8 Ottobre 2025
Archeostoria

L’eredità degli antenati, centosettantasettesima parte – Fabio Calabrese

Sembra che in questo periodo le cose non girino particolarmente bene per le religioni abramitiche. Cominciando naturalmente dal cristianesimo cattolico, non si poteva non notare che indire un anno santo straordinario proprio per questo 2025 era una scelta che cadeva sotto gli auspici peggiori, infatti pasqua, il 20 aprile è coincisa con un compleanno molto celebrato in Germania tra 1933 e 1945, e pasquetta con il natale di Roma, e, come se questa scelta avesse indignato gli dei patri, proprio in quei giorni è morto il papa argentino, anche se è stato prontamente sostituito con uno yankee, tanto per sottolineare ulteriormente il carattere non europeo di questa religione.

A giugno, una bella secchiata di sterco è venuta a cadere sulla religione madre delle altre due, cristianesimo e islam, la religione mosaica con cui esse non hanno mai rotto il cordone ombelicale. Si è scoperto, e sono stati proprio archeologi israeliani a farlo, che il famoso Muro del Pianto di Gerusalemme, al centro della lacrimosa mitologia e dei rituali di questa fede, non è affatto, come si credeva, una rovina del tempio israelitico, ma di un teatro di età romana. Ci voleva proprio, in un momento in cui il comportamento dello stato israeliano nella striscia di Gaza lo sta rendendo odioso in tutto il mondo, nonostante le dichiarazioni di solidarietà a esso dichiarate da élite occidentali che, per interposti USA, hanno dimostrato di avere la stessa autonomia di fantocci nelle mani del burattinaio.

In effetti, se noi considerassimo la cosa in termini razionali, sarebbe un mistero perché l’ebraismo è considerato una delle “grandi” religioni mentre, non dico l’induismo che conta un miliardo di fedeli e il buddismo che ne conta mezzo miliardo, ma anche ad esempio lo scintoismo, quando pur sempre a questo mondo ci sono almeno cinque scintoisti per ogni ebreo, invece no, ma la verità molto semplice è che il cordone ombelicale fra ebraismo e cristianesimo non è stato mai tagliato, basta pensare alla rilevanza che ha anche in quest’ultimo la bibbia.

Noi abbiamo in mente, suppongo, il cristianesimo cattolico, ma se guardiamo a quello protestante, specie calvinista che di fatto, al di là delle sette e delle conventicole è la religione degli USA, vediamo che la preminenza di questo antico libro è ancora più schiacciante.

“La parola di Dio”? Ma la bibbia è alla base di tutti gli errori che hanno ostacolato e continuano a ostacolare lo sviluppo della conoscenza: geocentrismo, creazionismo, terrapiattismo.

Adesso, ai primi di agosto, tocca a una delle reliquie più importanti e più discusse del cristianesimo, la cosiddetta sacra sindone. Secondo quanto riferisce il “Corriere della sera” del 2 agosto, il “sacro lenzuolo” è stato studiato dal ricercatore brasiliano Cicero Moraes, esperto nelle ricostruzioni tridimensionali dei volti di personaggi storici, che è arrivato a una conclusione piuttosto ovvia, deve trattarsi di un falso. La famosa impronta attribuita al corpo di Cristo deve essere stata ottenuta accostando il lenzuolo a un bassorilievo e non a un corpo a tre dimensioni, che avrebbe impresso sulla figura deformazioni incompatibili. Che si tratti di un falso di età medioevale per essere sinceri, lo si sapeva già, un’analisi al radiocarbonio condotta sul tessuto ha già dimostrato anni fa che essa risale al XIII secolo, cioè proprio l’epoca in cui essa compare per la prima volta in Francia, quando viene regalata da Pierre de Charnet, un piccolo nobile alla collegiata di Lyret, e il vescovo di questa diocesi invia a papa Clemente VII una lettera nella quale rivela che, secondo una ricerca compiuta dal suo predecessore, sarebbe stata appunto un falso e ne sarebbe anche stato individuato l’autore. Il papa ne autorizzò la venerazione, ma a condizione che si precisasse chiaramente che essa era una rappresentazione, “pictura seu tabula” del martirio di Cristo e non il suo sudario reale. Il medioevo passa per un’epoca oscura, ma a quanto pare, gli uomini di quel tempo erano meno creduloni di molti nostri contemporanei.

Ciò che ha destato tanta meraviglia in tempi moderni, è che l’immagine sindonica non presenta traccia di pigmenti, ma è ovvio, non è stata realizzata dipingendo sul telo, ma strinandone le fibre accostandole a una superficie arroventata. E’ tanto miracolosa quanto il segno che un ferro da stiro poggiato troppo a lungo può produrre su una camicia.

Intanto le cose vanno avanti. Abbiamo appreso che durante il cosiddetto giubileo della gioventù sono morte due ragazze, una egiziana e l’altra spagnola, e che un altro ragazzo, anch’egli spagnolo, è stato ricoverato in ospedale in gravi condizioni. Che dire? Peggio di un rave.

