Guglielmo) di Gellone. Quest’ultimo, nominato in diversi poemi del ciclo carolingio, è da molti ritenuto un personaggio letterario, invece fu una persona reale, zio o cugino di Carlo Magno, ma anche imparentato con i Merovingi, governò sulla Borgogna. Era noto anche come Guglielmo dal naso, per avere parte del naso asportatagli durante un combattimento con i Saraceni.

Dopo questo lungo spaccato medioevale, torniamo a parlare di antichità, infatti, un link del 3 aprile a “Viaggiando” ci segnala un nuovo ritrovamento nell’area di Pompei, ancora parzialmente inesplorata, e dove le ricerche non si sono mai interrotte. Nella necropoli di Porta Sarno, recenti scavi hanno portato alla luce un rilievo funebre di dimensioni quasi reali, raffigurante un uomo e una donna. La qualità del rilievo, di un minuzioso realismo, e le riproduzioni molto dettagliate dei gioielli di cui è adornata la figura femminile, fanno pensare che esso ornasse la sepoltura di una coppia dell’aristocrazia pompeiana.

Sempre il 3 aprile troviamo un link a una conferenza on line di Felice Vinci a cura di Tvcity, Nel nord l’inizio di tutto, nella quale Vinci presenta il suo più recente testo I segreti di Omero nel Baltico, che è appunto l’ultima versione, ampliata e aggiornata di Omero nel Baltico.

“Nel nord l’inizio di tutto”. Ci può essere qualcosa di più politicamente scorretto a fronte di un’ortodossia dominante che vuole forzatamente imporci a qualsiasi costo la favola di una presunta origine africana?

Quasi a volerne dare un’ulteriore conferma, lo stesso giorno troviamo un link a un sito norvegese che ci presenta il primo capitolo della Heimskringla, e si denomina appunto “Heimskringla”. Purtroppo, il traduttore di internet non ci da la traduzione dal norvegese, e questo è un ostacolo per molti, compreso il sottoscritto.

L’Heimskringla, scritta attorno al 1225 da Snorri Stulurson, è un’opera epica in parte in prosa e in parte poetica che narra le saghe e le vicende dei re di Norvegia e di Svezia tra il X e il XII secolo, inframmezzandole con riferimenti mitici, che ne fanno una sorta di Iliade nordica. Si tratta a ogni modo di un testo di importanza fondamentale per conoscere la storia della Scandinavia medioevale.

L’autore, Snorri Stulurson, vissuto tra il 1179 e il 1242, fu un poeta, storico e uomo politico islandese. Oltre che per la Heimskringla, è noto come autore di una delle due Edda, conosciuta appunto anche come Edda di Snorri, Edda in prosa o Edda minore. Le due Edda raccontano l’epica norrena mettendo per iscritto i poemi cantati dagli scaldi. L’Edda maggiore o Edda poetica ci è pervenuta anonima. E’ possibile che Snorri abbia concepito l’Edda in prosa come riassunto di quest’ultima.

Un post del 5 aprile ripreso da “Weird but true” ci parla di uno dei ritrovamenti preistorici più spettacolari avvenuto nella nostra Penisola. Si tratta di uno scheletro femminile ritrovato nel 1872 nella grotta ligure dei Balzi Rossi e risalente a 24.000 anni fa. La donna, che apparteneva alla cultura note come Epigravettiana, era piuttosto alta, 1,70-1,72 cm. Il suo corpo era stato dipinto con ocra rossa e recava sul capo un’elaborata fascia cerimoniale formata da oltre trecento gusci di conchiglie, il che testimonia che godeva nella sua comunità di una posizione sociale elevata. Oggi è nota come la “Signora di Caviglione”.

Vi riproduco, presa sempre da “Weird but true”, l’immagine della ricostruzione che è stata fatta del suo volto, che rivela lineamenti prettamente europidi e costituisce un’ennesima smentita delle favole africano-centriche.

Anche questa volta, prima di congedare l’articolo e affidarlo alle pagine elettroniche di “Ereticamente”, sarà il caso di dirvi due parole sugli elementi emersi  che sono più rilevanti dal nostro punto di vista. La prima cosa che vorrei rilevare a tale riguardo, è il fatto che forse non mi sono reso fin qui abbastanza ben conto di come la stesura degli articoli di questa serie sia stata influenzata da atteggiamenti e gusti personali, laddove il ricorso al “blocco di appunti” di “MANvantara” mi obbliga a una maggiore obiettività. In quasi tutte le precedenti Eredità degli antenati, infatti, come avete potuto vedere, ho posto l’accento soprattutto sull’antichità e sul mondo romano, mentre, se parliamo di carolingi, di vichinghi, di goti, dell’epica e della storia norrena dell’Heimskringla, sono soprattutto il medioevo e il mondo germanico a balzare fuori in piena evidenza, e non dimentichiamo neppure il titolo di quella conferenza on line di Tvcity che sintetizza in una frase iconica gli esiti delle ricerche di Felice Vinci: “Nel nord l’inizio di tutto”.

E tutto ciò mentre il mondo romano e l’area mediterranea continuano a fornirci interessanti novità, prima di tutto le ricerche che continuano nell’area pompeiana e ci offrono sempre nuove scoperte.

Tuttavia, non c’è conflitto fra le due cose, è sempre delle nostre radici europee che stiamo parlando in entrambi i casi.

Da un altro lato, è palese che è stato più che opportuno mantenere alta la guardia rappresentata da questa serie di articoli contro tutti i tentativi di mistificazione delle nostre origini, tanto più che oggi la mistificazione, la pretesa che i nostri antenati fossero neri, magari approdati sulle nostre coste coi barconi, fino a tremila anni fa, non arriva più soltanto da oltreoceano, ma da casa nostra, con le farneticazioni dei ricercatori dell’Università di Ferrara.

Per fortuna che a darmi man forte è arrivata anche la Signora di Caviglione con la sua veneranda età di 24.000 anni e i suoi lineamenti innegabilmente europidi.

Non c’è niente da fare, le bugie, anche quelle pompate dal sistema mediatico, hanno le gambe corte.

NOTA: Nell’illustrazione, a sinistra un libro di Corrado Malanga, si noti l’immagine certamente più adatta a un romanzo di fantascienza che a un testo con pretese scientifiche, al centro I segreti di Omero nel Baltico di Felice Vinci, a destra, la ricostruzione del volto della Signora di Caviglione. Si notino i lineamenti prettamente europidi di questa donna di 24.000 anni fa, netta smentita di tutte le favole sull’origine africana.

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