Le religioni abamitiche, cristianesimo cattolico compreso, sono in realtà qualcosa di estraneo all’anima profonda dell’Europa, e oggi rivestono un ruolo non sottovalutabile nel favorirne la prossima morte per sostituzione etnica, tutto ciò che contribuisce a indebolirne la presa, non può che essere il benvenuto.

Tutto ciò premesso, e che mi sembra non poco importante, torniamo ora a seguire la pista di “MANvantara”, anche se vi devo dire in tutta sincerità che ultimamente ho avuto dubbi sul fatto che questo gruppo possa essere davvero utile per proseguire la nostra ricerca sulle tracce della nostra eredità ancestrale. Tra la metà di luglio e i primi di agosto, infatti non registra praticamente niente che possa tornare utile al nostro scopo. Occupa grande spazio, infatti l’ho ritrovato ripetuto quattro volte, un link a un post di “Giùlamaschera” nel quale si parla di eurogabbia.

Anche stavolta si pone lo stesso problema verificatosi riguardo ai link ai post di denuncia della tragica situazione a Gaza, dove gli Israeliani stanno conducendo una politica di genocidio contro la popolazione palestinese, cioè sono assolutamente d’accordo sul contenuto, ma siamo lontani dalle finalità de L’eredità degli antenati.

Non si può negare che la UE, questa strana “Unione Europea” dalla quale stanno fuori Russia, Svizzera, Norvegia, Serbia, per tacer d’altri, e dalla quale la Gran Bretagna si è tirata fuori, non sia affatto “l’Europa” ma una trappola del potere mondialista per imbrigliare e imbrogliare i popoli europei in vista della sostituzione etnica generalizzata del nostro continente, ma siamo lontani dalla pista della nostra eredità ancestrale, anche se si tratta di cose di cui dobbiamo essere ben consapevoli.

Un post del 29 luglio ci porta nel passato, ma parliamo di un passato lontano centinaia di milioni di anni dall’origine della specie umana, tuttavia interessante per comprendere il fatto che tutte le vicende che possiamo trovare nei testi storici non occupano che l’ultimissima, insignificante estremità del tempo geologico. Si tratta infatti di un link a un post del sito “Emerald Isle” (dedicato principalmente all’Irlanda, suppongo), che ci spiega che all’epoca remotissima della Pangea, le Higlands scozzesi, l’Atlante, gli Appalachi americani facevano parte di un’unica catena montuosa centrale del supercontinente che allora esisteva.

Un altro post del 31 luglio ci porta molto più vicino a noi, anche se pur sempre in quell’immenso arco di tempo che chiamiamo preistoria, e parla pur sempre di un evento naturale, ma che a differenza di quelli avvenuti in tempi remotissimi come la formazione e la disgregazione della Pangea, ha avuto un’influenza diretta sulla vita umana.

Un mistero finora irrisolto è l’improvvisa mini era glaciale nota come Dryas recente che si è verificata attorno a 12.800 anni fa, che sarebbe durata alcuni secoli e avrebbe portato all’estinzione un buon numero di comunità umane sedentarie che proprio allora si stavano sviluppando. Secondo uno studio recentemente pubblicato su “Nature”, essa sarebbe stata causata dalla caduta sulla Terra di uno sciame cometario che avrebbe immesso nell’atmosfera grandi quantità di polveri che, schermando la luce solare, avrebbero provocato un brusco abbassamento delle temperature.

Il post ricorda anche che proprio quest’evento avrebbe potuto porre fine all’antica civiltà globale che sarebbe esistita fino ad allora, ipotizzata ad esempio dal nostro Felice Vinci.

Un post del 3 agosto è un link a un articolo su “Esquire Italia” che è una storia di Tim Newcomb tradotta da Luna Saracino. In Spagna, vicino ad Almendralejo, i lavori per la costruzione di un impianto solare iniziati nel 2021 hanno portato alla luce i resti di una fortezza dell’Età del Rame, che è stata chiamata Cortijo Lobato perché agli angoli delle sue mura di forma pentagonale, presenta cinque torri che le danno appunto un aspetto lobato.

Secondo uno studio pubblicato su “El Pays”, la fortezza sarebbe stata in uso per 400 anni prima di essere attaccata da nemici e distrutta da un incendio.

Sempre il 3 agosto, un altro post ci parla di un altro bel mistero archeologico. Karahantepe in Turchia è un sito che presenta numerose somiglianze con Gobeckli Tepe, che ha già sconvolto gli archeologi costringendoli a retrodatare di parecchio la nascita di comunità umane sedentarie e la realizzazione di costruzioni monumentali, ma Karahantepe sembra essere ancora più antico e costringerebbe a far risalire gli inizi della civiltà a oltre 14.500 anni fa.

Il 4 torniamo in Spagna con un post che ci racconta che una recente siccità ha portato alla luce nel letto di un fiume nella provincia di Huelva un circolo megalitico vecchio di 7.000 anni, due millenni più di Stonehenge. Questo scorcio di agosto sembra proprio voler ribadire il concetto che le cose che non sappiamo del nostro passato sono ancora tantissime, e che la civiltà umana è verosimilmente ben più antica di quanto abbiamo sempre creduto.

Sempre il 4, troviamo un post che riporta una sorta di albero genealogico delle lingue neolatine che, ad analizzarlo con attenzione, ci racconta una storia più complessa e interessante di quanto supporremmo.

Le lingue neolatine, è noto, derivano dal latino, ma non dal latino classico che già ai tempi della grande espansione dello stato romano doveva essere una lingua ormai puramente letteraria, ma dal latino popolare che presentava rispetto al primo delle significative differenze.

Ad esempio, equus è sostituito da caballus, da cui il nostro cavallo, e che deriva con ogni probabilità dal celtico capal.

A parte il sardo che ha uno sviluppo insulare del tutto a sé stante, i linguaggi neolatini si biforcano nel loro sviluppo in un ramo occidentale e uno orientale. Da quello occidentale si originano un proto-italiano che diventa poi l’italiano, un gallo-romanzo da cui si evolve il francese, e un ibero-romanzo che a sua volta si sdoppia in spagnolo e portoghese.

Dal ramo orientale derivano il dalmatico oggi estinto, e il romeno.

Per quanto riguarda quest’ultimo, ho sempre trovato significativo il fatto che a conservare una lingua derivata dal latino sia proprio la Romania, cioè l’antica Dacia, vale a dire l’ultima e più precaria conquista romana.

Penso che ciò sia avvenuto proprio perché essa, posta a nord del Danubio, era fuori da quell’ecumene ellenistico, dove il latino non deve aver mai soppiantato la diffusione di cui godeva la lingua greca, anche in aree come la Tracia e la Mesia dove in greco non era parlato in età classica, ma vi si era esteso nel periodo ellenistico.

A tutto ciò vanno sicuramente aggiunti gli effetti del vuoto demografico creato dalla peste di Giustiniano, che ha favorito l’insediamento nell’area balcanica di popolazioni slave.

A questo punto, sarà utile dare un’occhiata anche a ciò che troviamo fuori da “MANvantara”. Il 29 luglio Felice Vinci ha postato su You Tube un video in cui riporta il contenuto della sua intervista del giorno precedente su Byoblu. Vinci ha parlato del nome segreto di Roma, delle città sui sette colli che riproducono la disposizione delle Pleiadi, di cui Roma non è l’unico esempio, di Atlantide, secondo lui non tanto mitica, per arrivare all’odierna questione del cambiamento climatico su cui oggi si diffondono ingiustificati allarmismi.

Proprio di Atlantide ha parlato anche un articolo del 31 luglio di Pat Hanratty su “Ancient Origins” che si intitola Confronto fra mito e scienza. Quello creato da Platone è un mito che ancora oggi esercita una potente forza suggestiva. La ricerca scientifica non sembra fornirgli molti appoggi, ma non è detta l’ultima parola, e forse non la si potrà dire mai.

Ancora una volta, come sono solito fare, non concluderò questo articolo senza dirvi qualche parola conclusiva e di commento.

Come sapete, vi ho più volte precisato che il cambiamento apportato alla struttura di questi articoli con l’adozione dei post di “MANvantara” come linee guida o “blocco di appunti”, se per un lato si è dimostrato vantaggioso, ha anche comportato una scelta del materiale un po’ diversa da quella che io avrei fatto in totale autonomia, e in particolare una minore accentuazione d’interesse sul mondo romano, che io ritengo di particolare importanza. Roma è la nostra eredità, di cui dobbiamo cercare di essere non del tutto indegni.

Stavolta, anche perché ho seguito poco la traccia di “MANvantara” specie nella prima parte dell’articolo, la romanità risalta per così dire “in negativo”, infatti, parlando della bufala della sindone, non si potevano non mettere in rilievo le origini ebraiche del cristianesimo e il fatto che si è infiltrato nell’antichità classica come un’invasione o un’epidemia, e diventa impossibile sottacere il fatto che esso ha avuto una parte di primo piano nel collasso del mondo romano.

Ancora, non si può evidentemente non parlare di Roma considerando la diffusione della lingua latina nell’Europa occidentale cui le sue conquiste hanno dato luogo, e per non parlare di Felice Vinci che attraverso la questione del nome segreto di Roma ci introduce a una dimensione misteriosa e occulta della romanità.

Ma nulla ci vieta di spingere il nostro sguardo ancora più oltre. Post come quello sul Dryas recente, su Karahantepe, sull’antichissimo circolo megalitico di Huelva, sul mistero di Atlantide per non parlare dell’accenno alla remotissima Pangea, ci ricordano che quella che chiamiamo storia è solo una modesta frazione del nostro divenire su questo pianeta.

 

NOTA: Nell’illustrazione, a sinistra un falso di età medioevale, il volto impresso nella sindone, non si tratterebbe dell’impronta di un vero corpo umano, ma di una scultura, al centro, veduta aerea dell’antichissimo sito megalitico di Huelva, a destra, una ricostruzione di Atlantide basata sulla descrizione di Platone.

 

 

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